Montag, 19. März 2018

Critica dell’ipocrisia pura.  Un percorso con avvio linguistico e conclusione musicale.  

Abstract
The following reflections will not be a treatise in analogy to the Kantian critique of pure reason, but only a brief linguistic journey in semantic fields, starting from a term that has always been inherent in politics but which in our era has become the supreme guiding principle: hypocrisy. With a final application example.

Le seguenti riflessioni non saranno certo un trattato in analogia alla Kantiana critica della ragion pura, ma unicamente un breve viaggio linguistico in campi semantici, partendo da un termine da sempre inerente alla politica ma che nella nostra era è divenuto il principio guida supremo:  l’ipocrisia. Con un esempio applicativo finale. 

Zusammenfassung
Die folgenden Überlegungen werden keine Analogie zur Kantischen Kritik der reinen Vernunft sein, sondern nur eine kurze sprachliche Reise in semantischen Feldern, ausgehend von einem Begriff, der der Politik schon immer innewohnte, der aber in unserer Zeit zum obersten Leitprinzip geworden ist: Heuchelei. Mit einem abschließenden Anwendungsbeispiel.

Partendo dalle traduzioni dei termini : “ipocrisia, ipocrita” in alcune lingue europee
abbiamo come ci spoteva attendere una semplice corrispondenzavista la derivazione comune dal greco “υποκριτής” : in spagnolo “hipocresía, hipócrita” , in inglese “hypocrisy, hypocrite” ed in francese : “hypocrisie, hypocrite”.
Solo in tedesco abbiamo un termine che etimologicamente si discosta, “Heuchelei, Heuchler”, di probabile derivazione dal tedesco del 17mo secolo “hǖchelen, hūken” che significava “inginocchiarsi, sottomettersi”, caratteristica questa che è appunto costitutiva degli ipocriti. Se ripartiamo di qui alla ricerca di sinonimi, vediamo che al tedesco Heuchler”  corrispondono in in italiano : simulatoretartufofariseo,in spagnolo: tartufomojigatogazmoñocamandulerocomediante; in inglese: dissembler, pharisee, sneaksneakers. Se ripartiamo da uno di questi termini, ad es. “sneak“  ritraducendolo ad es. in italiano abbiamo “vigliacco”, un’altra caratteristica imprescindibile di ogni ipocrita DOC. 
Ma possiamo arrivare anche ad un termine positivo: uno dei sinonimi spagnoli di “sneak” è infatti “soplón” che ritradotto in inglese ci conduce a  … “whistleblower”, un termine noto a tutti poiché invalso per designare colui che rende pubbliche le malefatte e gli abusi dei detentori del potere. E giungiamo cosí a Snowden ed Assange, due personaggi che per aver rivelato al mondo gli atti criminali governativi meriterebbero il premio Nobel della Pace che invece viene di regola assegnato a coloro che gli atti li compiono o li nascondono.
Non è un caso che il nemico più temuto dai corrotti detentori del potere sia appunto “wikileaks”: l’apparato di rivelazione delle sconcezze dei detentori del potere per ingannare i cittadini e quindi per smascherarne l’ipocrisia: e così siamo tornati al termine dal quale siamo partiti. 
La politica viene espresso definita il secondo più antico mestiere, aggiungendo subito dopo che per molti aspetti ha molto a che vedere col primo, la prostituzione, che tuttavia rispetto alla politica è infinitamente mestiere più sano e dignitoso poiché privo di ipocrisia: patti chiari, un prezzo ed una prestazione, dall’antichità in poi e senza due pesi e due misure (al più questo si può dire degli utilizzatori, non delle professioniste di quest’ arte).
Questa valutazione non vuole essere una lode del più antico mestiere ma piuttosto sottolineare  l’ipocrisia intrinseca del mestiere immediatamente successivo. Uno scultore tedesco noto per le sue opere non proprio vereconde (ad es. il membro maschile gigantesco incollato alla parete di un palazzo di cinque piani, http://blogs.taz.de/hausblog/2009/11/17/pimmel-ueber-berlin/), accusato di oscenità da un politico aveva giustamente risposto: “L’arte non potrà mai competere per arrivare ai livelli di oscenità della politica”.

Un discorso teorico senza prove si presta facilmente all’accusa “quod gratis asseritur gratis negatur”, e quindi   prendo un esempio significativo di questi giorni.
L’ 11 marzo scorso il segretario generale del partito comunista cinese Xi Jinping, Presidente della Cina dal 2013, è stato confermato all’unanimità Presidente a vita, come i regnanti in vari Paesi d’Europa ma con poteri veri e onnicomprensivi. Di fatto abbiamo una dittatura che prescinde da libere elezioni, eppure nessuna testata della cosiddetta stampa libera occidentale ha mosso critiche sostanziali poiché, come ad es. si legge nel Guardian dell’11.3.20118 (http://www.theguardian.com.au/story/5277119/china-approves-xi-as-president-for-life/)
 ciò che conta è la garanzia della stabilità e soprattutto prevedibilità dell’economia “make economic regulation more stable and predictable.
Proviamo a confrontare questo atteggiamento calmo, tranquillo e di fatto accondiscendente della stampa Occidentale nei confronti della modifica costituzionale che ha di fatto garantito al Presidente cinese il potere a vita, con le critiche ininterrotte, aspre e velenose, infamanti e personalizzate contro il candidato alla Presidenza russa Putin, accompagnate da continue provocazioni e da una vera e propria isteria collettiva antirussa che sono culminate nei giorni precedenti la sua rielezione col fattaccio tutto da chiarire e probabilmente una “false flag” : non vi pare che siamo di fronte a due pesi e due misure ?  Non è forse un punto dove l’ipocrisia strapiomba ? 
Come si spiega? Credo abbastanza facilmente: come sempre in politica le bocche parlano una lingua per l’economia e un’altra per il popolino bue. L’economia cinese ha ormai conquistato il pianeta, e se ad esempio la Cina vendesse in una sola soluzione quantità massicce dei titoli obbligazionari USA ed europei che possiede in enormi quantità), li renderebbe carta straccia ed avverrebbe un crollo immediato ed irrimediabile dell’intero sistema finanziario mondiale.        
Ovviamente la Cina non ha interesse ad un simile scenario  ed invece utilizza intelligentemente le posizioni debitore degli altri Paesi per acquisire industrie e terreni in tutto il resto del mondo nonché per accrescere le proprie riserve auree, una decisione saggia per l’ipotesi tutt’altro che improbabile di una crisi finanziaria partita da altri Paesi.
Ma allora perché l’isteria antirussa, visto che in fondo, a partire dal primo mandato di Putin, la Russia ha seguito apparentemente l’identica strada ? Per una differenza sostanziale: la Russia non ha scelto gli USA come partner principale per le proprie esportazioni e non si è coperta di obbligazioni statunitensi o europee. Ha sì un portafoglio di riserve di tutto rispetto (col quale nel 2014 aveva potuto pesantemente castigare gli speculatori  contro il rublo), ma cerca di creare un’alternativa alla dominanza del dollaro nelle transazioni internazionali, questo in accordo coi Paesi del gruppo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina). Un pericolo mortale per l’economia statunitense che vive alle spese del resto del mondo proprio grazie alla dominanza del dollaro. Non deve dunque stupire la grande rassomiglianza delle campagne “anti-Putin” con l’isteria “anti-Saddam Hussein”: quest’ultimo era divenuto acerrimo nemico da un giorno all’altro, dopo essere stato fedele alleato USA (che gli avevano passato tutti i mezzi militari compresi i gas venefici per aiutarlo nella guerra che gli avevano commissionato contro l’Iran).
Come si spiega? Aveva commesso un errore: voleva vendere il petrolio facendosi pagare in euro. Stesso errore commesso dal beniamino di TUTTI i governi Occidentali Gaddafi: non appena iniziò a contrattare il petrolio in euro venne liquidato (i pretesti si trovano sempre, anzi le cosiddette “rivelazioni”  sui crimini del suo regime erano da sempre pronte per essere somministrate al popolino bue al momento in cui servissero). Che ogni governante abbia qualcosa da nascondere non è certo una novità ma piuttosto una costante storica: lo sanno gli storici ma al pubblico le cose vengono somministrate soltanto quando serve e per altri scopi in genere ancor meno nobili. Se ad esempio si rendessero noti tutti i misfatti coloniali e non di

E tornando alla fobia isterica antirussa colpisce in particolare il vergognoso atteggiamento tedesco: giustamente la Germania ha un debito eterno incancellabile verso il popolo ebraico (da non confondere identificandolo tout court con lo Stato di Israele)  per il genocidio commesso nell’epoca nazista.  Ma allora che dire dei 27 milioni di vittime causate al popolo russo con la guerra di sterminio hitleriana ?  Chiaramente la Germania dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale ha accettato per convenienza di divenire una colonia statunitense, un avamposto nella guerra in preparazione contro l’Unione Sovietica prima e la Federazione Russa poi (e dunque non era il comunismo che si combatteva ma il nemico suggerito alla parte con cervello bovino del popolo teutonico era e resta il popolo russo (che tuttavia  mai nel corso della storia ha aggredito il resto d’Europa se non per difesa come nella prima guerra mondiale per sostegno alla Serbia). Mentre il governo USA metteva in atto il colpo di Stato a Kiew, da lungo preparato e fatto scattare con la servilità dell’UE che subito si era messa al servizio della  propaganda antirussa dopo aver imposto al miserabile governo ucraino di scegliere fra Russia ed Occidente, ben sapendo che geograficamente e socialmente il popolo ucraino era profondamente diviso su questo punto e che quindi l’ultimatum avrebbe generato un a guerra civile (che ora viene sovvenzionata coi fondi dell’UE e con le armi statunitensi, mentre l’economia del martoriato Paese è crollata irrimediabilmente). Ipocrisia confermata dai due pesi e due misure con cui, mentre da un lato la NATO e l’UE strappavano il Kosovo alla Serbia  bombardando città e popolazione civile per costringere il governo serbo alla resa,
la secessione della Crimea – da sempre appartenente alla Russia salvo il periodo in cui venne illecitamente “regalata” all’Ucraina - veniva immediatamente definita “invasione” e il successivo ricongiungimento alla Federazione russa chiamato “annessione”.
L’ipocrisia non si vergogna di usare la lingua biforcuta, e vergognosamente sono stati proprio i governanti tedeschi ad usare per primi questo termine nel caso della Crimea: mentre la loro “annessione” della ex RDT (per non dire “colonizzazione”, che sarebbe economicamente il termine più adeguato, visto lo sfacelo e la deindustrializzazione che ne è seguita, tre milioni di tedeschi orientali hanno dovuto abbandonare il Paese venendo a lavorare nella a occidentale) veniva chiamata “Wiedervereinigung”, ricongiunzione.             
Attualmente la Germania va a gara, all’interno della NATO, ad ammassare armamenti e soldati ai confini della Federazione Russa, cosa che aggiunge ingratitudine alla vergogna, visto che proprio la Russia aveva consentito la riunificazione tedesca senza sparare un solo colpo. È dunque innegabile l’evidente revanchismo occulto nell’ isteria antirussa dei governanti tedeschi.
Forse è il caso di rinfrescare la memoria, e la rielezione di Putin potrebbe costituire un’occasione per un esame di coscienza teutonico (non abbiamo forse anche qui una cancelliera praticamente “a vita” , certo eletta  con metodi indiscutibilmente democratici ma, come in gran parte del cosiddetto mondo dominato dalla “libera stampa” da cittadini la cui opinione pubblica è forgiata, qui come in Russia ed in Cina, da testate scandalistiche  che, come la “Bild Zeitung” non sono esattamente modelli di informazione corretta.     
E dunque per finire, essendo uno dei non pochi cittadini tedeschi che si vergognano del delirio antirusso dei propri governanti, servili vassalli dell’imperialismo Usa, e soprattutto come  amico del popolo russo e della sua cultura, concludo proponendo l’ascolto di una canzone del noto cantautore Bulat Okudjava, critico del periodo stalinista (perse i genitori nelle purghe dell’epoca) ma pur dissidente amato nons oltanto dal popolo russo ma, caso raro , anche in Polonia e nella Cecoslovacchia (un’astronoma di questo Paese battezzò in suo onore un asteroide con nome Okudzhava). Questa è forse la sua canzone più nota in Russia, scritta  in onore della grande guerra patriottica cui Okudjava partecipò giovanissimo:
 

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