“Pedagogia
linguicida” e PEGIDA ( “ Patrioti europei contro l’islamizzazione della
Germania”).
Vanno a fuoco in Germania (Vorra, Baviera)
le
case appena ristrutturate
per ospitare gli sfollati
siriani e di altri Paesi del Medio Oriente costretti a fuggire dopo gli
interventi di democratizzazione à la Bush & C (senza dimenticare la sciocchezza dell'UE in Libia).
Gli incendiari sono
neonazisti, ma il loro estremismo criminale è solo l’attuazione concreta di una
concezione razzista tanto diffusa quando inespressa (le indagini di opinione
concordano su valori intorno al 50 % della popolazione). Gli incendiari sono
probabilmente poche centinaia, a
marciare contro l’arrivo degli sfollati sono decine di migliaia, ma a temere
& detestare gli stranieri sono una marea in crescita.
Alla base di questo
timore irrazionale dello straniero c’è evidentemente una sensazione di
insoddisfazione e di risentimento verso le politiche di mortificazione
salariale e di perdita di prospettive professionali. Non a caso il timore degli
stranieri si manifesta maggiormente nelle zone orientali della Germania, dove
ci sono proporzionalmente meno stranieri ma economicamente si trovano i
perdenti della riunificazione tedesca, che infatti in crescente misura
rimpiangono (certo assurdamente) il passato regime comunista. E non è un caso
che in Turingia il governo regionale sia ora presieduto da un esponente del
partito “Die Linke” che è visto come continuazione della SED, il partito unico nel passato regime della RFT.
Come tutte le
paure irrazionali, l’odio verso gli stranieri si manifesta esattamente dove
stranieri ce ne sono di meno: qualcuno mi spieghi come si fa a temere
l’Islamizzazione della Germania da parte di un numero così insignificante: dello 0,4 % di stranieri in
Turingia, meno dello 0,01 sono
musulmani. Dunque siamo di fronte ad una fobia, che come tutte le patologie è difficile da curare con
argomenti oggettivi e richiami al buon senso.
Ma oltre alle
colpe della politica neoliberista che ha di fatto ridotto l’ex RDT ad una zona
salariale depressa per non dire colonia o serbatoio di manodopera a basso
prezzo, anche nelle regioni più sviluppate i partiti al potere, chi più chi
meno, subdolamente deviano le critiche contro le proprie nefaste politiche
verso il capro espiatorio straniero. Una manovra che fortunatamente trova forti
resistenze (a Dresda contro i 10.000 xenofobi di Pegida hanno marciato 9000
cittadini antifascisti) ma che ad alto livello politico vede piuttosto la
strizzatina d’occhio alle forze xenofobe.
Benché generalmente
divenuta immediatamente oggetto di ridicolo, la proposta del partito CSU, cioè
del pendant bavarese della CDU di obbligare gli stranieri a parlare tedesco in
famiglia è un dato preoccupante.
Questa proposta è finita immediatamente nel ridicolo: infatti nelle famiglie bavaresi il tedesco è piuttosto l'eccezione, si parla appunto il dialetto, e anche le interviste dei politici bavaresi, nonostante i loro sforzi di parlare il tedesco standard, vengono di regola trasmesse con sottotitoli affinché i tedeschi delle altre regioni possano capirli senza problemi.
Tuttavia la cosa è seria: a mezzo secolo dall’inizio dell’immigrazione
massiccia di lavoratori in Germania e nonostante l’evidenza contraria,
suffragata da innumerevoli studi e ricerche sul campo che hanno rivelato il nesso positivo fra mantenimento della lingua d'origine degli alunni stranieri e loro successo nella scuola tedesca (lo scrivente lo
ha dimostrato per l’italiano con studi pubblicati negli anni ’90), è sintomatico
che per un partito politico di maggioranza continui a vedere l’integrazione
degli stranieri unicamente sotto l’aspetto della completa assimilazione a
cominciare dall’abbandono della lingua d’origine.
Preoccupante è
soprattutto l’ignoranza dei più elementari studi sul campo: l’insuccesso
scolastico degli stranieri è infatti enormemente maggiore esattamente nelle
famiglie in cui la lingua materna è stata abbandonata (praticamente sempre
dietro insensato consiglio di insegnanti) per praticare il deleterio
“Gastarbeiter-Deutsch”, la lingua primitiva che i genitori apprendono in
fabbrica o nei cantieri.
In realtà poi il divieto della lingua d’origine è
limitato alle lingue di una specifica parte di immigrati (turchi, arabi, iranianai): inimmaginabile
infatti il divieto di parlare inglese o francese in famiglia.
Dunque un' ipocrita
ed ignorante proposta che rivela immediatamente, come la cartina di tornasole,
la xenofobia mascherata: lo straniero viene accettato … solo e quando non è più
tale ed ha rinunciato anche alla stessa lingua d’origine.
La linguista
finlandese Skuttnabb-Kangas per designare la cancellazione forzata delle lingue
d’origine ha coniato il termine “ pedagogia linguicida”, (che rima
involontariamente ma in modo inquietante
e significativo con “Pegida”) .
L’attacco alle
lingue di una popolazione da sempre è prerogativa dei regimi autoritari e
fascisti giunti al potere con colpi di stato: il fascismo proibì le lingue
straniere imponendo addirittura il cambiamento dei toponimi in tutte le regioni
di confine, il dittatore Franco in Spagna vietò il catalano ed il basco, non
senza conseguenze fino ai giorni nostri (v. movimenti indipendentisti), e i
golpisti di Kiev come prima legge hanno imposto in primavera l’ucraino come unica
lingua al posto del russo anche nelle regioni orientali: abbiamo visto con
quali risultati. In Turchia ci sono voluti decenni di guerra civile e migliaia di morti e
villaggi distrutti nell’insensata repressione contro i Curdi per giungere a cancellare
la legge che sanzionava con reclusione l’uso della lingua curda, e gli esempi
potrebbero continuare poiché purtroppo non c’è forse Paese al mondo in cui non
sia avvenuta in qualche forma più o meno cruenta un “linguicidio”.
Dunque
sintetizzando, l’attacco sconsiderato alle lingue degli stranieri e la xenofobia
del movimento Pegida possono essere riunite e sintetizzate riscrivendo
come: “Poorly Educated, Generally
Ignorants & Dummies Associated”.
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