Montag, 10. November 2014

La scoperta del secolo: era tutto colpa della "Rigidità del mercato del lavoro", trovata la soluzione alla crisi finanziaria. 


In una recensione su IL Sole 24 Ore è citata una frase tratta dal libro della neo-eletta alla Corte Costituzionale  Silvana Sciarra, L'Europa e il lavoro, Solidarietà e conflitto in tempi di crisi:

 ""È indubbio, infatti, che la rigidità dei mercati del lavoro europei, impedendo la mobilità tra Stati membri in cui c'è carenza di lavoratori ed altri in cui c'è carenza di lavoro, abbia costituito un fattore di esacerbazione della disoccupazione generata dall'attuale crisi finanziaria.""

Non so dove viva questo personaggio poiché pare non conoscere minimamente l'enorme flusso di giovani laovratori in cerca di lavoro in fuga dai Paesi mediterranei vero quelli dell'Europa Centrale, compresi quelli ex comunisti. Altro che rigidità: la Germania ha da lungo organizzato il reclutamento direttamente in questi Paesi, cosí come fece nel primo dopoguerra quando grazie ai fondi del Piano Marshall stava rimettendo in piedi le industrie e aveva bisogno di manodopera di bassa manovalanza (infatti in Italia reclutava preferibilmente lavoratori privi di mestiere e meglio ancora se privi anche di titolo di studio o addirittura analfabeti, poiché più facili da addomesticare). L'unica differenza è che ora recluta preferibilmente giovani altamente specializzati di cui ha carenza in patria. 
La cecità dell'autrice citata è condivisa dai governanti al potere, da quelli nazionali fino al "Politburò" presieduto da Junkers a Bruxelles, che continuano a vedere l'origine della crisi o l'ostacolo al suo superamento unicamente nella "rigidità del mercato del lavoro" mentre osannano alla libertà di movimenti di capitali e sedi fiscali delle imprese (non a caso proprio il lussemburghese Junker è salito al potere nell'UE - grazie forse alle agevolazioni fiscali "legalizzate" concesse a oltre 300 multinazionali che sono state cosí praticamente esonerate dalla contribuzione !). 
Costoro evidentemente erano in profondo letargo quando scoppiò la crisi dei "subprime", della "Lehmann-Brother" e la catena di speculazioni che avviarono la crisi finanziaria. Oppure sono convinti che siano stati i lavoratori a speculare coi derivati tossici, non le banche, che poverette dovettero poi essere salvate ed indennizzate per i danni loro causati da questi "lavoratori-speculatori" ultraprotetti appunto dalla "rigidità del mercato del lavoro".
Un'interpretazione della crisi che se fosse vera meriterebbe  il Nobel dell'economia. 
E dunque la medicina proposta da questi sciamani o stregoni della politica economica è la demolizione dei diritti dei lavoratori e la totale liberalizzazione dei diritti delle imprese, fino  al loro esonero dal pagamento delle tasse. Interessantissimo quanto è appena emerso circa le pratiche lussemburghesi per far risparmiare imposte alle multinazionali che ivi avevano trasferito la loro sede, oltre 300 casi: ma la Troika non era andata in Grecia ad imporre un sistema più efficiente di prelievo fiscale dichiarando che era l'inefficienza del fisco locale ad aver causato l'indebitamento irrimediabile del Paese? Costoro dirigevano l'attenzione del pubblico sull'operazione di chiusura della falla fiscale in Grecia mentre nello stesso tempo allargavano a dismisura quella da sempre già esistente in Lussemburgo!  Falsità, ipocrisia e sfacciataggine vanno sempre insieme, ma in questo caso sembra che costoro abbiano anche perduto il senso della misura. O credono che i cittadini europei siano dei perfetti sprovveduti creduloni minchionabili senza sforzo. I lavoratori dovranno dunque scendere in piazza e con le loro democratiche proteste risvegliare dal letargo sia i governanti europei che il Politburò a Bruxelles, cosí come avvenne 25 anni or sono per far cadere un altro Politburò a Berlino Est.                 
Una rivoluzione democratica appare ormai inevitabile, poiché se dovesse prevalere questa sciagurata concezione dell' Europa si cementerebbe ed aggraverebbe la disparità di sviluppo fra i Paesi membri: alcuni avviati verso uno sviluppo accelerato fondato sulla moderazione salariale dei propri lavoratori garantita dall'esistenza di "gabbie salariali" (in Germania ad es. le regioni dell'ex RDT) mentre gli altri Paesi finirebbero per essere equiparati appunto alla RDT e trasformati in serbatoi di manodopera "a domanda" ed a basso prezzo.
Che il PD sia per questa linea è chiarissimo da lungo, avendo cessato (se mai lo è stato) di essere partito dei lavoratori. Se a questa fallimentare e cinica politica si associasse come sembra di capire anche il M5S, lo spazio per una difesa democratica dei diritti sparirebbe e rimarrebbe unicamenete la via di una rivoluzione democratica. La situazione non appare migliore nemmeno negli altri Paesi colpiti dalla crisi, e non occorre essere é profeti né spie dei servizi segreti per capire che dietro le manovre politiche scoperte è in corso uno svuotamento della democrazia e dei diritti civili senza precedenti.   
Per l'Europa tutta manca soltanto più la firma sotto il trattato di "resa incondizionata" al modello economico USA (il famigerato TTIP) e poi l'EU sarà a pieno titolo una colonia americana sostituendosi in questo ruolo all'America Latina che dopo un secolo di servitù è riuscita in larga parte ad emanciparsi e liberarsi dal giogo yankee.  

Sonntag, 9. November 2014

  Mauerfall oder Reinfall?


Die neue unsichtbare Mauer oder DDR „Rettung“ als Experiment für die Neugestalung der der EU nach deutscher „Hackenordnung“.
Nach vor kurzem veröffentlichten Meinungserhebungen wären ein Viertel ca. (23 %) der Bürger in den Gebieten der ehemalingen DDR der Ansicht, dass es ihnen vor der „Wende“ besser ging als jetzt, 25 Jahre später; sogar 12 % würden sich nach dem alten umstürzten Regime sehnen.
Diese Daten scheinen mir sehr zweifelhaft, denn mit geschickten Fragen kann man sehr leicht die Antworten erhalten die man sucht. Nichtdestoweniger sind diese Daten aussagekräftig, wenn man die Wirtschaftsdaten vergleicht.
Die sichtbare Mauer ist in der Tat lediglich durch eine andere ersetzt worden, eine unsichtbare aber ökonomisch sehr wohl spürbare und noch viel stärkere Mauer: Die Unterschiede zwischen Westen und Osten in Gehalt und Wohlstand, Sozialdienste und sogar Erziehung und Schulbetreuung sind nach der "Wende" sehr groß geblieben, viele sogar größer geworden.
Die Schwierigkeiten der wirtschaftlichen Angleichung West-Ost sind in der maroden Planwirtschaft der DDR, und veranwortlich dafür sind zweifellos die damaligen regierende Betonköpfe. Aber genausowenig kann man die „Sanierung“ seitens der westdeutschen Unternehmen als modellhaft geglückt bezeichnen: es hat sich eher um einen Raubzug gehandelt, der alle Merkmale der Kolonialisierung aufweist. Die Kosten der Wiedervereinigung haben die Westdeutschen Steuerzahler getragen, aber diese Investitionen sind nur zu einem Bruchteil zugunsgten der Ostdeutschen Industrie und Betriebe gegangen. Wo der Hauptteil geblieben ist ist leicht zu ahnen: es hat die Taschen der Wirttschaftsakteure im westlichen Territorium nie verlassen.
Man kann wohl sagen, dass den Bürger der ehemaligen DDR zwar es besser als bevor geht, im Durchschnitt, aber leider nicht allen: es gibt zwar zum Glück keine Dissidenten die politisch verfolgt werden, dafür aber ein Heer Arbeitslose.
Niemand möchte zwar zurück, ich glaube nicht einmal die 12 % der Meinunserhebungen die nach der alten DDR sich angeblich sehnen, solche Aussagen sind eher als Ausdruck der Enttäuschung und als Protest zu bewerten: gegen die falschen Versprechungen die zur Auflösung der DDR beutzt wurden.
Von einem wirklichen "Mauerfall" kann aber nicht die Rede sein: die eine Mauer wurde lediglich durch eine andere ersetzt, eine die man sehr schwer abreißen kann, denn diese letzte ist sehr fest verankert: an den herrschenden wirtschaftlichen Interessen der westdeutschen Finanz- und Industriemächtinhaber.
Diese Überlegungen sind jedoch nicht nur eine späte Erkenntniss über die gescheiterte „Sanierung“ der DDR: sie sind höchst aktuell, denn was in den vergangenen 25 Jahren dort passiert ist, wird jetzt mit den gleichen Methoden von der EU (geführt und dominiert von den deutschen Regierungen und Wirtschafgtsmacht) für den Rest der europäischen Länder in die Tat gesetzt, und vor allem für die „Sanierung“ der Finanzen der Mittelmeerländer (auch „PIGS“ genannt).
Wir sehen dass diese Methoden (zusammenfassend unter „Austerität-Maßnahmen“) bekannt, nicht nur keine am Boden liegende Wirtschaft wie die damalige DDR wirklich retten können, sondern sogar früher funktionierende Wirtschaften (wie Spanien, Portugal, Griechenland und Italien) langsam aber unwiderruflich ruiniren können. Wenn die Geschichte überhaupt etwas lehren kann, hier ein Gegenbeispiel (es sei denn, diese Entwicklung war und ist gewollt, dann wäre die DDR lediglich das Versuchkaninchen gewesen).
 

Freitag, 7. November 2014

 La metamorfosi delle monete nazionali in euro ed il processo inverso.     







“Una mattina Gregor Samsa risvegliandosi si trovò trasformato in insetto”.
Così inizia il noto racconto (Die Verwandlung) che Franz Kafka iniziò una notte di novembre del 1912. Meno noto invece il racconto del suo amico scrittore Karl Brand, morto giovanissimo, il quale nel 1916 pubblicò un’inversione del racconto kafkiano, “Die Rückverwandlung des Gregor Samsa”, cioè la riconversione da insetto a uomo del medesimo personaggio.
A questa coppia di racconti mi fa pensare la tragica metamorfosi delle monete nazionali nell’euro, poiché a ben vedere è avvenuta in fondo la stessa cosa. L’euro è la grottesca metamorfosi delle monete sovrane in qualcosa di mostruoso e repellente condannato a morire.
Ma anche la contro - metamorfosi è già avvenuta, le monete nazionali sono ritornate in tutti i Paesi d’Europa. Nell’aspetto sono ancora apparentemente euro, di fatto sono dracme, lire, pesete, …. e marchi. Infatti gli euro non hanno più lo stesso valore rispetto alle merci ed ai servizi che con esso i cittadini dei vari Stati possono acquistare. Il salario dei lavoratori nei Paesi mediterranei compra poco più della metà del salario di un lavoratore tedesco, mentre prima dell’introduzione dell’euro il potere d’acquisto era quasi comparabile.
La svalutazione ha colpito i salari, non le monete nazionali. In altri termini gli euro sono di pari valore in tutta l’area  ma entrando nelle tasche dei cittadini dei Paesi (PIGS) si dimezzano di numero.
Se ad esempio si calcolano le mensilità ora necessarie per acquistare un’auto nei paesi PIGS, ci si rende conto immediatamente che il loro numero è quasi raddoppiato rispetto ad una dozzina d’anni or sono. Tanto varrebbe dunque reintrodurre le monete nazionali di valore all’incirca dimezzato rispetto all’euro /marco tedesco. A questo punto però sarebbe la fine per le esportazioni tedesche nelle altre aree, poiché in euro = marco le merci tedesche non sarebbero più concorrenziali.  La Banca Centrale Europea e la politica tedesca sono orientate a tutto meno che a consentire il ritorno alle monete nazionali, appunto per evidenti interessi di dominio dei mercati PIGS. A ben vedere la metamorfosi c’è stata, da moneta sovrana a scarafaggio, ma il risveglio per troppi non è ancora avvenuto, cioè per coloro che considerano l’euro come ancora di salvezza mentre invece è la pietra al collo del suicida per annegamento.
Tornando alla novella, per ora abbiamo unicamente la metamorfosi orrenda da uomo a insetto, il processo inverso per quanto inevitabile ed urgente non è ancora entrato nella testa della gente ovviamente disinformata dai governanti che hanno tutto l’interesse a mantenere le cose allo stato attuale per restare al potere, soprattutto in Italia poiché se il governo attuale dichiarasse di voler abbandonare la tragica moneta unica per tornare alla lira il mostro europeo aprirebbe le fauci per inghiottirlo.