"Satirical" drawings against Islam.
I published following article on February 2006. I defend in it the freedom of opinion but I collocate this basic right in the specific present historical context. And I find it completely out of place and basically hypocrite, then while talking about freedom, leading "self defining democratic" nations (USA, GB and their devote servants in Europe and elsewhere) lead murderous and criminal aggressions against other countries (the chief idiot in the White House at that time even used the word "Crusade", showing his deep ignorance of history). Since then and until today there have been numberless similar aggressions (drawings, films, etc.) concealed under the label of "freedom of opinion" against the religious and cultural goods of other civilizations, particularly the Islamic. Therefore I am afraid that
unfortunately
this article has not lost its sad actuality.
Vignette “satiriche”. Decenza, libertá di stampa e un pò di storia (webgiornale.de - 9.2.2006)
Da alcuni giorni rifletto sulle reazioni nei Paesi arabi, generate
dall'infausta pubblicazione delle vignette "satiriche" su un
quotidiano danese. Volevo scrivere la mia opinione ma
ero indeciso, tanto complesso è il problema. Mi ha convinto a dire la mia
un articolo, che condivido pienamente, scritto da Gorbaciov
(La Stampa, 6.2.06), che considero l'unico grande personaggio della nostra
epoca, ancorché dimenticato, uno che con la sua intelligenza politica ha
cercato di dare una svolta positiva ai destini del mondo. Progetto mancato:
basta pensare a chi ora gioca i destini del mondo, e permettetemi di non
scriverne i nomi arcinoti, dall' Italia all'America
alla Russia e altrove: che cadano tutti al più presto nella pattumiera della
storia, che nessuno li rimpiangerá, sono politici
"padri di tutte le menzogne".
Ho vissuto tre anni a Parigi,
dove ho frequentato tutti i centri culturali della metropoli, e studiando
l'arabo, l'armeno ed il curdo
ho avuto modo di conoscere attivisti sia israleliani
che palestinesi, tutti dediti alle iniziative di pace fra i due popoli. Ricordo
in particolare l'accorato intervento di un ebreo dopo la proiezione in
anteprima del film "Il muro" (di una regista israeliana), che disse
testualmente: "I sionisti ci avevano convinti ad
arruolarci per andare a difendere 'una terra senza popolo per un popolo senza terra', ed invece ci siamo accorti ben presto che era una
perfida menzogna, e che ci avevano trasformati in terroristi per compiere
contro un altro popolo quello che il nostro aveva subito".
Nessuno lo zittí,
forse perché era un ex combattente, anche se certamente in sala c'era qualche
esponente del Mossad. Lo accompagnammo fuori dal cinema per assicurarci che nessuno lo minacciasse.
Non aveva paura. Mi disse: mi conoscono, sanno che dico
il vero, ma non si sentono toccati. Sanno di poter fare tutto quello che
vogliono.
Però, aggiunse, se invece
di dirle io, che sono ebreo, queste cose le
dicessi tu, saresti immediatamente un antisemita.
Risposi che, storicamente,
tutti i popoli mediorientali sono semiti, dunque antisemita significherebbe
anche antiarabo. Mi rispose: certo, questo lo sanno tutti, ma soltanto la
storia si sposa con la verità, la politica invece è una ... (e qui nominò il
mestiere più antico). Una volta creati gli slogan, che
sono etichette, chi ci resta attaccato é perduto. La nostra era
una cultura di pace, vedete dove siamo finiti. Abbiamo spinto milioni di
palestinesi nella diaspora, occupiamo odiosamente le terre altrui, siamo armati
fino ai denti, abbiamo tutto quello che vogliamo, solo
una cosa non avremo mai se non cambiamo: la pace, che
era la base della nostra cultura!
Lo ringraziai e gli
promisi che la mia prossima lingua di studio sarebbe stata l'ebraico. Mi disse:
se sai lo yiddis, ti basta. Riferii il colloquio ad
amici arabi, i quali mi dissero: ma lo sai quanti secoli hanno vissuto
ebrei, arabi e anche cristiani pacificamente in Palestina?
No, risposi. Ebbene, non è colpa tua: i vostri
vergognosi libri di storia questi fatti non li riportano: eravamo in pace
fra di noi tutti, senza distinzione di religione, sono
stati gli europei a portarci in casa la guerra. E ora che noi arabi ci
difendiamo, e che i nostri fratelli palestinesi, che non hanno altre armi
e si sacrificano per liberare la loro terra dall'occupazione sionista (i
deportati sono ormai quattro milioni) vengono chiamati
terroristi, voi europei vi arrogate il diritto di insegnarci la tolleranza.
Dichiarai che ero dalla loro
parte, per tradizione partigiana in famiglia e per convinzione personale, ma
precisai la mia assoluta contrarietà agli atti terroristici, poiché oltre a
colpire indiscriminatamente innocenti, in quanto a metodo di lotta pongono agli occhi del mondo le vittime palestinesi sullo
stesso piano dei loro oppressori sionisti.
Ciò premesso, la cosa
che mi sconvolge e mi ripugna è il veder ipocritamente svendere come
"libertà di stampa" l'arrogante pretesa di impunemente offendere
con vignette stupide sentimenti religiosi e identificazioni culturali
di popoli interi e di voler per somma ingiuria valutare le loro
reazioni sul metro di una supposta superiore cultura occidentale.
Nessun quotidiano pubblica
caricature unicamente per riempire le pagine, né tantomeno
per oltraggiare i propri lettori. Al contrario, cerca di ingraziarseli e di
aumentare con ciò la tiratura: e si sa che le vignette portano un messaggio
immediato e più forte della stessa parola scritta. Dunque o ci troviamo di
fronte ad irresponsabili o il messaggio era purtroppo voluto:
sappiamo che da tempo la politica danese risulta orientata al contenimento
degli stranieri, con leggi fra le più restrittive d'Europa.
E dunque la
denigrazione del mondo arabo non può essere stata un episodio casuale o una
semplice gaffe, ma va interpretata purtroppo in funzione della politica danese
in atto. Dunque, altro che indipendenza della stampa,
come invoca l'irresponsabile direttore del quotidiano! Che le reazioni
del mondo arabo siano esagerate, pilotate, aizzate dai fondamentalisti
è evidente, innegabile. Non soltanto: ciò era purtroppo probabilmente anche
previsto. Che senso avrebbe avuto altrimenti la
provocazione? Cui prodest? Evidentemente è stata un
regalo ai fondamentalisti, ed uno schiaffo all'Islam
moderato e progressista, che da questa radicalizzazione
ne esce indebolito.
E poi, in quanto a scuola di
tolleranza, suvvia, l'Europa e l'Occidente in generale non hanno propriamente una veste candida. Abbiamo dimenticato
che la nostra "superiore" cultura non soltanto ha tollerato, con
tanto di decreti napoleonici e bolle papali, ma ha vantato e praticato
per secoli la schiavitú,
spopolando un continente intero, l'Africa, distruggendone per i
secoli futuri fino ad oggi le possibilitá di
progresso ? O che in quanto ad intolleranza e reazioni sproporzionate,
nel cuore dell'Europa, 136 anni or sono non c'è stato bisogno di vignette
satiriche, ma per scatenare la guerra fra Francia e Germania nel 1870 é bastata
un'offesa ridicola (chi non lo ricordasse vada a cercare nei libri di
storia alla voce "Telegramma di Ems")
!
Credo che sarebbe compito dei
giornalisti di tutti gli organi di stampa, il chiedere scusa ai popoli arabi
per la schiocchezza commessa da un loro collega, e umilmente cominciare ad ascoltare le ragioni di
coloro che l'arrogante supremazia economica e militare dell'Occidente
considera dall'alto in basso, ignorando che una parte sostanziale della
nostra supposta "superiore" cultura occidentale è di matrice
araba, a cominciare dai numeri. E che l'anno 1492,
tralasciando la valutazione sulla scoperta dell'America, dovrebbe essere
comunque "festeggiata" come data della vergogna per
l'Occidente, poiché coincide con la caduta di Granada
e la "liberazione" della Spagna dalla presenza araba. Da quel momento
ebbe fine una grande civiltà nella penisola
iberica, dove arabi, ebrei e cristiani convivevano pacificamente o comunque
cercavano un modus vivendi di tolleranza reciproca.
Se mi fosse concesso un appello,
sarebbe il seguente: amici Arabi, Ebrei, Palestinesi e di ogni
altra nazione e religione: non accettiamo provocazioni,non bruciamo
bandiere. Difendiamo invece insieme i valori delle nostre culture,
che devono essere di pace, ma combattiamo coi mezzi della cultura per evitare
che il bene indiscutibile chiamato libertá di stampa
venga svenduto per turpi fini di politica interna di qualunque Paese e
svilito come "libertà di oltraggio" contro altri popoli.
Popoli privi di diritti, coi quali si può fare ciò che si vuole, e che se appare
utile per mantenere la supremazia economica e militare, si possono bellamente
aggredire a mano armata ed occupare, spacciando criminali violazioni del dititto internazionale come "esportazioni di
democrazia".
Keine Kommentare:
Kommentar veröffentlichen