Sonntag, 20. Januar 2013


„Il passo più lungo della gamba“ ovvero la favola dei Paesi mediterranei che avrebbero vissuto al di sopra delle proprie possibilità.

Gli “eurodipendenti” salvaeuro (uso questo termine poiché i difensori della moneta unica hanno da lungo abbandonato le argomentazioni logiche rifugiandosi da un lato nelle menzogne e nella confusione informativa e dall’altro nella mistica divinizzazione dell’euro-idra dalle 17 teste) mentono sapendo di mentire.
La cancelliera tedesca non fa che ripetere la trita litania “se cade l’euro cade l’Europa” alla quale sarebbe fin troppo facile rispondere chiedendo come allora faceva l’Europa a stare in piedi prima dell’euro (e ci stava benissimo, non c’erano neanche lontanamente le tensioni e le spinte centrifughe, nazionaliste, nonché la rovina economica di tanti Paesi che sta puntualmente arrivando anche in Germania). Ma una volta che una decisione fatale è divenuta dogma, deve essere difesa ad ogni costo. Infatti, e questo è invece verissimo, se cade l’euro cadono politicamente tante teste, quelle di coloro che l’ hanno imposto incautamente o perseguendo fini ben diversi dal bene comune europeo.
Uno dei ritornelli più fastidiosi poiché giocano falsamente sul comune buonsenso, è l’accusa ai Paesi mediterranei indebitati in misura irrimediabile, di essere "vissuti al di sopra delle proprie possibilità”.  Quando un privato si indebita e fatica a restituire i prestiti si dice popolarmente che ha fatto “il passo più lungo della gamba”. Ma uno Stato non è paragonabile ad un privato. Nemmeno se prendesse prestiti per regalare i soldi ai propri cittadini varrebbe il paragone col privato. Perché? Semplice: nessuno presta ad uno Stato senza le garanzie necessarie, e se lo fa chiede interessi così alti da recuperare in pochi anni il capitale prestato, poi può anche rinunciare alla restituzione di una parte del prestito, tanto ha già recuperato l’investimento. In realtà poi i debiti si commerciano, ed infatti finora solo i privati hanno rimesso soldi con le obbligazioni dei debiti pubblici greci, come già era successo con quelli argentini. Le banche tutte hanno sbolognato in tempo ai privati i titoli inesigibili, e quelle che non lo hanno fatto in tempo hanno ricevuto il rimborso dallo Stato cioè dai contribuenti.  A pagare sono sempre i cittadini. 

I prestiti altro non sono che un pagamento in anticipo per prodotti o servizi futuri. Nessuna economia, nemmeno la più primitiva o unicamente rurale può funzionare senza prestiti.
In alcune regioni italiane del Mezzogiorno ad esempio fino all’Ottocento vigevano i “contratti alla voce”, cioè un anticipo ai contadini affinché potessero seminare e coltivare da parte dei mercanti che poi acquistavano i prodotti, laddove il prezzo non era stabilito una volta per tutte all’inizio ma veniva contrattato con la partecipazione dei contadini al momento del raccolto.
In altri termini quello che succede alla borsa commerciale di Chicago, dove però i contratti vengono commerciati in continuazione a fini speculativi senza possibilità di partecipazione dei produttori.  

Dunque l’affermazione  “la Grecia è vissuta al di sopra delle proprie possibilità” è tanto efficace politicamente per imporre misure di risparmio deliranti e distruttive quanto assurda se esaminata nell’ottica dei processi economici. Nessuno infatti è vissuto “al di sopra delle proprie possibilità” né in Grecia né altrove: semplicemente qualcuno è vissuto …  a spese di altri !  Cioè (relativamente) pochi profittatori hanno approfittato dell’indebitamento statale e privato per arricchirsi. E trasferire nelle proprie tasche e nelle banche sicure quanto prelevato alla maggioranza dei lavoratori e cittadini contribuenti.

Il passo più corto della gamba

Ma esiste invece una realtà indiscutibile e perniciosa economicamente: il risparmio eccessivo e improduttivo. Che in genere viene richiesto dai Paesi dove questo tipo di comportamento è tendenzialmente diffuso  agli altri Paesi verso i quali il risparmio eccessivo dei primi si dirige.
Veniamo al concreto: la Germania, per fare un esempio, nell’ ultima dozzina d’anni  ha bloccato i salari riducendo il potere d’acquisto dei lavoratori, ha tagliato servizi sociali, contributi ai bisognosi (tanto che è dovuta intervenitre la Corte Costituzionale per dichiarare anticostituzionali alcune leggi tanto restrittive ed avare da essere lesive della dignità dell’uomo).  I risparmi sono serviti ad incrementare le esportazioni facendo pendere la bilancia dei pagamenti a sfavore dei Paesi mediterranei importatori o concorrenti sui mercati internazionali. Ad un certo punto la cancelliera ha dovuto addirittura mettere un freno a questa  politica insensata poiché generava una pericolosa deflazione nonché una crisi di sovrapproduzione. E’ stata la famosa “rottamazione sovvenzionata” (Abwrackprämie), con la quale si incentivarono possessori di auto ancora ben funzionanti a farle rottamare per acquistarne nuove riducendo gli stock invenduti delle grandi industrie automobilistiche.
Lo stesso risultato si poteva ottenere pagando direttamente agli azionisti di queste industrie la stessa somma sovvenzionata  al netto delle imposte: e si potevano mandare in vacanza pagata gli operai invece di impegnarli a costruire altre auto che nuovamente, a poca distanza di tempo, tornano ad essere invendute e quindi questa volta le fabbriche chiudono e licenziano gli addetti (es. Opel).   

L’equilibrio in economia non esiste

Se non ci fosse differenza di valore in prospettiva, nessuno venderebbe le azioni che garantiscono buoni dividendi, e nessuno acquisterebbe quelle che non li possono offrire.
Tutto il commercio si basa sulle previsioni (vere o fasulle) di presunti guadagni.
E queste previsioni sono diverse poiché le informazioni non sono a tutti e totalmente disponibili e quindi chi sa o crede di sapere qualcosa in più di altri, acquista o vende in modo corrispondente  (e deve in ogni caso trovare un venditore o un compratore che effettua una valutazione basata su informazioni di segno opposto).
L’equilibrio non può esistere però nemmeno negli scambi fra gli Stati, dove per una serie di condizioni ancor più difficili da valutare (come dimostrano le cantonate prese dalle agenzie di “rating”) o di informazioni volutamente falsate (v. sopra) solo il mercato e cioè le valutazioni dei rischi da parte degli operatori può far emergere i rispettivi livelli di efficienza e produttività. Ma nel caso degli Stati interviene un correttivo sicuro ed efficace: la svalutazione o rivalutazione delle monete nazionali. Dove questo meccanismo fondamentale per gli scambi economici fra gli Stati viene a mancare, prima o poi si generano squilibri non più eliminabili.

E questo è appunto il caso dell’area euro. L’impossibilità di riequilibrare le economie tanto diverse tramite aggiustamenti delle rispettive valute  impedisce che in caso di debiti eccessivi rispetto alla capacità di onorarli l’economia degli Stati in difficoltà possa recuperare allineandosi ai valori che si determinano nel gioco della domanda  e dell’offerta, che resta pur sempre una delle poche leggi  fondamentali dell’economia.  E che a credere di poterla eliminare si provocano i disastri che vediamo  ora con l’euro.

Competenza economica e democrazia

Alcuni hanno proposto un referendum sull’ euro: mantenimento, abolizione, modifica dei criteri, ecc. ecc.
Orbene, una decisione democratica, anche se sbagliata, è generalmente da preferire ad una giusta presa in modo autoritario. Col corollario che l’errore commesso democraticamente possa essere altrettanto democraticamente corretto. 
Nulla di tutto ciò è avvenuto o sembra possibile per l’euro. 
Sembra ripetersi lo stesso caso delle decisioni fintamente democratiche ma di fatto autoritarie:
al popolo greco venne di fatto impedito il referendum proposto da Papandreu, costretto per questo a dare le dimissioni. Sull’Italia meglio sorvolare. Ma anche in Germania i cittadini non sono stati direttamente chiamati a decidere (infatti avrebbero con ogni probabilità deciso di no sull'euro, e in futuro saranno ancor più contrari, dunque nessun partito si avventurerà a proporre un referendum). 
In Inghilterra si sta preparando un referendum addirittura per l’uscita dall’ Europa: e dire che non hanno nemmeno l’euro, quindi un problema in meno!
Ma tant’è, l’immagine che dà di sè l’Eurozona è tanto scoraggiante che l’Europa stessa ha perduto ogni attrattività. 
Qualcuno dirà: ma la Croazia preme per entrare a metà anno.
Sì, verissimo, ma chi preme è la casta politica che ha fatto i propri calcoli e tutti coloro che a torto o a ragione pensano di guadagnarci. E quelli che si sono fatti menare per il naso dai precedenti.
Come in Italia coloro che nonostante tutto scommettono su Monti o sugli altri partiti autoetichettatisi di destra o sinistra, ma comunque eurodipendenti acritici. 
E per finire: resta la curiosità di vedere come verrà giustificata la prossima infrazione alle norme relative all’euro per salvare Cipro (o meglio i milionari russi che colà hanno trovato il paradiso fiscale legale, come prima era stata l’Irlanda).  
Probabilmente la risposta alle critiche sarà: in fondo è un piccolo Paese, sono pochi miliardi, dunque la violazione delle regole dei trattati europei sono piccole cose, un sacrificio minimo per … salvare l’euro.
Resta da vedere quale sarà dopo Cipro il prossimo Paese, …. e le prossime  scuse e menzogne per salvare l’insalvabile.     

Keine Kommentare:

Kommentar veröffentlichen