Donnerstag, 10. Juli 2014

 “Fiscal Compact” ovvero la corda offerta dall’UE alle nazioni in recessione economica  per impiccarsi e mantenere l’attuale “Hackordnung”  in Europa.  



Nella stampa di regime in Italia c’è molta confusione concernente la mossa di 16 economisti ed intellettuali che hanno lanciato la raccolta di firme per un referendum inteso a limitare i danni del cosiddetto “Fiscal Compact” cioè del “Patto di Stabilità”.
Un patto approvato quasi senza discussione da 25 dei 27 Paesi allora facenti parte dell’UE (con le significative eccezioni di Inghilterra e Repubblica Ceca, due Paesi che hanno mantenuto la propria sovranità monetaria e rifiutato l’euro e sono infatti fra i meno toccati dalla crisi). Un referendum certamente sgradito al governo che sta cercando invece di giustificare col richiamo a questo Patto pacchetti di riforme altrimenti impresentabili.    
I dettagli di questo Patto, per essere esaminati seriamente, richiederebbero un lungo discorso tecnico, ma i fatti economici a tutti noti rendono superfluo questo approfondimento, che sarebbe un po’ come smontare un motore per capire il guasto di un’auto in panne quando  già si vede che comunque mancano le ruote. Infatti proprio di questo si tratta. Con questo Patto l’economia europea non può assolutamente ripartire. 
Concepito come le altre regole EU (che infatti non fa altro che ribadire rincarandone  la dose letale per lo sviluppo economico), il Patto di Stabilità a parere quasi unanime dei migliori economisti europei (e mondiali: il disastro europeo è studiato attentamente anche negli altri continenti) sarebbe adatto ad una nazione o ad un gruppo di esse che avesse compiutamente completato il processo d’integrazione economica, finanziaria e fiscale con tutto il corollario di misure di compensazione e sostegno. Un qualcosa che non esiste compiutamente nemmeno negli USA ad esempio, dove gli squilibri fra gli Stati sono enormi ma appunto vengono attutiti dall’ alta mobilità interna e da meccanismi di compensazione fiscale, come del resto avviene fra le regioni tedesche (che sono rimaste in due – Baviera e Baden-Württemberg - a pagare  - malvolentieri e non senza ricorsi al tribunale federale - per tutte le altre).
Al contrario, il Patto di Stabilità europeo contiene unicamente le sanzioni e tutti gli aspetti restrittivi e non invece le norme di compensazione necessarie a far crescere insieme le economie verso un livello futuro omogeneo. Questo obiettivo è rimasto nel migliore dei casi una petizione di principio (se non chiaramente una falsa promessa), poiché, come appare sempre più evidente il vero scopo del Patto di Stabilità, a sua volta finalizzato al mantenimento della moneta (quasi) unica era e rimane quello di fossilizzare le posizioni delle economie europee secondo una graduatoria che vede ad es. la Germania (seguita da lontano da Austria e Olanda) conquistare una posizione predominante sia sul mercato europeo che – e questa è la novità a molti sfuggita – sui mercati mondiali.
E ciò a partire da quello cinese che è il vero obiettivo su cui si gioca il futuro della competizione fra USA, BRICS (Brasile,Russia, India, Cina e Sudafrica) ed Europa. Gli USA hanno compreso che il loro declino economico dopo tante guerre sventurate e fallite può essere compensato unicamente bloccando l’alleanza dell’ Europa con i BRICS e cercano infatti di legare a sé l’UE con un accordo commerciale strategico (attualmente oggetto di trattativa segreta !!), il cosiddetto TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
 Questa guerra economica in pieno svolgimento spiega anche l’intervento USA per destabilizzare l’Ucraina (ipocritamente attribuendone la colpa alla Federazione Russa), un ritorno alla guerra fredda per bloccare l’avvicinamento dell’Europa ad uno dei più importanti Paesi del gruppo BRICS, appunto la Russia.  Una situazione in cui detto per inciso l’UE sta facendo una figura storicamente indegna appoggiando politicamente e finanziando un governo come quello di Kiev, nato da un golpe e sostenuto da fascisti dichiarati (epigoni dei collaboratori hitleriani) che “dialoga” coi dissidenti delle regioni orientali con carri armati e bombardamenti.              
Anche la collaborazione commerciale della Germania con la Cina è vista con preoccupazione dagli USA, tanto che per bloccarne la critica, con tempestività evidente sono state scoperti in Germania gli spioni USA e la stampa locale alimenta l’indignazione di politici e cittadini per  gli ascolti e le registrazioni di dati in violazione della sfera privata da parte del sistema NSA statunitense.
Il problema di cui poco si parla ma che è invece il punto fondamentale è il tentativo degli altri attori commerciali di privare il dollaro dell’attuale ruolo dominante nel commercio mondiale e sostituirlo con altre valute (fra le quali l’euro).
Si tratta di una manovra ovviamente inaccettabile per gli USA, poiché è unicamente grazie al ruolo dominante del dollaro (di cui possono stampare quantità illimitate) che i governi statunitensi hanno potuto finora evitare la propria bancarotta e continuare a finanziare in tutto il resto del mondo parti conflittuali a loro favorevoli o direttamente le proprie guerre di aggressione. 
Considerato in questo più ampio contesto strategico appare evidente che la partita fra USA ed UE si riduce alla sfida dollaro - euro laddove il rischio maggiore lo corre la Germania che è divenuta il partner principale della Cina per le esportazioni tecnologiche e di qualità (nonché per le imprese tedesche su quel territorio, basta vedere gli insediamenti tedeschi a Shanghai per capire le dimensioni della dipendenza reciproca).
Senza l’euro, il marco tedesco fortemente rivalutato non avrebbe consentito un tale sviluppo e solo grazie alla recessione economica ed alla deindustrializzazione in corso nel resto d’Europa e principalmente in Italia e Francia la Germania ha potuto conquistare una posizione di primato nelle esportazioni verso la Cina ed i BRICS tutti. Una fine dell’esperimento dell’euro comporterebbe la fine di questo primato tedesco, la rinascita industriale di Italia e Francia ed il risanamento economico di Spagna, Portogallo e Grecia. 
Economicamente la funzione dei Paesi PIGS all’interno dell’area dell’euro è di contribuire a mantenerne basso il corso della moneta comune rispetto al dollaro a tutto profitto delle esportazioni europee ma soprattutto di quelle tedesche.
Dunque la contraddizione fra gli interessi tedeschi e dei PIGS è insanabile: una vera ripresa dei PIGS sarebbe altrettanto nociva che la fine dell’euro. E siccome nessuna vera ripresa economica dei PIGS è possibile senza uscita dall’euro, ecco la necessità inderogabile di cementare questo vincolo con un Patto di Stabilità, cosa che per ingenuità o sprovvedutezza il governo Monti ha addirittura vincolato alla Costituzione con l’obbligo di pareggio del bilancio cioè l’esclusione di indebitamento per stimolare l’economia (modifica dell’art. 81 il 18.4.2012, una data tragica da ricordare) andando ben al di là delle già micidiali restrizioni del Patto di Stabilità imposto dall’UE.
Possibilità di uscire da questo vicolo cieco non se ne vedono:  bene ha fatto certamente Renzi ad andare in Vietnam ed in Cina per cercare di aprire ulteriori sbocchi commerciali alle imprese italiane, probabilmente qualcosa ha imparato dalla cancelliera Merkel che è al suo settimo viaggio in quel Paese.
Ma come si è visto nell’ultimo incontro a livello EU, la politica dei governanti tedeschi  non cede di un millimetro sulla strategia finora seguita, e non perché non si rendano conto che  la strategia dell’austerità e del risanamento del debito puntando sul risparmio e la riduzione delle spese è del tutto fallimentare ed è servita unicamente a far precipitare ancor più  in rosso le posizione debitorie dei PIGS e ad aumentare in essi  la disoccupazione: la verità è esattamente il contrario, è proprio questo risultato che serve a cementare l’egemonia tedesca ed i rispettivi ranghi subalterni (“Hackordnung” il termine popolare) dei rimanenti Paesi.
Velleitaria e rivelatrice di una totale incomprensione di questi meccanismi strategici è dunque la posizione del Presidente del Consiglio Renzi, lodato dalla Cancelliera per il suo dichiarato impegno ad attuare in Italia la (brutta) copia delle riforme attuate dal Cancelliere socialdemocratico Schröder all’inizio del secolo in Germania.
 Non sono state infatti quelle riforme (liberalizzazione del mercato del lavoro, moderazione salariale) se non in misura irrilevante e temporanea a garantire la supremazia dell’economia tedesca in Europa: è stato invece l’euro, che impedendo la svalutazione concorrenziale ha inferto un colpo mortale alle economie meno efficienti costrette a svalutare internamente con le conseguenze che sappiamo. La conseguente disoccupazione crescente nelle aree periferiche è un regalo in più all’economia tedesca poiché serve a drenare verso la Germania i lavoratori più qualificati compensando l’altrimenti pericolosa carenza di manodopera ed a garantire che le altre economie non possano divenire concorrenziali per mancanza di manodopera qualificata.”
Non è dunque esagerato affermare che il “Fiscal Compact” è appunto la corda offerta ai PIGS per impiccarsi. E purtroppo sappiamo anche chi è in Italia il boia sorridente che ingenuamente si presta alla bisogna.