La decisione della Corte Costituzionale e l’algebra.
Tenersi un parlamento eletto con una legge anticostituzionale o ritornare
al voto: questo il dilemma, seguito immediatamente dal prossimo: se si
rifacessero le elezioni, a quali forze politiche dare il mandato?
Il metodo per calcolo di incognite tramite compensazione e sostituzione
(al-ğabr wa-ʾl-muqābala) e noto come algebra, deriva dal titolo del libro di un
matematico arabo, di qui l’etimologia: „al-jabr“.
Le formule basilari sono note a tutti, e la loro formalizzazione
può essere spiegata anche col linguaggio ordinario: “meno per meno uguale più,
(- . -) = + significa ad es. “i nemici dei miei nemici sono i miei amici”.
Identificati i propri nemici basta dunque cercare i loro nemici per sapere
con chi combatterli.
A questa formula si può ricorrere anche in politica quando le incognite
rendono difficile la scelta. Nel caso concreto ed ammesso che si dovesse votare
in Italia a breve termine e con una legge meno indecente dell’attuale
dichiarata anticostituzionale, quali riflessioni potrebbero aiutare le scelte
di coloro che volendo il cambiamento per invertire la corsa verso il disastro
economico e sociale devono decidere quali forze sostenere in Parlamento ?
Pochi dubitano e nessuno è ormai più in grado di smentire che già da un
punto di vista strettamente economico-finanziario la permanenza dell’Italia
nell’area euro non consente allo stato attuale delle cose la minima speranza di
miglioramento.
Continuando nella servitù coatta alla moneta unica anche la democrazia non
ha la minima possibilità di venire ristabilita e la crescente disoccupazione
soprattutto giovanile impedisce e ancor più in futuro renderà irreversibile lo
scadimento dell’economia italiana ad umile ancella sottomessa agli interessi
dei Paesi dominanti in Europa, in particolare della Germania che infatti è
divenuta l’ambita meta di emigrazione dei giovani più intraprendenti e
professionalmente preparati che lasciano a migliaia i Paesi d’origine nell’area
mediterranea, nauseati dallo squallore politico clientelare che ivi regna e che
non offre loro alcuna speranza di poter valorizzazione le competenze acquisite.
Addirittura nei Paesi dell’Est usciti da un solo ventennio dal blocco comunista
(Repubblica Ceca, Polonia e perfino in Russia) si incontrano sempre più
numerosi laureati e diplomati in fuga dalla disoccupazione o sottoccupazione
cronica in cui è piombata la giovane generazione nell’area mediterranea.
Tutta colpa dell’euro: certamente no, la decadenza di questi Paesi
spregiativamente riassunti dall’acronimo (PIGS), Portogallo, Italia, Grecia,
Spagna, (= i maialini) ha radici più lontane e profonde. Ma altrettanto vero è
che è stata esattamente l’insensata introduzione dell’euro a bloccare ogni
possibile evoluzione positiva, cementando lo status quo di corruzione e
malgoverno economico ad unico tornaconto di detentori di rendite di posizione e
provocando uno spostamento di ricchezza dal basso verso l’alto senza riguardo
ai danni irreversibili causati ai rispettivi Paesi. Le situazioni sono diverse
nei dettagli fra i vari Paesi dell’area mediterranea, ma un aspetto li unisce
tutti: lo svuotamento di fatto della democrazia come conseguenza della cessione
alla burocrazia dell’Unione europea delle decisioni vitali in materia di
economia (“fiscal compact”) , cui corrisponde di fatto una subordinazione alla
legge del più forte in campo (invitabile puntare il dito contro la Germania).
Come sempre il caso dell’Italia è il più evidente: la fine di fatto della
democrazia è stata confermata ora anche
di diritto dalla Corte Costituzionale
che ha dichiarato illegittima la legge elettorale (e quindi come logica
conseguenza il malaffare di tutti i partiti coinvolti) che questa legge
liberticida hanno sottoscritto e comunque consentito approfittandone in maniera
indecente perdendo anche il senso della misura (con un superlavoro dei
tribunali per i casi continui di corruzione scoperti a tutti i livelli, a loro
volta la punta dell’iceberg di una realtà insopportabile.
La domanda aperta è dunque SE esiste ancora una possibilità di ripristinare di diritto e di fatto la
democrazia e la sovranità economica in Italia (che potrebbe far scuola, una
volta tanto nel bene, ai rimanenti Paesi dell’area “eurodolente” mediterranea)
e quale potrebbe essere la via.
Va definitivamente esclusa per evidenti ragioni la possibilità di catarsi
dei partiti corrotti ed insanabili che hanno finora governato l’Italia. I
patetici tentativi di certa sedicente sinistra di rinnovarsi affidandosi di
volta in volta alla facile retorica di improvvisati “leader” non fanno che confermare lo scadimento di un’opposizione
incapace appunto di un vero rinnovamento. E si tratta infatti di un compito
chiaramente impossibile poiché un partito colluso per lunghi anni nella
spartizione del potere con l’apparato “berlusco-dipendente” non può
ricostruirsi la (da lungo) perduta (e forse mai posseduta) verginità. Una
meretrice si può pentire e ricevere l’assoluzione, ma per poter dire “va e non
peccar più” bisogna saper fare i miracoli. E i miracoli nel PD non sono mai
avvenuti finora, né si ha il minimo segnale per credere che possano avvenire.
Idem per altre forze: abbiamo visto in passato che certi “leader” che si
presentavano come forze anticorruzione si sono poi rivelati piuttosto “lader”
di bassa Lega, come si dice in dialetto milanese.
Se una speranza di cambiamento politico c’è, questa può dunque emergere
unicamente dal di fuori da tutti i partiti esistenti.
I governanti della Repubblica Democratica Tedesca (anche qui come in certi
partiti l’aggettivo “democratico”
significava piuttosto l’opposto) vennero cacciati dal potere esattamente quando
la popolazione stanca delle farse elettorali si riprese il potere usurpato dai
falsi ed illegittimi rappresentanti unita dalla parola d’ordine urlata contro i
mandarini del potere: “Wir sind das Volk” , “noi siamo il popolo”.
Un analogo riprestino della democrazia anche in Italia non può avvenire che
con la partecipazione diretta dei cittadini, cosa possibile, esattamente come
nel caso della RFT, attraverso movimenti di massa al di fuori degli imbrogli
partitici.
I politologi e gli storici ci ricordano e spiegano tuttavia che ci sono
condizioni minime necessarie per il successo e
che nessun movimento è mai riuscito a cacciare usurpatori dal potere
senza un coordinamento ed un leader. Il fallimento e dissolvimento dei
movimenti effimeri come “Occupy Wall Street” negli USA o “Indignados” in Spagna
sono la prova che senza un minimo di struttura e di programma nessun movimento
può raggiungere i propri obiettivi. Anche i movimenti di resistenza locali a
difesa del territorio possono ottenere risultati soltanto rafforzando le
proprie strutture (vedi No TAV in Val Susa),
cercando alleanze (es. con l’opposizione a “Stuttgart 21”) e producendo
controinformazione per smascherare le menzogne dei corrotti detentori del
potere.
In Italia abbiamo la controprova che un movimento può portare in Parlamento
cittadini fino ad allora estranei alla politica dei partiti e non interessati a
farne un mestiere: ma ovviamente ciò è stato possibile soltanto grazie
all’iniziativa di un personaggio che da comico è divenuto leader del movimento
cresciuto al di là di ogni previsione sorprendendo lo stesso suo iniziatore.
Qualunque cosa si possa dire di male contro il leader del M5S Beppe Grillo, la
conferma che ha visto giusto e sta andando nella direzione corretta verso la
democrazia è data … esattamente dai suoi detrattori, che sono appunto a loro
volta i leader di tutti i partiti al governo grazie alla legge elettorale ora
confermata anticostituzionale, la cui eliminazione è esattamente uno dei punti
del programma di questo Movimento.
Quando tutti i profittatori di un sistema politico corrotto sono uniti
nell’attaccare un comune nemico la ragione deve giocoforza stare dalla parte di
quest’ultimo.
Messi alle corde i partiti al potere cercano infatti con ogni mezzo
(menzogne a ripetizione e distorsione dei fatti grazie a stampa e TV compiacenti poiché appese al filo dei
contributi statali) di gettare discredito sul Movimento nel quale giustamente
riconoscono il pericolo per loro mortale. Infatti se giungesse al potere, il
M5S ha ben chiaramente in programma di eliminare la corruzione politica
cominciando dall’abolizione del finanziamento ai partiti, semplicemente
attuando una decisione che il popolo italiano aveva chiaramente espresso in un
referendum ma che è stata ignorata dai partiti al potere, i quali tutti hanno
al contrario accresciuto il prelievo forzoso dalle tasche dei contribuenti con
un escamotage degno del più volgare dei truffatori, una legge per la quale il
procuratore generale della Corte dei Conti, ritenendola anticostituzionale ha
chiesto la corrispondente verifica una settimana or sono.
Il Movimento 5 Stelle, unico fra i partiti ora rappresentati in Parlamento
ha anticipato questa decisione rinunciando appunto al finanziamento e
restituendo ai cittadini i fondi prelevati in barba al verdetto referendario
del 1993, che tutti gli altri partiti allegramente contihanno ad in intascare a
piene mani (per poi farne uso tutt’altro che istituzionale, vedi i processi in
corso contro certi “lader” per uso privato in violazione anche della già
vergognosa legge ora sotto verifica).
In quanto all’euro il M5S propone un referendum: personalmente non credo
sia la miglior soluzione, a meno che non venga preceduto da una campagna di
corretta informazione, cosa appunto impossibile visto lo stato indecente dei
media in Italia (per libertà di stampa scaduta al 57 posto su 179 Paesi nel
mondo).
Che contro l’euro si scagli ora anche la Lega, e che forse anche quel che
rimane dei “berlusconidi” cercherà consensi proponendo l’uscita dall’eurozona
non preoccupa, sono manovre ben note.
Il M5S sembra correre il rischio di trovarsi in cattiva compagnia in
riferimento all’uscita dall’euro. La validità di un argomento tuttavia non
cessa per il solo fatto che oppositori lo facciano proprio. Primo, perché non
esiste un modo unico di tornare alla lira, secondo perché saranno le misure
successive a decidere se la fine dell’euro era finalizzata alla soluzione degli
altri gravi problemi o piuttosto si trattava di un cambio di facciata per
lasciare tutto com’era prima.
Ma la proposta di un referendum è
in ogni caso la prova che il M5S ha una base democratica, a dispetto di tutti
gli altri partiti, notoriamente dilaniati dalle lotte fra le fazioni e correnti
interne poiché composti da rappresentanti che della politica hanno fatto una
professione e quindi come in ogni mestiere devono far carriera e questo non può
avvenire che a spese degli altri fino a che il più astuto e con meno scrupoli
si impone.
Le lacerazioni interne ai partiti al governo (o alternativamente in
opposizione fasulla) non sono di natura ideologica ma unicamente mosse da
conflitti di potere, il metodo tradizionale per tenere insieme queste “armate
Brancaleone” sono dunque o la corruzione, l’acquisto dei voti o la vendita
delle tessere durante la finzione delle “primarie”.
E per la sopravvivenza al potere c’è la “disciplina di partito”, che nella
legge elettorale attuale ha trovato il più efficiente dei metodi, privando i
cittadini della possibilità di scegliere i candidati e riservandola ai
segretari di partito, divenuti giudici unici e con potere di vita e di morte
(politica) sui candidati. Una farsa ignobile che segna il supremo disprezzo della
democrazia, rimasta al più nella sigla di qualche partito.
Dunque per uscire da questa melma politica che sta finendo di distruggere
quel poco che resta di democrazia e di vita civile in Italia non resta al
momento che la speranza nei movimenti.
Quello 5Stelle è uno, potrebbero sorgerne altri, unica condizione è appunto
che siano al di fuori partiti attuali e non composti da politici di
professione. Solo così, come i cittadini della RDT hanno agito a suo tempo
ottenendo la caduta del muro di Berlino, gli italiani potranno demolire il
proprio “muro della vergogna”, eretto da una legge elettorale liberticida per
consentire ai partiti di governare contro i cittadini.
Le rivoluzioni migliori e durature sono quelle che avvengono nella testa
delle persone, poiché sono le convinzioni a muovere positivamente ed in modo
duraturo la storia, non i colpi di Stato.
Le ormai centinaia di migliaia di giovani emigrati dall’Italia nei Paesi
del Nord Europa invece di rassegnarsi a
sprecare energie per un rinnovamento illusorio dei partiti tradizionali
potrebbero o dar vita ad un Movimento
proprio o associarsi criticamente e
costruttivamente a quello che ha già condotto in Parlamento, per la prima volta
nella storia d’Italia, semplici cittadini non filtrati dalle congreghe
partitiche ma che si riconoscono in un programma piuttosto che in un leader.
Un leader che contrariamente a quello appena rimosso a fatica dal Senato,
non ha conflitti di interesse, non ricopre cariche politiche né entrerà mai in
Parlamento, e dal quale con ogni probabilità il Movimento da lui iniziato si
emanciperà poiché costituito da cittadini che l’azione politica non la vedono
come mestiere ma come missione.
Si nutrivano dubbi sul metodo di scelta dei candidati M5S avvenuto
tramite internet, per il pericolo di inquinamento da parte di disonesti e
profittatori: è avvenuto il contrario, alla prova dei fatti soltanto un numero
irrilevante di eletti hanno tradito l’impegno sottoscritto con la candidatura
nel M5S. Alla tentazione di tenersi l’intero vergognoso stipendio (il più alto
d’Europa) hanno ceduto infatti un paio soltanto. Qualunque partito dovrebbe
essere fiero di aver così pochi transfuga. E di converso i partiti che li hanno
accolti dovrebbero vergognarsi: ma è proprio la capacità di vergogna la virtù
più rara nella politica italiana.
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