Biedermann und die Brandstifter / Omobono e gli incendiari. Considerazioni di fine anno 2013.
Sarà per deformazione professionale, ma quale filologo attribuisco maggiori
capacità di interpretazione della realtà - e spesso di previsione dei futuri
sviluppi - alla letteratura rispetto a tutte le altre discipline umane e scientifiche. Il
letterato – che spesso ha anche una formazione scientifica o per lo meno conoscenze in altri settori non letterari[1] combina capacità non comuni di osservazione con l’immaginazione e non ha
problemi nel trascendere la realtà e le sue regole apparenti. In un certo senso
la letteratura, essendo libera nella creazione di “mondi possibili”, va anche
oltre la filosofia poiché non è vincolata o finalizzata alla creazione di
sistemi severamente coerenti: le proprie creazioni sono sempre “opere aperte” che
consentono interpretazioni diverse. Ma giustamente lo stesso metodo scientifico deve riconoscere i propri limiti, come
ricordava Albert Einstein: “Quando le leggi matematiche si riferiscono alla
realtà non sono certe, e se sono certe non si riferiscono alla realtà”.
Per interpretare ciò che sta avvenendo in
Europa con una nuova forma di fascismo strisciante che avvolge tutte le istituzioni ho trovato utile rileggere il dramma di Max
Frisch. Non ne conosco la traduzione italiana, il cui titolo mi pare ridicolo: sul
nome Biedermann (usato per primo da un poeta di Radolfzell am Bodensee, Viktor
von Scheffel in tutt'altro contesto) sarebbe interessante dilungarsi, coi riferimenti al
periodo “Biedermaier” (poi scritto “Biedermeier”) e ben noto nella storia
dell’arte. Qui è sufficiente ricordare
che il protagonista è un esponente della media borghesia, proprietario di una
piccola manifattura di una lozione per capelli, il cui successo di vendita è
dovuto unicamente alla pubblicità e giammai alle intrinseche virtú (come
afferma lo stesso produttore signor Biedermann, i compratori “potrebbero
mettersi sui capelli la propria urina, farebbe lo stesso effetto”.
La trama del dramma in breve: due incendiari riescono con
inganno e spacciandosi per poveracci ad ottenere la fiducia e l'ospitalità dell’industriale e
di sua moglie, soprattutto a motivo della cattiva coscienza e dal desiderio di
giustificare la propria mancanza di scrupoli (un suo dipendente licenziato in
tronco si è impiccato per disperazione). E gli incendiari iniziano ad immagazzinare benzina
nel sottotetto della casa dell’industriale, che si rende conto sì di ciò che i
due stanno preparando ma finge di non sapere e di non vedere
sperando che il problema si risolva da solo. Come c’era da aspettarsi la casa
va in fiamme e i protagonisti all’inferno.
Su questo dramma, forse il più noto di Max
Frisch, non si contano le interpretazioni (scolastiche e non), facilitate dal
fatto che la prima stesura era motivata dalla presa del potere comunista in
Polonia e nei Paesi dell’Europa orientale satelliti dell’Unione Sovietica, ma
successivamente venne interpretata come parabola sull’ascesa del nazismo.
Pur distanziandosi da Bertold Brecht e dai
suoi drammi didattico-moralistici (Lehrstücke: nel sottotitolo Max
Frisch scrive infatti “Ein Lehrstück ohne Lehre”, un aforisma per dire
un dramma moralistico senza morale) e fatta salva la pluralità di
significati e di interpretazioni, è innegabile che il dramma può essere
legittimamente interpretato come
parabola della rinuncia per amore di quieto vivere, per interessata complicità, per incoscienza
e per la somma di tutte questi ed altri colpevoli atteggiamenti di una parte
della borghesia incosciente e/o incapace di attivarsi per contenere l’ascesa di
un sistema autoritario e criminale che alla fine si rivela come autodistruttivo
e nel quale tutti figurano come perdenti.
L’eurodipendenza e il feticismo della difesa
ad oltranza della moneta unica anche da parte dei governi dei Paesi che ne
subiscono le conseguenze più devastanti ricorda da vicino l’atteggiamento del
protagonista del dramma di Max Frisch.
Ma il paragone non si ferma alla moneta
unica. La guerra è per ora quasi soltanto economica (in Europa) ma non sono da trascurare gli aspetti di
preparazione militare, i tentativi di ritorno alla "Guerra Fredda" e i conflitti nei Paesi limitrofi in cui gli Stati europei intervengono per lo più peggiorando le situazioni (v. Libia e probabilmente Mali, Sudan, ecc. ecc.). C'è voluta la riluttanza del Congresso USA e l'astuzia di Putin per scongiurare una ancor più grave carneficina in Siria, dopo che i soliti ignoti avevano iniziato a sostenere militarmente i ribelli, rivelatisi poi più pericolosi del dittatore dichiarato decaduto ma sempre più saldamente al potere.
Anche le esportazioni di armi nelle aree
conflittuali inoltre assomigliano ancor più da vicino al procedere degli incendiari di
Max Frisch. Secondo il (Sipri- Stockholm International Peace Research Institute)
fra il 2006 ed il 2010, il totale delle esportazioni mondiali di armi vedeva ai
primi cinque posti dopo USA (30 %) e Russia (23%) ben tre Stati europei (
Germania 11%, Francia 7%, Gran Bretagna 4%). In Germania non si è ancora sopita
la critica alle massicce forniture di armi automatiche e carri armati nei Paesi
del Medio Oriente e segnatamente all’Arabia Saudita, ma intanto nel 2013, per
un valore di circa 9 miliardi di euro, 240 container con 15.000 tonnellate di
munizioni sono partiti dal porto di Amburgo.
In particolare preoccupante la tendenza all’esportazione
di armi individuali (pistole e fucili) nei Paesi non NATO risulta triplicato
dal 2011 (dal 7% al 21% del totale), armi che sembrano appositamente prodotte per
fomentare o comunque per alimentare le guerre civili.
C’è dunque più di un motivo per rileggere la
realtà di questo periodo sulla scorta del dramma di Max Frisch. Per poi iniziare
ad un impegno diretto per ricostruire la lesa democrazia e a forme di civile
resistenza se necessario per bloccare questo perverso cammino verso la miseria,
la distruzione e la preparazione dei conflitti: la letteratura può infatti servire
da strumento di comprensione ma il suo ruolo finisce qui, poi serve l’impegno
politico.
[1] Max Frisch, l’autore del dramma che
richiamo nel titolo, era architetto, Carlo Emilio Gadda era ingegnere, Primo
Levi ingegnere chimico, Paul Valery era anche un matematico oltre che avvocato,
Friedrich Schiller era un medico come anche Georg Büchner, Ernesto Sabato un
fisico e pittore oltre che scrittore.
In fin dei
conti potrebbe risultare che i letterati
puri sono in tutte le culture una minoranza rispetto a quelli che oltre
alla formazione o attività letteraria hanno avuto anche una formazione
scientifica (che l’abbiano praticata o meno è secondario, cosa che vale anche
per anche altre espressioni artistiche: Carlo Levi era medico ma lavorò
unicamente come pittore).
Interessante
notare come un gran numero di letterati abbiano avuto una formazione giuridica
(da Goethe a Kafka,
per esempio,
ma in tutte le nazioni e culture si trovano scrittori con questa combinazione
di interessi/formazione). La cosa non stupisce, poiché la letteratura è
fondamentalmente un’arte basata su tre funzioni: saper analizzare la realtà
cogliendo aspetti generalmente inosservati, saper collegare le osservazioni in
modo creativo immaginando possibilità diverse da quelle reali, saper descrivere
il risultato delle osservazioni riflessioni usando la lingua in maniera
eccellente.
L’avvocato
ha tutti i presupposti per riuscire in questo intento poiché ha una sensibilità
ed abilità retorica particolare per la
lingua (il suo strumento di lavoro), è addestrato a trovare aspetti non
evidenti della realtà che poi potrà sfruttare per ricostruire con la sua
arringa il “mondo possibile” da
presentare al giudice come “mondo reale” , cioè una ricostruzione dei fatti in
cui il proprio cliente ha ragione e l’opponente ha torto. Sostanzialmente
dunque la costruzione di “mondi possibili”
è l’identica attività sia che la svolga uno scrittore per comporre un
romanzo o un dramma o un avvocato (o PM)
per far assolvere (o condannare) un imputato.
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