Donnerstag, 3. Januar 2013


Pizza quattro lezioni  

I published this article in a weekly in Germany as answer to the law that started the total privatization of the Italian schools abroad. The law was justified with the supposed aim of saving money keeping the same standard of cultural offer to the children of migrant Italian workers. But in fact the real intention was to give money to private organizations and by this move control them politically. While the cultural institutions have since then collapsed, the real aim has been politically achieved. The sad destiny of the Italian schools abroad can also be seen as a model and essay of what has been done later in Italy, subtracting financial means from the public schools and pumping money into private (mostly religious) schools buying political support from the Cath.Church. Under this point of view this article is unluckily still much up to date.
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Una modesta proposta per i corsi d' italiano all' estero (estate 1993)
Pizza quattro lezioni
Utilizzando la sua rete gastronomica, l' unica sua struttura ben funzionante e diffusa in tutto il mondo, il nostro Paese potrebbe risparmiare ancora di più garantendo a tutti i suoi emigrati il contatto colla lingua e la cultura italiana.

Unico fra tutti i Paesi d' emigrazione, colla legge 243/1993, l' Italia  ha rinunciato al monopolio statale nella diffusione della cultura all'estero subappaltando i corsi  d' italiano  ad Enti ed associazioni private   al proclamato fine di ottenere i risparmi necessari a sanare il bilancio pubblico (ma utilizzati nel frattempo per migliorare il trattamento economico del personale diplomatico- consolare).
Ciò è avvenuto  già in era preberlusconiana  e  dunque le proposte che qui avanziamo non  possono essere viste come  omaggio al Cavaliere o ai suoi  attuali alleati di governo.  Ma certamente possiamo pensare che  l' idea non gli dispiacerà  : nel caso la potrà far sua poiché rinunciamo alla nostra paternità per  il bene del Paese.
  
Qualche precedente  per capire il presente
   A prescindere dai successivi aggiustamenti legislativi, che meglio si dovrebbero definire una continua sovrapposizione di pezze mal cucite, la filosofia degli interventi scolastici e culturali all' estero  rispecchia come è noto ancora  il Testo Unico n. 740 del 1940.
Per far fronte alla massiccia emigrazione  degli anni Settanta  verso l' Europa del Nord, in particolare verso le aree svizzera e tedesca,  era stata  approvata nell' anno 1971 la legge n. 153, che risultò ben presto tanto mal congegnata da far ammettere ai suoi stessi propugnatori, di lí ad un decennio, che si era trattato di una legge anacronistica, "nata morta".  Nonostante la chiarissima ammissione del cattivo servizio reso all' emigrazione, nessun progetto di riforma di questa o delle altre leggi  per la scuola all`estero è tuttavia riuscito ad  ottenere l' approvazione  in  Parlamento. Ma non c' è da rammaricarsene, poiché chi abbia esaminato  i vari progetti  con conoscenza di causa  si sarà reso conto che si trattava in tutti i casi di rimedi peggiori del male.
   Per  salvare le apparenze e tenere a bada il personale scolastico che, insieme all' utenza, si trovava a sopportare le conseguenze di una  legislazione  indegna di un Paese civile, venne  concesso nel 1982  il beneficio  del trattamento di ruolo,  inferiore  di gran lunga quello del personale diplomatico -consolare, ma  pur sempre di tutto rispetto  se lo si confronta con  le condizioni giuridicamente ed economicamente avvilenti  del periodo precedente.
   Da quel momento  iniziò la prova di forza fra i funzionari del  Ministero degli Affari Esteri  (già dimostratosi tanto incapace nella gestione  delle istituzioni scolastiche  da  costringere tutte le forze sindacali e vari esponenti politici a chiedere ripetutamente il  passaggio delle competenze al Ministero della Pubblica Istruzione)  e d il personale scolastico  uscito da un precariato che lo aveva privato della possibilità di proporsi come soggetto  di  iniziative riformatrici.
   La prima vittoria dell' apparato diplomatico consolare contro il personale scolastico la si è avuta  appunto colla legge  243/93 che ha ridotto di 1/3  il personale di ruolo  in servizio all' estero (2000 unità) sostituendolo  con precari. E per non avere più a che fare con una realtá come quella delle istituzioni scolastiche nella circolare  (n. 14755/C del 9.7.93) applicativa della legge  243/93  il responsabile di turno (Corrias) cosí  sentenziava : "...al momento dell' assunzione degli insegnanti, dovrà tuttavia essere evitata da parte uffici consolari ogni forma di intervento diretto (predisposizione graduatorie consolari, ecc.) che possa far sorgere nel personale aspettativa nei confronti Stato italiano".
 Questo modo di procedere  ricorda  un po' l' apartheid  sudafricana ora felicemente superata: il personale scolastico  in servizio all' estero non deve sedere  sulle stesse panchine giuridiche  del rimanente personale di ruolo del Ministero degli Affari Esteri.  Deve essere un personale  remunerato ad ore, senza  mutua né assicurazione sociale. Un personale non esistente per lo Stato, che i funzionari hanno  l' ordine perentorio di ignorare.  
  
Il coraggio  delle  riforme
    Con queste  premesse e tenendo conto che il voto per il Parlamento europeo  ha dimostrato  la travolgente popolarità del  Cavaliere  all`estero ( in Germania ha votato per Forza Italia oltre il 50 % degli emigrati)  sarebbe velleitario riproporre  il ritorno allo Stato delle  responsabilità  di gestione delle iniziative scolastiche  quando ormai  la linea politica è quella della privatizzazione.
  D' altra parte, come dimostrano  i dati relativi all' insuccesso degli alunni italiani nelle scuole locali,  dove essi sono da vent' anni all' ultimo posto dietro  i  turchi  e gli altri extracomunitari,  lo Stato italiano si è dimostrato  incapace di gestire  la  scuola all' estero.  Poco importa che l' origine di tutti i mali sia probabilmente da ascrivere all'attribuzione di competenze scolastiche ad un ministero come quello degli Affari Esteri che in  materia  non poteva avere ovviamente né capacità né interesse.  Di fatto, nel gestire la scuola all' estero, si stanno rivelando più efficienti  gli stessi bosniaci, nonostante la tragedia che ha colpito il loro Paese.
    Umberto Eco, a quanto riferisce la stampa, avrebbe espresso il desiderio di essere cittadino di Serajevo. Possiamo anche crederlo. Ma sicuramente ed  a maggior ragione questo desiderio potrebbe essere fatto proprio dagli insegnanti italiani assunti con pagamento ad ore e privi di qualunque riconoscimento del servizio svolto. Colla conseguenza  che  in Germania  i corsi  in tutte le lingue dell' ex Jugoslavia per i figli degli emigrati e dei rifugiati sono iniziati regolarmente lo scorso anno, mentre solo ad anno avanzato (e nemmeno ovunque )  stentavano a decollare quelli d' italiano. Tenendo conto delle premesse non abbiamo alcun motivo di meravigliarcene.  Ma a questo punto ,  esclusa la possibilità  di un ripensamento   da parte  delle autorità responsabili del nostro Paese, non si può che far perno sull' unica virtù indiscutibilmente italiana, quella della fantasia nell' arrangiarsi.
  
Basta colle mezze misure, privatizzazione  totale
   L' attuale forma di parziale subappalto della scuola all' estero  è  troppo primitiva per  poter funzionare.  Cosí  facendo prima o poi  anche l' esperanto  avrà  maggior successo  dell' italiano.  Come si fa infatti a  tenere in piedi un' organizzazione  (si fa per dire)   in cui  lo Stato  mette a disposizione  di Enti  ed associazioni, prive ovviamente di competenza, fondi cospicui per far loro gestire l' insegnamento e nel contempo vieta ai propri funzionari (presidi,direttori didattici e consoli ) di  comportarsi in modo da  "far sorgere aspettative nei confronti dello Stato" da  parte del personale?
    E`evidente che cosí non vi può essere controllo alcuno  e che  di fronte a tutte le altre nazioni , come pure alle autorità scolastiche dei Paesi ospitanti,  l' Italia cade nel ridicolo perdendo ogni credibilità.
      Per salvare almeno le apparenze occorre dunque far credere  al mondo che la strada ora scelta  è frutto di una  matura riflessione e non  di un colpo di sole (la legge 243/93 è stata approvata il 17 luglio per la cronaca).
   Ed allora perché non procedere  per tagli radicali?
Via tutti i rimanenti docenti di ruolo selezionati con  severi concorsi fra il personale delle scuole in Italia e periodicamente  aggiornato  a spese dello Stato. E via anche dirigenti e funzionari .
    Agli emigrati non è stato concesso il voto all' estero, che costava poco. Si dia loro almeno la responsabilità piena nella gestione di tutto ciò che riguarda i rapporti coll' Italia. 
  
Passaporto in gelateria
Tenendo conto che le due principali incombenze di un consolato sono il rilascio di passaporti e la gestione delle  iniziative scolastiche,  possiamo  senza problemi  procedere alla chiusura di tutte le rappresentanze.
Diamo il giusto riconoscimento agli emigrati che si sono fatti onore all` estero  colla loro intraprendenza economica :  sostituiamo tutti  i consoli e gli ambasciatori di carriera, che costano un occhio all' erario, con  consoli ed ambasciatori  o n o r a r i, da scegliere ad esempio con referendum democratici  fra i migliori gestori di pizzerie e gelaterie in ogni comune.
  In questo modo l' Italia avrebbe la più fitta rete  diplomatica nel mondo col minore investimento.  Pensate  al vantaggio di trovarvi ad esempio in un paesino sperduto della Foresta Nera o nella Pampa argentina  e  poter ottenere  il rinnovo del passaporto scaduto  dal console-pizzaiolo che  fra un piatto di rigatoni ed  una  zuppa di pesce troverebbe il tempo di  mettere un timbro sul vostro documento ?
   E che dire dei  rapporti  ad alto livello politico :  in ogni Paese  vi sono italiani che hanno raggiunto ottime posizioni sociali, che parlano la lingua locale correntemente senza dover ricorrere ad interpreti come di solito si rende necessario coi nostri funzionari inviati dall' Italia : quanti miliardi risparmiati per un servizio  che `sarebbe poi incomparabilmente più efficiente.

  Già, poiché un ambasciatore onorario oltre a non costare nulla  offre ovviamente maggiori garanzie : lui infatti, a differenza del personale di carriera del M.A.E. , in quel Paese ha scelto di restarci e non può permettersi magre figure. Né  gli si potrà chiedere  di adoperarsi  per far passare tangenti, visto che  non avrà ambizioni di carriera  o politiche.
  
 E la scuola ?
   In effetti qui il problema è un po'  più complesso. Se infatti non ci sono dubbi sul fatto che che un  buon gelatatio  possa  essere un ottimo console onorario, per insegnare  l' italiano occorre pur sempre  una preparazione professionale.  Ma  non sono certo i diplomati ed i laureati che mancano, bensí i soldi  per retribuirli dignitosamente.
 
Ed allora ecco la soluzione meno costosa :  in ogni gelateria, in ogni pizzeria  un corso d' italiano.  Gestito dal  proprietario, che tenendo al buon nome del locale  avrà tutto l' interesse di farlo funzionare perfettamente: guai a perdere un allievo, cioé un cliente abituale; guai a non curare la partecipazione frequente dei genitori  con riunioni che fra l' altro garantirebbero ulteriori introiti.
    E quegli stessi insegnanti che attualmente conducono una magra esistenza  col pagamento  ad ore e quindi devono ricorrere a lavori supplementari per vivere, potrebbero trovare nel locale stesso una seconda ,più remunerativa attività per sbarcare il lunario pur senza rinunciare ad esercitare la professione per la quale si sono laureati .  Chi  vorrà  mettere in dubbio che  la lezione impartita  agli alunni-clienti  non risulti più efficace  del solito insegnamento  nelle scuole locali  dove, particolarmente in Svizzera e Germania, le aule riservate ai corsi di lingua materna sono negli scantinati  ed alunni e  insegnanti sono considerati intrusi ed a malapena sopportati?
   E non veniteci a raccontare  che  l' ambiente  non favorisce la concentrazione: non abbiamo forse anche noi a suo tempo preso lezioni di chitarra  o di fisarmonica  dal  barbiere del quartiere che, all' arrivo di un cliente, continuava a seguire i nostri esercizi suggerendoci gli accordi  mentre lavava i capelli?   Immaginate  quanto più allettante  sarebbe un dettato  svolto dall' insegnante-cuoco  dallo sportello della cucina   mentre  controlla la cottura delle pizze ?
    E che dire delle correzioni  colle mani profumate di   basilico ed origano:  la giusta ortografia, come ci insegnano gli psicologi si fisserebbe  in modo indelebile nelle giovani menti  insieme agli aromi  inconfondibili della  cucina nazionale.
      Lungi dal chiedere  contributi  allo Stato come sono costretti a fare gli enti e le associazioni,  gonfiando come è  inevitabile i bilanci e mettendo in piedi una nuova tangentopoli (e c' è già chi  denuncia  questa tendenza),  questa radicale privatizzazione  consentirebbe  di  risparmiare  su tutta la linea : basterebbe un modesto contributo per ciascun alunno,  un buono scuola  sui generis ma nello spirito  identico a quello già proposto per la scuola privata in Italia.  Una sorta di  buono collegato a consumo  gastronomico,  diciamo  una pizza "quattro lezioni"  ogni mese.  E   un  buono mensa per  gli insegnanti, ai quali però dovrebbe essere riconosciuto il servizio  concedendo, a coloro fra di essi che dovessero  sopravvivere  ad un decennio di tale attività, una cattedra di pedagogia  in una università italiana di loro scelta : sarebbero  infatti  i più qualificati ad insegnare  come  risolvere i problemi dell' insuccesso e dell' abbandono  scolastico.
    Non dimentichiamoci ovviamente nemmeno dei dirigenti scolastici :  la maniera piú  efficiente sarebbe il reclutarli fra i commessi viaggiatori dei locali di ristorazione :  girando da un locale all`altro avrebbero un controllo costante  sull`andamento dei corsi, di cui potrebbero verificare l`assiduità della frequenza già sulla base dei quantitativi ordinati. Ad un calo inspiegabile di ciascun ordine di fornitura seguirebbe immediatamente un`accurata indagine per  stabilirne le cause e sarebbe certamente loro grande premura dare agli insegnanti-cuochi  tutto l`aiuto possibile per risolvere in modo soddisfacente eventuali problemi di disaffezione degli alunni dalla frequentazione delle gelaterie o pizzerie scolastiche.
     Tralasciamo gli altri aspetti secondari  e licenziamo questa modesta proposta  swiftiana colla speranza che essa aiuti a riflettere su che cosa sta succedendo nelle istituzioni scolastiche all`estero. Poiché non crediamo ai miracoli non speriamo in alcun miglioramento. Ma che almeno si sappia a che livello  è sceso il nostro Paese in questo settore.

 Totò  Sapore*  (pseudonimo da un racconto di Roberto Piumini)

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