Donnerstag, 15. Januar 2015

Charlie  e ciarlatani: dalla tragedia alla farsa



„Ciarlatano“designava secondo il vocabolario Treccani  “chi un tempo, sulle piazze, cavava i denti o vendeva rimedî che decantava miracolosi; la parola è rimasta in uso per indicare prestigiatori, giocolieri, e in genere chi vende in pubblico prodotti specifici o altre merci attirando la gente e incantandola con abbondanza di chiacchiere.” E ancor oggigiorno per estensione “chi si spaccia per quello che non è, chi cerca il proprio guadagno dandola ad intendere, impostore, gabbamondo
C’è anche una quasi profetica citazione di Ugo Foscolo “ i potenti sono talvolta meno astuti, ma più soverchiatori dei ciarlatani”. (http://www.treccani.it/vocabolario/ciarlatano/).
Etimologicamente il termine deriva da un incrocio fra “Cerretani”, abitanti di Cerreto, noti nel medioevo per svolger le attività sopra descritte in giro per l’Europa, e ciarlare. Anche il detto piemontese  “busiard cume ‘n gavadent”, bugiardo come un cavadenti” ha molto probabilmente la medesima origine.

L’associazione di parole del titolo non è casuale poiché il motto “Je suis Charlie” è divenuto immediatamente un marchio di fabbrica (borse, magliette, oggettistica di ogni genere in milioni di esemplari, un non trascurabile business per l’economia francese ed europea in crisi)   e l’incredibile campagna mediatica con cui TV e stampa è riuscita a far scendere e marciare in tutta Francia 5 milioni di cittadini essendo stata spacciata come reazione ad un supposto attacco alla “libertà d’opinione e di stampa”. Ma vediamo da vicino di che “libertà di stampa e di opinione” veramente si trattava: in sostanza il diritto di offendere i sentimenti religiosi altrui da parte di una rivista che prima di vedere la propria redazione decimata dal criminale attacco pochissimi conoscevano avendo una tiratura limitata e che era nota soprattutto per la dissacrazione delle religioni e le vignette a sfondo sessuale. Ed eccola divenuta immediatamente l’idolo delle masse, dei cittadini di ogni strato sociale  che  si sono precipitati nelle edicole ad accaparrarsi  l’ultima edizione col Maometto piangente che perdona gli assassini. E non è mancata nemmeno la speculazione, poiché essendo l’edizione esaurita oculati faccendieri ne hanno fatto incetta per rivenderla a prezzi da opera d’arte. In Francia il culto dei fumetti è diffuso anche fra gli intellettuali e finora la più prestigiosa rivista critica “Le canard enchainé” era una lettura obbligata per gran parte dei Francesi: ma non è da confondere con Chiarli Hebdo, poiché di ben altro livello e soggetta da sempre alle persecuzioni del potere politico che ne spiava le mosse alla faccia della libertà di opinione come è risultato dai processi intentati e vinti dagli editori. 
La Charlie-mania ha fatto addirittura passare in secondo ordine le altre vittime del supermercato parigino, benché per la popolazione sia esattamente questo il maggiore pericolo, quello di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato ed essere vittima di una carneficina da parte di fanatici pazzi istigati o prezzolati da organizzazioni terroristiche che sviliscono sentimenti religiosi per conseguire i loro o obiettivi che nulla hanno a che fare con l’Islam o altre religioni.
E non meraviglia che 40 capi di governo, sapendo di avere nei rispettivi Stati sempre meno seguito,  si siano dati appuntamento fingendo di essere alla testa della grande manifestazione di Parigi quando invece già la stessa foto di gruppo era un volgarissimo falso, scattata in altro momento coi politici circondati dalle forze dell’ordine e senza alcun cittadino presente.
E fra di essi (si veda in internet negli appositi siti l’elenco completo) numerosi governanti sono di fatto terroristi contro le proprie popolazioni o altre che sottomettono, e quindi ansiosi di essere “innocentati” mettendosi di fianco ai pochi che invece un resto di dignità ancora l’hanno. Dunque il motto “Je suis Charlie” nella loro bocca suonava piuttosto come “Je suis charlatan”.

Quello che dovrebbe preoccupare più di tutto  è però la penetrazione mediatica: basta uno slogan per attirare le folle, come i lemming dietro il flautista magico della favola.
Lo stesso giorno in cui avvenivano i tragici fatti di Parigi nei Paesi di religione islamica morivano un numero molto maggiore di cittadini innocenti sotto le bombe di vigliacchi  terroristi  o  come effetto collaterale dei bombardamenti democratici (drone USA e missili e bombe NATO) contro di essi: queste vittime innocenti non hanno meritato che un paio di righe frettolose delle agenzie di stampa, benché all’origine delle guerre civili ormai in corso in tutti i Paesi “democraticizzati” dall’Occidente con invasioni militari e bombardamenti indiscriminati ci sia la destabilizzazione dei regimi che, seppur corrotti come in tante altre parti del mondo, erano in grado di garantire alle popolazioni una sicurezza ora perduta per sempre. I terroristi hanno appena iniziato (purtroppo non ci si può illudere che l’eccidio di Parigi resti un episodio isolato) a rispondere riportando la guerra in casa degli aggressori.
Se la reazione continuerà ad essere quella che abbiamo appena visto, la guerra non potrà che inasprirsi: o l’Occidente inizia ad ammettere di aver commesso a sua volta crimini odiosi o l’Europa e l’Occidente nel suo insieme rischiano di doversi abituare a questi atti terroristici cosí come in Afganistan, Irak, Pakistan, Siria, Libia la martoriata popolazione si è adattata alle auto-bombe quotidiane.
Se si vuole veramente eliminare il terrorismo si deve cominciare ad ammettere tutti gli errori commessi finora. Sarebbe anzi più corretto chiamarli crimini:  che è stata infatti  se non una violazione del diritto internazionale l’invasione dell’Irak da parte degli USA basata su menzogne che la stampa – esattamente quella che ora si proclama ipocritamente “libera” aveva allegramente avallato? E la completa destabilizzazione della Libia coi bombardamenti della NATO fino all’assassinio del dittatore fino a poco prima corteggiato da parte della NATO? Senza dimenticare che la NATO in Libia a sua volta ha violato il diritto internazionale poiché la risoluzione dell’ONU consentiva solo la “zona di non sorvolo” e non già i bombardamenti ). Si deve dunque cercare l’accordo di pace con le forze islamiche più moderate per isolare i fanatici. Un primo passo sarebbe di almeno smetterla di finanziare il terrorismo come ha fatto finora, anche se indirettamente, sostenendo ipocritamente la peggiore dittatura della regione, l’Arabia Saudita.
Ma può invece purtroppo darsi che coloro che parlano di “combattere il terrorismo” intendano il concetto non come eliminazione del male (chiaramente impossibile coi mezzi militari) ma cinicamente come operazione finalizzata a perpetuare i conflitti per lucrare sulle vendite di armi e sulle commesse militari:  ed infatti sono gli stessi politici che siedono nei consigli di amministrazione delle multinazionali degli armamenti che lucrano crescenti profitti sul sangue delle popolazioni in varie parti del mondo.

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