“AUSTERONAUTI”: una nuova corrente della scuola neoliberista
Si erano posti l’obiettivo di risanare il debito pubblico con una strategia
apparentemente plausibile: ridurre le spese statali ed aumentare gli introiti
fiscali.
Avevano pensato a tutti i dettagli meno che ad un piccolo particolare: che
l’economia continua a funzionare secondo le sue proprie leggi e non
assecondando i desideri o le illusioni dei governanti.
E fra le leggi ferree c’è quella
della domanda e dell’offerta: se diminuisce la domanda diviene inutile ed
impossibile mantenere o accrescere l’offerta.
Prima conseguenza immediata la
recessione economica e la disoccupazione.
E poiché gli introiti fiscali ( se duraturi e non estemporanei come quelli
ricavati dalla tassazione di immobili o dalla svendita del patrimonio statale con
privatizzazioni selvagge) devono provenire dall’accresciuto scambio di beni e
quindi dalla crescita economica, l’aver dimenticato questo piccolo particolare
ha condotto insieme alla recessione anche ad un aumento del debito pubblico,
dovuto alla conseguente riduzione – questa volta duratura e strutturale – del
prelievo fiscale.
Qualunque allevatore sa che non è diminuendo il foraggio che le vacche danno
più latte, e che se è necessario risparmiare non è certo affamando i bovini che
un’azienda agricola può sperare di
riprendersi.
Ma i nostri “austeronauti” non sono di questo mondo, volano osservando dall’alto le miserie umane con sguardo
corrugato ogni volta che vedono il panorama non corrispondere alle mappe
teoriche da essi disegnate.
Navigano costoro nel vuoto spazio delle teorie economiche neoliberiste, fra
i pianeti Friedrich August Hayek, Ludwig von Mises, Milton Friedman e altri
meno noti della lontana galassia dei
"Chicago Boys" e degli asteroidi generati dalla frantumazione
delle idee neoliberiste mal digerite e
incoscientemente applicate da politici del calibro di Ronald Reagan, Margaret
Thacher ed Augusto Pinochet, ai quali tutto si può rinfacciare meno di l’
eccesso di democrazia.
Epigoni neoliberisti, gli “austeronauti” contemporanei, che si distinguono
per saper compensare la loro carente intelligenza dei problemi economici con
un’estrema rigidità nell’applicazione delle formule (al loro confronto
qualunque mulo appare come un miracolo di flessibilità), altro non fanno che
riproporre la nota ricetta “more of the same” (cioè sempre la stessa medicina
sbagliata, ma in dosi crescenti) quando devono ammettere che i risultati del
loro incosciente agire producono effetti opposti e devastanti.
In alcuni casi, come per un noto professore di un’università milanese, si
sarebbe quasi tentati di augurargli un successo alle prossime elezioni, purché
non ritorni ad insegnare diffondendo fra i malcapitati studenti di economia le deliranti
teorie mal digerite, della cui applicazione gli eloquenti risultati sono dinanzi
agli occhi di tutti.
Parafrasando una frase famosa “tutto è perduto fuorché
l’onore” si può certo riconoscere che grazie alla cura di questo “austeronauta”
l’ Italia è rimasta in Europa “a testa alta”: ma ciò è unicamente dovuto al
fatto che non c’è altra scelta che tenere alta la testa quando si è nella mer…
fino al collo.
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