„Il passo più
lungo della gamba“ ovvero la favola dei Paesi mediterranei che avrebbero
vissuto al di sopra delle proprie possibilità.
Gli
“eurodipendenti” salvaeuro (uso questo termine poiché i difensori della moneta
unica hanno da lungo abbandonato le argomentazioni logiche rifugiandosi da un
lato nelle menzogne e nella confusione informativa e dall’altro nella mistica
divinizzazione dell’euro-idra dalle 17 teste) mentono sapendo di mentire.
La cancelliera tedesca non fa che
ripetere la trita litania “se cade l’euro cade l’Europa” alla quale sarebbe fin
troppo facile rispondere chiedendo come allora faceva l’Europa a stare in piedi
prima dell’euro (e ci stava benissimo, non c’erano neanche lontanamente le
tensioni e le spinte centrifughe, nazionaliste, nonché la rovina economica di tanti
Paesi che sta puntualmente arrivando anche in Germania). Ma una volta che una
decisione fatale è divenuta dogma, deve essere difesa ad ogni costo. Infatti,
e questo è invece verissimo, se cade l’euro cadono politicamente tante teste,
quelle di coloro che l’ hanno imposto incautamente o perseguendo fini ben
diversi dal bene comune europeo.
Uno dei
ritornelli più fastidiosi poiché giocano falsamente sul comune buonsenso, è
l’accusa ai Paesi mediterranei indebitati in misura irrimediabile, di essere
"vissuti al di sopra delle proprie possibilità”. Quando un privato si indebita e fatica a restituire i prestiti si
dice popolarmente che ha fatto “il passo più lungo della gamba”. Ma uno Stato
non è paragonabile ad un privato. Nemmeno se prendesse prestiti per regalare i
soldi ai propri cittadini varrebbe il paragone col privato. Perché? Semplice:
nessuno presta ad uno Stato senza le garanzie necessarie, e se lo fa chiede
interessi così alti da recuperare in pochi anni il capitale prestato, poi può
anche rinunciare alla restituzione di una parte del prestito, tanto ha già
recuperato l’investimento. In realtà poi i debiti si commerciano, ed infatti
finora solo i privati hanno rimesso soldi con le obbligazioni dei debiti
pubblici greci, come già era successo con quelli argentini. Le banche tutte
hanno sbolognato in tempo ai privati i titoli inesigibili, e quelle che non lo
hanno fatto in tempo hanno ricevuto il rimborso dallo Stato cioè dai
contribuenti. A pagare sono sempre i
cittadini.
I prestiti altro
non sono che un pagamento in anticipo per prodotti o servizi futuri. Nessuna
economia, nemmeno la più primitiva o unicamente rurale può funzionare senza
prestiti.
In alcune regioni
italiane del Mezzogiorno ad esempio fino all’Ottocento vigevano i “contratti alla
voce”, cioè un anticipo ai contadini affinché potessero seminare e coltivare da
parte dei mercanti che poi acquistavano i prodotti, laddove il prezzo non era
stabilito una volta per tutte all’inizio ma veniva contrattato con la
partecipazione dei contadini al momento del raccolto.
In altri termini
quello che succede alla borsa commerciale di Chicago, dove però i contratti
vengono commerciati in continuazione a fini speculativi senza possibilità di
partecipazione dei produttori.
Dunque
l’affermazione “la Grecia è vissuta al
di sopra delle proprie possibilità” è tanto efficace politicamente per imporre
misure di risparmio deliranti e distruttive quanto assurda se esaminata
nell’ottica dei processi economici. Nessuno infatti è vissuto “al di sopra delle
proprie possibilità” né in Grecia né altrove: semplicemente qualcuno è vissuto
… a spese di altri ! Cioè (relativamente) pochi profittatori
hanno approfittato dell’indebitamento statale e privato per arricchirsi. E
trasferire nelle proprie tasche e nelle banche sicure quanto prelevato alla
maggioranza dei lavoratori e cittadini contribuenti.
Il passo più
corto della gamba
Ma esiste invece
una realtà indiscutibile e perniciosa economicamente: il risparmio eccessivo e
improduttivo. Che in genere viene richiesto dai Paesi dove questo tipo di
comportamento è tendenzialmente diffuso
agli altri Paesi verso i quali il risparmio eccessivo dei primi si
dirige.
Veniamo al
concreto: la Germania, per fare un esempio, nell’ ultima dozzina d’anni ha bloccato i salari riducendo il potere
d’acquisto dei lavoratori, ha tagliato servizi sociali, contributi ai bisognosi
(tanto che è dovuta intervenitre la Corte Costituzionale per dichiarare
anticostituzionali alcune leggi tanto restrittive ed avare da essere lesive della
dignità dell’uomo). I risparmi sono
serviti ad incrementare le esportazioni facendo pendere la bilancia dei
pagamenti a sfavore dei Paesi mediterranei importatori o concorrenti sui
mercati internazionali. Ad un certo punto la cancelliera ha dovuto addirittura
mettere un freno a questa politica
insensata poiché generava una pericolosa deflazione nonché una crisi di
sovrapproduzione. E’ stata la famosa “rottamazione sovvenzionata”
(Abwrackprämie), con la quale si incentivarono possessori di auto ancora ben
funzionanti a farle rottamare per acquistarne nuove riducendo gli stock
invenduti delle grandi industrie automobilistiche.
Lo stesso
risultato si poteva ottenere pagando direttamente agli azionisti di queste
industrie la stessa somma sovvenzionata
al netto delle imposte: e si potevano mandare in vacanza pagata gli
operai invece di impegnarli a costruire altre auto che nuovamente, a poca
distanza di tempo, tornano ad essere invendute e quindi questa volta le
fabbriche chiudono e licenziano gli addetti (es. Opel).
L’equilibrio in
economia non esiste
Se non ci fosse
differenza di valore in prospettiva, nessuno venderebbe le azioni che
garantiscono buoni dividendi, e nessuno acquisterebbe quelle che non li possono
offrire.
Tutto il
commercio si basa sulle previsioni (vere o fasulle) di presunti guadagni.
E queste
previsioni sono diverse poiché le informazioni non sono a tutti e totalmente
disponibili e quindi chi sa o crede di sapere qualcosa in più di altri,
acquista o vende in modo corrispondente
(e deve in ogni caso trovare un venditore o un compratore che effettua
una valutazione basata su informazioni di segno opposto).
L’equilibrio non
può esistere però nemmeno negli scambi fra gli Stati, dove per una serie di
condizioni ancor più difficili da valutare (come dimostrano le cantonate prese
dalle agenzie di “rating”) o di informazioni volutamente falsate (v. sopra)
solo il mercato e cioè le valutazioni dei rischi da parte degli operatori può
far emergere i rispettivi livelli di efficienza e produttività. Ma nel caso
degli Stati interviene un correttivo sicuro ed efficace: la svalutazione o
rivalutazione delle monete nazionali. Dove questo meccanismo fondamentale per
gli scambi economici fra gli Stati viene a mancare, prima o poi si generano squilibri
non più eliminabili.
E questo è
appunto il caso dell’area euro. L’impossibilità di riequilibrare le economie
tanto diverse tramite aggiustamenti delle rispettive valute impedisce che in caso di debiti eccessivi
rispetto alla capacità di onorarli l’economia degli Stati in difficoltà possa
recuperare allineandosi ai valori che si determinano nel gioco della
domanda e dell’offerta, che resta pur
sempre una delle poche leggi
fondamentali dell’economia. E
che a credere di poterla eliminare si provocano i disastri che vediamo ora con l’euro.
Competenza
economica e democrazia
Alcuni hanno
proposto un referendum sull’ euro: mantenimento, abolizione, modifica dei
criteri, ecc. ecc.
Orbene, una
decisione democratica, anche se sbagliata, è generalmente da preferire ad una
giusta presa in modo autoritario. Col corollario che l’errore commesso
democraticamente possa essere altrettanto democraticamente corretto.
Nulla di tutto
ciò è avvenuto o sembra possibile per l’euro.
Sembra ripetersi
lo stesso caso delle decisioni fintamente democratiche ma di fatto autoritarie:
al popolo greco
venne di fatto impedito il referendum proposto da Papandreu, costretto per
questo a dare le dimissioni. Sull’Italia meglio sorvolare. Ma anche in Germania
i cittadini non sono stati direttamente chiamati a decidere (infatti avrebbero
con ogni probabilità deciso di no sull'euro, e in futuro saranno ancor più contrari,
dunque nessun partito si avventurerà a proporre un referendum).
In Inghilterra si
sta preparando un referendum addirittura per l’uscita dall’ Europa: e dire che
non hanno nemmeno l’euro, quindi un problema in meno!
Ma tant’è,
l’immagine che dà di sè l’Eurozona è tanto scoraggiante che l’Europa stessa ha
perduto ogni attrattività.
Qualcuno dirà: ma
la Croazia preme per entrare a metà anno.
Sì, verissimo, ma
chi preme è la casta politica che ha fatto i propri calcoli e tutti coloro che
a torto o a ragione pensano di guadagnarci. E quelli che si sono fatti menare
per il naso dai precedenti.
Come in Italia
coloro che nonostante tutto scommettono su Monti o sugli altri partiti
autoetichettatisi di destra o sinistra, ma comunque eurodipendenti
acritici.
E per finire:
resta la curiosità di vedere come verrà giustificata la prossima infrazione
alle norme relative all’euro per salvare Cipro (o meglio i milionari russi che colà
hanno trovato il paradiso fiscale legale, come prima era stata l’Irlanda).
Probabilmente la
risposta alle critiche sarà: in fondo è un piccolo Paese, sono pochi miliardi,
dunque la violazione delle regole dei trattati europei sono piccole cose, un
sacrificio minimo per … salvare l’euro.
Resta da vedere
quale sarà dopo Cipro il prossimo Paese, …. e le prossime scuse e menzogne per salvare l’insalvabile.
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