Donnerstag, 5. Dezember 2013

  La decisione della Corte Costituzionale e l’algebra.

 

Tenersi un parlamento eletto con una legge anticostituzionale o ritornare al voto: questo il dilemma, seguito immediatamente dal prossimo: se si rifacessero le elezioni, a quali forze politiche dare il mandato?
Il metodo per calcolo di incognite tramite compensazione e sostituzione (al-ğabr wa-ʾl-muqābala) e noto come algebra, deriva dal titolo del libro di un matematico arabo, di qui l’etimologia: „al-jabr“. 
Le formule basilari sono note a tutti, e la loro formalizzazione può essere spiegata anche col linguaggio ordinario: “meno per meno uguale più, (- . -) = + significa ad es. “i nemici dei miei nemici sono i miei amici”.
Identificati i propri nemici basta dunque cercare i loro nemici per sapere con chi combatterli.
 
A questa formula si può ricorrere anche in politica quando le incognite rendono difficile la scelta. Nel caso concreto ed ammesso che si dovesse votare in Italia a breve termine e con una legge meno indecente dell’attuale dichiarata anticostituzionale, quali riflessioni potrebbero aiutare le scelte di coloro che volendo il cambiamento per invertire la corsa verso il disastro economico e sociale devono decidere quali forze sostenere in Parlamento ? 
Pochi dubitano e nessuno è ormai più in grado di smentire che già da un punto di vista strettamente economico-finanziario la permanenza dell’Italia nell’area euro non consente allo stato attuale delle cose la minima speranza di miglioramento.
Continuando nella servitù coatta alla moneta unica anche la democrazia non ha la minima possibilità di venire ristabilita e la crescente disoccupazione soprattutto giovanile impedisce e ancor più in futuro renderà irreversibile lo scadimento dell’economia italiana ad umile ancella sottomessa agli interessi dei Paesi dominanti in Europa, in particolare della Germania che infatti è divenuta l’ambita meta di emigrazione dei giovani più intraprendenti e professionalmente preparati che lasciano a migliaia i Paesi d’origine nell’area mediterranea, nauseati dallo squallore politico clientelare che ivi regna e che non offre loro alcuna speranza di poter valorizzazione le competenze acquisite. Addirittura nei Paesi dell’Est usciti da un solo ventennio dal blocco comunista (Repubblica Ceca, Polonia e perfino in Russia) si incontrano sempre più numerosi laureati e diplomati in fuga dalla disoccupazione o sottoccupazione cronica in cui è piombata la giovane generazione nell’area mediterranea.  
Tutta colpa dell’euro: certamente no, la decadenza di questi Paesi spregiativamente riassunti dall’acronimo (PIGS), Portogallo, Italia, Grecia, Spagna, (= i maialini) ha radici più lontane e profonde. Ma altrettanto vero è che è stata esattamente l’insensata introduzione dell’euro a bloccare ogni possibile evoluzione positiva, cementando lo status quo di corruzione e malgoverno economico ad unico tornaconto di detentori di rendite di posizione e provocando uno spostamento di ricchezza dal basso verso l’alto senza riguardo ai danni irreversibili causati ai rispettivi Paesi. Le situazioni sono diverse nei dettagli fra i vari Paesi dell’area mediterranea, ma un aspetto li unisce tutti: lo svuotamento di fatto della democrazia come conseguenza della cessione alla burocrazia dell’Unione europea delle decisioni vitali in materia di economia (“fiscal compact”) , cui corrisponde di fatto una subordinazione alla legge del più forte in campo (invitabile puntare il dito contro la Germania).
Come sempre il caso dell’Italia è il più evidente: la fine di fatto della democrazia è stata  confermata ora anche di  diritto dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la legge elettorale (e quindi come logica conseguenza il malaffare di tutti i partiti coinvolti) che questa legge liberticida hanno sottoscritto e comunque consentito approfittandone in maniera indecente perdendo anche il senso della misura (con un superlavoro dei tribunali per i casi continui di corruzione scoperti a tutti i livelli, a loro volta la punta dell’iceberg di una realtà insopportabile.
La domanda aperta è dunque SE esiste ancora  una possibilità di ripristinare di diritto e di fatto la democrazia e la sovranità economica in Italia (che potrebbe far scuola, una volta tanto nel bene, ai rimanenti Paesi dell’area “eurodolente” mediterranea) e quale potrebbe essere la via.
Va definitivamente esclusa per evidenti ragioni la possibilità di catarsi dei partiti corrotti ed insanabili che hanno finora governato l’Italia. I patetici tentativi di certa sedicente sinistra di rinnovarsi affidandosi di volta in volta alla facile retorica di improvvisati  “leader” non fanno che confermare lo scadimento di un’opposizione incapace appunto di un vero rinnovamento. E si tratta infatti di un compito chiaramente impossibile poiché un partito colluso per lunghi anni nella spartizione del potere con l’apparato “berlusco-dipendente” non può ricostruirsi la (da lungo) perduta (e forse mai posseduta) verginità. Una meretrice si può pentire e ricevere l’assoluzione, ma per poter dire “va e non peccar più” bisogna saper fare i miracoli. E i miracoli nel PD non sono mai avvenuti finora, né si ha il minimo segnale per credere che possano avvenire. Idem per altre forze: abbiamo visto in passato che certi “leader” che si presentavano come forze anticorruzione si sono poi rivelati piuttosto “lader” di bassa Lega, come si dice in dialetto milanese.
Se una speranza di cambiamento politico c’è, questa può dunque emergere unicamente dal di fuori da tutti i partiti esistenti.
I governanti della Repubblica Democratica Tedesca (anche qui come in certi partiti  l’aggettivo “democratico” significava piuttosto l’opposto) vennero cacciati dal potere esattamente quando la popolazione stanca delle farse elettorali si riprese il potere usurpato dai falsi ed illegittimi rappresentanti unita dalla parola d’ordine urlata contro i mandarini del potere: “Wir sind das Volk” , “noi siamo il popolo”.  
Un analogo riprestino della democrazia anche in Italia non può avvenire che con la partecipazione diretta dei cittadini, cosa possibile, esattamente come nel caso della RFT, attraverso movimenti di massa al di fuori degli imbrogli partitici.
I politologi e gli storici ci ricordano e spiegano tuttavia che ci sono condizioni minime necessarie per il successo e  che nessun movimento è mai riuscito a cacciare usurpatori dal potere senza un coordinamento ed un leader. Il fallimento e dissolvimento dei movimenti effimeri come “Occupy Wall Street” negli USA o “Indignados” in Spagna sono la prova che senza un minimo di struttura e di programma nessun movimento può raggiungere i propri obiettivi. Anche i movimenti di resistenza locali a difesa del territorio possono ottenere risultati soltanto rafforzando le proprie strutture (vedi No TAV in Val Susa),  cercando alleanze (es. con l’opposizione a “Stuttgart 21”) e producendo controinformazione per smascherare le menzogne dei corrotti detentori del potere.
In Italia abbiamo la controprova che un movimento può portare in Parlamento cittadini fino ad allora estranei alla politica dei partiti e non interessati a farne un mestiere: ma ovviamente ciò è stato possibile soltanto grazie all’iniziativa di un personaggio che da comico è divenuto leader del movimento cresciuto al di là di ogni previsione sorprendendo lo stesso suo iniziatore. Qualunque cosa si possa dire di male contro il leader del M5S Beppe Grillo, la conferma che ha visto giusto e sta andando nella direzione corretta verso la democrazia è data … esattamente dai suoi detrattori, che sono appunto a loro volta i leader di tutti i partiti al governo grazie alla legge elettorale ora confermata anticostituzionale, la cui eliminazione è esattamente uno dei punti del programma di questo Movimento.
Quando tutti i profittatori di un sistema politico corrotto sono uniti nell’attaccare un comune nemico la ragione deve giocoforza stare dalla parte di quest’ultimo.
Messi alle corde i partiti al potere cercano infatti con ogni mezzo (menzogne a ripetizione e distorsione dei fatti grazie a stampa  e TV compiacenti poiché appese al filo dei contributi statali) di gettare discredito sul Movimento nel quale giustamente riconoscono il pericolo per loro mortale. Infatti se giungesse al potere, il M5S ha ben chiaramente in programma di eliminare la corruzione politica cominciando dall’abolizione del finanziamento ai partiti, semplicemente attuando una decisione che il popolo italiano aveva chiaramente espresso in un referendum ma che è stata ignorata dai partiti al potere, i quali tutti hanno al contrario accresciuto il prelievo forzoso dalle tasche dei contribuenti con un escamotage degno del più volgare dei truffatori, una legge per la quale il procuratore generale della Corte dei Conti, ritenendola anticostituzionale ha chiesto la corrispondente verifica una settimana or sono.
Il Movimento 5 Stelle, unico fra i partiti ora rappresentati in Parlamento ha anticipato questa decisione rinunciando appunto al finanziamento e restituendo ai cittadini i fondi prelevati in barba al verdetto referendario del 1993, che tutti gli altri partiti allegramente contihanno ad in intascare a piene mani (per poi farne uso tutt’altro che istituzionale, vedi i processi in corso contro certi “lader” per uso privato in violazione anche della già vergognosa legge ora sotto verifica).  
In quanto all’euro il M5S propone un referendum: personalmente non credo sia la miglior soluzione, a meno che non venga preceduto da una campagna di corretta informazione, cosa appunto impossibile visto lo stato indecente dei media in Italia (per libertà di stampa scaduta al 57 posto su 179 Paesi nel mondo).
Che contro l’euro si scagli ora anche la Lega, e che forse anche quel che rimane dei “berlusconidi” cercherà consensi proponendo l’uscita dall’eurozona non preoccupa, sono manovre ben note.
Il M5S sembra correre il rischio di trovarsi in cattiva compagnia in riferimento all’uscita dall’euro. La validità di un argomento tuttavia non cessa per il solo fatto che oppositori lo facciano proprio. Primo, perché non esiste un modo unico di tornare alla lira, secondo perché saranno le misure successive a decidere se la fine dell’euro era finalizzata alla soluzione degli altri gravi problemi o piuttosto si trattava di un cambio di facciata per lasciare tutto com’era prima. 
 Ma la proposta di un referendum è in ogni caso la prova che il M5S ha una base democratica, a dispetto di tutti gli altri partiti, notoriamente dilaniati dalle lotte fra le fazioni e correnti interne poiché composti da rappresentanti che della politica hanno fatto una professione e quindi come in ogni mestiere devono far carriera e questo non può avvenire che a spese degli altri fino a che il più astuto e con meno scrupoli si impone.
Le lacerazioni interne ai partiti al governo (o alternativamente in opposizione fasulla) non sono di natura ideologica ma unicamente mosse da conflitti di potere, il metodo tradizionale per tenere insieme queste “armate Brancaleone” sono dunque o la corruzione, l’acquisto dei voti o la vendita delle tessere durante la finzione delle “primarie”.
E per la sopravvivenza al potere c’è la “disciplina di partito”, che nella legge elettorale attuale ha trovato il più efficiente dei metodi, privando i cittadini della possibilità di scegliere i candidati e riservandola ai segretari di partito, divenuti giudici unici e con potere di vita e di morte (politica) sui candidati. Una farsa ignobile che segna il supremo disprezzo della democrazia, rimasta al più nella sigla di qualche partito.
Dunque per uscire da questa melma politica che sta finendo di distruggere quel poco che resta di democrazia e di vita civile in Italia non resta al momento che la speranza nei movimenti.
Quello 5Stelle è uno, potrebbero sorgerne altri, unica condizione è appunto che siano al di fuori partiti attuali e non composti da politici di professione. Solo così, come i cittadini della RDT hanno agito a suo tempo ottenendo la caduta del muro di Berlino, gli italiani potranno demolire il proprio “muro della vergogna”, eretto da una legge elettorale liberticida per consentire ai partiti di governare contro i cittadini.
Le rivoluzioni migliori e durature sono quelle che avvengono nella testa delle persone, poiché sono le convinzioni a muovere positivamente ed in modo duraturo la storia, non i colpi di Stato.
Le ormai centinaia di migliaia di giovani emigrati dall’Italia nei Paesi del Nord Europa  invece di rassegnarsi a sprecare energie per un rinnovamento illusorio dei partiti tradizionali potrebbero o dar vita ad un  Movimento proprio  o associarsi criticamente e costruttivamente a quello che ha già condotto in Parlamento, per la prima volta nella storia d’Italia, semplici cittadini non filtrati dalle congreghe partitiche ma che si riconoscono in un programma piuttosto che in un leader.
Un leader che contrariamente a quello appena rimosso a fatica dal Senato, non ha conflitti di interesse, non ricopre cariche politiche né entrerà mai in Parlamento, e dal quale con ogni probabilità il Movimento da lui iniziato si emanciperà poiché costituito da cittadini che l’azione politica non la vedono come mestiere ma come missione.
Si nutrivano dubbi sul metodo di scelta dei candidati M5S avvenuto tramite internet, per il pericolo di inquinamento da parte di disonesti e profittatori: è avvenuto il contrario, alla prova dei fatti soltanto un numero irrilevante di eletti hanno tradito l’impegno sottoscritto con la candidatura nel M5S. Alla tentazione di tenersi l’intero vergognoso stipendio (il più alto d’Europa) hanno ceduto infatti un paio soltanto. Qualunque partito dovrebbe essere fiero di aver così pochi transfuga. E di converso i partiti che li hanno accolti dovrebbero vergognarsi: ma è proprio la capacità di vergogna la virtù più rara nella politica italiana.    

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