Come gestire con successo i rapporti con la pubblica Amministrazione in Italia
Unico articolo
del C.P. a difesa del cittadino contro i soprusi dell’Amministrazione Pubblica
quando si configura il reato di “rifiuto d’atti d’Ufficio” (cioè i lavativi non
si degnano di rispondere a richieste scritte):
Art. 338
C.P.:« Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un
pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per
ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene
e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei
mesi a due anni.Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale
o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta
di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per
esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o
con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma
scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta
stessa».
Come
utilizzarlo? Il procedimento in sei
passi:
1)
Presentare
richiesta documentata per l’atto richiesto indicando che in caso di mancato
riscontro entro i termini di legge dalla notifica si presenterà denuncia alla
Procura Repubblica competente per il luogo (sede dell’ufficio o in caso di
Ministeri quella di Roma).
2)
Inviare con
Raccomandata R.R.
3)
Trascorsi 30
giorni dal ricevimento della notifica (ricevimento ricevuta di ritorno) inviare
denuncia alla Procura Repubblica (indirizzo reperibile in internet) con copia
della richiesta inevasa e fotocopia della ricevuta di ritorno. Nella denuncia
indicare come responsabile “Il dirigente pro tempore responsabile dell’ufficio”
4)
Inviare per
conoscenza all’ufficio che non ha reagito alla richiesta copia della denuncia
indicando che in caso di immediato adempimento “potrà” essere ritirata la
denuncia.
5)
Generalmente
a questo punto l’ufficio reagisce e risponde o esegue l’atto dovuto.Poi chiede
che la denuncia venga ritirata. È facoltà di chi l’ha presentata farlo o meno
(la postilla in cui si dice che la denuncia “potrà” essere ritirata serve
unicamente a fornire un motivo in più all’impiegato inadempiente: non è un obbligo e se come succede questi
ricorda la promessa basta rispondere che “potrà” era inteso come ipotesi, non
come impegno, cioè “potrà” non significa “vorrà”. E dunque l’impiegato dovrà
andarsi a giustificare dal giudice, e che gli serva da lezione per il
futuro.
È una procedura che ho ampiamente sperimentato,
in oltre 30 anni come dipendente amia volta dellal Pubblica Amministrazione e
sempre con successo immediato.
Per togliere ogni illusione utilizzo un
modulo prestampato , come lettera di accompagnamento alla richiesta, in cui sul recto indico
i dati sommari e sul verso riporto la
denuncia alla Procura Repubblica di ….., con tutti i dati (estremi della
richiesta, date di invio, di notifica, di ricevimento della ricevuta ritorno).
L’impiegato che riceve la richiesta, se ha un minimo di intelligenza, si
rende conto che il richiedente per così dire
ha già “la pistola puntata col colpo in canna”, quindi ha una
motivazione maggiore a non rischiare e risponde o esegue.
Raramente succede di trovare chi ciononostante non prende sul serio la
minaccia: e male gliene incoglie, meritatamente! Se la gente invece di
lamentarsi e subire reagisse sempre così (la legge c’è, basta avvalersene) la
morale del lavoro negli uffici pubblici cambierebbe.
Ulteriori informazioni sulla legge:
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