Recenti preoccupanti sviluppi nell’Est europeo.
La guerra del petrolio e delle valute ... e Re Euro perse anche le mutande.
Col primo gennaio 2015 anche l’ultimo dei tre Paesi baltici, la Lituania ,
è entrata a far parte della zona euro (dopo l’ Estonia dal 1º gennaio 2011 e la Lettonia dal 1º gennaio 2014).
L’Unione Europea si vanta di aver
acquisito nella propria questi tre Paesi che vengono spacciati per campioni di
democrazia dopo l’uscita dall’Unione Sovietica.
Una simile affermazione può però provenire unicamente da chi ignora del tutto
sia la storia generale d’Europa che quella locale. E passa sotto silenzio che
nei tre Paesi suddetti vivono ancora,
nonostante le politiche di “pulizia etnica” forti percentuali di cittadini di
origine russa.
Una trattazione completea sull’argomento
è disponibile in:
Ne cito qui unicamente i punti salienti:
1) i governi Estone e Lettone, nel 1991 vararono una
legislazione sulla cittadinanza che la riconosceva per jus sanguinis solo ai
discendenti delle persone residenti nel paese il 16 giugno 1940. Per effetto di
queste leggi, 715.000 abitanti della Lettonia (circa tre quarti della comunità
russa ed oltre un terzo del totale della popolazione residente) e 290.000
abitanti dell’Estonia (due terzi di russi, un quarto della popolazione)
precipitarono nella condizione di “Nepilsoni” (Lettonia) o ”Kodakondsuseta
isik” (Estonia) ovvero “Non Cittadini”. Una categoria di residenti priva di
diritti politici e di molti diritti economici, sociali e culturali, i quali
hanno diritto di soggiorno ma sono stati privati dei diritti elettorali attivi
e passivi (nazionali ed europei), e non
possono formare partiti politici.
2) Non esistono leggi che garantiscono i diritti della
minoranza russa né a livello nazionale né a livello locale (nemmeno nelle
regioni in cui la maggioranza russa sfiora il 100%.
3) la costituzione stabilisce che l’unica lingua ufficiale è il lettone
(art. 114), mentre tutte le altre lingue (compreso il russo, lingua madre di un
terzo degli abitanti nel 1991) sono espressamente bollate come “lingue
forestiere”.
3) I nomi russi nei documenti sono naturalizzati e così i
toponimi. In Lettonia, dal 2004 le scuole superiori russe, alcune esistenti dal
1789, sono state costretta a chiudere, ovvero a trasferire il proprio
insegnamento in lingua lettone perlomeno nel 60% delle ore di lezione. Precisi
divieti limitano il diritto dei privati di esporre cartelli ed annunci in
“lingua forestiera”.
A
livello economico sono precluse agli “Alieni” 24 posizioni professionali
pubbliche, ovvero (a titolo esemplificativo) oltre a tutti gli uffici pubblici
elettivi: la magistratura, la direzione delle imprese di stato, la polizia, la
guardia di finanza, la guardia doganale, la polizia penitenziaria, il corpo dei
pompieri, l’esercito, l’ispettorato del lavoro.
5)
E’ inoltre vietato l’accesso a professioni private quali (sempre a titolo
esemplificativo) l’avvocatura, il notariato, le agenzie investigative, le
agenzie di sicurezza private, le consulenze private per l’amministrazione e
l’esercito. Sono limitati i diritti di acquisizione degli immobili.
Emerge quindi un panorama di grave
discriminazione: un sostanziale apatheid legalizzato ed accettato dalle
istituzioni nazionali ed europee.
6) È avvenuta di fatto di una quota sostanziale della minoranza russa. I
russi residenti in Lettonia sono passati, negli ultimi 23 anni, da 905.000 (36%
della popolazione) a 520.000 (26%). Quelli residenti in Estonia, nello stesso
periodo, sono passati da 475.000 (30%) a 320.000 (24%). Molti di questi russi
sono passati nella Federazione, altri, particolarmente
molti “Alieni”, si sono trasferiti in altri stati dell’Unione Europea
(principalmente Gran Bretagna ed Irlanda).
7) L’Estonia e la hanno aderito alla NATO ed all’Unione
Europea nel 2004, alla Zona Schengen nel 2007 ed alla zona Euro nel 2011 (Estonia)
e 2014 (Lettonia). Questo processo è avvenuto senza che gli “Alieni” potessero
partecipare in alcun modo alle scelte decisionali.
Non meraviglia che i governi di questi
Stati Baltici, le cui convinzioni e pratiche sono tutt’altro che democratiche
nei confronti delle ancora consistenti quote di popolazione russofona, abbiano un’evidente ansia di ottenere la
tutela della NATO per difendere le proprie politiche di apartheid contro
eventuali iniziative della Federazione Russa.
Ciò sebbene la Russia mai abbia mostrato
l’intenzione di voler affrontare il problema della tutela delle proprie
minoranze con mezzi militari in questi tre Paesi.
L’avvicinamento all’UE è ancor più
evidente da quando la Germania ne ha assunto di fatto l’egemonia economica e
poi politica. E in questo contesto non
si può tacere la collaborazione durante l’Operazione Barbarossa
(invasione dell’Unione Sovietica) dei governi fantoccio dei tre Stati Baltici
con la germania hitleriana, e non unicamente in funzione antirussa ma anch
enegli eccidi di Ebrei ed altre minoranze (vedere negli appositi siti in
Wikipedia e in particolare qui: http://www.academia.edu/8905240/Loccupazione_dei_paesi_baltici).
Certamente la collaborazione con le SS
fu la conseguenza del “mercato delle
vacche” cioè del patto
Molotov-Ribbetrop col quale Hitler si
era accaparrato la Lituania e Stalin l’Estonia, la Lettonia e la Finlandia
anche se quest’ultima occupazione rimase unicamente sulla carta poiché l’Armata
Rossa pesantemente sconfitta dalla Finlandia, fatto che secondo molti storici
convinse Hitler a rischiare l’attacco all’intera Unione sovietica.
Un caso analogo era avvenuto con
l’Ucraina, dove il collaboratore di Hitler Stepan Bandera, (vedi qui: http://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Stepan-Bandera-l-eroe-criminale-che-divide-l-Ucraina-154127 e
qui: http://www.tribunodelpopolo.it/pulizia-etnica-o-genocidio-la-vicenda-wolyn-1943-torna-ad-infiammare-il-confine-tra-polonia-e-ucraina/)
ei era reso responsabile di eccidi di ebrei e polacchi e cionostante dichiarato
eroe nazionale al quale sono stati eretti monumenti sia prima che dopo il golpe
di Kiev del 2014 (al posto di quelli di
Lenin che invece sono stati demoliti come dimostrazione non tanto di
anticomunismo ma di odio contro la Russia).
I riferimenti storici precedenti, anche se tracciati a
grandi (ma comprovate) linee e pur necessitando approfondimenti, mostrano che
il conflitto in Ucraina non è stata una semplice questione di ingerenze
straniere (russe, statunitensi e dell’UE) tutte già ampiamente comprovate dai
fatti finora noti ma che soltanto una più approfondita conoscenza degli
avvenimenti e dei documenti potrà valutare esattamente per il rispettivo peso e
responsabilità nei tragici fatti che ne sono seguiti.
In ballo c’è infatti una pesantissima eredità storica,
sia nei Paesi Baltici che in Ucraina, il cui superamento può avvenire o con una
pacificazione che tenga conto di tutti gli interessi in gioco – eventualità non
impossibile ma estremamente difficile oppure, come gli sviluppi attuali fanno purtroppo capire, con una “resa dei
conti” alla quale si sommano gli
interessi dell’Occidente, militari ed economici, in particolare degli USA e, seppure in forma di aiutante servile,
dell’UE.
Se ci
basiamo sui fatti dimostrati e non sulle accuse mai provate che vedrebbero la
Russia come aggressore e l'Ucraina come vittima (e resta da spiegare in questa
visione, perché la Russia avrebbe aspettato proprio ora ad aggredire un Paese
fratello con cui non aveva problemi, anzi i cui problemi aveva in passato
contribuito a risolvere fornendo gas a prezzi amichevoli) e se si riconosce che
invece il golpe di Kiev è stato da lungo preparato da parte degli USA e
della NATO, e che l'unico ostacolo era
la reticenza dei governi europei (non a caso il telefono la NSA controllava
anche il telefono della Cancelliera Merkel e quindi le sue conversazioni con
Putin).
In questa ottica si comprende pienamente la recente “guerra del
petrolio”, un ribasso del costo che era
pianificato da lungo, mentre le sanzioni antirusse erano e restano soprattutto
una mossa propagandistica (divenuta immediatamente autolesionista per l'UE per
effetto delle contro sanzioni russe).
La partita dunque è per ora giocata militarmente ed in tono minore in
Ucraina, anche per le difficoltà con l’insorgenza del califfato islamico in
Irak e le sue prevedibili estensioni in Libia e altri Paesi in Africa (un
tragico sviluppo di cui l’unica responsabilità ricade su USA e i suoi servi
dell’UE) . Non va trascurato tuttavia il riarmo che avanza a grandi passi (gli
aiuti finanziari all’Ucraina stanno finendo nelle tasche dei produttori di
armamenti USA invece che per alleviare le condizioni economiche della popolazione
malridotta dal conflitto e dalla rapina effettuata dagli oligarchi corrotti che
pur tuttavia i cittadini hanno ricollocato al potere (Timoshenko, Poroshenko
etc.). Nel caso peggiore l’Ucraina diverrà un nuovo Vietnam alle porte
dell’Europa.
Ma la partita principale attualmente si gioca sul petrolio e di riflesso
sulle valute: è questo che condiziona
l'avvio della terza guerra mondiale, che probabilmente non vedrà l’impiego di
armi nucleari (poiché nessuno dei contendenti è in grado per ora di colpire
l’avversario senza ritorsioni) .
La “guerra del petrolio” è un’abilissima mossa da parte dei governanti (o
meglio dei loro burattinai) USA: colpiscono con una sola mossa Russia,
Venezuela ed Iran, che col dimezzamento degli introiti si trovano le proprie
economie precipitate in grandi difficoltà.
L’obiettivo è chiaramente quello di giungere a destabilizzare questi tre
Stati, e soprattutto la Russia. Per potersi concentrare su questo obiettivo
Obama ha addirittura rotto un tabù ed ha riparto le relazioni con Cuba, non appena la visita di Punti sull’isola gli
ha fatto capire il rischio di una riedizione dei fatti del 1962 (missili
sovietici a Cuba per costringere, come poi avvenne, gli USA a smantellare i
propri missili installati in Turchia contro l’Unione Sovietica).
Come tutte le iniziative belliche, anche quelle economiche non sono senza
rischi né costi nemmeno per chi le avvia, nel caso per gli USA: il prossimo
crollo delle banche legate ai finanziamenti dell’estrazione di petrolio e gas col costosissimo sistema
"fracking" avrà ripercussioni sull'economia mondiale superiori a
quelle della bolla immobiliare scoppiata con Lehman & Brother.
Ma a differenza di allora non ci sarà più un'UE su cui scaricare le
perdite, poiché nel vecchio continente
non è rimasto più quasi nulla da spolpare.
L’euro, il veleno che l’UE si è auto somministrata è ormai riconosciuto
come tale anche dalla Svizzera, che stanca di acquistarne quantità sempre più
elevate per contrastarne il deprezzamento nei confronti della propria moneta,
ha deciso di fidarsi di più dei mercati
che delle ridicole e velleitarie
manovre della Banca Centrale Europea.
Ciò che lascia allibiti coloro che seguono e studiano i fenomeni economici
è il ritardo enorme con cui i cittadini stanno rendendosi conto delle ragioni
della loro “euro-miseria” e la ridicola sicumera dei governanti che continuano
a fingere l’esistenza di una soluzione all’interno della moneta unica: il RE
Euro è nudo, ha perso anche le mutande (v. decisione della Banca Nazionale Svizzera)
e costoro fingono come nella favola di tenere lo strascico dell’inesistente
vestito. Ed infatti in Grecia ed in Italia si continua a discettare filosoficamente
sulla tossicità o meno dell’euro per le rispettive economie: una situazione che
ricorda i dotti teologi di Costantinopoli che discutevano sul sesso degli
angeli mentre la città cadeva in mano ai Turchi.
Dunque come sempre nel corso della storia, quando in una zona non c'è
bottino da conquistare si va oltre: e questa è appunto la Federazione Russa con
tutte le sue risorse naturali e con le numerosissime tensioni che ora con una
guida ferma da parte di Putin sono tenute sotto controllo, ma che con una
gestione filo-occidentale à la Jeltsin (che gli USA non finiscono di
rimpiangere) scoppierebbero esattamente come avvenne nell'ex-Jugoslavia. Solo
irresponsabili e pazzi da legare possono desiderare un tale sviluppo: e sembra che ce ne siano in
abbondanza nelle lobby che guidano il Presidente Obama e le altre marionette
governative a Washington. E purtroppo non si vedono cervelli più sani nemmeno
nell’UE, i cui governanti sembrano essersi rassegnati a svolgere il ruolo di
supini servitori degli interessi militaristici ed economici altrui.
Keine Kommentare:
Kommentar veröffentlichen