Freitag, 4. Januar 2013


“AUSTERONAUTI”: una nuova corrente della scuola neoliberista

Si erano posti l’obiettivo di risanare il debito pubblico con una strategia apparentemente plausibile: ridurre le spese statali ed aumentare gli introiti fiscali.
Avevano pensato a tutti i dettagli meno che ad un piccolo particolare: che l’economia continua a funzionare secondo le sue proprie leggi e non assecondando i desideri o le illusioni dei governanti.
 E fra le leggi ferree c’è quella della domanda e dell’offerta: se diminuisce la domanda diviene inutile ed impossibile mantenere o accrescere l’offerta.
Prima conseguenza immediata la recessione economica e la disoccupazione. 
E poiché gli introiti fiscali ( se duraturi e non estemporanei come quelli ricavati dalla tassazione di immobili o dalla svendita del patrimonio statale con privatizzazioni selvagge) devono provenire dall’accresciuto scambio di beni e quindi dalla crescita economica, l’aver dimenticato questo piccolo particolare ha condotto insieme alla recessione anche ad un aumento del debito pubblico, dovuto alla conseguente riduzione – questa volta duratura e strutturale – del prelievo fiscale.
Qualunque allevatore sa che non è diminuendo il foraggio che le vacche danno più latte, e che se è necessario risparmiare non è certo affamando i bovini che un’azienda  agricola può sperare di riprendersi. 
Ma i nostri “austeronauti” non sono di questo mondo, volano osservando  dall’alto le miserie umane con sguardo corrugato ogni volta che vedono il panorama non corrispondere alle mappe teoriche da essi disegnate.
Navigano costoro nel vuoto spazio delle teorie economiche neoliberiste, fra i pianeti Friedrich August Hayek, Ludwig von Mises, Milton Friedman e altri meno noti della lontana galassia dei  "Chicago Boys" e degli asteroidi generati dalla frantumazione delle idee neoliberiste  mal digerite e incoscientemente applicate da politici del calibro di Ronald Reagan, Margaret Thacher ed Augusto Pinochet, ai quali tutto si può rinfacciare meno di l’ eccesso di democrazia.
 Epigoni neoliberisti, gli “austeronauti” contemporanei, che si distinguono per saper compensare la loro carente intelligenza dei problemi economici con un’estrema rigidità nell’applicazione delle formule (al loro confronto qualunque mulo appare come un miracolo di flessibilità), altro non fanno che riproporre la nota ricetta “more of the same” (cioè sempre la stessa medicina sbagliata, ma in dosi crescenti) quando devono ammettere che i risultati del loro incosciente agire producono effetti opposti e devastanti. 
In alcuni casi, come per un noto professore di un’università milanese, si sarebbe quasi tentati di augurargli un successo alle prossime elezioni, purché non ritorni ad insegnare diffondendo fra i malcapitati studenti di economia le deliranti teorie mal digerite, della cui applicazione gli eloquenti risultati sono dinanzi agli occhi di tutti.
Parafrasando una frase famosa “tutto è perduto fuorché l’onore” si può certo riconoscere che grazie alla cura di questo “austeronauta” l’ Italia è rimasta in Europa “a testa alta”: ma ciò è unicamente dovuto al fatto che non c’è altra scelta che tenere alta la testa quando si è nella mer… fino al collo. 

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