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Samstag, 28. Dezember 2013

Biedermann und die Brandstifter / Omobono e gli incendiari. Considerazioni di fine anno 2013.  


Sarà per deformazione professionale, ma quale filologo attribuisco maggiori capacità di interpretazione della realtà - e spesso di previsione ­dei futuri sviluppi - alla letteratura rispetto a tutte le altre discipline umane e scientifiche. Il letterato – che spesso ha anche una formazione scientifica o per lo meno conoscenze in altri settori non letterari[1] combina capacità non comuni di osservazione con l’immaginazione e non ha problemi nel trascendere la realtà e le sue regole apparenti. In un certo senso la letteratura, essendo libera nella creazione di “mondi possibili”, va anche oltre la filosofia poiché non è vincolata o finalizzata alla creazione di sistemi severamente coerenti: le proprie creazioni sono sempre “opere aperte” che consentono interpretazioni diverse.  Ma giustamente lo stesso metodo scientifico deve riconoscere i propri limiti, come ricordava Albert Einstein: “Quando le leggi matematiche si riferiscono alla realtà non sono certe, e se sono certe non si riferiscono alla realtà”.  
Per interpretare ciò che sta avvenendo in Europa con una nuova forma di fascismo strisciante che avvolge tutte le istituzioni  ho trovato utile rileggere il dramma di Max Frisch. Non ne conosco la traduzione italiana, il cui titolo mi pare ridicolo: sul nome Biedermann (usato per primo da un poeta di Radolfzell am Bodensee, Viktor von Scheffel in tutt'altro contesto) sarebbe interessante dilungarsi, coi riferimenti al periodo “Biedermaier” (poi scritto “Biedermeier”) e ben noto nella storia dell’arte.  Qui è sufficiente ricordare che il protagonista è un esponente della media borghesia, proprietario di una piccola manifattura di una lozione per capelli, il cui successo di vendita è dovuto unicamente alla pubblicità e giammai alle intrinseche virtú (come afferma lo stesso produttore signor Biedermann, i compratori  “potrebbero mettersi sui capelli la propria urina, farebbe lo stesso effetto”.
La trama del dramma in breve: due incendiari riescono con inganno e spacciandosi per poveracci ad ottenere la fiducia e l'ospitalità dell’industriale e di sua moglie, soprattutto a motivo della cattiva coscienza e dal desiderio di giustificare la propria mancanza di scrupoli (un suo dipendente licenziato in tronco si è impiccato per disperazione). E gli incendiari iniziano ad immagazzinare benzina nel sottotetto della casa dell’industriale, che si rende conto sì di ciò che i due stanno preparando ma finge di non sapere e di non vedere sperando che il problema si risolva da solo. Come c’era da aspettarsi la casa va in fiamme e i protagonisti all’inferno.

Su questo dramma, forse il più noto di Max Frisch, non si contano le interpretazioni (scolastiche e non), facilitate dal fatto che la prima stesura era motivata dalla presa del potere comunista in Polonia e nei Paesi dell’Europa orientale satelliti dell’Unione Sovietica, ma successivamente venne interpretata come parabola sull’ascesa del nazismo. 
Pur distanziandosi da Bertold Brecht e dai suoi drammi didattico-moralistici (Lehrstücke: nel sottotitolo Max Frisch scrive infatti “Ein Lehrstück ohne Lehre”, un aforisma per dire un dramma moralistico senza morale) e fatta salva la pluralità di significati e di interpretazioni, è innegabile che il dramma può essere legittimamente interpretato come  parabola della rinuncia per amore di quieto vivere,  per interessata complicità, per incoscienza e per la somma di tutte questi ed altri colpevoli atteggiamenti di una parte della borghesia incosciente e/o incapace di attivarsi per contenere l’ascesa di un sistema autoritario e criminale che alla fine si rivela come autodistruttivo e nel quale tutti figurano come perdenti. 

L’eurodipendenza e il feticismo della difesa ad oltranza della moneta unica anche da parte dei governi dei Paesi che ne subiscono le conseguenze più devastanti ricorda da vicino l’atteggiamento del protagonista del dramma di Max Frisch.
Ma il paragone non si ferma alla moneta unica. La guerra è per ora quasi soltanto economica (in Europa) ma non sono da trascurare gli aspetti di preparazione militare, i tentativi di ritorno alla "Guerra Fredda" e i conflitti nei Paesi limitrofi in cui gli Stati europei intervengono per lo più peggiorando le situazioni (v. Libia e probabilmente Mali, Sudan, ecc. ecc.).  C'è voluta la riluttanza del Congresso USA e l'astuzia di Putin per scongiurare una ancor più grave carneficina in Siria, dopo che i soliti ignoti avevano iniziato a sostenere militarmente i ribelli, rivelatisi poi più pericolosi del dittatore dichiarato decaduto ma sempre più saldamente al potere. 
Anche le esportazioni di armi nelle aree conflittuali inoltre assomigliano ancor più da vicino al procedere degli incendiari di Max Frisch. Secondo il (Sipri- Stockholm International Peace Research Institute) fra il 2006 ed il 2010, il totale delle esportazioni mondiali di armi vedeva ai primi cinque posti dopo USA (30 %) e Russia (23%) ben tre Stati europei ( Germania 11%, Francia 7%, Gran Bretagna 4%). In Germania non si è ancora sopita la critica alle massicce forniture di armi automatiche e carri armati nei Paesi del Medio Oriente e segnatamente all’Arabia Saudita, ma intanto nel 2013, per un valore di circa 9 miliardi di euro, 240 container con 15.000 tonnellate di munizioni sono partiti dal porto di Amburgo. 
In particolare preoccupante la tendenza all’esportazione di armi individuali (pistole e fucili) nei Paesi non NATO risulta triplicato dal 2011 (dal 7%  al  21%  del totale), armi che sembrano appositamente prodotte per fomentare o comunque per alimentare le guerre civili.

C’è dunque più di un motivo per rileggere la realtà di questo periodo sulla scorta del dramma di Max Frisch. Per poi iniziare ad un impegno diretto per ricostruire la lesa democrazia e a forme di civile resistenza se necessario per bloccare questo perverso cammino verso la miseria, la distruzione e la preparazione dei conflitti: la letteratura può infatti servire da strumento di comprensione ma il suo ruolo finisce qui, poi serve l’impegno politico.  



[1] Max Frisch, l’autore del dramma che richiamo nel titolo, era architetto, Carlo Emilio Gadda era ingegnere, Primo Levi ingegnere chimico, Paul Valery era anche un matematico oltre che avvocato, Friedrich Schiller era un medico come anche Georg Büchner, Ernesto Sabato un fisico e pittore oltre che scrittore.
In fin dei conti potrebbe risultare che i letterati  puri sono in tutte le culture una minoranza rispetto a quelli che oltre alla formazione o attività letteraria hanno avuto anche una formazione scientifica (che l’abbiano praticata o meno è secondario, cosa che vale anche per anche altre espressioni artistiche: Carlo Levi era medico ma lavorò unicamente come pittore).
Interessante notare come un gran numero di letterati abbiano avuto una formazione giuridica (da Goethe a Kafka,
per esempio, ma in tutte le nazioni e culture si trovano scrittori con questa combinazione di interessi/formazione). La cosa non stupisce, poiché la letteratura è fondamentalmente un’arte basata su tre funzioni: saper analizzare la realtà cogliendo aspetti generalmente inosservati, saper collegare le osservazioni in modo creativo immaginando possibilità diverse da quelle reali, saper descrivere il risultato delle osservazioni riflessioni usando la lingua in maniera eccellente.
L’avvocato ha tutti i presupposti per riuscire in questo intento poiché ha una sensibilità ed abilità retorica  particolare per la lingua (il suo strumento di lavoro), è addestrato a trovare aspetti non evidenti della realtà che poi potrà sfruttare per ricostruire con la sua arringa il “mondo possibile”  da presentare al giudice come “mondo reale” , cioè una ricostruzione dei fatti in cui il proprio cliente ha ragione e l’opponente ha torto. Sostanzialmente dunque la costruzione di “mondi possibili”  è l’identica attività sia che la svolga uno scrittore per comporre un romanzo o un dramma o un avvocato (o PM)  per far assolvere (o condannare) un imputato.        

Sonntag, 31. März 2013

  Crupier, direttori di banca e teatro. 


Se si retribuissero i crupier con lauti "bonus" come quelli che si concedono i direttori dei grandi istituti bancari il contribuente sarebbe chiamato a salvare anche i casinò con l'aumento delle tasse e non solo le banche.
In fondo le due istituzioni sono divenute molto simili per le operazioni che svolgono, fermo restando che i casinò sono rimasti fedeli alla loro finalitá originaria (spennare i creduloni vendendo l'illusione di facili guadagni), mentre le banche hanno abbandonato il loro fine istituzionale (raccogliere il risparmio ed investirlo in attivitá produttive).

I grandi istituti bancari si sono sostanzialmente ridotti a scimmiottare i casinò, giocando con derivati e strumenti speculativi sempre più rischiosi e puntando i soldi dei clienti, ma con una variante: quando vincono erano soldi loro, se perdono erano quelli dei clienti. E non ci sarà regolamentazione che tenga se non si mette fine a questo gioco al massacro (dei risparmiatori). Ciò anche a prescindere dalle rapine vere e proprie ai danni dei risparmiatori effettuata da alcuni istituti per finanziare e foraggiare partiti politici in una corruzione a tutti i livelli. Ne abbiamo una prova che finirà certo su tutti i libri di testo in materia, cosí come lo schema "Ponzi" (il più imitato e ultimamente noto come sistema "Madoff" negli USA), il "Monte dei Paschi" ribattezzato probabilmente "Monte dei Fiaschi" servirà ad illustrare come la corruzione politica e l'incapacità dilettantesca se coniugate possono aver ragione anche delle banche più serie e di lunghissima tradizione.
   
In alcuni Stati (es. Germania) ci sono banche ancora dedite unicamente alla funzione originaria, sono cooperative ("Genossenschaften") in cui i clienti sono soci e partecipano agli utili, ma che per statuto non possono rischiare i depositi dei clienti coi giochi speculativi coi derivati. Assistono sí  i clienti che sono vaghi di queste speculazioni, ma solo quando li fanno coi propri capitali.
Queste banche sarebbero il modello da seguire per risanare il sistema, ma purtroppo - res sic stantibus - sono destinate a rimanere di modeste dimensioni poiché la massa degli illusi, avidi di guadagni ma incapaci di speculare direttamente coi complicati strumenti dei derivati, si affidano ai grandi istituti che coi soldi dei clienti giocano in proprio promettendo quei lauti guadagni che poi spesso si rivelano colossali perdite.  
E poiché anche l'investimento in azioni non è immune - oltre che dal naturale rischio - da manipolazioni e scarsa trasparenza dovute alla collusione fra le società che entrano in borsa e le banche emittenti (il caso Telekom in Germania è sintomatico, quello di Facebook negli USA idem), l'investimento azionario che sarebbe il passo fondamentale per riportare le banche alla loro primitiva funzione, raccoglie soltanto una parte molto ridotta del risparmio. 

Il caso di Cipro é di grande valenza didattica: spiega come un problema annoso viene scientemente ignorato per permettere a pochi e fino all'ultimo i guadagni più strepitosi e poi, con la minaccia del fallimento e della miseria, far pagare il conto ai malcapitati che dalla speculazione sulle loro teste non hanno guadagnato nulla.
Da almeno due anni era pubblicamente nota la situazione insostenibile delle banche cipriote, a chi avesse voluto conoscerla. E da molto prima era comunque facilmente prevedibile.
Quando il giro d'affari delle banche supera di parecchie volte il valore del PIL di un Paese, significa che l'economia reale è preda del mondo della finanza. Che dietro il capitale ormai solo "virtuale" c'è il nulla.
come i villaggi Potemkin dietro le facciate degli edifici, e che i capitali in gioco non hanno più alcuna concreta relazione con il settore produttivo.
Ci sono è vero, casi particolari, come quello del Lussemburgo, dove il giro d'affari bancario supera di 20 volte il PIL: ma in questo caso non si può fare il riferimento al PIL poiché il Lussemburgo più che uno Stato è una gigantesca banca con un Paese al suo servizio. L'economia reale del Lussemburgo è in fondo quella dei Paesi - europei e non - dai quali sono partiti i capitali che colà sarebbero serviti ad investimenti produttivi e che invece si sono comodamente rifugiati in questo Eldorado fiscale (che poi è soltanto una tappa del percorso verso altri siti: Singapore, Andorra, Gibilterra, Isole Cayman, Guernsey, ecc.ecc.).

Crede che i tradizionali partiti politici in Europa in generale ed in Italia in particolare possano mettere fine a questa corsa verso la rovina dell'economia reale è paragonabile all'infantile credenza del Babbo Natale.
I Napoletani dicono giustamente "pancia piena non intende ragione" e i Piemontesi "chi sta bene non si muove". In ambedue i casi si evidenzia che è inutile attendersi il cambiamento da chi sta bene con lo status quo. Illudersi che siano partiti o sindacati ad invertire la rotta è credere ai miracoli, che in economia non si sono mai visti. Il famoso "miracolo economico" della generazione del primo dopoguerra è stato infatti il risultato di un gigantesco sforzo produttivo in un periodo in cui ancora il Capitale Finanziario non era riuscito a vanificare le regole imposte nel periodo bellico.
Il seguito lo si conosce. Ed ora siamo praticamente all'ultimo atto: siamo passati dall'Opera eroica all'Opera giocosa, alla commedia degli inganni del periodo craxiano scaduta poi nella volgarissima farsa dozzinale del ventennio berlusconiano/prodiano/d'alemiano. Ora tutto fa pensare che siamo giunti o all'Opera seria o alla tragedia.

E su tutto si potrà discutere meno che su un punto: qualunque cosa si vada a recitare, bisognerà assolutamente cambiare gli attori.



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Sonntag, 10. März 2013

 
Si apre il Conclave (cioè si chiudono i Grandi Elettori sotto chiave): curiosi paralleli elettorali. 


Non trascorre praticamente un mese senza che da qualche parte del mondo avvenga un’elezione:  vere, fasulle, democratiche o addomesticate, contestate o ignorate, pilotate, o annullate, ce n’è di ogni gusto e colore.
La settimana entrante inizierà (e forse anche si concluderà) una delle elezioni più curiose per modalità teatrali e per numero di interessati. Non elettori, che sono poco più di un centinaio, ma per i milioni di credenti che si troveranno a riavere presto un sommo capo le cui parole in materia di fede suoneranno infallibili. Un attributo questo che nessun altra monarchia assoluta o dittatura ha mai avuto il coraggio di attribuire ai propri regnanti o conduttori supremi.
Nelle modalità di voto il “conclave” nella Cappella Sistina ricorda da vicino le modalità con cui nell’Unione Sovietica il Politbureau o Comitato Centrale sceglieva il Segretario Generale (Генеральный секретарь ЦК КПСС) del partito che diveniva di fatto il detentore effettivo del potere.
Che l’elezione di un nuovo pontefice avvenga “sotto chiave” come significa il termine “conclave” ha buoni motivi storici e comprensibili ragioni pratiche.
Se avvenisse con un’elezione pubblica come quella ad esempio del Presidente della Repubblica italiana, nella seduta comune del Parlamento, con maggioranza di due terzi inizialmente e semplice dal terzo scrutinio in poi, si assisterebbe al mercato dei voti, ad una campagna elettorale e quindi a promesse (magari indulgenze o simonie) e potrebbe inoltre verificarsi una situazione di stallo; in conclusione sarebbe poi difficile continuare a sostenere che il personaggio risultato eletto magari con modalità magari poco edificanti divenga seduta stante infallibile. Se anche non pesanti come nei secoli passati (quando re ed imperatori o gruppi di cardinali facevano eleggere e deponevano a loro piacimento i pontefici e più volte si ebbero papi ed antipapi in guerra fra di loro) anche le ingerenze secolari si farebbero sentire.
Dunque è legittimo che l’elezione del Pontefice avvenga a porte chiuse: se non altro per motivi di decenza (meglio non sapere come arriveranno i cardinali a concentrare i voti su uno di loro, o meglio come farà costui a ottenerli) .
Ma detto ciò, non si può non vedere come questo tipo di scelta di un capo sia quanto di più antidemocratico si possa immaginare. La “Glasnost” è vero ha provocato il crollo dell’Unione Sovietica, ma anche del Muro di Berlino. I muri del Vaticano sono tuttavia indistruttibili, quindi inutile perdere tempo con la “Glasnost”.
E’ prevedibile che una religione legata ad un apparato ecclesiastico strutturato in maniera così autoreferente non possa sperare di espandersi in un mondo che della trasparenza e della democraticità ha fatto gli ideali da perseguire, anche se la strada verso di essi si rivela spesso tortuosa. Ma una riforma interna appare impossibile: ci vorrebbe un miracolo.
Il Papato stesso, come istituzione venutasi a creare gradualmente nel corso della storia poiché priva di alcun fondamento evangelico (il primato del vescovo di Roma ha motivi contingenti e storici, ma  il “Tu es Petrus” imposto come dogma è un’evidente …impostura).
E se si vede la storia del Cristianesimo sotto questa luce si scopre che l’invenzione delPapato ed il suo rafforzamento continuo fino a farlo divenire una vera e propria Monarchia Assoluta ha conferito sí grande potere temporale e politico alla Chiesa Cattolica , ma è stato ed è altresì la fonte di tutte le numerosissime scissioni (dagli ortodossi fino ai seguaci di Lefebre) nonché delle guerre spietate (dal massacro dei Catari/Albigesi attraverso le persecuzioni ai Valdesi fino alla  Riforma Protestante luterana, con la guerra dei 30 anni e la decimazione delle popolazioni dell’Europa Centrale).
Dunque il Papato, che in questa forma assolutistica esiste unicamente nella Chiesa Cattolica,        
è uno strumento di dominio ed espansione, ma nel mondo moderno finirà probabilmente di fare la fine del suo parallelo, il Politbureau. In ogni forma di organizzazione sia politica che religiosa l’accentramento del potere conferisce sí per un certo tempo maggior forza espansiva, ma conduce inesorabilmente alla frantumazione ed al dissolvimento. E ciò soprattutto per un motivo inevitabile: accentramento si coniuga indissolubilmente con irrigidimento e dogmatismo. Caratteristiche queste che impediscono il cambiamento e l’accoglimento delle istanze della base. Cosí si sono dissolti nel corso della storia tutti gli imperi: quello Persiano,  Romano, il Sacro Romano Impero di Carlo Magno, quello Ottomano, quello Sovietico, altri che non nomino seguiranno.
Se c’è un insegnamento valido che possiamo trarre con certa sicurezza dalla storia è questo: il crollo degli imperi avviene sempre, ma nei modi e nei tempi meno prevedibili.
Sarebbe dunque assurdo fare una previsione sulla presumibile durata ulteriore della Monarchia Vaticano-Cattolica.
Unico punto di riferimento: il dissolvimento è causato dall’accentramento dei poteri ma non parte mai dall’interno. Ed in questo caso specifico, visto il segreto assoluto che circonda i poteri centrali e la loro indiscutibilità pena scomunica ed emarginazione, si può unicamente immaginare che il dissolvimento non sarà né prossimo né indolore.
Ma intanto possiamo teatralmente goderci la sontuosa commedia del Conclave, con le fumate nero-bianche e le sfilate in costume, un prolungamento del Carnevale in periodo quaresimale.
Mi dispiace soltanto per le donne: per la Chiesa cattolica continueranno ad essere anime di seconda classe. Anzi di terza, visto che al secondo posto ci sono già i laici maschi.

Dienstag, 19. Februar 2013

Imparare dalle „primavere arabe”.
Cos’ hanno in comune (e cosa no) i “Fratelli musulmani” e il Vaticano e purtroppo l’Italia.
 



E’ probabilmente dire cosa scontata e risaputa che la Chiesa cattolica cioè il Vaticano ha già deciso le sorti del prossimo governo italiano – cioè la dirigenza di Monti con l’appoggio di non importa quali altri partiti  purché sottomessi. Bersani sarebbe il candidato migliore, poiché presenta tutte le doti del docile portatore d’acqua ai padroni; non possiamo giudicare le sue doti intellettuali ma da quanto dice in pubblico possiamo almeno attestargli una grande modestia nel non farne sfoggia: in questo si dimostra superiore ad altri che le loro presunte doti le sVendola(no)  o le vorrebbero far Ing/r/oiare a tutti). “Non ci curiam di lor…  ma guarda e passa.”
Esulo qui da ogni considerazione di natura religiosa (anche perché con la vera religione ha ben poco o nulla a che fare), limitandomi a considerare il Vaticano sotto l’aspetto giuridico e politico di monarchia assoluta (senza nemmeno il correttivo di un parlamento o di una costituzione, come le altre monarchie ancora esistenti in altre nazioni). 
Lo Stato della Chiesa, teologicamente giustificato dalla “Donazione di Costantino” (rivelata per merito di un linguista quale volgare e malaccorta falsificazione documentale) aveva conosciuto tempi migliori nel corso della sua storia millenaria, ma nel 1861  era finanziariamente sfinito e  militarmente impotente.
Spossessato territorialmente nella campagna di aggressione militare e colonizzazione sabauda contro il Regno delle due Sicilie (per opera di Vittorio Emanuele II e di un avventuriero privo di scrupoli di nome Garibaldi)  e divenuto poi Stato del Vaticano), trovò il modo di governare indirettamente tutta l’Italia facendo rifiorire le proprie finanze (IOR), acquisendo gradualmente sull’intera penisola un potere di ingerenza politica che non ha eguale nel resto del mondo. 
Nessun altro Paese come l’Italia è soggetto infatti alle ingerenze politiche di un altro Stato né sacrifica una parte così grande delle proprie risorse per finanziarlo.
Sotto questo aspetto, storicamente nemmeno i Paesi dell’Est sotto l’occupazione sovietica o quelli dell’America Latina soggetti al neocolonialismo USA si sono trovati in una situazione comparabile di dipendenza come attualmente l’Italia dal Vaticano. 
Forse un giorno sapremo qualcosa di più sul vero motivo delle recenti dimissioni del Papa tedesco.
Ma indipendentemente da altri motivi costui, sebbene conservatore e dogmatico come pochi altri, ben conoscendo per lunga e diretta convivenza con l’apparato finanziario del Vaticano le losche operazioni ivi condotte,  probabilmente per un residuo di teutonica dignità ha sentito la nausea di questo indegno apparato e anche per questo ha deciso di non voler legare più a lungo il proprio nome all’apparato IOR.
Anche perché si deve essere reso conto che modificarlo è impossibile: Papa Luciani durò solo un mese, il Papa polacco durò a lungo, ma evidentemente solo perché lasciò fare:  in fondo una parte dei fondi IOR, non importa quanto sporchi e grondanti di sangue (ricordiamo il banchiere impiccato sotto il ponte londinese, il mandato di cattura contro il cardinale poi fuggito negli USA per il crack del banco ambrosiano), giustamente gli servivano per finanziare “Solidarnosc” e avviare il processo di indipendenza della Polonia dall’Unione Sovietica.    
Ma ora, visto che i profitti IOR servono soprattutto a comperare il silenzio delle vittime di abusi sessuali da parte di preti e vescovi, probabilmente il Papa ha giustamente deciso di non voler più aver a che fare con questo sistema. Se l’ ha fatto anche solo in parte per questo motivo, merita la stima anche da parte dei non credenti.

Che cosa c’entrano i “Fratelli Musulmani” con questo? Certo nulla, se si guarda alla corruzione ed alle operazioni losche dello IOR. L’organizzazione egiziana e quelle analoghe in Tunisia ed altri Paesi non sono nemmeno lontanamente corrotte come lo IOR.
Hanno in comune solo la copertura religiosa:  manovrano cioè il voto con richiamo alle coscienze e possiedono, a differenza di tutti gli altri partiti e movimenti, una rete fitta e onnipresente che copre tutto il territorio ed a tutti i livelli, attraverso tutte le classi sociali. E questo spiega perché i giovani che in Tunisia ed in Egitto hanno dimostrato e rischiato la vita per trasformare le loro corrotte dittature in Stati democratici e laici, si sono poi trovati elettoralmente  battuti e derubati dalle loro “rivoluzioni” da un'organizzazione religiosa.
Analogamente, sarà il Vaticano in Italia a profittare dei piccoli terremoti elettorali causati dall’insostenibile corruzione dei partiti esistenti, tutti compresi e nessuno escluso.

Il Movimento a 5 Stelle in quanto tale è per alcuni aspetti paragonabile alle intenzioni che hanno condotto alle “primavere arabe”:  movimento dal basso, contro la corruzione, organizzazione in rete (internet), attori principali “non politici”, leader fuori della nomenclatura politica (ovviamente in Italia non poteva che  essere un “comico” in contrapposizione ai “buffoni” dei partiti esistenti).
Indipendentemente dal suo successo elettorale, che non sarà marginale ma non porterà ad un cambio di potere, il Movimento getterà certo un po’ di scompiglio nell’incancrenito sistema politico italiano. Ed ecco il ruolo del Vaticano e della sua invincibile rete di ingerenze e influenze politiche: cambio di cavallo sí, ma stesso percorso.  E nessun esperimento, il rischio di perdere il controllo o di veder diminuita l’influenza politico economica è troppo grosso.
Anche il Vaticano impara, e quindi sa che non può ripetere esperienze che storicamente non hanno funzionato se non per breve tempo (con Mussolini andò bene solo fino al 1929, Patti lateranensi e Concordato, poi si doveva cambiare cavallo e invece si finì con essere conniventi con un dittatore che patteggiava con Hitler, con tutte le relative compromissioni compresi i passaporti ai gerarchi nazisti emessi dal Vaticano per consentirne la fuga in America Latina).

Ricavato dunque dall’era Berlusconi tutto quanto poteva in termine di privilegi (esenzione imposte, finanziamenti scuole cattoliche private ecc.), il Vaticano ha capito da tempo che dovendo scegliere fra le opzioni esistenti, non potendo puntare su un novello Prodi, doveva accontentarsi di Monti.
E se necessario anche l’alleanza di Monti con Bersani andrà benissimo, visto che servirà a  bloccare ogni cambiamento che potrebbe mettere in pericolo l’egemonia vaticana sull’Italia.
La si può girare come si vuole: solo Stati che hanno saputo opporsi più o meno energicamente all’influenza del potere religioso sono divenuti democrazie vere: l’Inghilterra creando la propria indipendenza da Roma con la chiesa Anglicana,  la Francia togliendosi dalle b.. i papi allontanandoli da Avignone e mettendo paletti ben fermi fra Chiese e Stato (e garantendone una pluralità: non a caso quando Napoleone restituì le chiese confiscate dalla rivoluzione francese, no le diede tutte alla chiesa cattolica ma ne assegnò alcune anche ai protestanti e ad altri riti). 
La Germania si è assicurata una relativa autonomia statale rispetto alle ingerenze religiose con la Riforma: due Chiese fra loro concorrenti sono meglio di una sola dominante.
Gran parte delle  altre nazioni europee invece altro non sono che Stati teocratici dissimulati, cioè dipendenze di poteri religiosi che decidono quando e come loro fa comodo.
Con discrezione, finché possibile, dietro la facciata democratica (come ora per l’investitura di Monti), ma anche in guerra aperta e senza risparmio di mezzi (vedi a suo tempo la campagna cattolica contro il divorzio o l’aborto).  
Ci sono ovviamente anche altre situazioni nel mondo che consentono l’emancipazione di uno Stato dalle ingerenze teocratiche (ad es. in Boemia il 90 % della popolazione si dichiara atea), nei paesi scandinavi le chiese protestanti rispettano lo Stato e si astengono dalle ingerenze ben sapendo che la scomparsa graduale ma inarrestabile dell’influenza religiosa sulla vita dei cittadini si può combattere non con l’ingerenza politica ma con l’esempio e l’appello alla spiritualità, non certo col potere finanziario o politico.
Potrà essere interessante vedere le decisioni della Chiesa ortodossa in Russia, che ora appoggi incondizionatamente Putin, ma che rischia grosso il giorno in cui costui sparisca dalla scena politica. 

Chiaro invece è il caso USA: pur con una miriade di chiese di tutti i gusti e colori, presbiteriani, mormoni, evangelici di tutte le ore, battisti, anabattisti e anche cattolici, la religione ha una funzione incontestata: serve a giustificare le scelte politiche ed in particolare quelle  militari.
Che si tratti della guerra di aggressione al Vietnam, del fattuale genocidio in Cambogia, con 500000 vittime dei bombardamenti a tappeto, o dell’aggressione all’Irak  spacciata come “crociata” contro il male da Bush jr., (e tralasciamo tutte le altre aggressioni completate o in corso) sempre il motivo è spacciato come “lotta del Bene contro il Male”: dunque più teocratico di cosi è impossibile.    
Di fronte a questo esempio anche la situazione in Italia appare meno tragica: uno Stato giustamente visto dal cittadino come il peggior nemico, non potrà mai raccogliere unanimità nella lotta 
del “Bene contro il Male” o simili castronerie: spoglierà i cittadini ma non avrà mai il loro appoggio.
Non potendolo cambiare, meglio uno Stato debole e una classe politica oggetto di meritato scherno e dileggio piuttosto che uno Stato nel quale i cittadini credono, si identificano e si lasciano condurre alla rovina.