Donnerstag, 13. Februar 2014

 
“Addio Lugano bella ....” – Che cosa insegna il referendum svizzero sul controllo delle migrazioni.


Intanto va premesso il testo approvato, di cui tutti parlano ma che pochi conoscono:
"La Svizzera gestisce autonomamente l’immigrazione degli stranieri. Il numero di permessi di dimora per stranieri in Svizzera è limitato da tetti massimi annuali e contingenti annuali. I tetti massimi valgono per tutti i permessi rilasciati in virtù del diritto degli stranieri, settore dell’asilo incluso. Il diritto al soggiorno duraturo, al ricongiungimento familiare e alle prestazioni sociali può essere limitato".
- "I tetti massimi annuali e i contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri; essi devono comprendere anche i frontalieri. Criteri determinanti per il rilascio del permesso di dimora sono in particolare la domanda di un datore di lavoro, la capacità d’integrazione e una base esistenziale sufficiente e autonoma. Non possono essere conclusi trattati internazionali che contraddicono al presente articolo".I trattati internazionali che contraddicono all’articolo "devono essere rinegoziati e adeguati entro tre anni dall’accettazione di detto articolo da parte del Popolo e dei Cantoni".

Si tratta indubbiamente di un freno e controllo massiccio all’immigrazione. E alcune clausole sono particolarmente odiose, come quella riferita ai ricongiungimenti familiari, che pare in espressa violazione dei diritti dell’uomo. Ma si tratta di una clausola facoltativa, benché indubbiamente pericolosa. Il principio della “preferenza agli svizzeri”  non dice invece nulla di nuovo perché è già quanto regolarmente avviene, e basterà proibire contratti discriminanti fra svizzeri e stranieri per renderlo superfluo. Ma una tale proibizione di discriminazione salariale non esiste nemmeno nell’EU, altrimenti in Germania i prestatori d’opera al di sotto del salario minimo non sarebbero oltre il 50 % fra gli immigrati dai Paesi dell’ex blocco sovietico. La Germania si opporrebbe se tale criterio venisse introdotto poiché  diverrebbe immediatamente “meno competitiva”. Per non parlare  ovviamente dell’Italia, dove il paragone è stentato, trattandosi nel caso di discriminazioni di immigrati clandestini che lavorano in condizioni di semi- schiavitù.  A differenza di altri Paesi i governanti italiani hanno preferito la via dell’apertura massima dei confini infischiandosene poi delle reali possibilità di integrazione, lasciate al “mercato”  ed al volontarismo: benemerite le tante associazioni che con impegno encomiabile assistono gli immigrati, ma non è certo con misure occasionali e contradditorie (criminalizzazione dei clandestini in toto ma nessuna distinzione fra coloro che hanno realmente bisogno e meritano di essere assistiti ed integati ed i delinquenti che approfittano dello sgangherato sistema di controllo danneggiando il buon nome dei loro stessi concittadini immigrati).
Ma di tutti gli atteggiamenti umani il più odioso è l’ipocrisia, poiché più di ogni altro evidenza l’offesa all’intelligenza altrui da parte di chi professa una cosa e pratica l’opposto.
Il risultato del recente referendum svizzero non è incoraggiante per chi auspica e si impegna per un’Europa senza discriminazioni e senza confini fra le nazioni, ma la valanga di accuse e di vesti stracciate da parte chi tutti i governi europei e dei burocrati di Bruxelles rappresenta un apice di ipocrisia e falsità, e soprattutto un maldestro tentativo di nascondere le proprie vergognose incapacità di risolvere i problemi esistenti e giustificare il proseguimento delle fallimentari politiche che stanno conducendo – queste  sì – alla rovina alla disgregazione dell’Unione europea ed a regalare più di un Paese alle destre reazionarie e fascistoidi.
Che sulla politica migratoria gli svizzeri siano incerti è evidente: di fronte alla scelta fra l’accettazione della libertà incontrollata (ma solo teorica) di soggiorno dei cittadini europei e la limitazione al solo contingente al quale può essere offerto lavoro e possibilità reali di integrazione si è evidenziata una posizione di quasi pareggio: i fautori delle migrazioni incontrollate modello EU hanno prevalso per il solo 0,3 %, 20.000 voti. 
Oggettivamente il risultato del referendum ha praticamente influssi nulli, a parte qualche complicazione burocratica, su coloro che dall’ UE cercano lavoro in Svizzera. Già ora solo chi ha un contratto di lavoro ha reali possibilità di risiedere in Svizzera. E non sono pochi ad usufruirne: al contrario dell’EU che nel suo complesso  ha una media di stranieri residenti del 6,6 %, la Svizzera ne ha quasi il quadruplo, 23 %.
Accusare gli Svizzeri di razzismo come non pochi politici hanno osato fare nella loro ignorante imbecillità è il colmo dell’ipocrisia, anche perché in parte sono poi i medesimi che quando si tratta del proprio Paese si affrettano ad andare a caccia di voti nei settori razzisti facendo leva sull’ignoranza dei fatti e sull’odio verso gli stranieri: vedi lo slogan della CSU “Wer betrügt, der fliegt” (“chi truffa viene mandato via”) riferito alla presunta  invasione di Rumeni e Bulgari dal gennaio di quest’anno, che secondo la vulgata CDU/CSU sarebbero alla ricerca non di un lavoro in Germania ma unicamente dell’assistenza sociale. Tacciono costoro, giocando sull’ignoranza degli elettori cui si appellano, che di tali abusi non vi è la minima prova, e che invece di un contingente predeterminato sulla base dei bisogni come deciso dalla criticata Svizzera, l’EU ad ogni ingresso  di una nuovo Paese pone un divieto ancor più rigido alla mobilità professionale di  7 (sette!) anni contro tutti i nuovi “cittadini europei”.
Una concezione invero particolarissima di accoglienza: come se si aprisse una porta e come benvenuto la si sbattesse in faccia a chi prova ad entrare. E non basta: la Croazia è entrata da pochi mesi nell’UE, già probabilmente si pente poiché contro di lei Bruxelles ha già avviato la procedura per applicare sanzioni, oltre al solito blocco della migrazione per 7 anni. Il motivo: la Croazia si rifiuta di consegnare 20 ricercati per crimini commessi durante il sanguinoso periodo seguito allo smembramento della Ex-Jugoslavia. Se si fosse applicato lo stesso metro alla Germania per il rifiuto all’estradizione di criminali nazisti condannati (e non solo ricercati) le sanzioni sarebbero tuttora in corso.
In tutta Europa hanno lodato il risultato del referendum svizzero soltanto i partiti fascistoidi, la Lega in Italia, Le Pen in Francia, Geert Winders in Olanda, e anch e coloro che sono semplicemente per l’uscita dell’EU come in Inghilterra Niklas Farage.
Sono esattamente i partiti purtroppo in crescita in tanti Paesi dell’EU (e qui dobbiamo aggiungere “Aurora dorata” in Grecia, il “Partito popolare” in Danimarca,  Interessi Fiamminghi” in Belgio, “Veri Finlandesi” in Finlandia ed il partito liberale austriaco FPÖ, per non citare che i più noti).
Che l’immigrazione in tutti i Paesi d’Europa sia indispensabile per l’economia quasi nessuno lo mette in dubbio, ma è altresì vero che come da sempre nel corso della storia le migrazioni non sono divertenti kermesse ma comportano problemi di adattamento per i migranti come per chi li accoglie. Ci sono due modi di affondare questi problemi: prenderne atto e cercare di risolverli, cosa che richiede di informare i cittadini residenti sui problemi, sulle culture e sulle mentalità dei  Paesi di provenienza degli immigrati, per favorire atteggiamenti di apertura e di superamento delle paure  che sono legittime. Ed in aggiunta si tratta di compiere uno sforzo economico non indifferente (corsi di lingua, predisposizione di abitazioni, formazione professionale) che deve essere chiaramente illustrato agli elettori poiché solo così essi possono comprendere che l’immigrazione è un’occasione per tutti e non solo un problema. Questa è in genere la politica più o meno coerentemente attuata dai Paesi scandinavi.
Nel resto d’Europa invece la politica è quella nota: da un lato si ignorano i problemi e si fa poco o nulla per rendere possibile l’integrazione e poi si prendono misure odiose e coercitive quando i cittadini che si trovano a fronteggiare i problemi si ribellano. Ed ecco allora le ruspe che spianano i lager dei clandestini, i fogli di via, e soprattutto la caccia ai voti razzisti. O si ignora semplicemente la realtà ingannando gli elettori: fino a pochi anni or sono, con 600.000 italiani e quasi due milioni di turchi residenti i governanti tedeschi si sgolavano a sostenere che la Germania non era un Paese di immigrazione.  
Nella mia valutazione del referendum svizzero mi trovo mio malgrado ed apparentemente in pessima compagnia. Ma se valuto il risultato come un  meritatissimo schiaffo all’EU, lo faccio per ben altri motivi che non i razzisti aperti o dissimulati.   
E qui mi viene in mente la canzone che da ragazzino sentivo cantare dagli anarchici che lavoravano nella fornace non lontano dalla mia abitazione  nella città italiana d’origine.
Abitavano in uno squallido caseggiato nel cui cortile andavamo a giocare nonostante i  divieti delle nostre famiglie benpensanti. Il luogo era giustamente considerato un covo di anarchici e comunisti, assolutamente da evitare per i figli della piccola borghesia o della classe operaia che nel primo dopoguerra aspirava al benessere e si distanziava da coloro che stavano più in basso. Era un divieto identico a quello che valeva per i “diversi” di religione, nel caso i Valdesi. Ed in ambedue i casi, come per tutti i divieti, per me e altri coetanei una motivazione fortissima a frequentare appunto questi luoghi, e forse è così che mi resi conto fin da giovanissimo che la diversità delle persone dipende dalle situazioni in cui esse vivono, e che spesso è più interessante ed istruttivo frequentare appunto gente “diversa” .  
Storicamente “Addio Lugano bella” (http://www.youtube.com/watch?v=k84G4ODpBsE e testo http://www.nelvento.net/addio-lugano.html) si riferisce ad un episodio storico che aveva visto i governanti svizzeri espellere gli anarchici rifugiati in Ticino cedendo alle richieste della Francia. Gli anarchici ricordavano nella canzone che tale atteggiamento era in netto contrasto con lo spirito e la tradizione libertaria svizzera: “Elvezia il tuo governo,schiavo d’altrui si rende / d’un popolo gagliardo le tradizioni offende,/ offende la leggenda, del tuo Guglielmo Tell”.
Ebbene, di fronte alle reazioni ipocrite di condanna dei governi EU  gli Svizzeri questa volta hanno dimostrato di essere padroni della propria democrazia. Ed hanno qualcosa da insegnare all’EU: se infatti lo stesso referendum fosse ammesso in altri Paesi che per l’integrazione degli stranieri poco o nulla hanno fatto ei cui politici quando fa comodo si appellano ai sentimenti razzisti, il risultato sarebbe probabilmente identico, anzi peggiore in termini numerici. E’ difficile valutare quanto tempo l’UE abbia  ancora a disposizione per invertire la rotta che ha portato in pochi anni ad imporre senza un’ombra di democrazia la firma di trattati (Maastricht, Lisbona, Fiscal Compact etc.) che non sono stati discussi nemmeno nei Parlamenti nazionali (in molti casi mancavano addirittura le traduzioni nelle lingue locali !!) ma approvati ad occhi chiusi senza valutarne le conseguenze.
Una delle conseguenze rischia di essere la disgregazione dell’UE sempre che non si avveri la peggiore ipotesi e cioè la presa del potere di partiti fascisti in molti Paesi. Non vorremmo dover essere costretti a cantare a nostra volta “Bella ciao” come fecero i nostri padri prendendo la via delle montagne.   

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