IS e stampa mondiale, il trionfo della "ipocritocrazia". Riflessioni sulle cause e sulle possibilità di risolvere i conflitti in Medio Oriente e dintorni.
La stampa mondiale gareggia nella ricerca di aggettivi per dipingere a
tinte sempre più fosche le criminali imprese delle milizie IS, i politici tutti
si stracciano le vesti con condanne “severe, decise,ferme, senza appelli” e fin
qui non si può che concordare poiché è veramente in gioco non soltanto la pace
in quelle regioni colpite da flagello dell’autoproclamato sedicente califfato
islamico ma il futuro delle religioni e
della cultura. La distruzione delle memorie storiche è sempre stato uno dei
primi passi nell’assoggettamento dei popoli da parte degli invasori e fascisti:
lo hanno fatto nelle medesime regioni i Mongoli di Gengis Khan, i missionari
cattolici in America distruggendo i libri Maya e l’arte Atzeca, fino al rogo
dei libri e dell’arte “degenerata” nel periodo hitleriano.
Ciò che svela l’ipocrisia dei commentatori e politici contemporanei è
tuttavia la presentazione dei crimini IS come un qualcosa di nuovo ed inusitato
nel goffo tentativo di riscrivere la storia per cancellare i crimini
altrettanto se non maggiori commessi dai Paesi esportatori di democrazia sulla
punta delle baionette nella medesima regione.
L’ex Ministro francese dell’istruzione Jack Lang ha giustamente paragonato
le sciagurate distruzioni di beni culturali da parte dell’IS ai crimini
nazisti. Ma evidentemente gli scribi della stampa mondiale devono avere la
memoria corta o estremamente selettiva poiché nessuno si è ricordato che
esattamente in Irak il bombardamento
del Museo nazionale e la distruzione della biblioteca nazionale avvennero nei
primi giorni dell’invasione nel 2003, che fu innegabilmente una guerra
preventiva e di aggressione (UN-Resolution 1441) in violazione della Carta dell’ONU, meritevole
di una condanna rimasta sulla carta poiché i due principali attori (USA e GB)
bloccarono la citata risoluzione col loro veto. Possiamo sorvolare sui danni
causati dallo stazionamento di mezzi militari nelle zone archeologiche e tutte
le altre distruzioni ma non sul fatto che da allora i reperti più preziosi sono
finiti sul mercato nero Occidentale e prima o poi li si vedrà nei musei dei
Paesi democratici.
Dunque ad essere onesti si dovrebbe parlare nel caso delle distruzioni IS
di un”dejá vu”, di una ripetizione in piccolo delle grandi distruzioni di beni
culturali avvenute in tutte le epoche, a cominciare dalla lingue e dalle
religioni (che credenti o meno si sia, si converrà che sono beni culturali da
difendere). Ma inquadrando con visione
storicamente onesta gli attuali odiosi crimini nel lunghissimo elenco dei fatti
analoghi si arriverebbe immediatamente a porre la domanda decisiva per
spiegarli: chi ha la responsabilità della nascita dell’IS ?
La risposta è facilissima ed incontestabile: coloro che hanno distrutto in
Irak le strutture statali che garantivano ordine e sicurezza. Indiscutibilmente
l’Irak era una dittatura, ma non diversa da tutte le altre dozzine al mondo
(sul numero preciso non serve qui discutere) e nonostante tutti i crimini che gli sono stati
attribuiti il regime di Saddam Hussein era incomparabilmente meno feroce di
quello dell’Arabia Saudita, e quest’ultimo non certo meno pericoloso ad es. per
gli USA, visto che 18 dei 19 attentatori alle Torri Gemelle erano appunto
cittadini dell’Arabia Saudita). La
situazione della cultura e non ultimo la posizione della donna nella società
irachena erano invece analoghe a quelle dei Paesi occidentali.
Ma se si comincia a fare questo doveroso raffronto, allora non ci si può
fermare all’Irak.
Occorre menzionare Libia, Siria, Afghanistan, Mali, e avanti in una
lunghissima serie di nazioni in cui gli interventi o diretti con guerre
criminali o indiretti con armamenti e finanziamenti di ribelli, hanno
distrutto le istituzioni statali e
causato l’emergere dei peggiori movimenti fanatici che hanno trasformato in
inferni questi Paesi un tempo prosperi o almeno pacifici o con conflitti
marginali che si potevano risolvere ed invece si sono allargati a macchia
d’olio.
I commentatori dei media mondiali cantano ovviamente all’unisono le loro
condanne dell’IS per dissimulare le vere colpe di questo tragico sviluppo,
colpe che innegabilmente sono dei regimi “democratici” USA e GB in testa, al
cui al servizio appunto la stampa mondiale si piega per codardia e interesse di
bottega.
Colpisce e sgomenta l’affannosa copertura
mediatica degli illusori progressi nella lotta contro i barbari sedicenti
islamisti dell’IS, che nonostante i bombardamenti non sembrano arretrare (ed
infatti le bombe democratiche colpiscono in genere più civili che non
militanti.
Un
fatto che evidentemente non preoccupano minimamente gli strateghi da strapazzo
che li comandano. La strategia USA dalla guerra di Corea in poi attraverso
tutte le altre successive invasioni ed ingerenze armate dirette ed indirette un
po’ ovunque nel mondo è stata sempre riducibile ad un concetto che più
primitivo non potrebbe essere: “we bomb THEM back to the stone age” dicevano i
generali al tempo della guerra in Vietnam (abbiamo visto con quali risultati)
ma, con una significativa modifica di linguaggio durante la prima guerra del
Golfo i generali dicevano “We kill IT” usando il pronome impersonale al posto
di quello personale come se invece di esseri umani si trattasse di bestiame.
Su questo aspetto rimando ad un interessante
studio linguistico sull’uso delle metafore e del linguaggio nei media e nella
comunicazione politica in materia di “lotta al terrorismo” (fra virgolette
poiché se si guardano i risultati, innegabilmente sembra piuttosto trattarsi di
una “coltivazione/promozione” del terrorismo, in ogni caso almeno il
finanziamento da parte di coloro che poi affermano di combatterlo, in
numerosissimi casi compreso quello più recente
dell’IS, è
ampiamente documentato) :http://www.gsi.uni-muenchen.de/personen/wiss_mitarbeiter/spencer/publ_spencer/jird_spencer_post_print.pdf
Tornando al punto centrale: se l’obiettivo fosse la soluzione del problema,
cioè l’isolamento degli estremisti fanatici e la ricostruzione di strutture
statali degne di questo nome per ristabilire ordine e pace, si comprende
immediatamente che non è con le
condanne verbali e gli tracciamenti di vesti, né coi bombardamenti che il
problema si può non dico risolvere ma nemmeno ridurre. Se l’intenzione fosse
onesta e la copertura mediatica dei
fatti non servisse piuttosto a giustificare l’impegno militare sempre più
intenso e dunque i profitti ingenti che
ne derivano, almeno un fatto dovrebbe far riflettere: come si spiega che
migliaia di giovani abbandonano i Paesi democratici occidentali in cui bene o
male potrebbero vivere in pace per andare a combattere a fianco di questi
barbari dell’IS ? Se si trattasse di pochi fanatici non ci sarebbe da
preoccuparsi poiché questi, come i mercenari ed i mafiosi, ci sono sempre stati
e sempre ci saranno.
Ciò che impone una riflessione è però il numero e l’età: sono migliaia e
sono giovanissimi.
E c’è anche fra di loro – incredibile ma documentato - un numero non
irrilevante di medici, tecnici e gente
che non sono dunque i classici “perdenti” nelle società occidentali. La chiave per comprendere
questo fenomeno preoccupante e per cercare soluzioni che non siano quelle false
attuali che unicamente ingigantiscono il problema è il concetto di
“risentimento”, uno strumento di analisi utilizzato dallo storico francese Marc
Ferro (v. qui in breve il concetto: http://ripostelaique.com/Le-terrorisme-islamique-explique.html
).
Non è infatti senza evidentissime e
documentate ragioni che i credenti musulmani e le popolazioni del Medio Oriente
e del Nord Africa nutrono un crescente risentimento per quando è stato commesso
a loro danno dalle Democrazie Occidentali.
L’Occidente con gli USA in testa seguiti da vicino da GB e Francia a
partire dalla guerra per il canale di Suez del 1956 hanno commesso ogni sorta
di “errori” (non scrivo crimini poiché non ci sono tribunali per condannarli e
quando ci sono – ONU - c’ è il veto per
impedire le condanne). A loro si è unita l’UE e la NATO, altri Paesi non
hanno voluto essere da meno, in particolare quando si trattata di compiacere
l’Attore principale nordamericano o certe nazioni erano da esso ricattate. Finché a dominare la politica internazionale
sarà questo “Impero del Caos” nordamericano che come riscrive la storia così fa
scrivere la cronaca per nascondere i fattacci di cui è responsabile attribuendo
con disinvolte capriole (il)logiche ad altri le colpe del proprio operato, i
conflitti nel mondo non potranno che aumentare di numero e di intensità. Nel
caso dell’IS non sarebbe difficile, cominciando ad ammettere le colpe
dell’Occidente e cercando le forze moderate all’interno di queste bande,
avviare un processo di pacificazione con GIUSTIZIA. Ma per far questo si
dovrebbero mettere da parte i profittatori del caos attuale (multinazionali
degli armamenti, dello sfruttamento energetico, del saccheggio delle risorse
naturali ed umane – e ultimamente anche culturali) e cercare il difficilissimo
dialogo … col nemico: la pace si fa appunto col nemico, ignorarlo, demonizzarlo
e come si vede anche bombardarlo non è mai servito a nulla.
L’alternativa potrebbe essere una sola: il rifiuto del dialogo e l’eliminazione di
tutti i ribelli. Un’alternativa che sicuramente nessun generale dotato di un
minimo di buon senso può anche soltanto immaginare, anche perché coi metodi
bellici attuali (drone, bombardamenti) per ogni terrorista ucciso una dozzina
prendono il suo posto.
Le armi occidentali in Medio Oriente non sono
la soluzione bensì la causa dei problemi, e tutti gli e in Medio Oriente è già in atto e sarà difficile fermarlo.
Nella stessa linea del dialogo, ancora più difficile, si situa il tentativo di alcuni parlamentari francesi di avviare una trattativa col dittatore Assad: se invece di demonizzarlo e dichiararlo spacciato anni or sono si fosse avviata invece una trattativa non ci sarebbe probabilmente oggi l'IS e avremmo 200.000 morti in meno.
osservatori militari
onesti e competenti sanno che Bagdad finirà come Saigon, è solo questione di
tempo e di altre centinaia di migliaia di morti.
E la dittatura che vi verrà insediata sarà
molto peggiore di quella che l’ha preceduta, probabilmente con Sharia e fine di
ogni barlume di democrazia, un qualcosa di simile a quanto da sempre vediamo in
Arabia Saudita: ma se si tollera e coopera con questa, per quale motivo opporsi
a quella inevitabile dell’IS ?
Il primo passo da compiere se si volesse
risolvere veramente il problema, è invece la ricerca dei motivi e moventi che
guidano gli atti indubbiamente criminali e brutali ad es. dell’IS (come dagli
altri movimenti analoghi) e la trattativa. Trattare con criminali è difficile,
ma quando serviva lo si è sempre fatto: da ultimo durante i conflitti
nell’ex-Jugoslavia, e se anche cosí non si sono risolti tutti i problemi, per
lo meno si è messo fine ai massacri.
Discutere col nemico invece di demonizzarlo
è ciò che sta facendo la cancelliera Merkel per l’Ucraina: e se non si fosse
decisa a questo passo dietro pressione fortissima dell’opinione pubblica
(nonché, inutile negarlo, degli interessi enormi dell’industria tedesca)
avrebbe prevalso il solito metodo dell’Impero del Caos. Un tentativo tutt’altro
che sventato poiché se non direttamente, strumentalizzando supini intermediari,
l’idiota e cinico invio di armi in Ucraina com
Keine Kommentare:
Kommentar veröffentlichen