“Fiscal Compact” ovvero la corda offerta dall’UE alle nazioni in recessione economica per impiccarsi e mantenere l’attuale “Hackordnung” in Europa.
Nella stampa di regime in Italia c’è molta confusione concernente la mossa
di 16 economisti ed intellettuali che hanno lanciato la raccolta di firme per
un referendum inteso a limitare i danni del cosiddetto “Fiscal Compact” cioè
del “Patto di Stabilità”.
Un patto approvato quasi senza discussione da 25 dei 27 Paesi allora
facenti parte dell’UE (con le significative eccezioni di Inghilterra e
Repubblica Ceca, due Paesi che hanno mantenuto la propria sovranità monetaria e
rifiutato l’euro e sono infatti fra i meno toccati dalla crisi). Un referendum
certamente sgradito al governo che sta cercando invece di giustificare col
richiamo a questo Patto pacchetti di riforme altrimenti impresentabili.
I dettagli di questo Patto, per essere esaminati seriamente,
richiederebbero un lungo discorso tecnico, ma i fatti economici a tutti noti
rendono superfluo questo approfondimento, che sarebbe un po’ come smontare un
motore per capire il guasto di un’auto in panne quando già si vede che comunque mancano le ruote.
Infatti proprio di questo si tratta. Con questo Patto l’economia europea non
può assolutamente ripartire.
Concepito come le altre regole EU (che infatti non fa altro che ribadire
rincarandone la dose letale per lo
sviluppo economico), il Patto di Stabilità a parere quasi unanime dei migliori
economisti europei (e mondiali: il disastro europeo è studiato attentamente
anche negli altri continenti) sarebbe adatto ad una nazione o ad un gruppo di
esse che avesse compiutamente completato il processo d’integrazione economica,
finanziaria e fiscale con tutto il corollario di misure di compensazione e
sostegno. Un qualcosa che non esiste compiutamente nemmeno negli USA ad
esempio, dove gli squilibri fra gli Stati sono enormi ma appunto vengono
attutiti dall’ alta mobilità interna e da meccanismi di compensazione fiscale,
come del resto avviene fra le regioni tedesche (che sono rimaste in due –
Baviera e Baden-Württemberg - a pagare
- malvolentieri e non senza ricorsi al tribunale federale - per tutte le
altre).
Al contrario, il Patto di Stabilità europeo contiene unicamente le sanzioni
e tutti gli aspetti restrittivi e non invece le norme di compensazione
necessarie a far crescere insieme le economie verso un livello futuro omogeneo.
Questo obiettivo è rimasto nel migliore dei casi una petizione di principio (se
non chiaramente una falsa promessa), poiché, come appare sempre più evidente il
vero scopo del Patto di Stabilità, a sua volta finalizzato al mantenimento
della moneta (quasi) unica era e rimane quello di fossilizzare le posizioni
delle economie europee secondo una graduatoria che vede ad es. la Germania (seguita
da lontano da Austria e Olanda) conquistare una posizione predominante sia sul
mercato europeo che – e questa è la novità a molti sfuggita – sui mercati
mondiali.
E ciò a partire da quello cinese che è il vero obiettivo su cui si gioca il
futuro della competizione fra USA, BRICS (Brasile,Russia, India, Cina e
Sudafrica) ed Europa. Gli USA hanno compreso che il loro declino economico dopo
tante guerre sventurate e fallite può essere compensato unicamente bloccando
l’alleanza dell’ Europa con i BRICS e cercano infatti di legare a sé l’UE con
un accordo commerciale strategico (attualmente oggetto di trattativa segreta
!!), il cosiddetto TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
Questa guerra economica in pieno
svolgimento spiega anche l’intervento USA per destabilizzare l’Ucraina
(ipocritamente attribuendone la colpa alla Federazione Russa), un ritorno alla
guerra fredda per bloccare l’avvicinamento dell’Europa ad uno dei più
importanti Paesi del gruppo BRICS, appunto la Russia. Una situazione in cui detto per inciso l’UE sta facendo una
figura storicamente indegna appoggiando politicamente e finanziando un governo
come quello di Kiev, nato da un golpe e sostenuto da fascisti dichiarati
(epigoni dei collaboratori hitleriani) che “dialoga” coi dissidenti delle
regioni orientali con carri armati e bombardamenti.
Anche la collaborazione commerciale della Germania con la Cina è vista con
preoccupazione dagli USA, tanto che per bloccarne la critica, con tempestività
evidente sono state scoperti in Germania gli spioni USA e la stampa locale
alimenta l’indignazione di politici e cittadini per gli ascolti e le registrazioni di dati in violazione della sfera
privata da parte del sistema NSA statunitense.
Il problema di cui poco si parla ma che è invece il punto fondamentale è il
tentativo degli altri attori commerciali di privare il dollaro dell’attuale
ruolo dominante nel commercio mondiale e sostituirlo con altre valute (fra le
quali l’euro).
Si tratta di una manovra ovviamente inaccettabile per gli USA, poiché è
unicamente grazie al ruolo dominante del dollaro (di cui possono stampare
quantità illimitate) che i governi statunitensi hanno potuto finora evitare la
propria bancarotta e continuare a finanziare in tutto il resto del mondo parti
conflittuali a loro favorevoli o direttamente le proprie guerre di
aggressione.
Considerato in questo più ampio contesto strategico appare evidente che la
partita fra USA ed UE si riduce alla sfida dollaro - euro laddove il rischio
maggiore lo corre la Germania che è divenuta il partner principale della Cina
per le esportazioni tecnologiche e di qualità (nonché per le imprese tedesche
su quel territorio, basta vedere gli insediamenti tedeschi a Shanghai per
capire le dimensioni della dipendenza reciproca).
Senza l’euro, il marco tedesco fortemente rivalutato non avrebbe consentito
un tale sviluppo e solo grazie alla recessione economica ed alla
deindustrializzazione in corso nel resto d’Europa e principalmente in Italia e
Francia la Germania ha potuto conquistare una posizione di primato nelle
esportazioni verso la Cina ed i BRICS tutti. Una fine dell’esperimento
dell’euro comporterebbe la fine di questo primato tedesco, la rinascita
industriale di Italia e Francia ed il risanamento economico di Spagna,
Portogallo e Grecia.
Economicamente la funzione dei Paesi PIGS all’interno dell’area dell’euro è
di contribuire a mantenerne basso il corso della moneta comune rispetto al
dollaro a tutto profitto delle esportazioni europee ma soprattutto di quelle tedesche.
Dunque la contraddizione fra gli interessi tedeschi e dei PIGS è
insanabile: una vera ripresa dei PIGS sarebbe altrettanto nociva che la fine
dell’euro. E siccome nessuna vera ripresa economica dei PIGS è possibile senza
uscita dall’euro, ecco la necessità inderogabile di cementare questo vincolo
con un Patto di Stabilità, cosa che per ingenuità o sprovvedutezza il governo
Monti ha addirittura vincolato alla Costituzione con l’obbligo di pareggio del
bilancio cioè l’esclusione di indebitamento per stimolare l’economia (modifica
dell’art. 81 il 18.4.2012, una data tragica da ricordare) andando ben al di là
delle già micidiali restrizioni del Patto di Stabilità imposto dall’UE.
Possibilità di uscire da questo vicolo cieco non se ne vedono: bene ha fatto certamente Renzi ad andare in
Vietnam ed in Cina per cercare di aprire ulteriori sbocchi commerciali alle
imprese italiane, probabilmente qualcosa ha imparato dalla cancelliera Merkel
che è al suo settimo viaggio in quel Paese.
Ma come si è visto nell’ultimo incontro a livello EU, la politica dei
governanti tedeschi non cede di un
millimetro sulla strategia finora seguita, e non perché non si rendano conto
che la strategia dell’austerità e del
risanamento del debito puntando sul risparmio e la riduzione delle spese è del
tutto fallimentare ed è servita unicamente a far precipitare ancor più in rosso le posizione debitorie dei PIGS e
ad aumentare in essi la disoccupazione:
la verità è esattamente il contrario, è proprio questo risultato che serve a cementare
l’egemonia tedesca ed i rispettivi ranghi subalterni (“Hackordnung” il termine
popolare) dei rimanenti Paesi.
Velleitaria e rivelatrice di una totale incomprensione di questi meccanismi
strategici è dunque la posizione del Presidente del Consiglio Renzi, lodato
dalla Cancelliera per il suo dichiarato impegno ad attuare in Italia la
(brutta) copia delle riforme attuate dal Cancelliere socialdemocratico Schröder
all’inizio del secolo in Germania.
Non sono state infatti quelle
riforme (liberalizzazione del mercato del lavoro, moderazione salariale) se non
in misura irrilevante e temporanea a garantire la supremazia dell’economia
tedesca in Europa: è stato invece l’euro, che impedendo la svalutazione
concorrenziale ha inferto un colpo mortale alle economie meno efficienti
costrette a svalutare internamente con le conseguenze che sappiamo. La
conseguente disoccupazione crescente nelle aree periferiche è un regalo in più
all’economia tedesca poiché serve a drenare verso la Germania i lavoratori più
qualificati compensando l’altrimenti pericolosa carenza di manodopera ed a
garantire che le altre economie non possano divenire concorrenziali per
mancanza di manodopera qualificata.”
Non è dunque esagerato affermare che il “Fiscal Compact” è appunto la corda
offerta ai PIGS per impiccarsi. E purtroppo sappiamo anche chi è in Italia il
boia sorridente che ingenuamente si presta alla bisogna.
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