Refe-orrendum - „per la durata di vita utile del giacimento“
L’etimologia del
termine referendum (riduzione dal latino “convocatio ad referendum”
,, convocazione per riferire) non aiuta a comprenderne il significato in senso
elettorale. la lingua tedesca per il significato moderno del termine
utilizza i lemmi “Volksentscheid”
o “Bürgerentscheid” (rispettivamente “decisione del popolo o dei
cittadini”).
Salvo la Svizzera, dove questo metodo di decisione politica è la base della
democrazia vera,
in tutto il resto del mondo i governanti sono piuttosto restii ad affidare
le decisioni politiche agli elettori tramite referendum perché
ben sanno che quasi sempre sarebbero smentiti.
In Italia il caso è come al solito speciale: di fatto la decisione popolare
non viene considerata vincolante, come avvenne ad esempio per il finanziamento
pubblico ai partiti (la legge che regolava questi finanziamenti fu abrogata,
ma unicamente per essere sostituita da
una nuova legge ancor più generosa verso i partiti). Idem per la legge di modifica della Costituzione del 2006,
rigettata dal popolo ma riproposta ed approvata in altra forma dal Parlamento.
Stupisce dunque la relativa frequenza dei referendum in
considerazione sia della loro insignificanza (i governanti ignorano i risultati
se non loro convenienti) sia dei notevoli ostacoli per imporli al potere (sulla loro ammissibilità decidono prima l' Ufficio centrale
per il Referendum è
costituito presso la Corte Suprema di Cassazione italiana e poi la Corte Costituzionale.
E non basta, poiché si devono fare i conti anche col quorum, che per i referendum abrogativi è il 50% degli
aventi diritto al voto (un vincolo non indifferente: ben 27 sui 66 finora
svolti, cioè il 40 %, non hanno infatti
raggiunto il quorum).
Evidentemente in Italia la relativa frequenza dei
referendum non è giustificata tanto dalla loro utilità quanto piuttosto
dall’ostilità giustificatissima dei cittadini
contro le oligarchie al potere che della volontà popolare se ne
strafottono.
Il prossimo referendum abrogativo sarà il 67mo dal 1948,
e curiosamente è anche il primo convocato per iniziativa di cinque regioni. Per
il resto invece anche questo rientra pienamente nella tradizione che sottolinea
il disprezzo verso i cittadini da parte dei governanti: per comprendere di che
cosa si tratta occorre andare a ricercare:
1)
il comma 17 , terzo periodo, dell’articolo 6 del decreto legislativo 3
aprile 2006 n. 152, ma non nella sua versione originaria poiché esso è stato
modificato dal ...
2)
... comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 208 ...
3)
... e una volta giunti a questo
testo si possono ricercare le parole
oggetto di scelta referendaria, parole che verrebbero cancellate se la maggioranza dei votanti col
raggiungimento del quorum votasse “si”.
Vale la pena riportare queste parole oggetto di
contestazione poiché si tratta di una chicca linguistico-filosofica di grande
interesse:
“per la durata di
vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di
salvaguardia ambientale”
Ovviamente senza aver sottomano le altre norme citate queste parole
sono incomprensibili.
Dunque risaliamo ai testi citati:
Reperito sulla gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 il testo
della legge, ecco la prima sorpresa: il citato “comma 17 ,
terzo periodo, dell’articolo 6 “ non
esiste, l’articolo ha soltanto 8 comma ! (http://www.sintai.sinanet.apat.it/normativa/152_2006.pdf)
Certo, che sciocco si dice il cittadino, l’articolo è stato modificato, quindi cancellato affinché non ne resti
memoria storica, esattamente come avveniva con le foto ritoccate da cui
sparivano le vittime delle purghe staliniane. Il cittadino non comprende perché
nella chiamata referendaria venga citata una norma che non esiste più ed è
irreperibile nelle pubblicazioni online. Ah, se avessi un magazzino dove
raccogliere i testi originali, non dovrei temere la iscrizione delle norme così
come secondo la profezia orwelliana si sta riscrivendo la storia intera. E va
dunque alla norma successiva che ha cancellato la precedente:
comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015 n.
208:
“ All'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il secondo e il
terzo periodo sono sostituiti dai seguenti: «Il divieto e' altresi' stabilito nelle zone di mare
poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e
dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi gia'
rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto deglistandard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attivita' dimanutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli
impianti e alla tutela dell'ambiente, nonche' le operazioni finali di ripristinoambientale».“Giunto a questo punto, il cittadino diligente che si è adoperato ad esercitare il proprio diritto-dovere
democratico per poter votare con conoscenza di causa ha una prima risposta :
la frase da eventualmente cancellare si riferisce ad
un divieto non meglio specificato (di cui non può sapere altro poiché la
norma di riferimento in cui veniva esplicitato non è più reperibile). Dalla frase oggetto
di scelta referendaria riesce unicamente a capire che si tratta di
“giacimenti” sottomarini, dunque probabilmente di azioni industriali su materie prime da
estrarre dal sottosuolo.
L’unica cosa che gli pare di comprendere è che la legge da
eventualmente modificare nella sua versione ancora valida menziona che, divieto
o meno, sono stati in qualche modo
rilasciati in passato dei titoli abilitativi
(a fare qualcosa che successivamente è stato vietato).
Il cittadino si chiede allora che cosa cambierebbe con la cancellazione
delle famose parole.
Comprende che la legge comunque ha l’obiettivo di non contestare i
“titoli abilitativi” (e gli è immediatamente chiara anche la scelta
lessicale: per analogia con titoli di studio op rofessionali i “titoli abilitativi” , nel contesto di un
divieto, suonano meglio che non
“autorizzazioni”).
Pur non avendo
potuto appurare di che cosa si tratta nonostante tutta la buona volontà ed il
tempo investito nella ricerca, il cittadino si chiede unicamente ancora che
differenza fa una norma che mantiene un’autorizzazione sic et simpliciter, o
una che come l’attuale la fa dipendere dalla “durata di vita utile del
giacimento”.
Che un
giacimento possa avere una vita gli appare una scelta ingegnosa del
legislatore: i giacimenti rappresentano
notoriamente pericoli per la natura e la vita di piante, animali e uomini,
dunque accostati al termine “vita” sembrano assumere caratteristiche meno
temibili.
“Durata di vita”
poi è quasi un termine biologico,
richiama l’eterna legge della natura.
L’incanto
finisce tuttavia quando il cittadino si chiede il perché dell’aggettivo “utile”
: in termini biologici non ci può essere vita utile o inutile! E dunque chiaramente se si tratta di un
qualcosa di inanimato come il giacimento l’espressione deve essere debitamente
tradotta in termini reali: durata di sfruttamento utile. Utile a chi ? Non
certo all’ambiente, visto che si parla di salvaguardarlo nel rispetto degli
“standard” (perché non scrivono “norme”: èvidentemente un termine vago è
preferibile a chi opera lo sfruttamento per la durata utile).
Il cittadino
sconcertato riflette su cosa rispondere al figlio maggiorenne che gli ha
chiesto lumi sul referendum:
- Hai scoperto
di che cosa si tratta papà?
- Sí e no. In parole povere
si tratta di aggiungere o togliere limiti ad una norma che autorizza le concessioni
già date per sfruttare giacimenti “finché c’è qualcosa da estrarre”. Voglio
esser più chiaro: la norma attuale dice che anche se in base a leggi successive
le autorizzazioni per estrarre materie prime dai giacimenti dovrebbero essere
revocate, pur tuttavia possono essere mantenute se rispettano le norme di
salvaguardia ambientale.
- Ma papà, come
fanno a rispettare le norme successive se in base ad esse le autorizzazioni non
potrebbero più essere concesse ? C’è una evidente contraddizione nella legge
attuale.
- Bravissimo
figlio mio, hai capito al volo: i
cittadini italiani sono chiamati alle urne per eliminare esattamente questa
contraddizione. Si cancellano le condizioni restrittive e si autorizza a fare
come se le norme successive non esistessero: chi ha dato ha dato chi ha avuto
ha avuto.
- Ma dove va a
finire il rispetto dell’ambiente papà?
- Figlio mio,
non si può far tutto: per ora si rispetta la logica e si elimina la
contraddizione nella norma. L’ambiente può aspettare.
- Papà che ne
facciamo delle schede elettorali ?
- Rispettiamo a
l’ambiente, mettiamole nella pattumiera blu.
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