Donnerstag, 28. November 2013

Berlusconi fuori dal Senato non cancella la vergogna italiana di un ventennio.

 

C’è poco da festeggiare per un provvedimento che in qualunque altro Paese del mondo sarebbe stato pacifico o superfluo (qualunque politico con un minimo di dignità nella medesima situazione avrebbe dato da lungo le dimissioni).
E se si leggono le reazioni, anche fatta la debita tara della mirata disinformazione operata ddai media, vengono i brividi a sentire quanta gente ancora è convinta (senza poter fornire argomenti poiché non conosce i fatti) che l’ancora amato Silvio sia innocente e perseguitato dal giudici non imparziali.
E questa è la vera vergogna del Paese, che spiega la voragine di servilismo ed impudicizia in cui è sprofondato e dalla quale ben difficilmente  potrà riemergere.
Mai come in questi istanti è apparso chiaro come un cambiamento in Italia è difficile se non impossibile. Mentre da un lato i servili stallieri del Cavaliere pur sgolandosi in dichiarazioni di fedeltà al capo caduto già sono indaffarati a cercare un altro padrone da servire, la falsissima sedicente “opposizione” – in realtà altri servitori dello stesso capo soltanto sotto altra bandiera (PD) si mette nelle mani di personaggi che ben pochi conoscendoli vorrebbe avere nemmeno come vicini di casa, tanto meno come rappresentanti politici.
Fuori da questa finta alternativa – in realtà mistura di ingredienti complementari per produrre    
un velenoso intruglio politico – resta unicamente il Movimento 5 Stelle, contro il quale si è da lungo scagliata la stampa tutta e gli organi di disinformazione di massa.
Il successo del M5S alle ultime elezioni è stato un miracolo difficile da ripetersi, e solo un supermiracolo potrebbe portare al governo questi cittadini incensurati non venduti alla politica di mestiere.
La vera ragione della riluttanza degli italiani a cambiare partito, quindi la perennità delle scelte, è conseguenza di un atteggiamento che equipara le scelte elettorali a quelle sportive, quasi che si trattasse di una squadra di calcio da sostenere indipendentemente dai risultati e non di partiti  da giudicare sulla base dei programmi e della loro applicazione.
La maggioranza vota evidentemente per “partito preso”, chi a destra chi a sinistra, con fedeltà suprema alle etichette e disinteresse se non dispregio profondo dei contenuti: questa attitudine è apparsa con tutta la sua sconfortante evidenza quando all’indomani delle elezioni a gran voce intellettuali e votanti PD si appellavano al M5S affinché violando le promesse elettorali si associasse al PD: un “vogliamoci bene” che aveva tanto il sapore dell’abbraccio di Tosca.   
Il prima ignorato e poi vituperato M5S, se si fosse inchinato alla bisogna, era divenuto di colpo un partito serio e rispettabile. E di converso, subito dopo il rifiuto al patto indecente, rieccolo divenuto un movimento populista, pilotato da un comico se non da buffone che piloterebbe dall’esterno come un dittatore i parlamentari (quasi che gli eletti degli altri partiti tutti non fossero tenuti al ferreo obbligo della disciplina di partito !!). E dunque piuttosto di questo comico  era da preferire - come infatti prontamente avvenuto - un grande evasore e delinquente con condanna definitiva.

Il governo Letta, uscito dalla commistione di PDL e PD, è di tutte le alternative  quanto l’Italia di meno aveva bisogno. Unico dato positivo è che, indaffarato a sostenere fino all’ultimo il Cavaliere per non affondare insieme a lui, questo governo non ha trovato il tempo di procedere ad alcuna riforma, che visto avrebbe unicamente peggiorato quanto già disastrosamente fatto dal precedente governo Monti nella cui rovinosa scia comunque procederà se non si mette presto fine a questa deleteria esperienza.

Ma ancora una volta, a salvare il Paese sarà probabilmente la particolarità che rende l’Italia unica al mondo: il saper fare senza bisogno o meglio CONTRO ogni governo.
Quello che appare come qualunquismo e che sopra abbiamo descritto come politica del “partito preso” , in un ambiente dove lo Stato è considerato da secoli il primo e peggior nemico e dove l’unica identificazione con il potere è a livello di città o regione al massimo, 
diviene essenziale, per non affondare, o venire a patti localmente col potere, non importa di quale colore, o contestarlo sul territorio. E quindi le convinzioni politiche si concretizzano puntualmente nell’appoggio o rifiuto degli interventi statali nell’area in cui si vive.
Ed ecco quindi l’acerrima resistenza dei valligiani di Val Susa contro lo scempio della loro valle con un’ inutile ferrovia TAV, ecco le proteste nell’area napoletana come in tanti altri Comuni contro le discariche, gli inceneritori cancerogeni e altri progetti assurdi utili unicamente a mantenere i partiti tramite lo scambio di tangenti prelevate dai costi puntualmente ingigantiti di ogni opera pubblica. 

Sono esattamente queste le civili forme di resistenza popolari che coprono un po’ la vergogna del sistema politico italiano, il più costoso già soltanto per le diete ed i privilegi ufficiali dei parlamentari, senza contare le appropriazioni indebite e i numerosi altri reati per i quali non pochi delinquenti con condanna definitiva siedono impuniti in Parlamento.  

Una svolta ed un risanamento della politica italiana non possono certo arrivare dalle alchimie politiche, né dalla sostituzione di segretari di partito con improvvisati leader che poi (v. Veltroni) si rivelano nullità politiche,  né dai giochi di alleanze che ricordano da vicino la compravendita dei calciatori.
Solo il passaggio dalla resistenza a livello locale ad un livello nazionale potrebbe far rifiorire l’Italia: che con un governo sano che mettesse fine allo sconcio attuale e degli ultimi 20 e più anni in brevissimo tempo non soltanto sarebbe presto risanata, ma diverrebbe una delle prime se non la prima economia d’Europa, non mancando a livello individuale né l’ingegno né la capacità ora dispersa dei giovani che devono lasciare a malincuore il Paese per andare ad arricchire col proprio lavoro le altre nazioni europee.       

Samstag, 2. November 2013

   Il banco dell’asino  

Da mesi tutta la politica parlamentare italiana gira intorno ad un solo punto: come salvare capra e cavoli, cioè come tenere in piedi un governo privo di senso (ma che dall’estero è visto come il male minore) e non sputtanarsi definitivamente concedendo la grazia ad un noto evasore fiscale che dovrebbe da tempo essere dietro le sbarre ma che ricatta appunto il governo mendicando miserabilmente l'impunitá. 
Da una cattiva pedagogia forse una buona soluzione. Ai tempi dei nostri nonni era una prassi nelle scuole elementari il “banco dell’asino”: si metteva a turno l’alunno considerato peggiore o per comportamento o per incapacità. 
Un’idiozia pedagogica ma utile in politica: il delinquente evidentemente privo anche di un minimo di dignità si aggrappa ad ogni stratagemma pur di restare a piede libero?
Ebbene, se non altro per rispetto ai comuni delinquenti che certo hanno più dignità del citato e stanno scontando le loro pene, non sarebbe bene contaminare questi tristi luoghi di espiazione con la presenza di un tale individuo impenitente. Meglio lasciarlo in Parlamento, in compagnia di tanti altri condannati definitivi che scaldano quei banchi. Lo si dovrebbe però mettere in un banco speciale, come appunto un tempo nelle scuole. Sarebbe un castigo più efficace e metterebbe fine alla indecente commedia che vista dall’estero fa giudicare l’Italia un Paese di buffoni.