Samstag, 28. Dezember 2013

Biedermann und die Brandstifter / Omobono e gli incendiari. Considerazioni di fine anno 2013.  


Sarà per deformazione professionale, ma quale filologo attribuisco maggiori capacità di interpretazione della realtà - e spesso di previsione ­dei futuri sviluppi - alla letteratura rispetto a tutte le altre discipline umane e scientifiche. Il letterato – che spesso ha anche una formazione scientifica o per lo meno conoscenze in altri settori non letterari[1] combina capacità non comuni di osservazione con l’immaginazione e non ha problemi nel trascendere la realtà e le sue regole apparenti. In un certo senso la letteratura, essendo libera nella creazione di “mondi possibili”, va anche oltre la filosofia poiché non è vincolata o finalizzata alla creazione di sistemi severamente coerenti: le proprie creazioni sono sempre “opere aperte” che consentono interpretazioni diverse.  Ma giustamente lo stesso metodo scientifico deve riconoscere i propri limiti, come ricordava Albert Einstein: “Quando le leggi matematiche si riferiscono alla realtà non sono certe, e se sono certe non si riferiscono alla realtà”.  
Per interpretare ciò che sta avvenendo in Europa con una nuova forma di fascismo strisciante che avvolge tutte le istituzioni  ho trovato utile rileggere il dramma di Max Frisch. Non ne conosco la traduzione italiana, il cui titolo mi pare ridicolo: sul nome Biedermann (usato per primo da un poeta di Radolfzell am Bodensee, Viktor von Scheffel in tutt'altro contesto) sarebbe interessante dilungarsi, coi riferimenti al periodo “Biedermaier” (poi scritto “Biedermeier”) e ben noto nella storia dell’arte.  Qui è sufficiente ricordare che il protagonista è un esponente della media borghesia, proprietario di una piccola manifattura di una lozione per capelli, il cui successo di vendita è dovuto unicamente alla pubblicità e giammai alle intrinseche virtú (come afferma lo stesso produttore signor Biedermann, i compratori  “potrebbero mettersi sui capelli la propria urina, farebbe lo stesso effetto”.
La trama del dramma in breve: due incendiari riescono con inganno e spacciandosi per poveracci ad ottenere la fiducia e l'ospitalità dell’industriale e di sua moglie, soprattutto a motivo della cattiva coscienza e dal desiderio di giustificare la propria mancanza di scrupoli (un suo dipendente licenziato in tronco si è impiccato per disperazione). E gli incendiari iniziano ad immagazzinare benzina nel sottotetto della casa dell’industriale, che si rende conto sì di ciò che i due stanno preparando ma finge di non sapere e di non vedere sperando che il problema si risolva da solo. Come c’era da aspettarsi la casa va in fiamme e i protagonisti all’inferno.

Su questo dramma, forse il più noto di Max Frisch, non si contano le interpretazioni (scolastiche e non), facilitate dal fatto che la prima stesura era motivata dalla presa del potere comunista in Polonia e nei Paesi dell’Europa orientale satelliti dell’Unione Sovietica, ma successivamente venne interpretata come parabola sull’ascesa del nazismo. 
Pur distanziandosi da Bertold Brecht e dai suoi drammi didattico-moralistici (Lehrstücke: nel sottotitolo Max Frisch scrive infatti “Ein Lehrstück ohne Lehre”, un aforisma per dire un dramma moralistico senza morale) e fatta salva la pluralità di significati e di interpretazioni, è innegabile che il dramma può essere legittimamente interpretato come  parabola della rinuncia per amore di quieto vivere,  per interessata complicità, per incoscienza e per la somma di tutte questi ed altri colpevoli atteggiamenti di una parte della borghesia incosciente e/o incapace di attivarsi per contenere l’ascesa di un sistema autoritario e criminale che alla fine si rivela come autodistruttivo e nel quale tutti figurano come perdenti. 

L’eurodipendenza e il feticismo della difesa ad oltranza della moneta unica anche da parte dei governi dei Paesi che ne subiscono le conseguenze più devastanti ricorda da vicino l’atteggiamento del protagonista del dramma di Max Frisch.
Ma il paragone non si ferma alla moneta unica. La guerra è per ora quasi soltanto economica (in Europa) ma non sono da trascurare gli aspetti di preparazione militare, i tentativi di ritorno alla "Guerra Fredda" e i conflitti nei Paesi limitrofi in cui gli Stati europei intervengono per lo più peggiorando le situazioni (v. Libia e probabilmente Mali, Sudan, ecc. ecc.).  C'è voluta la riluttanza del Congresso USA e l'astuzia di Putin per scongiurare una ancor più grave carneficina in Siria, dopo che i soliti ignoti avevano iniziato a sostenere militarmente i ribelli, rivelatisi poi più pericolosi del dittatore dichiarato decaduto ma sempre più saldamente al potere. 
Anche le esportazioni di armi nelle aree conflittuali inoltre assomigliano ancor più da vicino al procedere degli incendiari di Max Frisch. Secondo il (Sipri- Stockholm International Peace Research Institute) fra il 2006 ed il 2010, il totale delle esportazioni mondiali di armi vedeva ai primi cinque posti dopo USA (30 %) e Russia (23%) ben tre Stati europei ( Germania 11%, Francia 7%, Gran Bretagna 4%). In Germania non si è ancora sopita la critica alle massicce forniture di armi automatiche e carri armati nei Paesi del Medio Oriente e segnatamente all’Arabia Saudita, ma intanto nel 2013, per un valore di circa 9 miliardi di euro, 240 container con 15.000 tonnellate di munizioni sono partiti dal porto di Amburgo. 
In particolare preoccupante la tendenza all’esportazione di armi individuali (pistole e fucili) nei Paesi non NATO risulta triplicato dal 2011 (dal 7%  al  21%  del totale), armi che sembrano appositamente prodotte per fomentare o comunque per alimentare le guerre civili.

C’è dunque più di un motivo per rileggere la realtà di questo periodo sulla scorta del dramma di Max Frisch. Per poi iniziare ad un impegno diretto per ricostruire la lesa democrazia e a forme di civile resistenza se necessario per bloccare questo perverso cammino verso la miseria, la distruzione e la preparazione dei conflitti: la letteratura può infatti servire da strumento di comprensione ma il suo ruolo finisce qui, poi serve l’impegno politico.  



[1] Max Frisch, l’autore del dramma che richiamo nel titolo, era architetto, Carlo Emilio Gadda era ingegnere, Primo Levi ingegnere chimico, Paul Valery era anche un matematico oltre che avvocato, Friedrich Schiller era un medico come anche Georg Büchner, Ernesto Sabato un fisico e pittore oltre che scrittore.
In fin dei conti potrebbe risultare che i letterati  puri sono in tutte le culture una minoranza rispetto a quelli che oltre alla formazione o attività letteraria hanno avuto anche una formazione scientifica (che l’abbiano praticata o meno è secondario, cosa che vale anche per anche altre espressioni artistiche: Carlo Levi era medico ma lavorò unicamente come pittore).
Interessante notare come un gran numero di letterati abbiano avuto una formazione giuridica (da Goethe a Kafka,
per esempio, ma in tutte le nazioni e culture si trovano scrittori con questa combinazione di interessi/formazione). La cosa non stupisce, poiché la letteratura è fondamentalmente un’arte basata su tre funzioni: saper analizzare la realtà cogliendo aspetti generalmente inosservati, saper collegare le osservazioni in modo creativo immaginando possibilità diverse da quelle reali, saper descrivere il risultato delle osservazioni riflessioni usando la lingua in maniera eccellente.
L’avvocato ha tutti i presupposti per riuscire in questo intento poiché ha una sensibilità ed abilità retorica  particolare per la lingua (il suo strumento di lavoro), è addestrato a trovare aspetti non evidenti della realtà che poi potrà sfruttare per ricostruire con la sua arringa il “mondo possibile”  da presentare al giudice come “mondo reale” , cioè una ricostruzione dei fatti in cui il proprio cliente ha ragione e l’opponente ha torto. Sostanzialmente dunque la costruzione di “mondi possibili”  è l’identica attività sia che la svolga uno scrittore per comporre un romanzo o un dramma o un avvocato (o PM)  per far assolvere (o condannare) un imputato.        

Sonntag, 8. Dezember 2013

 “Cavalli (ed asini) di Troika”, la NATO ed i nostalgici della “Guerra Fredda”



Nel 2010 il Parlamento dell’Ucraina a larga maggioranza decise per bloccare il proesso di adesione del Paese alla NATO optando per la posizione di “non allineamento” fra i due blocchi quello “ex-comunista” e quello “capital-militarista”, (uso nuovamente questa terminologia poiché ridivenuta purtroppo attuale, anzi lo è sempre stata ma si fingeva di non vederlo).
L’opinione pubblica in Ucraina è chiaramente contraria all’ingresso della NATO nel  proprio territorio (poiché è esattamente di questo che si tratta, come logicamente ci si può attendere da un Paese che è legato alla Russia per lingua e tradizione, nonostante gli orrori del periodo staliniano (che affamò milioni di ucraini) poiché le repressioni dell’epoca colpirono più o meno tutti i Paesi dell’ ex-Unione Sovietica e quindi non furono percepite come emananti dalla Russia, contrariamente all’attacco hitleriano che fu invece riconosciuto subito come espressione della volontà di dominazione tedesca nonostante in Ucraina esistesse una cospicua minoranza filotedesca.
Dalla fine dell’Unione Sovietica l’Ucraina ha compiuto un percorso a zig-zag, avvicinandosi o allontanandosi dalla Russia in relazione all’avvicinamento o alle prese di distanza dall’abbraccio con l’Occidente. Lo sviluppo economico è stato parallelo a quello della Russia post-comunista, con la formazione di gruppi di oligarchi miliardari, gente che ha saputo impossessarsi del controllo delle risorse energetiche ed economiche sfruttando o la posizione di funzionario del sistema precedente o il caos giuridico del passaggio fra i due sistemi.
A differenza delle Russia, l’Ucraina pur possedendo i minerali per l’energia atomica dipende per altre fonti energetiche (gas, petrolio) dalla Russia – come il resto d’Europa beninteso.
Lo sviluppo economico non è stato per questa ed altre ragioni identico a quello russo, l’Ucraina resta un Paese con larghe sacche di povertà e con una sovrabbondanza di manodopera che ha trovato finora sbocco soprattutto nei Paesi ex comunisti (Repubblica Ceca, Polonia) come pure in Russia.
Che l’Ucraina economicamente possa entrare a far parte della comunità europea è possibile unicamente a lungo termine, un ingresso affrettato porterebbe il Paese al livello della Grecia o di altri PIGS. O forse anche peggio: attualmente il commercio estero è per ¼ con la Russia, e non si vede come l’Occidente potrebbe sostituirsi agevolmente (e soprattutto in termini convenienti per l’Ucraina) al cliente russo.
Sulla base di queste considerazioni appare plausibile il tentennamento, ora sfruttato dai media occidentali per puntare il dito contro la Russia e deviare l’attenzione dai problemi di casa.
La doppiezza dei funzionari EU è rivoltante: alle ingerenze USA (che spiano a tutto spiano a tutti i livelli fino al telefonino della cancelliera tedesca) la reazione è stata a dir poco timida, e ha dato la chiara impressione che più del fattaccio le autorità di Bruxelles e la stessa cancelliera Merkel siano stati dispiaciuti dalla divulgazione della gravissima interferenza.
E’ bastato invece che Putin ponesse l’aut aut: o con noi o con l’UE per far stracciare le vesti ai timidi e subordinati politici europei servi degli USA e della loro NATO scandalizzati per quella che hanno chiamo “ingerenza” negli affari dell’Ucraina. Un  simile coraggio conigliesco lo si sarebbe preferito vedere al momento dell’aggressione USA all’Irak, all’Afganistan, al profondo disprezzo conci gli USA bombardano il Pakistan con le “drone” massacrando civili, e last but not least, per denunciare l’embargo che da oltre mezzo secolo strangola l’economia cubana e anche all’interno degli USA viene giustamente criticato poiché è la colla più forte che tiene insieme il regime cubano ed ottiene infatti il risultato opposto in termini di democratizzazione dell’isola.
Se Reagan fosse attualmente al potere farebbe mettere candeline sulle finestre per manifestare la solidarietà con coloro che a Kiew protestano contro il loro presidente e cercano di farlo dimettere con la forza della piazza. Il pugile Кличко (significativo che anche in italiano si utilizzi la trascrizione tedesca, forse perché costui è notoriamente amico della Merkel) è utilizzato dall’Europa Unita tedescopilotata (che si è affrettata a mandare i propri esponenti a sostegno dei ribelli) come “cavallo di Troika” per staccare economicamente l’Ucraina dalla Russia e sottometterla poi alla stessa stregua di quello che ha fatto finora con altri Paesi (nei quali non trovando “cavalli” si è accontentata di “asini di troika” - per i PIGS bastavano). 
Un ultimo elemento va menzionato per meglio comprendere la dinamica delle falsificazioni in corso: i media occidentali, chi più chi meno, mostrano ai Paesi dell’Europa Orientale un quadro selettivo della situazione economica, minimizzando i problemi creati da uno sviluppo che chiamare distorto sarebbe un eufemismo, e  magnificando invece gli aspetti di benessere e abbondanza di merci, che valgono in realtà per una sempre minore percentuale dei cittadini.
In altri Paesi queste distorsioni dei fatti non attaccano: in Tunisia, Egitto, Grecia, i turisti russi ed ucraini rappresentano (insieme ai cechi ed ai polacchi) almeno il 90 % delle presenze. Gli europei sono ormai le mosche bianche in quei luoghi dove fino ad un decennio or sono erano i principali clienti: salvo tedeschi e scandinavi, ormai i cittadini dei Paesi PIGS compresa la Francia i soldi per le vacanze non li hanno più. Una cosa che dovrebbe far pensare se la propaganda non nascondesse la realtà dei fatti.

Quale potrebbe essere la scelta migliore per l’Ucraina? Chi come il sottoscritto è per l’assoluta indipendenza di tutti i Paesi, la cosa migliore sarebbe lo stato di non allineamento, e la trattativa con tutti i rimanenti Paesi con contratti bilaterali senza correre il rischio di entrare in un blocco o nell’altro. Una distanza identica da tutti è sempre la migliore soluzione. Come del resto è appunto la scelta che fanno tutti i Paesi veramente sovrani, come la Svizzera, la Norvegia, la Svezia, e altri, che o sono fuori dall’imbroglio dell’Unione Europea o almeno si sono tenuta la moneta sovrana.
E la stessa UE, se vorrà sopravvivere, invece che oligarchia di burocrati guidati da lobby ed al servizio dell’economia più invadente (Germania) dovrà ritrasformarsi in associazione di Paesi sovrani e restituire le prerogative ora subdolamente accaparrate per non dire estorte senza un barlume di democrazia imponendo misure coercitive (fiscal compact) che sono in chiara contraddizione con i princìpi del Trattato di Roma.
Altrimenti avremo un’EU che sarà col tempo una brutta copia dell’Unione Sovietica, con la Germania al posto della Russia e gli USA “über alles”.

Freitag, 6. Dezember 2013

 Politica e (mala)fede cattolica. Il ruolo del Vaticano oggi, nel 1949 e nel Cinquecento: continuità di una secolare tradizione.


(6.12.2013, Omaggio a San Nicola – con un pensierino a Papa Nicolò V)   

Mentre si attende che nuove elezioni facciano chiarezza e forse speriamo piazza pulita dei corrotti & incapaci al potere non è ozioso esaminare il ruolo che potrà svolgere l’Ente che di fatto ha sempre governato indirettamente l’Italia, traendone benefici e pieno sostentamento grazie ai Patti Lateranensi stipulati con “l’uomo del destino” al secolo Benito Mussolini.  
Se la Francia ha pieno diritto di dichiararsi Stato laico, e la sua tradizione lo conferma in molti casi, l’Italia era ed è uno Stato teocratico di diritto [1] e di fatto poiché in esso il Vaticano svolge un ruolo decisivo in ogni momento storico in cui ne va di scelte che possono mettere in pericolo i privilegi ed i poteri ecclesiastici.

Le speranze di molti cattolici e anche di non credenti (come io sottoscritto) sono giustamente riposte in Papa Francesco, il primo pontefice ad esprimere un chiaro giudizio in materia di economia e sul capitalismo. La Rerum Novarum di Papa Leon XIII del 1891 può essere comparata, per (in)comprensione dei problemi, ai programmi (si fa per dire) politici di Monti e Letta.
L’ Evangelii Gaudium di Papa Francesco rivela invece una profonda riflessione ed una chiara visione delle cause che hanno condotto alla crisi attuale e più in generale alle nefandezze del sistema capitalistico e della mafia finanziaria. Vediamone alcuni eloquenti esempi:

§ 53: “oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare.””

Oppure in relazione al ruolo dela finanza:
“§ 56. Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. Inoltre, il debito e i suoi interessi allontanano i Paesi dalle possibilità praticabili della loro economia e i cittadini dal loro reale potere d’acquisto. A tutto ciò si aggiunge una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali.””


Papa Francesco non si limita a petizioni di principio generiche o esortazioni pietistiche ma punta il dito con fermezza:

“” § 58. Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano.””

Se avesse scritto queste cose un semplice cattolico nel 1949 sarebbe stato probabilmente tacciato di comunismo e scomunicato, in virtù del decreto del Santo Uffizio:

« Avviso Sacro
Fa peccato grave e non può essere assolto
Chi è iscritto al Partito Comunista.
Chi ne fa propaganda in qualsiasi modo.
Chi vota per esso e per i suoi candidati.
Chi scrive, legge e diffonde la stampa comunista.
Chi rimane nelle organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro, Federterra, Fronte della Gioventù, CGIL, UDI, API, ecc…
È scomunicato e apostata
Chi, iscritto o no al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e anticristiana; chi la difende e chi la diffonde. Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune con il comunismo.
Decreto del Sant'Uffizio - 28 giugno 1949
N.B. Chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni. »

Una chiara dimostrazione di come andava intesa la Costituzione quando parlava di Stato e Chiesa ciascuno nel suo ambito indipendenti e sovrani. Anche l’eventuale assoluzione previa confessione non deve trarre in inganno: più che per la salvezza dell’anima serviva al conteggio dei voti, in ogni caso non è pensabile che un credente potesse essere cosí ingenuo dal confessare il voto comunista (in barba alla sua segretezza !!) rischiando di essere assolto in confessionale ma denunciato in fabbrica e perdere magari il posto di lavoro. 
Con la minaccia di scomunica il Vaticano non mirava evidentemente a salvare le anime degli elettori di sinistra quanto piuttosto i voti dei partiti di destra, cioè della Democrazia Cristiana, che cosí ebbe la maggioranza per decenni. Il fatto innegabile che i risultati elettorali avessero mostrato come nonostante la minaccia virtualmente circa 1/3 degli elettori italiani se ne fossero infischiati della scomunica venne presto passata sotto silenzio, il risultato elettorale per la DC era ottenuto e quindi si potevano assolvere i peccatori, anche senza confessione. 

Ma le ingerenze ecclesiastiche di parte cattolica hanno ben più lunga e terribile tradizione.
Tutti conoscono i crimini dell’Inquisizione (in particolare di quella spagnola, che però nel Regno di Napoli non venne introdotta grazie alla resistenza popolare). Ma c’è stato di peggio, se anche sembra difficile da immaginare.  
È un aspetto delle ingerenze religiose in politica che val la pena di esaminare poiché confrontato con analoghe situazioni odierne si rivela come meccanismo analogo di giustificazione di crimini bellici dietro nobili finalità. 
Sono cose celate ai credenti oggigiorno, ma  chi si volesse togliere la curiosità può leggere l’intero interessantissimo testo della bolla di Papa Nicola V dell'8 gennaio 1454 (conservata nella Biblioteca Nazionale a Parigi ), che qui cito da uno studio di Assani Fassassi[2] nel quale è riportata sia la traduzione francese che l’originale latino. In essa il pontefice aizza re Alfonso di Spagna a convertire nelle colonie con forza e ridurre in schiavitù perpetua chi si dovesse opporre  ( ad occuparne le terre impossessandosi dei loro beni): 
§ 5: "Nos premissa omnia,& singula debita meditatione, attendentes,quod cum olim prefato Alfonso Regi quoscumque Saracenos, ac paganos,aliosque Christi inimicos ubicumque constitutos,ac Regna,Ducatus,Principatus,dominia, possessiones,& mobilia, & immobilia, bona quaecimque per eos detenta,ac possessa invadendi, conquirendi, expugnandi, debellandi, &subjugandi, illorumque personas in perpetuam servitutem redigendi, (...) plenam, &liberam inter coetera concressimus facultatem,...".

Altri tempi: ora non serve nemmeno più una bolla papale per invadere, rapinare il petrolio, detenere prigionieri di guerra senza processo a Guantanamo, farli torturare in Polonia, massacrare i civili con le "drone": invece della religione basta richiamarsi alla  lotta contro il terrorismo ... che si deve condurre ovviamente con metodi ancor più crudeli e detestabili degli attentati.    

Ma la domanda iniziale merita dopo questa digressione una risposta: quale sarà la posizione della chiesa Cattolica o meglio del Vaticano nei confronti della politica italiana giunta ormai al completo sfacelo ?
La domanda non è oziosa poiché il Vaticano sa di contare ancora su un cospicuo esercito di riserva: perduti i credenti veri e  coscienti che la pensano più o meno come … Papa Francesco, resta la maggioranza di finti praticanti che da sempre hanno guardato ai consigli politici del Vaticano come ad una una bussola nella sensazione – rivelatasi giusta – che le indicazioni di là provenienti avrebbero garantito se non i miglioramenti almeno i diritti acquisiti, che sono la vera religione del popolo italiano (che non è l’unico a praticarla ma certo il più osservante).
Gli italiani sono conservatori nel voto non per convinzione, ma perché ben sanno, per lunghissima tradizione, che ogni cambiamento finisce per peggiorare le cose, e che alla fine se anche avviene un miglioramento sperato, considerato ciò che si perde il bilancio risulta negativo. Per questo restano legati al partito che hanno sempre votato, magari da generazioni, sconcertati al più dai continui cambiamenti di etichetta ma confortati nel vedere poi sempre gli stessi personaggi dietro di esse.
Ed è esattamente su questo atteggiamento che il Vaticano gioca le proprie carte, in maniera spudorata ma addirittura scusabile vista la facilità con la quale gli elettori sono pronti a farsi circuire.  



[1] Benché nel 1984 il primato della religione cattolica come “religione di Stato” sia stato cancellato dalla Costituzione, e nonostante la petizione di principio secondo cui (art.8) “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.” purtuttavia è altrettanto innegabile che esiste una religione “più uguale” della altre, i cui rapporti con lo Stato  (art. 7)  sono regolati dai Patti Lateranensi.” Nessun altra religione gode del privilegio di un concordato di rango costituzionale, le cui modifiche non sono è vero soggette a ratifica costituzionale ma solo se “accettate dalle due parti”.  In altri termini, per eliminare i privilegi di cui unica gode la Chiesa cattolica in Italia la procedura parlamentare è ben più ardua che per qualunque altra legge. Cosa che invece non vale per le altre religioni. “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani  (art. 8  va dunque inteso nel senso che la Chiesa può interferire nella politica(come ha sempre fatto)  mentre la politica non ha il diritto di interferire nelle cose ecclesiastiche.


[2]  Le péché du Pape contre l’Afrique. Ed.Al Qualam, Parigi 2002