Samstag, 28. Dezember 2013

Biedermann und die Brandstifter / Omobono e gli incendiari. Considerazioni di fine anno 2013.  


Sarà per deformazione professionale, ma quale filologo attribuisco maggiori capacità di interpretazione della realtà - e spesso di previsione ­dei futuri sviluppi - alla letteratura rispetto a tutte le altre discipline umane e scientifiche. Il letterato – che spesso ha anche una formazione scientifica o per lo meno conoscenze in altri settori non letterari[1] combina capacità non comuni di osservazione con l’immaginazione e non ha problemi nel trascendere la realtà e le sue regole apparenti. In un certo senso la letteratura, essendo libera nella creazione di “mondi possibili”, va anche oltre la filosofia poiché non è vincolata o finalizzata alla creazione di sistemi severamente coerenti: le proprie creazioni sono sempre “opere aperte” che consentono interpretazioni diverse.  Ma giustamente lo stesso metodo scientifico deve riconoscere i propri limiti, come ricordava Albert Einstein: “Quando le leggi matematiche si riferiscono alla realtà non sono certe, e se sono certe non si riferiscono alla realtà”.  
Per interpretare ciò che sta avvenendo in Europa con una nuova forma di fascismo strisciante che avvolge tutte le istituzioni  ho trovato utile rileggere il dramma di Max Frisch. Non ne conosco la traduzione italiana, il cui titolo mi pare ridicolo: sul nome Biedermann (usato per primo da un poeta di Radolfzell am Bodensee, Viktor von Scheffel in tutt'altro contesto) sarebbe interessante dilungarsi, coi riferimenti al periodo “Biedermaier” (poi scritto “Biedermeier”) e ben noto nella storia dell’arte.  Qui è sufficiente ricordare che il protagonista è un esponente della media borghesia, proprietario di una piccola manifattura di una lozione per capelli, il cui successo di vendita è dovuto unicamente alla pubblicità e giammai alle intrinseche virtú (come afferma lo stesso produttore signor Biedermann, i compratori  “potrebbero mettersi sui capelli la propria urina, farebbe lo stesso effetto”.
La trama del dramma in breve: due incendiari riescono con inganno e spacciandosi per poveracci ad ottenere la fiducia e l'ospitalità dell’industriale e di sua moglie, soprattutto a motivo della cattiva coscienza e dal desiderio di giustificare la propria mancanza di scrupoli (un suo dipendente licenziato in tronco si è impiccato per disperazione). E gli incendiari iniziano ad immagazzinare benzina nel sottotetto della casa dell’industriale, che si rende conto sì di ciò che i due stanno preparando ma finge di non sapere e di non vedere sperando che il problema si risolva da solo. Come c’era da aspettarsi la casa va in fiamme e i protagonisti all’inferno.

Su questo dramma, forse il più noto di Max Frisch, non si contano le interpretazioni (scolastiche e non), facilitate dal fatto che la prima stesura era motivata dalla presa del potere comunista in Polonia e nei Paesi dell’Europa orientale satelliti dell’Unione Sovietica, ma successivamente venne interpretata come parabola sull’ascesa del nazismo. 
Pur distanziandosi da Bertold Brecht e dai suoi drammi didattico-moralistici (Lehrstücke: nel sottotitolo Max Frisch scrive infatti “Ein Lehrstück ohne Lehre”, un aforisma per dire un dramma moralistico senza morale) e fatta salva la pluralità di significati e di interpretazioni, è innegabile che il dramma può essere legittimamente interpretato come  parabola della rinuncia per amore di quieto vivere,  per interessata complicità, per incoscienza e per la somma di tutte questi ed altri colpevoli atteggiamenti di una parte della borghesia incosciente e/o incapace di attivarsi per contenere l’ascesa di un sistema autoritario e criminale che alla fine si rivela come autodistruttivo e nel quale tutti figurano come perdenti. 

L’eurodipendenza e il feticismo della difesa ad oltranza della moneta unica anche da parte dei governi dei Paesi che ne subiscono le conseguenze più devastanti ricorda da vicino l’atteggiamento del protagonista del dramma di Max Frisch.
Ma il paragone non si ferma alla moneta unica. La guerra è per ora quasi soltanto economica (in Europa) ma non sono da trascurare gli aspetti di preparazione militare, i tentativi di ritorno alla "Guerra Fredda" e i conflitti nei Paesi limitrofi in cui gli Stati europei intervengono per lo più peggiorando le situazioni (v. Libia e probabilmente Mali, Sudan, ecc. ecc.).  C'è voluta la riluttanza del Congresso USA e l'astuzia di Putin per scongiurare una ancor più grave carneficina in Siria, dopo che i soliti ignoti avevano iniziato a sostenere militarmente i ribelli, rivelatisi poi più pericolosi del dittatore dichiarato decaduto ma sempre più saldamente al potere. 
Anche le esportazioni di armi nelle aree conflittuali inoltre assomigliano ancor più da vicino al procedere degli incendiari di Max Frisch. Secondo il (Sipri- Stockholm International Peace Research Institute) fra il 2006 ed il 2010, il totale delle esportazioni mondiali di armi vedeva ai primi cinque posti dopo USA (30 %) e Russia (23%) ben tre Stati europei ( Germania 11%, Francia 7%, Gran Bretagna 4%). In Germania non si è ancora sopita la critica alle massicce forniture di armi automatiche e carri armati nei Paesi del Medio Oriente e segnatamente all’Arabia Saudita, ma intanto nel 2013, per un valore di circa 9 miliardi di euro, 240 container con 15.000 tonnellate di munizioni sono partiti dal porto di Amburgo. 
In particolare preoccupante la tendenza all’esportazione di armi individuali (pistole e fucili) nei Paesi non NATO risulta triplicato dal 2011 (dal 7%  al  21%  del totale), armi che sembrano appositamente prodotte per fomentare o comunque per alimentare le guerre civili.

C’è dunque più di un motivo per rileggere la realtà di questo periodo sulla scorta del dramma di Max Frisch. Per poi iniziare ad un impegno diretto per ricostruire la lesa democrazia e a forme di civile resistenza se necessario per bloccare questo perverso cammino verso la miseria, la distruzione e la preparazione dei conflitti: la letteratura può infatti servire da strumento di comprensione ma il suo ruolo finisce qui, poi serve l’impegno politico.  



[1] Max Frisch, l’autore del dramma che richiamo nel titolo, era architetto, Carlo Emilio Gadda era ingegnere, Primo Levi ingegnere chimico, Paul Valery era anche un matematico oltre che avvocato, Friedrich Schiller era un medico come anche Georg Büchner, Ernesto Sabato un fisico e pittore oltre che scrittore.
In fin dei conti potrebbe risultare che i letterati  puri sono in tutte le culture una minoranza rispetto a quelli che oltre alla formazione o attività letteraria hanno avuto anche una formazione scientifica (che l’abbiano praticata o meno è secondario, cosa che vale anche per anche altre espressioni artistiche: Carlo Levi era medico ma lavorò unicamente come pittore).
Interessante notare come un gran numero di letterati abbiano avuto una formazione giuridica (da Goethe a Kafka,
per esempio, ma in tutte le nazioni e culture si trovano scrittori con questa combinazione di interessi/formazione). La cosa non stupisce, poiché la letteratura è fondamentalmente un’arte basata su tre funzioni: saper analizzare la realtà cogliendo aspetti generalmente inosservati, saper collegare le osservazioni in modo creativo immaginando possibilità diverse da quelle reali, saper descrivere il risultato delle osservazioni riflessioni usando la lingua in maniera eccellente.
L’avvocato ha tutti i presupposti per riuscire in questo intento poiché ha una sensibilità ed abilità retorica  particolare per la lingua (il suo strumento di lavoro), è addestrato a trovare aspetti non evidenti della realtà che poi potrà sfruttare per ricostruire con la sua arringa il “mondo possibile”  da presentare al giudice come “mondo reale” , cioè una ricostruzione dei fatti in cui il proprio cliente ha ragione e l’opponente ha torto. Sostanzialmente dunque la costruzione di “mondi possibili”  è l’identica attività sia che la svolga uno scrittore per comporre un romanzo o un dramma o un avvocato (o PM)  per far assolvere (o condannare) un imputato.        

Sonntag, 8. Dezember 2013

 “Cavalli (ed asini) di Troika”, la NATO ed i nostalgici della “Guerra Fredda”



Nel 2010 il Parlamento dell’Ucraina a larga maggioranza decise per bloccare il proesso di adesione del Paese alla NATO optando per la posizione di “non allineamento” fra i due blocchi quello “ex-comunista” e quello “capital-militarista”, (uso nuovamente questa terminologia poiché ridivenuta purtroppo attuale, anzi lo è sempre stata ma si fingeva di non vederlo).
L’opinione pubblica in Ucraina è chiaramente contraria all’ingresso della NATO nel  proprio territorio (poiché è esattamente di questo che si tratta, come logicamente ci si può attendere da un Paese che è legato alla Russia per lingua e tradizione, nonostante gli orrori del periodo staliniano (che affamò milioni di ucraini) poiché le repressioni dell’epoca colpirono più o meno tutti i Paesi dell’ ex-Unione Sovietica e quindi non furono percepite come emananti dalla Russia, contrariamente all’attacco hitleriano che fu invece riconosciuto subito come espressione della volontà di dominazione tedesca nonostante in Ucraina esistesse una cospicua minoranza filotedesca.
Dalla fine dell’Unione Sovietica l’Ucraina ha compiuto un percorso a zig-zag, avvicinandosi o allontanandosi dalla Russia in relazione all’avvicinamento o alle prese di distanza dall’abbraccio con l’Occidente. Lo sviluppo economico è stato parallelo a quello della Russia post-comunista, con la formazione di gruppi di oligarchi miliardari, gente che ha saputo impossessarsi del controllo delle risorse energetiche ed economiche sfruttando o la posizione di funzionario del sistema precedente o il caos giuridico del passaggio fra i due sistemi.
A differenza delle Russia, l’Ucraina pur possedendo i minerali per l’energia atomica dipende per altre fonti energetiche (gas, petrolio) dalla Russia – come il resto d’Europa beninteso.
Lo sviluppo economico non è stato per questa ed altre ragioni identico a quello russo, l’Ucraina resta un Paese con larghe sacche di povertà e con una sovrabbondanza di manodopera che ha trovato finora sbocco soprattutto nei Paesi ex comunisti (Repubblica Ceca, Polonia) come pure in Russia.
Che l’Ucraina economicamente possa entrare a far parte della comunità europea è possibile unicamente a lungo termine, un ingresso affrettato porterebbe il Paese al livello della Grecia o di altri PIGS. O forse anche peggio: attualmente il commercio estero è per ¼ con la Russia, e non si vede come l’Occidente potrebbe sostituirsi agevolmente (e soprattutto in termini convenienti per l’Ucraina) al cliente russo.
Sulla base di queste considerazioni appare plausibile il tentennamento, ora sfruttato dai media occidentali per puntare il dito contro la Russia e deviare l’attenzione dai problemi di casa.
La doppiezza dei funzionari EU è rivoltante: alle ingerenze USA (che spiano a tutto spiano a tutti i livelli fino al telefonino della cancelliera tedesca) la reazione è stata a dir poco timida, e ha dato la chiara impressione che più del fattaccio le autorità di Bruxelles e la stessa cancelliera Merkel siano stati dispiaciuti dalla divulgazione della gravissima interferenza.
E’ bastato invece che Putin ponesse l’aut aut: o con noi o con l’UE per far stracciare le vesti ai timidi e subordinati politici europei servi degli USA e della loro NATO scandalizzati per quella che hanno chiamo “ingerenza” negli affari dell’Ucraina. Un  simile coraggio conigliesco lo si sarebbe preferito vedere al momento dell’aggressione USA all’Irak, all’Afganistan, al profondo disprezzo conci gli USA bombardano il Pakistan con le “drone” massacrando civili, e last but not least, per denunciare l’embargo che da oltre mezzo secolo strangola l’economia cubana e anche all’interno degli USA viene giustamente criticato poiché è la colla più forte che tiene insieme il regime cubano ed ottiene infatti il risultato opposto in termini di democratizzazione dell’isola.
Se Reagan fosse attualmente al potere farebbe mettere candeline sulle finestre per manifestare la solidarietà con coloro che a Kiew protestano contro il loro presidente e cercano di farlo dimettere con la forza della piazza. Il pugile Кличко (significativo che anche in italiano si utilizzi la trascrizione tedesca, forse perché costui è notoriamente amico della Merkel) è utilizzato dall’Europa Unita tedescopilotata (che si è affrettata a mandare i propri esponenti a sostegno dei ribelli) come “cavallo di Troika” per staccare economicamente l’Ucraina dalla Russia e sottometterla poi alla stessa stregua di quello che ha fatto finora con altri Paesi (nei quali non trovando “cavalli” si è accontentata di “asini di troika” - per i PIGS bastavano). 
Un ultimo elemento va menzionato per meglio comprendere la dinamica delle falsificazioni in corso: i media occidentali, chi più chi meno, mostrano ai Paesi dell’Europa Orientale un quadro selettivo della situazione economica, minimizzando i problemi creati da uno sviluppo che chiamare distorto sarebbe un eufemismo, e  magnificando invece gli aspetti di benessere e abbondanza di merci, che valgono in realtà per una sempre minore percentuale dei cittadini.
In altri Paesi queste distorsioni dei fatti non attaccano: in Tunisia, Egitto, Grecia, i turisti russi ed ucraini rappresentano (insieme ai cechi ed ai polacchi) almeno il 90 % delle presenze. Gli europei sono ormai le mosche bianche in quei luoghi dove fino ad un decennio or sono erano i principali clienti: salvo tedeschi e scandinavi, ormai i cittadini dei Paesi PIGS compresa la Francia i soldi per le vacanze non li hanno più. Una cosa che dovrebbe far pensare se la propaganda non nascondesse la realtà dei fatti.

Quale potrebbe essere la scelta migliore per l’Ucraina? Chi come il sottoscritto è per l’assoluta indipendenza di tutti i Paesi, la cosa migliore sarebbe lo stato di non allineamento, e la trattativa con tutti i rimanenti Paesi con contratti bilaterali senza correre il rischio di entrare in un blocco o nell’altro. Una distanza identica da tutti è sempre la migliore soluzione. Come del resto è appunto la scelta che fanno tutti i Paesi veramente sovrani, come la Svizzera, la Norvegia, la Svezia, e altri, che o sono fuori dall’imbroglio dell’Unione Europea o almeno si sono tenuta la moneta sovrana.
E la stessa UE, se vorrà sopravvivere, invece che oligarchia di burocrati guidati da lobby ed al servizio dell’economia più invadente (Germania) dovrà ritrasformarsi in associazione di Paesi sovrani e restituire le prerogative ora subdolamente accaparrate per non dire estorte senza un barlume di democrazia imponendo misure coercitive (fiscal compact) che sono in chiara contraddizione con i princìpi del Trattato di Roma.
Altrimenti avremo un’EU che sarà col tempo una brutta copia dell’Unione Sovietica, con la Germania al posto della Russia e gli USA “über alles”.

Freitag, 6. Dezember 2013

 Politica e (mala)fede cattolica. Il ruolo del Vaticano oggi, nel 1949 e nel Cinquecento: continuità di una secolare tradizione.


(6.12.2013, Omaggio a San Nicola – con un pensierino a Papa Nicolò V)   

Mentre si attende che nuove elezioni facciano chiarezza e forse speriamo piazza pulita dei corrotti & incapaci al potere non è ozioso esaminare il ruolo che potrà svolgere l’Ente che di fatto ha sempre governato indirettamente l’Italia, traendone benefici e pieno sostentamento grazie ai Patti Lateranensi stipulati con “l’uomo del destino” al secolo Benito Mussolini.  
Se la Francia ha pieno diritto di dichiararsi Stato laico, e la sua tradizione lo conferma in molti casi, l’Italia era ed è uno Stato teocratico di diritto [1] e di fatto poiché in esso il Vaticano svolge un ruolo decisivo in ogni momento storico in cui ne va di scelte che possono mettere in pericolo i privilegi ed i poteri ecclesiastici.

Le speranze di molti cattolici e anche di non credenti (come io sottoscritto) sono giustamente riposte in Papa Francesco, il primo pontefice ad esprimere un chiaro giudizio in materia di economia e sul capitalismo. La Rerum Novarum di Papa Leon XIII del 1891 può essere comparata, per (in)comprensione dei problemi, ai programmi (si fa per dire) politici di Monti e Letta.
L’ Evangelii Gaudium di Papa Francesco rivela invece una profonda riflessione ed una chiara visione delle cause che hanno condotto alla crisi attuale e più in generale alle nefandezze del sistema capitalistico e della mafia finanziaria. Vediamone alcuni eloquenti esempi:

§ 53: “oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare.””

Oppure in relazione al ruolo dela finanza:
“§ 56. Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. Inoltre, il debito e i suoi interessi allontanano i Paesi dalle possibilità praticabili della loro economia e i cittadini dal loro reale potere d’acquisto. A tutto ciò si aggiunge una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali.””


Papa Francesco non si limita a petizioni di principio generiche o esortazioni pietistiche ma punta il dito con fermezza:

“” § 58. Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano.””

Se avesse scritto queste cose un semplice cattolico nel 1949 sarebbe stato probabilmente tacciato di comunismo e scomunicato, in virtù del decreto del Santo Uffizio:

« Avviso Sacro
Fa peccato grave e non può essere assolto
Chi è iscritto al Partito Comunista.
Chi ne fa propaganda in qualsiasi modo.
Chi vota per esso e per i suoi candidati.
Chi scrive, legge e diffonde la stampa comunista.
Chi rimane nelle organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro, Federterra, Fronte della Gioventù, CGIL, UDI, API, ecc…
È scomunicato e apostata
Chi, iscritto o no al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e anticristiana; chi la difende e chi la diffonde. Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune con il comunismo.
Decreto del Sant'Uffizio - 28 giugno 1949
N.B. Chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni. »

Una chiara dimostrazione di come andava intesa la Costituzione quando parlava di Stato e Chiesa ciascuno nel suo ambito indipendenti e sovrani. Anche l’eventuale assoluzione previa confessione non deve trarre in inganno: più che per la salvezza dell’anima serviva al conteggio dei voti, in ogni caso non è pensabile che un credente potesse essere cosí ingenuo dal confessare il voto comunista (in barba alla sua segretezza !!) rischiando di essere assolto in confessionale ma denunciato in fabbrica e perdere magari il posto di lavoro. 
Con la minaccia di scomunica il Vaticano non mirava evidentemente a salvare le anime degli elettori di sinistra quanto piuttosto i voti dei partiti di destra, cioè della Democrazia Cristiana, che cosí ebbe la maggioranza per decenni. Il fatto innegabile che i risultati elettorali avessero mostrato come nonostante la minaccia virtualmente circa 1/3 degli elettori italiani se ne fossero infischiati della scomunica venne presto passata sotto silenzio, il risultato elettorale per la DC era ottenuto e quindi si potevano assolvere i peccatori, anche senza confessione. 

Ma le ingerenze ecclesiastiche di parte cattolica hanno ben più lunga e terribile tradizione.
Tutti conoscono i crimini dell’Inquisizione (in particolare di quella spagnola, che però nel Regno di Napoli non venne introdotta grazie alla resistenza popolare). Ma c’è stato di peggio, se anche sembra difficile da immaginare.  
È un aspetto delle ingerenze religiose in politica che val la pena di esaminare poiché confrontato con analoghe situazioni odierne si rivela come meccanismo analogo di giustificazione di crimini bellici dietro nobili finalità. 
Sono cose celate ai credenti oggigiorno, ma  chi si volesse togliere la curiosità può leggere l’intero interessantissimo testo della bolla di Papa Nicola V dell'8 gennaio 1454 (conservata nella Biblioteca Nazionale a Parigi ), che qui cito da uno studio di Assani Fassassi[2] nel quale è riportata sia la traduzione francese che l’originale latino. In essa il pontefice aizza re Alfonso di Spagna a convertire nelle colonie con forza e ridurre in schiavitù perpetua chi si dovesse opporre  ( ad occuparne le terre impossessandosi dei loro beni): 
§ 5: "Nos premissa omnia,& singula debita meditatione, attendentes,quod cum olim prefato Alfonso Regi quoscumque Saracenos, ac paganos,aliosque Christi inimicos ubicumque constitutos,ac Regna,Ducatus,Principatus,dominia, possessiones,& mobilia, & immobilia, bona quaecimque per eos detenta,ac possessa invadendi, conquirendi, expugnandi, debellandi, &subjugandi, illorumque personas in perpetuam servitutem redigendi, (...) plenam, &liberam inter coetera concressimus facultatem,...".

Altri tempi: ora non serve nemmeno più una bolla papale per invadere, rapinare il petrolio, detenere prigionieri di guerra senza processo a Guantanamo, farli torturare in Polonia, massacrare i civili con le "drone": invece della religione basta richiamarsi alla  lotta contro il terrorismo ... che si deve condurre ovviamente con metodi ancor più crudeli e detestabili degli attentati.    

Ma la domanda iniziale merita dopo questa digressione una risposta: quale sarà la posizione della chiesa Cattolica o meglio del Vaticano nei confronti della politica italiana giunta ormai al completo sfacelo ?
La domanda non è oziosa poiché il Vaticano sa di contare ancora su un cospicuo esercito di riserva: perduti i credenti veri e  coscienti che la pensano più o meno come … Papa Francesco, resta la maggioranza di finti praticanti che da sempre hanno guardato ai consigli politici del Vaticano come ad una una bussola nella sensazione – rivelatasi giusta – che le indicazioni di là provenienti avrebbero garantito se non i miglioramenti almeno i diritti acquisiti, che sono la vera religione del popolo italiano (che non è l’unico a praticarla ma certo il più osservante).
Gli italiani sono conservatori nel voto non per convinzione, ma perché ben sanno, per lunghissima tradizione, che ogni cambiamento finisce per peggiorare le cose, e che alla fine se anche avviene un miglioramento sperato, considerato ciò che si perde il bilancio risulta negativo. Per questo restano legati al partito che hanno sempre votato, magari da generazioni, sconcertati al più dai continui cambiamenti di etichetta ma confortati nel vedere poi sempre gli stessi personaggi dietro di esse.
Ed è esattamente su questo atteggiamento che il Vaticano gioca le proprie carte, in maniera spudorata ma addirittura scusabile vista la facilità con la quale gli elettori sono pronti a farsi circuire.  



[1] Benché nel 1984 il primato della religione cattolica come “religione di Stato” sia stato cancellato dalla Costituzione, e nonostante la petizione di principio secondo cui (art.8) “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.” purtuttavia è altrettanto innegabile che esiste una religione “più uguale” della altre, i cui rapporti con lo Stato  (art. 7)  sono regolati dai Patti Lateranensi.” Nessun altra religione gode del privilegio di un concordato di rango costituzionale, le cui modifiche non sono è vero soggette a ratifica costituzionale ma solo se “accettate dalle due parti”.  In altri termini, per eliminare i privilegi di cui unica gode la Chiesa cattolica in Italia la procedura parlamentare è ben più ardua che per qualunque altra legge. Cosa che invece non vale per le altre religioni. “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani  (art. 8  va dunque inteso nel senso che la Chiesa può interferire nella politica(come ha sempre fatto)  mentre la politica non ha il diritto di interferire nelle cose ecclesiastiche.


[2]  Le péché du Pape contre l’Afrique. Ed.Al Qualam, Parigi 2002

Donnerstag, 28. November 2013

Berlusconi fuori dal Senato non cancella la vergogna italiana di un ventennio.

 

C’è poco da festeggiare per un provvedimento che in qualunque altro Paese del mondo sarebbe stato pacifico o superfluo (qualunque politico con un minimo di dignità nella medesima situazione avrebbe dato da lungo le dimissioni).
E se si leggono le reazioni, anche fatta la debita tara della mirata disinformazione operata ddai media, vengono i brividi a sentire quanta gente ancora è convinta (senza poter fornire argomenti poiché non conosce i fatti) che l’ancora amato Silvio sia innocente e perseguitato dal giudici non imparziali.
E questa è la vera vergogna del Paese, che spiega la voragine di servilismo ed impudicizia in cui è sprofondato e dalla quale ben difficilmente  potrà riemergere.
Mai come in questi istanti è apparso chiaro come un cambiamento in Italia è difficile se non impossibile. Mentre da un lato i servili stallieri del Cavaliere pur sgolandosi in dichiarazioni di fedeltà al capo caduto già sono indaffarati a cercare un altro padrone da servire, la falsissima sedicente “opposizione” – in realtà altri servitori dello stesso capo soltanto sotto altra bandiera (PD) si mette nelle mani di personaggi che ben pochi conoscendoli vorrebbe avere nemmeno come vicini di casa, tanto meno come rappresentanti politici.
Fuori da questa finta alternativa – in realtà mistura di ingredienti complementari per produrre    
un velenoso intruglio politico – resta unicamente il Movimento 5 Stelle, contro il quale si è da lungo scagliata la stampa tutta e gli organi di disinformazione di massa.
Il successo del M5S alle ultime elezioni è stato un miracolo difficile da ripetersi, e solo un supermiracolo potrebbe portare al governo questi cittadini incensurati non venduti alla politica di mestiere.
La vera ragione della riluttanza degli italiani a cambiare partito, quindi la perennità delle scelte, è conseguenza di un atteggiamento che equipara le scelte elettorali a quelle sportive, quasi che si trattasse di una squadra di calcio da sostenere indipendentemente dai risultati e non di partiti  da giudicare sulla base dei programmi e della loro applicazione.
La maggioranza vota evidentemente per “partito preso”, chi a destra chi a sinistra, con fedeltà suprema alle etichette e disinteresse se non dispregio profondo dei contenuti: questa attitudine è apparsa con tutta la sua sconfortante evidenza quando all’indomani delle elezioni a gran voce intellettuali e votanti PD si appellavano al M5S affinché violando le promesse elettorali si associasse al PD: un “vogliamoci bene” che aveva tanto il sapore dell’abbraccio di Tosca.   
Il prima ignorato e poi vituperato M5S, se si fosse inchinato alla bisogna, era divenuto di colpo un partito serio e rispettabile. E di converso, subito dopo il rifiuto al patto indecente, rieccolo divenuto un movimento populista, pilotato da un comico se non da buffone che piloterebbe dall’esterno come un dittatore i parlamentari (quasi che gli eletti degli altri partiti tutti non fossero tenuti al ferreo obbligo della disciplina di partito !!). E dunque piuttosto di questo comico  era da preferire - come infatti prontamente avvenuto - un grande evasore e delinquente con condanna definitiva.

Il governo Letta, uscito dalla commistione di PDL e PD, è di tutte le alternative  quanto l’Italia di meno aveva bisogno. Unico dato positivo è che, indaffarato a sostenere fino all’ultimo il Cavaliere per non affondare insieme a lui, questo governo non ha trovato il tempo di procedere ad alcuna riforma, che visto avrebbe unicamente peggiorato quanto già disastrosamente fatto dal precedente governo Monti nella cui rovinosa scia comunque procederà se non si mette presto fine a questa deleteria esperienza.

Ma ancora una volta, a salvare il Paese sarà probabilmente la particolarità che rende l’Italia unica al mondo: il saper fare senza bisogno o meglio CONTRO ogni governo.
Quello che appare come qualunquismo e che sopra abbiamo descritto come politica del “partito preso” , in un ambiente dove lo Stato è considerato da secoli il primo e peggior nemico e dove l’unica identificazione con il potere è a livello di città o regione al massimo, 
diviene essenziale, per non affondare, o venire a patti localmente col potere, non importa di quale colore, o contestarlo sul territorio. E quindi le convinzioni politiche si concretizzano puntualmente nell’appoggio o rifiuto degli interventi statali nell’area in cui si vive.
Ed ecco quindi l’acerrima resistenza dei valligiani di Val Susa contro lo scempio della loro valle con un’ inutile ferrovia TAV, ecco le proteste nell’area napoletana come in tanti altri Comuni contro le discariche, gli inceneritori cancerogeni e altri progetti assurdi utili unicamente a mantenere i partiti tramite lo scambio di tangenti prelevate dai costi puntualmente ingigantiti di ogni opera pubblica. 

Sono esattamente queste le civili forme di resistenza popolari che coprono un po’ la vergogna del sistema politico italiano, il più costoso già soltanto per le diete ed i privilegi ufficiali dei parlamentari, senza contare le appropriazioni indebite e i numerosi altri reati per i quali non pochi delinquenti con condanna definitiva siedono impuniti in Parlamento.  

Una svolta ed un risanamento della politica italiana non possono certo arrivare dalle alchimie politiche, né dalla sostituzione di segretari di partito con improvvisati leader che poi (v. Veltroni) si rivelano nullità politiche,  né dai giochi di alleanze che ricordano da vicino la compravendita dei calciatori.
Solo il passaggio dalla resistenza a livello locale ad un livello nazionale potrebbe far rifiorire l’Italia: che con un governo sano che mettesse fine allo sconcio attuale e degli ultimi 20 e più anni in brevissimo tempo non soltanto sarebbe presto risanata, ma diverrebbe una delle prime se non la prima economia d’Europa, non mancando a livello individuale né l’ingegno né la capacità ora dispersa dei giovani che devono lasciare a malincuore il Paese per andare ad arricchire col proprio lavoro le altre nazioni europee.       

Samstag, 2. November 2013

   Il banco dell’asino  

Da mesi tutta la politica parlamentare italiana gira intorno ad un solo punto: come salvare capra e cavoli, cioè come tenere in piedi un governo privo di senso (ma che dall’estero è visto come il male minore) e non sputtanarsi definitivamente concedendo la grazia ad un noto evasore fiscale che dovrebbe da tempo essere dietro le sbarre ma che ricatta appunto il governo mendicando miserabilmente l'impunitá. 
Da una cattiva pedagogia forse una buona soluzione. Ai tempi dei nostri nonni era una prassi nelle scuole elementari il “banco dell’asino”: si metteva a turno l’alunno considerato peggiore o per comportamento o per incapacità. 
Un’idiozia pedagogica ma utile in politica: il delinquente evidentemente privo anche di un minimo di dignità si aggrappa ad ogni stratagemma pur di restare a piede libero?
Ebbene, se non altro per rispetto ai comuni delinquenti che certo hanno più dignità del citato e stanno scontando le loro pene, non sarebbe bene contaminare questi tristi luoghi di espiazione con la presenza di un tale individuo impenitente. Meglio lasciarlo in Parlamento, in compagnia di tanti altri condannati definitivi che scaldano quei banchi. Lo si dovrebbe però mettere in un banco speciale, come appunto un tempo nelle scuole. Sarebbe un castigo più efficace e metterebbe fine alla indecente commedia che vista dall’estero fa giudicare l’Italia un Paese di buffoni. 

Donnerstag, 3. Oktober 2013

 (Un)vernunftehe PDL- PD als Wiederbelebungsversuch eines Komapatienten (Regierung Letta). Wie lange bis zur Neuwahlen ? 



Allen Unkenrufe zum Trotz: Italien kann es ohne Regierung unmöglich schlechter gehen als vorher. Denn angesichts der Nullleistungen der Regierung Letta kann man die Lage Italiens ohne diese Regierung nicht wirklich als dramatisch bezeichnen: es ist lediglich noch offenkundiger, dass ein solcher sinnloser Versuch nicht lange dauern kann.
Beppe Grillo (M5S) hatte 6 Monate prognostiziert, bis zum ersten Eklat sind es lediglich 5 gewesen. Mindestens diesmal kann man fürwahr  Grillo Pessimismus nicht vorwerfen. 
Aber dann gipfelte diese schon schlüpfrige Komödie bei der Vertrauensabstimmung am Mittwoch 3.Oktober in eine kaum zu überbietende Farse als nach einem hin-und her am Ende Berlusconi sich für die Rettung der Regierung aussprach, und zwar nachdem er Uneinigkeit in seiner eigenen Partei feststellen musste.
Aber was für eine Rettung ! Die schon als Geisel Berlusconis geltende Demokratische Partei PD ist jetzt vollkommen dem Diktat der PDL ausgeliefert, die trotz aller noch möglichen inneren Uneinigkeiten ein einziges Ziel hat, nämlich die Erhaltung der Macht, damit sie zusammen mit der PD ihre weiteren Interessen verfolgen kann, was als Ergebnis die Ausplünderung und  den Verfall Italiens bedeutet. 
PD und PDL haben jetzt praktisch auf Lebzeiten fusioniert: und wie immer in Italien, sind es die Komiker , die die Wahrheit als erste erkennen und kundtun.
Der Nobelpreisträger für Literatur Dario Fo hat es auf den Punkt gebracht: "Die Demokraten und Berlusconi sind seit Jahren zusammen. Nach der Verbindung in dieser Regierung können also heiraten. Hoffen wir mindestens, dass sie keine Kinder zur Welt bringen."

Die Aussichten dieser zusammengebastelten Regierung, trotz aller Beteuerungen der Beteiligten (darunter der Staatspresident - der eigentliche Schöpfer dieser wackeligen wenn nicht perverse politische Ehe) hängen an einem eizigen Faden: die reine Erhaltung der Macht. Für den endgültigen Sturz wird es also genügen, dass Berlusconi PDL eine Machtalternative findet (es mangelt nicht an Phantasie in dieser Partei !) und die Ehe mit der PD wird genauso unwürdig enden wie sie angefangen hat.
Was also die beteuerte Regierungsfähigkeit betrifft, macht sich keiner Illusionen, am wenigsten die ausländischen Investoren und die Finanzwelt, denn unter Stabilität versteht man etwas anderes als diese Farce.
Fragt man sich, welche Aufgabe diese Regierung erledigen kann, und schaut man dabei auf die zurückliegende Zeit seit dem Anfang des von der EU aufgezwungenen Monti-Kabinetts, sieht man deutlich, dass die eigentliche Aufgabe der italienischen Regierungen danach lediglich darin bestand, die Verordnungen der internationalen Finanzakteure, durch die EU ausgesprochen,  mehr schlecht als recht in die Tat umzusetzen, ohne wenn und aber.
Diese Aufgaben sind also nicht politischer sondern lediglich notarieller Art: "passacarte" (Dokumenten-Handlanger) ist der italienische Ausdruck für diese Art von Aufgaben, und die italienischen Regierungen sind damit zu Quisling-kollaborateuren degradiert.
Die Ergebnisse dieser "Quisling-Regierungen" sind für die italienische Ökonomie und Gesellschaft dabei verherend: eine kontinuierlich wachsende Staatsverschuldung (aber sollten nicht die ungeheuerlichen Opfer der Sparpolitik das Gegenteil erreichen ?!), die höchste historische Arbeitslosigkeit, 12,2 % insgesamt und, was schlimmer ist, 40,1 % unter den Jugendlichen, also keine denkbare Zukunft für fast die Hälfte dieser Generation, die kontinuierliche Schließung von Betrieben und schließlich die wachsende Anzahl von Familien, die unter der Armutsgrenze überleben müssen.
Ungeachtet dieser Verarmung weigern sich bisher alle politischen Parteien hartnäckig, selbst eine minimale Reduzierung ihrer Abgeordneten-Diäten vorzunehmen (außer der "Bewegung 5 Sterne", dessen Abgeordnete auf die Hälfte verzichtet haben).
Die Situation ist also alles andere als beruhigend. Es bleibt zu hoffen, dass bald die sich anhäufenden Widersprüche diese unerträgliche Lage sprengen, und es zu Neuwahlen kommen kann.
Aber selbst dann darf man sich keine Illusionen machen: kaum ein Volk ist im Wahlverhalten so konservativ wie die Italiener, die tendenziell der einmal gewählten Partei die gleiche Treue erweisen, wie Fans ihrer Fußballmannschaft.
Neuwahlen könnten aber mindestens eine Klärung bieten, denn sie kämen einer Art „Volkszählung“ gleich. Ein wenig vereinfacht, würde man erfahren, wieviele es sind:

1) die Masochisten(Einfältigen/Unbelehrbaren): diese werden bestimmt  Berlusconis Hauspartei PDL wieder wählen, irgend ein Versprechen wird sich der Schamane B. für seine treue Gefolgschaft von Einfältigen einfallen lassen ;

2) die Angehörigen der unerschütterten Glaubensgemeinschaft, die immer noch an die PD als Linke Opposition glaubt, trotz aller Gegenbeweise, die selbst ein Kind leicht durchschauen kann (wo sonst auf der Welt hat eine demokratische Partei eine Regierung mit einem endgültig verurteilten Delinquenten gebildet ?!);

3) die Bürger, die es satt haben, das Schicksal Italiens in den Händen der allesamt korrupten Parteien weiter zu überlassen und selber aktiv werden, indem sie entweder selbst kandidieren oder die einzige vorhandene wahre Opposition wählen, die Bewegung 5 Sterne.

Sollten dann die „5 Sterne“ die Mehrheit erhalten und regierungsfähig werden, könnten alle  Bedenken über diese bisher abwertend und verachtend als „grillini“ bezeichnete Bewegung endlich offen diskutiert werden, denn sobald die TV nicht mehr Sklave des bestehenden korrupten Systems wäre, würde man die jetzt ignorierten Tatsachen öffentlich bekannt geben können und mit der  Verdrehung der Wahrheit aufhören.
Kein Zweifel, wie die ausländische Presse schon längst erkannt hat, würde es sich bald herausstellen, dass die Beschuldigungen über die 5 Sterne Bewegung ausschließlich heuchlerische Vorwände sind, wenn nicht vollkommen falsche Behauptungen und  platte Lügen,  die von denjenigen erfunden und gestreut werden, die auf das Fortbestehen des jeztigen korrupten Parteisystems  existentiell angewiesen sind.
Man hat z.B. den Urhebern dieser Bewegung, Grillo und Casaleggio vorgeworfen, undemokratisch die Freiheit der Abgeordneten  einschränken zu wollen, indem sie lediglich auf die von ihnen unterschriebenen Vereinbarungen erinnerten, die Grundlage für deren Kandidatur waren, und an die Wahversprechungen der Bewegung („keine Koalition mit den bestehenden Parteien“).
Dieser „undemokratischen Einmischung“ – Vorwurf ist die reinste Heuchelei, wenn man bedenkt, dass er gerade von den anderen Parteien kommt, die die Unterwerfung ihrer Abgeordneten alltäglich nur noch mit einem ungeheuren Druck und mit Drohungen erreichen.
Die Berlusconis hausgemachte und seinem Wirtschaftsimperium dienende Partei PDL z.B. hat sogar Treue-Erklärungen unterschreiben lassen, damit ihre Abgeordneten der Versuchung nicht unterliegen, einmal auf das eigene Gewissen (falls vorhanden !) zu hören und vielleicht die „ad personam“ schamlosen Gesetze und Entscheidungen  ablehnen, die offensichtlich lediglich der Rettung eines Delinquenten dienen.
Die sich selbst vollmundig als „Demoktarische Partei“ bezeichnende PD hat ebenfalls ihre eigenen Abgeordneten gemahnt, denn bei einer Geheimabstimmung (Wahl des Präsidenten der Republik) kam deutlich heraus, dass die Gefolgschaft nicht mehr sicher war.

Italiens Probleme sind gewaltig, aber die dritte Ökonomie Europas könnte mit einer unkorrupten und vernünftigen Regierung  alle sicherlich und ziemlich schnell lösen. Dafür müssten die richtigen Leute an die Macht kommen.
Und eben hier liegt das Problem: ohne freie Medien keine freie Wahl und keine demokratische und dem Volkk dienende Regierung.

Das erste und dringendste Problem Italiens ist also die Befreiung der Presse - nachweislich die unfreiste in ganz Europa (und weltweit in unwürdiger Position: Platz 70 von 170 Staaten)  – die nur noch dank der Subventionen des Regimes überleben.
Das gleiche und vielleicht umso mehr, angesichts der geringen Verbreitung der Tageszeitungen, gilt für das regimetreue TV.
Diese unrühmliche Unfreiheit der Medien wäre eine Schande für jede wahre Demokratie: aber von Demokratie im eigentlichen Sinne kann man in Italien nach 20 Jahren Berlusconismus (was nur dank der dienerisch und sich freiwillig unterworfenen „linken“ Opposition möglich war) nicht mehr reden: diese ist lediglich zur Makulatur geworden. 
(Graziano Priotto- Radolfzell/Prag)

Freitag, 24. Mai 2013

 Was weder die „Alternative für Deutschland“ noch ihre Kritiker zu sagen wagen. Eine Alternative, die keine ist.  



„Nicht Deutschland soll den Euro verlassen, sondern die südeuropäischen Staaten“, sagt der Vorsitzende der neu gegründeten Anti-Euro-Partei, Bernd Lucke, der Sonntagszeitung.

Für die Beibehaltung der Einheitswährung für alle 17 Staaten, die jetzt in der Eurozone sind, plädiert dagegen Dennis Snower, der Präsidenten des Kieler Instituts für Weltwirtschaft, über die Zukunft des Euro. (Der Artikel ist in der FAZ vom 18.5.2013 zu lesen).


Beide - Bernd Lucke und Dennis Snower - haben für die Abschaffung bzw. Beibehaltung des Euro gute Argumente.

Die entscheidende Frage fehlt aber in dem ganzen Gespräch: kann man eine Einheitswährung ohne die minimalen Bedingungen und gegen die grundsätzlichen Prinzipien der Ökonomie durchsetzen?

 Nebenfragen: Wozu und wie lange?

Fangen wir mit der einfachsten Frage an: wozu?

Eine wirtschaftliche Einheit, so wie bisher die EU konzipiert war und ist, braucht überhaupt keine Einheitswährung, wenn sie im Zeichen gegenseitiger Kooperation und Respekt der nationalen Unterschieden funktionieren soll.

Nur die Beibehaltung der nationalen Währungen verleiht dagegen den einzelnen Staaten des Bündnisses die Möglichkeit, sich Respekt zu verschaffen und verhindert, dass eines oder mehrere Länder wegen struktureller besserer Produktivität (oder mit Lohndumping) die anderen Staaten wirtschaftlich ruinieren. Deutlicher gesagt, ohne Euro wären die Probleme Griechenlands, Italiens, Spaniens, Portugals und Irlands (die sog. PIIGS) gar nicht entstanden. Höchstens, Deutschland hätte eventuell Probleme mit der Arbeitslosigkeit gehabt, denn durch Abwertung der eigenen Währungen hätten die o.g. Länder ihre Marktanteile am Export gegenüber Deutschland gut verteidigen können.


Damit ist auch schon ein Teil der ersten Frage beantwortet, d.h., WER aus dem Euro einen spektakulären Gewinn erzielt hat, ist nur ein Staat: Deutschland. Und genauer besehen, nur die dortigen Profiteure: Industrielle, Finanzinstitute, Aktieninvestoren: denn selbst in ‚Deutschland habe alle anderen eher verloren. Dieses Resultat wurde nämlich überwiegend durch Lohndumping, also Lohnverzicht und Abbau der Arbeitsrechte, was die Entstehung von eines "legalen" grauen bis schwarzen Markts erlaubt hat: Lohnarbeit, Zeitarbeit, Ein-Euro Jobs, usw. Und die Kosten dieser verheerenden Arbeitspolitik sind die "nominell" gesunkenen Arbeitslosenzahlen, besser gesagt die Umverteilung der Arbeitslosigkeit auf Zeitarbeit oder in den florierenden Niedriglohnsektor, wobei, wenn Arbeiter nicht mehr dadurch die Familie ernähren können, sie Zuschüsse vom Staat (auf Kosten der Steuerzahler) erhalten, was nichts anderes ist, als eine verdeckte Bezuschussung der Arbeitgeber. Als logische und beabsichtigte Folge sehen wir täglich beide Aspekte: einerseits immer mehr Familien, die am Rand oder unter der rleben, andererseits grandios steigende Gewinne für die Arbeitgebe. Der DAX als Thermometer dieser sozialwidrigen Umverteilung von unten nach oben misst täglich neue historische Rekorde in die Höhe.

Diese unleugbaren Tatsachen vorausgesetzt, sind die anderen Nebenfragen leicht erklärt: Die Einführung einer Einheitswährung ohne jegliche Voraussetzung ist zwar möglich, aber nur, wenn andere Interessen verfolgt werden als die ökonomische Kooperation, also, um deutlicher zu sein, wenn einer oder mehrere Staaten des Bündnisses wirtschaftlich stärker sind und so agieren, dass sie die Kosten auf die anderen umwälzen können.

 
Dabei drängt sich eine neue Frage auf: Waren die anderen Staaten, die offensichtlich wissen mussen, dass sie nicht Schritt halten konnten, so dumm, dass sie die Folgen nicht ahnen konnten? Die Antwort ist leider einfach: Sie waren einerseits von korrupten Politikern geführt, die mit dem Euro die Möglichkeit sahen, kurzfristig ihre Macht zu sichern: Durch Wahlgeschenke und Erhöhung der öffentlichen Ausgaben, denn der Euro sicherte niedrige Finanzierungskosten für die aufgeblähten und oft unsinnigen Staatsausgaben.

Papadopulos, Berlusconi und alle anderen PIIGS-Politiker haben zunächst davon profitiert und konnten die Eurolüge lange sehr gut verkaufen, denn in den jeweiligen Parlamenten gab es keine ernstzunehmende Opposition mehr, bzw. hatten sich die formell Oppositionsparteien mit den Machthabern arrangiert, um für sich einen Teil der Beute zu sichern.

Ganz krass war dies der Fall von Italien, wo die PD (Demokratische partei, Ex- Kommunisten) nicht einmal in den Jahren, als sie die Regierung stellte die geringste Maßnahme ergriff, um die skandalöse Verflechtung von Berlusconis Politik und private Geschäfte zu regeln (erst die Gerichte haben zuletzt die Straftaten  Berlusconis verurteilt, aber es ist gut möglich, dass die jetzt mitregierende PD ihm nochmals einen Ausweg garantiert und ihn von der Strafe rettet.

Ein historischer Fall von schamloser Korruption und Wahlbetrug: eine fingierte Opposition die gleich nach der Wahl das Gegenteil praktiziert, versprochen.   

 
Am Ende konnte jedoch dieses korrupte System nicht überleben: Es kam unweigerlich die Rechnung, und die war  nicht mehr zu bezahlen. Dann blieben nur noch zwei Alternativen: Staatsbankrott (aber dabei unweigerlich Machtverlust) oder Betteln beim großen Bruder, der mit dem Euro viel gewonnen hat: Deutschland.

Dass sich dabei diese Staaten (gemeint sind die "PIIGS") selber und ohne Not zu "Bettlerstaaten" erniedrigt haben und die ganze Entscheidungsmacht über die Staatsausgaben leichtsinnig an die extra dafür geschaffene Euro-Behörde (von Deutschland dominiert, selbstverständlich) übertragen haben, hat schon Schlimmes hervorgebracht (bisher nie dagewesene Arbeitslosigkeit und Rezession!) und wird noch dramatischere Folgen haben, denn die Zukunft einer ganzen Generation - die jungen Arbeitslosen - steht auf dem Spiel.


Die letzte Frage bleibt offen: Wie lange noch werden die Völker Europas diese Massenvernichtungswaffe der Ersparnisse und der Arbeit ertragen wollen oder auch nur können?
Die Straßen der betroffenen Länder geben fast täglich eine eindeutige Antwort: Die Grenze des Ertragbaren ist erreicht und wird bald überschritten. Was nacher geschehen wird, kann niemand mit Sicherheit voraussehen. Aber ahnen schon. Heinrich Brüning hatte 1930 bis 33 die Folgen seiner katastrophalen Sparpolitik übersehen. Hoffen wir, dass sich die Geschichte nicht wiederholt, diesmal in ganz Europa.

  

Ist also die neue Partei "Alternative für Deutschland" die Lösung?

Nein. Diese Partei beabsichtigt lediglich die Rettung des Status quo: Die Abschaffung der Arbeiterrechte und die Umverteilung von Unten nach Oben sollen bleiben, und auch die Bändigung der Einwanderung lassen diese Partei eher als eine vornehmere, gemäßigte, aber in der Substanz gleichwertige Kopie der fremdenfeindlichen "Front National" von Marie le Pen in Frankreich erscheinen.

Nicht weil dies eine "Partei von "Professoren" wäre (was für eine dumme Kritik !).

Meine Ablehnung richtet sich gegen das Fehlen jeglicher sozialpolitischen Absicht. Denn das Problem ist nicht die Rettung von Deutschlands Profiteuren ... von sich selber, also Gewinne absichern, aber nicht zu weit gehen, sonst sind die erreichten Privilegien in Gefahr (dies ist der wahre Grund wofür diese Partei für den Ausstieg aus dem Euro plädiert).

 

Die Opposition zu der von vorne herein gescheiterten Einheitswährung begründe ich, wie die meisten freien Ökonomen in- und außerhalb Europas, mit der Notwendigkeit, die europäische Wirtschaftszone demokratisch entwickeln zu lassen, und die neoliberale nur profitorientierte Politik durch eine Rückkehr zur sozialen Marktwirtschaft zu ersetzen. Die als dogmatische Religion verkommene Anbetung der "Produktivität und Konkurrenzfähigkeit" als oberstes Ziel muss dringend durch eine menschlichere Aufwertung der Arbeit als Recht von allen Bürgern und nicht als Geschenk/Zwang/Verdammung von oben ersetzt werden.

 
Wenn die Profite nur noch bei Lohnverzicht und Stellenreduzierung erreicht werden, und die Früchte der Arbeit sich auf immer weniger Hände beschränken und den Profiten für wenige die Misere der Massen entspricht, ist keine Gesellschaft demokratisch zu führen.
Früher oder später werden die Spannungen zu autoritären Lösungen führen, wovon schon jetzt der "Fiscal compact" ein unübersehbarer Vorbote ist.

Wenn Kanzlerin Merkel immer die gleiche Litanei wiederholt, wonach es zum Euro keine Alternative gebe, müsste man hinzufügen "nur wenn die wahre Absicht ist, die Demokratie in Europa abzuschaffen, und ein "Neoliberales finanzgesteuertes arbeiterfeindliches IV. Reich" zu gründen.


Wenn dagegen die Einheit und der Frieden in Europa gerettet werden sollen und die Wirtschaftsordnung dem Wohl der Völker und nicht deren Misere dienen soll, dann ist die Alternative wohl gegeben:

- Euro als Fehlentscheidung erkennen und zurück zu den Nationalwährungen;
-    Abstimmung der Wirtschaftleistungen ohne Dumpingpolitik;

-   Wiedereinführung der Grundrechte auf Arbeit und soziale Sicherheit;

-  echte und nicht wie jetzt lasche und scheinbare Bankregulierung und Abstimmung der Fiskalpolitik in ganz Europa; und last but not least:

-  Sofortmaßnahmen, um die unsinnige Sparpolitik zu beenden (und auf die Zeit nach der Wirtschaftserholung zu verschieben) und alle Anstrengungen auf die Wiederbelebung der Ökonomie konzentrieren.

 Leider gehören solche Punkte bei keiner der zur Wahl stehenden deutschen Parteien zum Programm, daher muss man zugeben, dass es weder zum Euro noch zu seiner Abschaffung eine Alternative gibt: wir werden noch lange mit der Lüge leben müssen.

 







Samstag, 18. Mai 2013

 
Ein Gespenst geht um in Europa ... die Rezession kennt keine Grenze (der DAX auch nicht!)


Nein, es ist kein Gespenst, es ist bittere Realität in allen südeuropäischen Ländern, jetzt auch in Frankreich und bald in Deutschland. Der Winter war es nicht - oder vielleicht doch, aber im übertragenen Sinne: als Winterstarre im Gehirn derjenigen, die Sparmaßnahmen als Wundermedizin gegen die Krise verordnet haben. Finanzkrise, Wirtschaftskrise, Bankenkrise?
Ja und nein: die eigentliche Krise ist eine politische Fehlentscheidung, ein Kapitalfehler. Es war die Abschaffung aller Regulierungen am Finanzmarkt und die Deregulierung der Arbeitsbeschäftigung. Mit der Illusion, dass mit provisorischen Jobs, Zeitarbeit, Leiharbeit, Ein-Euro-Job und ähnliche „Wundererfindungen“ die Arbeitslosigkeit reduzieren zu können.
Aber als Resultat stehen jetzt Millionen da, die mit Ihrer Arbeit allein keine Familie ernähren können und auf staatliche Zuschüsse angewiesen sind. Daimler und Amazon sind nur die Spitze des Eisberges.
Gleichzeitig sind die Profite in der Industrie und bei den Investoren enorm gewachsen, der DAX am historischen Höchststand, negative Rendite für Sparguthaben, also Finanzierung der Staatsausgaben durch Entwertung des Ersparten.
Ebenfalls Parallel zum o.g. Trend, höchste Arbeitslosigkeit und Rezession im Resteuropa. Und jetzt Heimkehr der Rezession. Kein Staat kann auf Dauer mit der „beggar your neighbour“  Politik, also durch Exporte die ausländischen Märkte erobern und die dortige Industrie vernichten, ohne später selber in die Falle zu  kommen.
Diese Fehlentwicklung war zum guten Teil gewusst und gewollt, denn es geht schon lange auch in Deutschland nicht mehr um eine „Soziale Marktwirtschaft“, sondern lediglich um die Maximierung der Profite um jeden Preis und gegen jede Vernunft.
 Man kann zwar noch eine Weile diese Politik weitertreiben, und auch noch die Substanz aus den gebeutelten Südländern erbeuten (qualifiziertes Personal anwerben, zum Nulltarif für dessen Ausbildungskosten), aber dann wird sich die Frage nach den Käufern der „kompetitiv“ erzeugten Produkte stellen. Der Export wird zum Stillstand kommen, diese Entwicklung  ist schon deutlich zu sehen.
Die Prinzipien, die zur Gündung der Europäischen Union führten,(die berühmten „Römischen Verträge" 1957) scheinen insgesamt aufgehoben:
In der Präambel erklären die Unterzeichner des Vertrages als Ziele:
„den wirtschaftlichen und sozialen Fortschritt ihrer Länder zu sichern“
die stetige Besserung der Lebens- und Beschäftigungsbedingungen ihrer Völker als wesentliches Ziel anzustreben,“
einen ausgewogenen Handelsverkehr und einen redlichen Wettbewerb zu gewährleisten“,
 „harmonische Entwicklung zu fördern, indem sie den Abstand zwischen einzelnen Gebieten und den Rückstand weniger begünstigter Gebiete verringern“.
Wie weit entfernt von diesen Zielen Europa gekommen ist, kann jeder beurteilen: es scheint, als ob der Weg gerade in die entgegengesetzte Richtung laufen würde !!
Es ist noch nicht zu spät, um politisch zur Besinnung zu kommen, aber der Weg dahin verlangt die Anerkennung der begangenen Fehler und den Willen, sie zu beseitigen.
Der erste dringende Schritt ist entweder die Rückkehr zu den Nationalwährungen, oder die
Verallgemeinung der Kreditrisiken durch Einführung der Euroanleihen (Eurobonds). Denn nur wenn die wirtschaftlich schwächeren Mittelmehrländer die Zeit bekommen, mit niedrigeren Zinsen Neuinvestitionen zu starten, für die „Reindustrialisierung“ für die Stärkung der Produktion, und für Modernisierung der Infrastrukturen kann Europa als Union die Rezession beenden.      
Ohne eine grundlegende Änderung der Wirtschafts- und Finanzpolitik, weg von den neoliberalen Illusionen eines sich selbst regulierenden Marktes und hin zu einer neugestalteten sozialen Marktwirtschaft mit allen nötigen Anreizen aber auch Regulierungen riskiert Europa, nicht nur das Ende der wirtschaftlichen Entwicklung, sondern auch der Demokratie und schließlich die Auflösung der Union.  

Sonntag, 31. März 2013

  Crupier, direttori di banca e teatro. 


Se si retribuissero i crupier con lauti "bonus" come quelli che si concedono i direttori dei grandi istituti bancari il contribuente sarebbe chiamato a salvare anche i casinò con l'aumento delle tasse e non solo le banche.
In fondo le due istituzioni sono divenute molto simili per le operazioni che svolgono, fermo restando che i casinò sono rimasti fedeli alla loro finalitá originaria (spennare i creduloni vendendo l'illusione di facili guadagni), mentre le banche hanno abbandonato il loro fine istituzionale (raccogliere il risparmio ed investirlo in attivitá produttive).

I grandi istituti bancari si sono sostanzialmente ridotti a scimmiottare i casinò, giocando con derivati e strumenti speculativi sempre più rischiosi e puntando i soldi dei clienti, ma con una variante: quando vincono erano soldi loro, se perdono erano quelli dei clienti. E non ci sarà regolamentazione che tenga se non si mette fine a questo gioco al massacro (dei risparmiatori). Ciò anche a prescindere dalle rapine vere e proprie ai danni dei risparmiatori effettuata da alcuni istituti per finanziare e foraggiare partiti politici in una corruzione a tutti i livelli. Ne abbiamo una prova che finirà certo su tutti i libri di testo in materia, cosí come lo schema "Ponzi" (il più imitato e ultimamente noto come sistema "Madoff" negli USA), il "Monte dei Paschi" ribattezzato probabilmente "Monte dei Fiaschi" servirà ad illustrare come la corruzione politica e l'incapacità dilettantesca se coniugate possono aver ragione anche delle banche più serie e di lunghissima tradizione.
   
In alcuni Stati (es. Germania) ci sono banche ancora dedite unicamente alla funzione originaria, sono cooperative ("Genossenschaften") in cui i clienti sono soci e partecipano agli utili, ma che per statuto non possono rischiare i depositi dei clienti coi giochi speculativi coi derivati. Assistono sí  i clienti che sono vaghi di queste speculazioni, ma solo quando li fanno coi propri capitali.
Queste banche sarebbero il modello da seguire per risanare il sistema, ma purtroppo - res sic stantibus - sono destinate a rimanere di modeste dimensioni poiché la massa degli illusi, avidi di guadagni ma incapaci di speculare direttamente coi complicati strumenti dei derivati, si affidano ai grandi istituti che coi soldi dei clienti giocano in proprio promettendo quei lauti guadagni che poi spesso si rivelano colossali perdite.  
E poiché anche l'investimento in azioni non è immune - oltre che dal naturale rischio - da manipolazioni e scarsa trasparenza dovute alla collusione fra le società che entrano in borsa e le banche emittenti (il caso Telekom in Germania è sintomatico, quello di Facebook negli USA idem), l'investimento azionario che sarebbe il passo fondamentale per riportare le banche alla loro primitiva funzione, raccoglie soltanto una parte molto ridotta del risparmio. 

Il caso di Cipro é di grande valenza didattica: spiega come un problema annoso viene scientemente ignorato per permettere a pochi e fino all'ultimo i guadagni più strepitosi e poi, con la minaccia del fallimento e della miseria, far pagare il conto ai malcapitati che dalla speculazione sulle loro teste non hanno guadagnato nulla.
Da almeno due anni era pubblicamente nota la situazione insostenibile delle banche cipriote, a chi avesse voluto conoscerla. E da molto prima era comunque facilmente prevedibile.
Quando il giro d'affari delle banche supera di parecchie volte il valore del PIL di un Paese, significa che l'economia reale è preda del mondo della finanza. Che dietro il capitale ormai solo "virtuale" c'è il nulla.
come i villaggi Potemkin dietro le facciate degli edifici, e che i capitali in gioco non hanno più alcuna concreta relazione con il settore produttivo.
Ci sono è vero, casi particolari, come quello del Lussemburgo, dove il giro d'affari bancario supera di 20 volte il PIL: ma in questo caso non si può fare il riferimento al PIL poiché il Lussemburgo più che uno Stato è una gigantesca banca con un Paese al suo servizio. L'economia reale del Lussemburgo è in fondo quella dei Paesi - europei e non - dai quali sono partiti i capitali che colà sarebbero serviti ad investimenti produttivi e che invece si sono comodamente rifugiati in questo Eldorado fiscale (che poi è soltanto una tappa del percorso verso altri siti: Singapore, Andorra, Gibilterra, Isole Cayman, Guernsey, ecc.ecc.).

Crede che i tradizionali partiti politici in Europa in generale ed in Italia in particolare possano mettere fine a questa corsa verso la rovina dell'economia reale è paragonabile all'infantile credenza del Babbo Natale.
I Napoletani dicono giustamente "pancia piena non intende ragione" e i Piemontesi "chi sta bene non si muove". In ambedue i casi si evidenzia che è inutile attendersi il cambiamento da chi sta bene con lo status quo. Illudersi che siano partiti o sindacati ad invertire la rotta è credere ai miracoli, che in economia non si sono mai visti. Il famoso "miracolo economico" della generazione del primo dopoguerra è stato infatti il risultato di un gigantesco sforzo produttivo in un periodo in cui ancora il Capitale Finanziario non era riuscito a vanificare le regole imposte nel periodo bellico.
Il seguito lo si conosce. Ed ora siamo praticamente all'ultimo atto: siamo passati dall'Opera eroica all'Opera giocosa, alla commedia degli inganni del periodo craxiano scaduta poi nella volgarissima farsa dozzinale del ventennio berlusconiano/prodiano/d'alemiano. Ora tutto fa pensare che siamo giunti o all'Opera seria o alla tragedia.

E su tutto si potrà discutere meno che su un punto: qualunque cosa si vada a recitare, bisognerà assolutamente cambiare gli attori.



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Sonntag, 10. März 2013

In morte di Hugo Chavez: i suoi meriti per l'economia venezuelana

 
Si apre il Conclave (cioè si chiudono i Grandi Elettori sotto chiave): curiosi paralleli elettorali. 


Non trascorre praticamente un mese senza che da qualche parte del mondo avvenga un’elezione:  vere, fasulle, democratiche o addomesticate, contestate o ignorate, pilotate, o annullate, ce n’è di ogni gusto e colore.
La settimana entrante inizierà (e forse anche si concluderà) una delle elezioni più curiose per modalità teatrali e per numero di interessati. Non elettori, che sono poco più di un centinaio, ma per i milioni di credenti che si troveranno a riavere presto un sommo capo le cui parole in materia di fede suoneranno infallibili. Un attributo questo che nessun altra monarchia assoluta o dittatura ha mai avuto il coraggio di attribuire ai propri regnanti o conduttori supremi.
Nelle modalità di voto il “conclave” nella Cappella Sistina ricorda da vicino le modalità con cui nell’Unione Sovietica il Politbureau o Comitato Centrale sceglieva il Segretario Generale (Генеральный секретарь ЦК КПСС) del partito che diveniva di fatto il detentore effettivo del potere.
Che l’elezione di un nuovo pontefice avvenga “sotto chiave” come significa il termine “conclave” ha buoni motivi storici e comprensibili ragioni pratiche.
Se avvenisse con un’elezione pubblica come quella ad esempio del Presidente della Repubblica italiana, nella seduta comune del Parlamento, con maggioranza di due terzi inizialmente e semplice dal terzo scrutinio in poi, si assisterebbe al mercato dei voti, ad una campagna elettorale e quindi a promesse (magari indulgenze o simonie) e potrebbe inoltre verificarsi una situazione di stallo; in conclusione sarebbe poi difficile continuare a sostenere che il personaggio risultato eletto magari con modalità magari poco edificanti divenga seduta stante infallibile. Se anche non pesanti come nei secoli passati (quando re ed imperatori o gruppi di cardinali facevano eleggere e deponevano a loro piacimento i pontefici e più volte si ebbero papi ed antipapi in guerra fra di loro) anche le ingerenze secolari si farebbero sentire.
Dunque è legittimo che l’elezione del Pontefice avvenga a porte chiuse: se non altro per motivi di decenza (meglio non sapere come arriveranno i cardinali a concentrare i voti su uno di loro, o meglio come farà costui a ottenerli) .
Ma detto ciò, non si può non vedere come questo tipo di scelta di un capo sia quanto di più antidemocratico si possa immaginare. La “Glasnost” è vero ha provocato il crollo dell’Unione Sovietica, ma anche del Muro di Berlino. I muri del Vaticano sono tuttavia indistruttibili, quindi inutile perdere tempo con la “Glasnost”.
E’ prevedibile che una religione legata ad un apparato ecclesiastico strutturato in maniera così autoreferente non possa sperare di espandersi in un mondo che della trasparenza e della democraticità ha fatto gli ideali da perseguire, anche se la strada verso di essi si rivela spesso tortuosa. Ma una riforma interna appare impossibile: ci vorrebbe un miracolo.
Il Papato stesso, come istituzione venutasi a creare gradualmente nel corso della storia poiché priva di alcun fondamento evangelico (il primato del vescovo di Roma ha motivi contingenti e storici, ma  il “Tu es Petrus” imposto come dogma è un’evidente …impostura).
E se si vede la storia del Cristianesimo sotto questa luce si scopre che l’invenzione delPapato ed il suo rafforzamento continuo fino a farlo divenire una vera e propria Monarchia Assoluta ha conferito sí grande potere temporale e politico alla Chiesa Cattolica , ma è stato ed è altresì la fonte di tutte le numerosissime scissioni (dagli ortodossi fino ai seguaci di Lefebre) nonché delle guerre spietate (dal massacro dei Catari/Albigesi attraverso le persecuzioni ai Valdesi fino alla  Riforma Protestante luterana, con la guerra dei 30 anni e la decimazione delle popolazioni dell’Europa Centrale).
Dunque il Papato, che in questa forma assolutistica esiste unicamente nella Chiesa Cattolica,        
è uno strumento di dominio ed espansione, ma nel mondo moderno finirà probabilmente di fare la fine del suo parallelo, il Politbureau. In ogni forma di organizzazione sia politica che religiosa l’accentramento del potere conferisce sí per un certo tempo maggior forza espansiva, ma conduce inesorabilmente alla frantumazione ed al dissolvimento. E ciò soprattutto per un motivo inevitabile: accentramento si coniuga indissolubilmente con irrigidimento e dogmatismo. Caratteristiche queste che impediscono il cambiamento e l’accoglimento delle istanze della base. Cosí si sono dissolti nel corso della storia tutti gli imperi: quello Persiano,  Romano, il Sacro Romano Impero di Carlo Magno, quello Ottomano, quello Sovietico, altri che non nomino seguiranno.
Se c’è un insegnamento valido che possiamo trarre con certa sicurezza dalla storia è questo: il crollo degli imperi avviene sempre, ma nei modi e nei tempi meno prevedibili.
Sarebbe dunque assurdo fare una previsione sulla presumibile durata ulteriore della Monarchia Vaticano-Cattolica.
Unico punto di riferimento: il dissolvimento è causato dall’accentramento dei poteri ma non parte mai dall’interno. Ed in questo caso specifico, visto il segreto assoluto che circonda i poteri centrali e la loro indiscutibilità pena scomunica ed emarginazione, si può unicamente immaginare che il dissolvimento non sarà né prossimo né indolore.
Ma intanto possiamo teatralmente goderci la sontuosa commedia del Conclave, con le fumate nero-bianche e le sfilate in costume, un prolungamento del Carnevale in periodo quaresimale.
Mi dispiace soltanto per le donne: per la Chiesa cattolica continueranno ad essere anime di seconda classe. Anzi di terza, visto che al secondo posto ci sono già i laici maschi.