Samstag, 13. Juli 2013

Come NON funziona la moneta: una riflessione da semplice ragioniere.   

Si moltiplicano negli ultimi tempi discorsi teorici per spiegare le crisi confondendo la crisi economica con
quella finanziaria, scambiando inflazione e deflazione con svalutazione e rivalutazione, debito privato con debito sovrano, risparmio ed austerità con pareggio di bilancio statale, e via pasticciando fra i concetti maldigeriti e peggio sproloquiati da stampa e televisioni.
L'economia è una scienza ma capirla è un' impegno ed applicarla bene un'arte di cui si fanno sempre più rari gli esempi. I primi rudimenti di economia li ho imparati nel corso di studi da geometra, per curiositá mi ero allora fatto prestare i libri dai colleghi ragionieri, poi ho continuato per il resto della vita fino ad ora a studiare più o meno intensamente (ho letto Marx ma anche Schumpeter e Hayek fra gli altri, quindi conosco le teorie e le posizioni più discordi). Ma mi sono anche reso conto che al di là di tutte le sottigliezze e le formalizzazioni matematiche poi divenute di moda negli ultimi decenni, i concetti di base sono tanto semplici quanto incompresi. E soprattutto in politica gli spropositi più grossolani vengono spacciati come veritá indiscutibili e soprattutto da accettare senza discutere poiché più sembrano assurdi, più vengono presentati come frutto di grandi conoscenze e capacità, qualcosa che solo gli esperti, i tecnici comprendono e che dunque il semplice cittadino deve accettare fiducioso.
Insomma in politica l'economia funziona con una certa analogia coi dogmi religiosi, che più sono assurdi tanto più meritano di essere creduti: "mistero della fede".   
E dunque provo a lasciar da parte tutti itecnicismi ed a partire con un banale discorso da "ragioniere".
Partiamo con due aspetti frequentemente discussi: pareggio di bilancio e creazione della moneta.

Il pareggio di bilancio è auspicabile?

Il "Fiscal compact" nell' UE ha introdotto un obbligo di pareggio di bilancio, cioé una riduzione progressiva del cosiddetto "debito statale".
Ma se si ragiona su questa proposta si capisce subito che il pareggio di bilancio è un'assurditá. Sarebbe come se un'impresa chiudesse il bilancio in pareggio dopo aver pagato i dipendenti e distribuito i dividendi e non prendesse prestiti per nuovi investimenti: fallirebbe immediatamente poiché sono appunto i capitali presi in prestito e gli investimenti attuati con essi che consentono l'utile.
 Il debito statale può essere visto come un investimento, cioé un anticipo di salario per far lavorare e produrre beni o offrire servizi e nel medesimo istante dare agli stessi destinatari i mezzi per acquistarli. Se inuna zona doe tutti sono disoccupati arrivasse un marziano e prestasse a tutti ad es. 1000 dollari o altra moneta con l'obbligo di eseguire un lavoro di valore corrispondente, vendere il prodotto o il servizio incassando la stessa somma e di restituirgliela, l'economia locale sarebbe salva.Tutti si rimetterebbero a lavorare, a produrre a comprare, e alla fine potrebbero restituire il prestito.
Il marziano potrebbe riprendersi tutto quanto ha prestato ed andarsene. Dunque l'economia funziona un po' come la locomotiva, una volta spinta procede per inerzia e basta poco a mantenerla in movimento.
Al contrario, se invece di un marziano arrivasse un Montiano e pretendesse dai disoccupati gli ultimi spiccioli loro rimasti, anche i pochi lavoratori eventualmente ancora attivi smetterebbero di lavorare.
Ed è appunto quanto succedde attualmente con le imprese ed i negozi che chiudono una al minuto in Italia (e in altri Paesi d'Europa). Nel nostro caso non per mancata volontà di investire ma per mancanza di capitali da un lato (le banche in fallimento non prestano) e di compratori dall'altro (deflazione e svalutazione interna cioé riduzione della massa di moneta circolante).

Lo Stato crea la moneta dal nulla ?

Non è invece vero che lo Stato possa liberamente ed illimitatamente creare dal nulla la moneta. O meglio la può certo stampare in quantità illimitata, ma non mantenendone il VALORE. Un valore costante si può mantenere unicamente con una stretta relazione fra massa di moneta circolante e quantità di servizi offerti e beni prodotti.
Quando questa relazione viene meno, cioé ad es. uno Stato stampa moneta in misura eccessiva rispetto ai beni e servizi acquistabili si ha notoriamente l'inflazione, che in casi patologici si chiama "iperinflazione" (tecnicamente si misura prendendo come base il tempo necessario al raddoppio dei prezzi, che in casi fisiologici si misura in decine d'anni, mentre in quelli patologici si misura in giorni o addirittura in ore - nella Repubblica di Weimar, nel 1923, si pagavano gli operai due volta al giorno poiché i prezzi salivano fra mattina e pomeriggio, alla fine un francobollo costava 5 miliardi di marchi).
L'inflazione cosiddetta "fisiologica" è invece tanto inevitabile quanto NECESSARIA poiché stimola gli acquisti e gli investimenti (se so che posso vendere i beni prodotti a prezzo maggiore aumenta l'utile e diminuisce il rischio, poiché il capitale che ho preso in prestito resta lo stesso, ma faccio prima a restituirlo). Ed anche il compratore è più propenso a spendere poiché sa che se attende spenderà di più. E aumentando il numero dei compratori cresce appunto la domanda ed a parità d'offerta i prezzi. In un'economia equilibrata però l'aumento dei prezzi fa aumentare la propensione degli imprenditori a produrre beni, quindi fa aumentare l'offerta, controbilanciando cosí la tendenza all'umento dei prezzi. E' una legge elementare che conoscono giá i semplici ragionieri, ma che tuttavia viene ignorata sia dagli economisti che consigliano i governi che dai politici che da essi si fanno consigliare. Ciò per un fatto molto semplice: né agli uni né agli altri interessa uno sviluppo economico equilibrato ma piuttosto gli eccessi, poiché con essi i parassiti dell'economia ed i loro fedeli servitori traggono i maggiori profitti col minimo rischio. L'investimento in borsa ha la sua ragione di esistere esattamente da questo meccanismo: senza alti e bassi dei corsi, a prezzi costanti nessuno né comprerebbe né venderebbe azioni. E individuando la tendenza si riesce a guadagnare sia con l'aumento che con la diminuzione delle quotazioni. Ovviamente a proprio rischio e pericolo.
Fin qui non ci sarebbe nulla da eccepire (premesso che si accetti il sistema capitalistico e le sue regole). Ma attualmente lo stesso sistema capitalistico è fuori da ogni legge e regola, cioé sono più i bari che i giocatori onesti: le banch esono arrivate al punto da truccare impunemente anche gli indici (ad es. il "Libor", cioé un riferimento sul quale sono basate tutte le maggiori transazioni e lo fanno ovviamente a danno dei clienti). Ma c'è di peggio: gli enormi guadagni di queste speculazioni sono in realtá soldi sottratti agli investimenti produttivi, ed in ultima analisi anche ai lavoratori.
E per somma beffa le perdite vengono invece socializzate poiché per il cosiddetto "salvataggio" delle banche si prelevano semplicemente i proventi delle imposte. I cittadini pagano due volte, un numero ristretto di profittatori incassa senza rischio.
I debiti che erano privati (e dovevano restare perdite degli incauti speculatori) vengono "socializzati", cioé trasformati in "debiti sovrani", quindi statali.
E alla fine arrivano i Monti di turno e spiegano agli ingenui che per salvare lo Stato dal fallimento bisogna stringere la cinghia ... forse sí, ma attorno al loro collo.

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