Pizza quattro lezioni
I published this article in a weekly in Germany as answer to the law that started the total privatization of the Italian schools abroad. The law was justified with the supposed aim of saving money keeping the same standard of cultural offer to the children of migrant Italian workers. But in fact the real intention was to give money to private organizations and by this move control them politically. While the cultural institutions have since then collapsed, the real aim has been politically achieved. The sad destiny of the Italian schools abroad can also be seen as a model and essay of what has been done later in Italy, subtracting financial means from the public schools and pumping money into private (mostly religious) schools buying political support from the Cath.Church. Under this point of view this article is unluckily still much up to date.
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Una modesta proposta per i corsi d' italiano all' estero (estate 1993)
Pizza quattro lezioniUtilizzando la sua rete gastronomica, l' unica sua struttura ben funzionante e diffusa in tutto il mondo, il nostro Paese potrebbe risparmiare ancora di più garantendo a tutti i suoi emigrati il contatto colla lingua e la cultura italiana.
Pizza quattro lezioniUtilizzando la sua rete gastronomica, l' unica sua struttura ben funzionante e diffusa in tutto il mondo, il nostro Paese potrebbe risparmiare ancora di più garantendo a tutti i suoi emigrati il contatto colla lingua e la cultura italiana.
Unico fra tutti i
Paesi d' emigrazione, colla legge 243/1993, l' Italia ha rinunciato al monopolio statale nella diffusione della cultura
all'estero subappaltando i corsi d'
italiano ad Enti ed associazioni
private al proclamato fine di ottenere i risparmi
necessari a sanare il bilancio pubblico (ma utilizzati nel frattempo per
migliorare il trattamento economico del personale diplomatico- consolare).
Ciò è
avvenuto già in era preberlusconiana e
dunque le proposte che qui avanziamo non possono essere viste come
omaggio al Cavaliere o ai suoi
attuali alleati di governo. Ma
certamente possiamo pensare che l' idea
non gli dispiacerà : nel caso la potrà
far sua poiché rinunciamo alla nostra paternità per il bene del Paese.
Qualche precedente
per capire il presente
A prescindere dai successivi aggiustamenti
legislativi, che meglio si dovrebbero definire una continua sovrapposizione di
pezze mal cucite, la filosofia degli interventi scolastici e culturali all'
estero rispecchia come è noto
ancora il Testo Unico n. 740 del 1940.
Per far fronte
alla massiccia emigrazione degli anni
Settanta verso l' Europa del Nord, in
particolare verso le aree svizzera e tedesca,
era stata approvata nell' anno
1971 la legge n. 153, che risultò ben presto tanto mal congegnata da far
ammettere ai suoi stessi propugnatori, di lí ad un decennio, che si era
trattato di una legge anacronistica, "nata morta". Nonostante la chiarissima ammissione del
cattivo servizio reso all' emigrazione, nessun progetto di riforma di questa o
delle altre leggi per la scuola
all`estero è tuttavia riuscito ad
ottenere l' approvazione in Parlamento. Ma non c' è da rammaricarsene,
poiché chi abbia esaminato i vari
progetti con conoscenza di causa si sarà reso conto che si trattava in tutti
i casi di rimedi peggiori del male.
Per
salvare le apparenze e tenere a bada il personale scolastico che,
insieme all' utenza, si trovava a sopportare le conseguenze di una legislazione indegna di un Paese civile, venne concesso nel 1982 il
beneficio del trattamento di
ruolo, inferiore di gran lunga quello del personale
diplomatico -consolare, ma pur sempre
di tutto rispetto se lo si confronta
con le condizioni giuridicamente ed
economicamente avvilenti del periodo
precedente.
Da quel momento iniziò la prova di forza fra i funzionari del Ministero degli Affari Esteri (già dimostratosi tanto incapace nella
gestione delle istituzioni
scolastiche da costringere tutte le forze sindacali e vari
esponenti politici a chiedere ripetutamente il
passaggio delle competenze al Ministero della Pubblica Istruzione) e d il personale scolastico uscito da un precariato che lo aveva privato
della possibilità di proporsi come soggetto
di iniziative riformatrici.
La prima vittoria dell' apparato
diplomatico consolare contro il personale scolastico la si è avuta appunto colla legge 243/93 che ha ridotto di 1/3 il personale di ruolo in servizio all' estero (2000 unità)
sostituendolo con precari. E per non
avere più a che fare con una realtá come quella delle istituzioni scolastiche
nella circolare (n. 14755/C del 9.7.93)
applicativa della legge 243/93 il responsabile di turno (Corrias) cosí sentenziava : "...al momento dell' assunzione degli insegnanti, dovrà tuttavia essere
evitata da parte uffici consolari ogni forma di intervento diretto
(predisposizione graduatorie consolari, ecc.) che possa far sorgere nel
personale aspettativa nei confronti Stato italiano".
Questo modo di
procedere ricorda un po' l' apartheid sudafricana ora
felicemente superata: il personale
scolastico in servizio all' estero non
deve sedere sulle stesse panchine
giuridiche del rimanente personale di
ruolo del Ministero degli Affari Esteri.
Deve essere un personale
remunerato ad ore, senza mutua
né assicurazione sociale. Un personale
non esistente per lo Stato, che i funzionari hanno l' ordine perentorio di ignorare.
Il coraggio
delle riforme
Con queste premesse e tenendo conto che il voto per il Parlamento
europeo ha dimostrato la travolgente popolarità del Cavaliere
all`estero ( in Germania ha votato per Forza Italia oltre il 50 % degli
emigrati) sarebbe velleitario
riproporre il ritorno allo Stato delle responsabilità di gestione delle iniziative scolastiche quando ormai la linea politica è quella della privatizzazione.
D' altra parte, come dimostrano i dati relativi all' insuccesso degli alunni
italiani nelle scuole locali, dove essi
sono da vent' anni all' ultimo posto dietro
i turchi e gli altri extracomunitari, lo Stato italiano si è dimostrato incapace di gestire la
scuola all' estero. Poco importa
che l' origine di tutti i mali sia probabilmente da ascrivere all'attribuzione
di competenze scolastiche ad un ministero come quello degli Affari Esteri che
in materia non poteva avere ovviamente né capacità né interesse. Di fatto, nel gestire la scuola all' estero,
si stanno rivelando più efficienti gli
stessi bosniaci, nonostante la tragedia che ha colpito il loro Paese.
Umberto Eco, a quanto riferisce la stampa,
avrebbe espresso il desiderio di essere cittadino di Serajevo. Possiamo anche
crederlo. Ma sicuramente ed a maggior
ragione questo desiderio potrebbe essere fatto proprio dagli insegnanti
italiani assunti con pagamento ad ore e privi di qualunque riconoscimento del
servizio svolto. Colla conseguenza
che in Germania i corsi
in tutte le lingue dell' ex Jugoslavia per i figli degli emigrati e dei
rifugiati sono iniziati regolarmente lo scorso anno, mentre solo ad anno
avanzato (e nemmeno ovunque )
stentavano a decollare quelli d' italiano. Tenendo conto delle premesse
non abbiamo alcun motivo di meravigliarcene.
Ma a questo punto , esclusa la
possibilità di un ripensamento da parte
delle autorità responsabili del nostro Paese, non si può che far perno
sull' unica virtù indiscutibilmente italiana, quella della fantasia nell'
arrangiarsi.
Basta colle mezze misure, privatizzazione totale
L' attuale forma di parziale
subappalto della scuola all' estero
è troppo primitiva per poter funzionare. Cosí facendo prima o poi anche l' esperanto avrà maggior successo dell' italiano. Come si fa infatti a
tenere in piedi un' organizzazione
(si fa per dire) in cui lo Stato
mette a disposizione di
Enti ed associazioni, prive ovviamente
di competenza, fondi cospicui per far loro gestire l' insegnamento e nel
contempo vieta ai propri funzionari (presidi,direttori didattici e consoli )
di comportarsi in modo da "far sorgere aspettative nei confronti
dello Stato" da parte del
personale?
E`evidente che cosí non vi può essere
controllo alcuno e che di fronte a tutte le altre nazioni , come
pure alle autorità scolastiche dei Paesi ospitanti, l' Italia cade nel ridicolo perdendo ogni credibilità.
Per salvare almeno le apparenze occorre
dunque far credere al mondo che la
strada ora scelta è frutto di una matura riflessione e non di un colpo di sole (la legge 243/93 è stata
approvata il 17 luglio per la cronaca).
Ed allora perché non procedere per tagli radicali?
Via tutti i
rimanenti docenti di ruolo selezionati con
severi concorsi fra il personale delle scuole in Italia e
periodicamente aggiornato a spese dello Stato. E via anche dirigenti e
funzionari .
Agli emigrati non è stato concesso il voto
all' estero, che costava poco. Si dia loro almeno la responsabilità piena nella
gestione di tutto ciò che riguarda i rapporti coll' Italia.
Passaporto in gelateria
Tenendo conto che
le due principali incombenze di un consolato sono il rilascio di passaporti e
la gestione delle iniziative
scolastiche, possiamo senza problemi procedere alla chiusura di tutte le rappresentanze.
Diamo il giusto riconoscimento agli emigrati che si sono
fatti onore all` estero colla loro
intraprendenza economica : sostituiamo
tutti i consoli e gli ambasciatori di
carriera, che costano un occhio all' erario, con consoli ed ambasciatori o
n o r a r i, da scegliere ad esempio con referendum democratici fra i
migliori gestori di pizzerie e gelaterie in ogni comune.
In questo modo l' Italia avrebbe la più fitta rete diplomatica nel mondo col minore
investimento. Pensate al vantaggio di trovarvi ad esempio in un
paesino sperduto della Foresta Nera o nella Pampa argentina e
poter ottenere il rinnovo del
passaporto scaduto dal
console-pizzaiolo che fra un piatto di
rigatoni ed una zuppa di pesce troverebbe il tempo di mettere un timbro sul vostro documento ?
E che dire dei rapporti ad alto livello
politico : in ogni Paese vi sono italiani che hanno raggiunto ottime
posizioni sociali, che parlano la lingua locale correntemente senza dover
ricorrere ad interpreti come di solito si rende necessario coi nostri
funzionari inviati dall' Italia : quanti miliardi risparmiati per un
servizio che `sarebbe poi
incomparabilmente più efficiente.
Già, poiché un ambasciatore onorario oltre a
non costare nulla offre ovviamente
maggiori garanzie : lui infatti, a differenza del personale di carriera del
M.A.E. , in quel Paese ha scelto di restarci e non può permettersi magre
figure. Né gli si potrà chiedere di adoperarsi per far passare tangenti, visto che non avrà ambizioni di carriera
o politiche.
E la scuola ?
In effetti qui il problema è un po' più complesso. Se infatti non ci sono dubbi
sul fatto che che un buon
gelatatio possa essere un ottimo console onorario, per
insegnare l' italiano occorre pur
sempre una preparazione
professionale. Ma non sono certo i diplomati ed i laureati che
mancano, bensí i soldi per retribuirli
dignitosamente.
Ed allora ecco la soluzione meno costosa : in ogni gelateria, in ogni pizzeria un corso d' italiano.
Gestito dal proprietario, che
tenendo al buon nome del locale avrà
tutto l' interesse di farlo funzionare perfettamente: guai a perdere un
allievo, cioé un cliente abituale; guai a non curare la partecipazione
frequente dei genitori con riunioni che
fra l' altro garantirebbero ulteriori introiti.
E quegli stessi insegnanti che attualmente
conducono una magra esistenza col
pagamento ad ore e quindi devono
ricorrere a lavori supplementari per vivere, potrebbero trovare nel locale
stesso una seconda ,più remunerativa attività per sbarcare il lunario pur senza
rinunciare ad esercitare la professione per la quale si sono laureati . Chi
vorrà mettere in dubbio che la lezione impartita agli alunni-clienti non risulti più efficace del solito insegnamento nelle scuole locali dove, particolarmente in Svizzera e
Germania, le aule riservate ai corsi di lingua materna sono negli
scantinati ed alunni e insegnanti sono considerati intrusi ed a
malapena sopportati?
E non veniteci a raccontare che
l' ambiente non favorisce la
concentrazione: non abbiamo forse anche noi a suo tempo preso lezioni di
chitarra o di fisarmonica dal
barbiere del quartiere che, all' arrivo di un cliente, continuava a
seguire i nostri esercizi suggerendoci gli accordi mentre lavava i capelli?
Immaginate quanto più
allettante sarebbe un dettato svolto dall' insegnante-cuoco dallo sportello della cucina mentre
controlla la cottura delle pizze ?
E che dire delle correzioni colle mani profumate di basilico ed origano: la giusta ortografia, come ci
insegnano gli psicologi si fisserebbe
in modo indelebile nelle giovani menti
insieme agli aromi
inconfondibili della cucina
nazionale.
Lungi dal chiedere contributi
allo Stato come sono costretti a fare gli enti e le associazioni, gonfiando come è inevitabile i bilanci e mettendo in piedi una nuova tangentopoli
(e c' è già chi denuncia questa tendenza), questa radicale privatizzazione
consentirebbe di risparmiare
su tutta la linea : basterebbe un modesto contributo per ciascun
alunno, un buono scuola sui generis ma nello spirito identico a quello già proposto per la scuola
privata in Italia. Una sorta di
buono collegato a consumo
gastronomico, diciamo una pizza "quattro lezioni" ogni mese. E un buono mensa per gli insegnanti, ai quali però dovrebbe essere riconosciuto il
servizio concedendo, a coloro fra di
essi che dovessero sopravvivere ad un decennio di tale attività, una
cattedra di pedagogia in una università
italiana di loro scelta : sarebbero
infatti i più qualificati ad
insegnare come risolvere i problemi dell' insuccesso e
dell' abbandono scolastico.
Non dimentichiamoci ovviamente nemmeno dei dirigenti scolastici : la maniera piú efficiente sarebbe il reclutarli fra i commessi viaggiatori dei
locali di ristorazione : girando da un
locale all`altro avrebbero un controllo costante sull`andamento dei corsi, di cui potrebbero verificare
l`assiduità della frequenza già sulla base dei quantitativi ordinati. Ad un
calo inspiegabile di ciascun ordine di fornitura seguirebbe immediatamente
un`accurata indagine per stabilirne le
cause e sarebbe certamente loro grande premura dare agli insegnanti-cuochi tutto l`aiuto possibile per risolvere in
modo soddisfacente eventuali problemi di disaffezione degli alunni dalla
frequentazione delle gelaterie o pizzerie scolastiche.
Tralasciamo gli altri aspetti
secondari e licenziamo questa modesta
proposta swiftiana colla speranza che
essa aiuti a riflettere su che cosa sta succedendo nelle istituzioni
scolastiche all`estero. Poiché non crediamo ai miracoli non speriamo in alcun
miglioramento. Ma che almeno si sappia a che livello è sceso il nostro Paese in questo settore.
Totò Sapore* (pseudonimo da un
racconto di Roberto Piumini)
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