Freitag, 9. Januar 2015

Je condamne le crime lâche et odieux ... mais « je  ne suis pas Charlie »


Nel triennio in cui ho abitato a Parigi ero lettore saltuario di “Charlie Hebdo”  come pure del “Canard Enchaîné ”, settimanali satirici che  mi mancano ora in Germania. Come reazione al criminale attacco del 7 gennaio mi abbonerò  a “Charlie Hebdo”  per sostenere la sua ricostruzione dopo che la sua redazione è stata vigliaccamente decimata. 
Questa rivista era simpaticamente anticlericale, e non nego di essermi divertito con alcune vignette che tematizzavano l’ipocrisia della chiesa cattolica (ma non tutte, soprattutto non quelle volgari).  
Come scrissi nel 2005 a proposito delle vignette anti-islam della nota rivista danese, anche in questo caso  pur essendo sostenitore della libertà di stampa non approvo la campagna di diffamazione dell’Islam. Non certo per motivi religiosi, visto che sono ateo-politeista. Non credo in nessuna religione poiché non esiste il soprannaturale, ma siccome tutte sono creazioni umane – Feuerbach l’ha sintetizzato scrivendo che “l’uomo ha creato dio a propria immagine e somiglianza”. 
Mi interessano però tutte le religioni al mondo, e sono convinto che anche per le religioni come per le lingue vale il concetto secondo cui più ce ne sono tanto meglio, la varietà è l’unica garanzia di difesa contro il pensiero unico ed il dominio. Le religioni non sono tuttavia unicamente oggetti culturali ma hanno una dimensione sociale e politica e chiaramente  riflettono immediatamente la mentalità delle popolazioni che le praticano. Alcune sono di per sé pacifiste e tolleranti (quelle animiste, o quelle che non promettono l’aldilà in cambio di sacrifici nella vita terrena). Il Buddismo ad esempio lo valuto prudentemente più razionale di altre religioni poiché suggerisce stili di vita ma non li impone e giustamente vede l’esistenza umana come ciclo chiuso, e quindi non rischia di far compiere gesti assurdi con la promessa di un aldilà.
Ben diverso è invece il caso delle religioni monoteiste, che sono ipse facto condannate ad essere intolleranti ("il mio dio è l'unico vero, gli altri sono soltanto delle merd..."). Fra di esse ci sono  diversi gradi di intolleranza, con variazioni storiche in relazione ai rapporti col potere: di fatto le religioni monoteiste sono le uniche che perfettamente si adattano a servire il potere poiché appunto hanno la missione di imporre il loro unico vero dio e quindi sono il migliore strumento per giustificare l’oppressione politica. 
La tendenza al fondamentalismo è quindi una componente irrinunciabile delle religioni monoteiste, col corollario delle imposizioni e dei divieti. Comprensibile dunque che mentre nessun buddista si scandalizzerebbe per una vignetta offensiva su di una vacca sacra, le diffamazioni del Cristo o di Maometto suscitano le reazioni che conosciamo, naturalmente con una tragica differenza che è storicamente comprensibile e dalla quale si deve partire per impedire il dilagare dell’intolleranza.
Intanto va ricordato che fra le religioni monoteiste nei secoli passati l'Islam era innegabilmente la più tollerante (i califfi nella Penisola Iberica accontentavano di far pagare una tassa a cristiani ed ebrei lasciando loro professare le proprie fedi, mentre nel 1492 i cristianissimi Ferdinando ed Isabella, dopo la cacciata degli arabi imposero la conversione o la deportazione sia a musulmani che ad ebrei). Le Crociate sono sempre partite brandendo la croce e non la mezzaluna, e non dimentichiamo le stragi "interne" (massacri di Catari ed Albigesi, Valdesi, Inquisizione, roghi di eretici ecc. ecc.).
Conforta il fatto che una volta divenuta religione dominante e titolare di un impero economico mondiale, la religione cattolica ha messo da parte i metodi più cruenti ed intolleranti - gli stessi ed identici - che ora seguendo il suo esempio del passato gli islamisti radicali stanno copiando. Non è un caso che il fondamentalismo sia esploso proprio in un periodo storico (secondo dopoguerra) che ha visto le aggressioni Occidentali contro numerosi Paesi di religione musulmana (smembramento dell’Impero Ottomano, stragi in Indonesia, Afganistan,Iran, Irak, ecc.) ed ancor più l'assoggettamento economico di intere regioni derubate delle proprie risorse naturali (petrolio) nelle quali l'Occidente sostiene con ogni mezzo despoti e dittatori (Irak, Iran, Jemen, Arabia Saudita,Libia,Siria) salvo poi a liquidarli quando si ribellano al diktat e si rifiutano di svolgere i compiti per i quali sono stati collocati al potere.
La chiesa cattolica si è dissociata dai metodi più apertamente mortiferi ed intolleranti soltanto quando ha stabilito un'alleanza coi poteri politici (con grande disinvoltura sia che fossero democratici o fascisti, anczi , con una certa predilezione per questi ultimi) e non si è sentita più minacciata nei propri interessi materiali e di potenza. L'Islam in alcune regioni del mondo sta cercando di arrivare al medesimo obiettivo: che cos'è infatti il Califfato se non la brutta copia e modesta ripetizione delle efferate crudeltà commesse dai crociati? Ed anche ora, esattamente come per le Crociate, la religione serve unicamente da copertura a disegni di potenza e dominio. Logicamente questo lo sapevano i capi, i miseri fanatici mandati ad uccidere e morire per Cristo come per Allah erano e sono le prime vittime di questi vaneggiamenti di dominio. Se l'Occidente vuole che anche l'Islam torni ad essere una religione di tolleranza integrata nel meccanismo del potere come quella cristiana in tutte le sue varianti - cattolica, luterana e ortodossa - deve ammetter ei propri errori e smettere di perseguire la politica di assoggettamento dei Paesi islamici. Il crimine commesso dai fanatici a Parigi non può essere giustificato da alcun punto di vista ma va compreso come estrema reazione pazzoide di un sentimento di oppressione ed emarginazione diffuso fra i credenti pacifici che sono le prime vittime di questo vile atto che non ha nulla in comune con la loro religione. Le reazioni fascistoidi stile Le Pen fanno immediatamente capire chi ha tutto lo sporco interesse che questi atti tragicamente si ripetano per lucrarne capitale politico ai propri fini.
Dunque alla condanna dei criminali che hanno colpito la redazione di Charlie Hebdo non posso associare la difesa delle vignette anti-Islam. La satira è tale se piuttosto che offendere suscita una riflessione sulle contraddizioni di chi e che cosa ne è fatto oggetto. Il suo scopo è di mettere in evidenza gli errori logici del pensiero , l’ipocrisia, le falsità e  le assurdità propagate come verità intoccabili.
Ma giammai può scambiarsi per satira la semplice denigrazione e diffamazione di credenze e sentimenti religiosi altrui.
Nella cultura ebraica ad esempio sono diffuse le barzellette “anti-giudaismo”, ma sono appunto una satira interna, fatta da ebrei per gli ebrei.
Qualcosa di  simile alla messa carnevalesca di Cipriano (di cui parla Umberto Eco nel “Nome della Rosa”), una dissacrazione ad uso interno fatta da credenti per credenti.  O l’abitudine delle prediche empie fatte da buffoni in periodo carnevalesco nel medioevo (di cui parla Dario Fo in “Mistero Buffo”), tollerate dalla chiesa cattolica come temporanea valvola di sfogo e per le quali si mettevano a disposizione anche i luoghi di culto.
Ma una diffamazione fatta dall’esterno in un periodo storico come l’attuale che vede l’Occidente (USA e NATO) attaccare coi più falsi pretesti di democrazia e le menzogne più volgari uno dopo l’altro i Paesi con forte presenza di credenti musulmani non può che generare fanatismo. E  non è  escluso che  sia esattamente questo fanatismo ad essere altamente desiderato dalle caste militariste e dagli speculatori finanziari per giustificare la destabilizzazione di intere regioni in cui i massacri sono divenuti ordinaria amministrazione: trenta o cento morti al giorno in Irak, Afganistan, Pakistan, Siria non muovono più ormai nessuno in Occidente,  altrimenti  dovremmo scendere in piazza ogni giorno dicendo “Je suis Afgan, je suis Irakien, je suis sirien, ecc. ).
Per questo pur premettendo il mio sostegno futuro di abbonato a Charlie Hebdo, non posso dichiararmi “Je suis Charlie” poiché disapprovo per i motivi suddetti
le campagne in cui vengono offesi sentimenti di credenti che già sono ingiustamente emarginati e guardati con sospetto nelle società occidentali.
La libertà di stampa e di opinione anche nelle costituzioni democratiche trova un limite nella diffamazione. Dissacrare senza tener conto delle conseguenze e del momento storico significa essere ciechi politicamente e finir per dare manforte alle forze che tutto hanno da guadagnare dalla crescita dell’intolleranza.
I fascisti di “Pegida” in Germania gongolano sicuramente per i tragici fatti di Parigi, come pure il Fronte Nazionale: e non credo che sia compito di una rivista satirica condurre a questi risultati.       

3 Kommentare:

  1. Dieser Kommentar wurde vom Autor entfernt.

    AntwortenLöschen
  2. Il buddismo come l'ho visto in Myanmar putroppo non è poi tanto diverso dal cattolicismo: Pure un turista non-buddista maschile ha più diritti di una donna buddista, e poi comunque pregano alla statua di Buddha come a quelle dei santi in Italia, compreso il rosario. Non dimenticando anche la caccia ai Rohingya.

    AntwortenLöschen
  3. Hai certo ragione, ma il problema della parità di diritti uomo-donna è precedente alle religioni, che hanno semplicemente reso dogma ciò ch ecomunque la societá già praticava (ecco perché la religione cattolica ha tanti problemi ad ammettere ch eanch ele donne dovrebbero poter divenire preti e cardinali e papesse). Il buddismo non sarà certo libertario (nessuna religione lo può essere (altrimenti che religione sarebbe, senza prescrizioni e divieti, ch esono l' essenza di tutte le fedi ?! ). Ma finora i buddisti non hanno ancora fatto crociate né guerre sante, per questo mi sembrano meno pericolosi dei preti e degli iman o muzzaedin.

    AntwortenLöschen