L’UE: metamorfosi di un'idea. Catalizzatore l’euro: da collante a vetriolo.
I problemi
dell’EU, emersi in tutta la loro gravità alla prima prova del fuoco, cioè con la
crisi del 2008, hanno cause molto più remote che risalgono allo stravolgimento
dell'idea originaria dell’Unione Europea. Quella che secondo il trattato di
Roma del 1957 era stata progettata come Comunità Carbone & Acciaio per
evitare futuri conflitti armati sulle materie prime e solo gradualmente doveva
divenire una comunità politica attraverso un’integrazione progressiva e non
traumatica delle diversissime economie è divenuta invece un mostro burocratico
regolato da trattati che i popoli quando lasciati liberi di decidere hanno
rifiutato e poi approvato solo a denti stretti e con modifiche (Francia, Danimarca)
o dietro ricatti (Irlanda). E’ un fatto innegabile che la maggioranza dei
cittadini europei non ha potuto esprimersi direttamente e non pochi Parlamenti
hanno approvato i trattati senza alcun esame (in alcuni casi non era stato
nemmeno tradotto il testo nelle rispettive lingue nazionali !).
Un’Europa
auspicabile sarebbe quella di una federazione di liberi Stati ciascuno con
ampie autonomie e con un parlamento comune con poteri decisionali ma su poche
materie (difesa, finanze) e non come ora dominato dalla Commissione che non è
organo elettivo è un insulto alla democrazia. E non è un caso che le lobby
internazionali intrattengano oltre 15.000 agenti al loro soldo per influire
sulle decisioni della burocrazia di Bruxelles e solo quando i cittadini accorgendosene
in tempo avviano forme di resistenza i progetti a loro danno vengono
accantonati: una volta è la privatizzazione dell’acqua, un’altra volta
l’obbligo di gettare via l’olio dai tavoli dei ristoranti, e l’elenco delle
assurdità riempirebbe pagine e pagine.
Per non contare
le cose che si scoprono a posteriori, le truffe che evidentemente vedono i
funzionari europei o complici o incapaci.
C’è ancora chi
vaneggia gli Stati Uniti d’Europa sulla falsariga degli USA, dimenticando che
l’unione colà è stata possibile solo quando gli Stati del Nord l’ hanno imposta
a quelli del Sud invadendoli e sottomettendoli con la sanguinosa guerra di
Secessione.
In America
esistevano sì fra gli Stati Nord-Sud interessi contrapposti “risolti” appunto
con la guerra, ma a differenza dell’Europa non c’erano Stati con proprie
identità costruite in secoli di sviluppi storici e culturali diversissimi:
negli Stati Uniti non c’era alle spalle dei diversi Stati dell’Unione una
storia di secoli o millenaria.
Chi ignora questa
differenza fondamentale e impone in modo antidemocratico, come sta avvenendo,
un’unione sempre più allargata e culturalmente livellatrice in cui Paesi più
forti economicamente dettano legge a tutti gli altri non si deve meravigliare
delle reazioni popolari.
Né del fallimento
delle politiche economiche.
E’ un fatto
innegabile che mentre l’Unione si allarga ad es. alla Croazia, nel Regno Unito
si stia preparando il referendum per staccare la Scozia dall’Inghilterra, o in
Spagna la Catatonia dal resto del Paese.
Sono in tanti ad
ammonire che l’Europa non può continuare su questa strada che non conduce da
nessuna parte salvo alla rovina comune. Ed infatti i partiti estremisti di
destra, apertamente fascisti o dissimulati sotto altre bandiere, cercano in
tutti i Paesi di soffiare sul fuoco dei risentimenti nazionalisti e trovano
sempre più fertile terreno: l’Alba Dorata in Grecia, il Fronte Nazionale di
Marie Le Pen in Francia per citare solo i più noti. Il peggio è la pressione
che questi gruppi esercitano sugli altri partiti che si vedono costretti a
spostarsi a destra per non perdere voti.
Dunque i problemi
dell’UE sono molti e gravi, e probabilmente in buona parte non più risolvibili
senza sostanziali passi all’indietro, cioè ritornando alle sovranità nazionali
in senso democratico e , lungi dalle ideologie nazionaliste in rapida crescita,
con finalità di cooperazione a condizione della salvaguardia delle differenze
che invece di essere annientate e sostituite dalle “regole del più forte” siano
invece armonicamente valorizzate in senso di cooperazione internazionale.
Certamente i
problemi dell’EU non sono riducibili alla sola economia, ma nemmeno si può
pensare di risolverne anche soltanto uno a prescindere da un’inversione
radicale di rotta nel campo economico.
Il declassamento
dell’UE (tutti gli Stati meno cinque !) da parte delle agenzie di “rating” non
ha né sorpreso né preoccupato gli operatori/speculatori finanziari (“i mercati”
come si usa dire, per non nominare i responsabili), e lo provano inconfutabilmente
i risultati borsistici che hanno visto una crescita impressionante di tutti gli
indici europei nell’anno 2013.
Ci si dovrebbe
chiedere invece perché la disoccupazione giovanile verso il 40 % nei Paesi
mediterranei e i 25 milioni di disoccupati nell’UE non spaventino i “mercati”.
La risposta è
purtroppo semplicissima: la disoccupazione non interessa minimamente.
Infatti non è più il settore produttivo che
guida l’economia europea ma gli speculatori, e costoro prelevano i loro
profitti comunque vada: o incassano quando le loro speculazioni vanno a buon
fine o si fanno “salvare” coi soldi dei contribuenti quando vanno male.
E a controprova
si vede in questi giorni la flessione in borsa dovuta appunto alle emergenti
proposte di allentamento delle misure di austerità al fine di favorire
l’occupazione: paradossalmente fa più paura ai mercati la diminuzione della
disoccupazione che la modestissima e innocua regolazione del sistema bancario e
la paventata riduzione delle micidiali (per le popolazioni) politiche di
austerità (che hanno garantito profitti straordinari alla finanza
speculativa).
Chi ci rimette
sono sempre e solo i cittadini che i rispettivi Stati dissanguano con sempre
maggior imposizione fiscale e le imprese che devono chiudere perché ultra-tassate
da un lato e prive di sbocco per i propri prodotti dall’altro a causa delle
politiche di austerità. E’ un meccanismo che si comprende anche senza essere
economisti di professione, e negli scorsi anni sono apparsi eloquenti documenti
e moniti, dei 300, dei 120, dei 100, dei 15 economisti, in Italia, Francia,
Inghilterra, tutti contro le politiche dell'UE, ed anche il FMI ha pianto
lacrime di coccodrillo constatando (e come poteva negarlo) che l'austerità
lungi dal risolvere i problemi del debito lo ha aumentato in tutti i Paesi che
hanno obbedito al diktat della Troika.
Non tutti i
problemi possono essere affrontati contemporaneamente, ma quello che si può e
si deve fare invece con estrema urgenza è evitare di proseguire sulla strada
sbagliata dell’austerità, un’idiozia economica che serve unicamente a spostare
ricchezza dal basso verso i pochi profittatori e nel contempo distrugge intere
economie, anche quelle che strutturalmente avevano i mezzi per uscire dalla
crisi con le proprie forze. Fra questi senza dubbio c’è l’Italia, che pur dopo
un ventennio di insensate politiche all’insegna della corruzione più sfrenata
aveva ancora un’industria competitiva situata soprattutto nel settore dei medi
e piccoli stabilimenti, che sono poi quelli che ancora cercano di resistere ma
con sempre minori speranze.
Per quanto
riguarda l’Italia ed i partiti al governo nemmeno con la più maligna fantasia
se ne possono immaginare dei peggiori.
Hanno fatto più
male all’Italia le cure insensate di Monti e di Letta che non i pur spaventosi
anni di berlusconismo (che non sono finiti ma continuano sotto altra etichetta,
grazie al salvataggio operato dal PD: che come si legge tre milioni di illusi
abbiano pagato 2 euro per poter votare l’attuale segretario PD la dice lunga
sullo sfacelo di quel partito).
Ma i fatti non
perdonano e si avvicina il punto di non ritorno: il futuro sarà un’Italia deindustrializzata e ridotta a serbatoio
di manodopera a basso prezzo per i Paesi del Nord: e si badi bene, non solo
della Germania, che è intesta nell’assorbire la parte migliore dei tecnici
italiani in fuga dal “Bel Paese”, poiché laureati italiani li si trova ormai
numerosi anche nei Paesi dell’Est nel blocco ex sovietico.
Se si volesse
scongiurare quanto sopra, e se almeno nel PD una parte almeno di coloro
che non hanno ancora venduto l’anima e
spesso altre pareti meno nobili del corpo alle destre di ogni tendenza avessero
il coraggio di guardare in faccia la realtà ed ammettere di essere stati
ingannati, venduti e turlupinati ci sarebbe ancora qualche speranza. Ma se si
esamina il panorama con realismo si deve immediatamente relegare questa ipotesi
nel campo delle utopie. Toccherà ad altre forze liquidare i corrotti e gli
inetti insieme ai turlupinati che continuano a non voler ammettere di essersi
fatti menare per il naso.
Una prima urgente
misura da adottare sarà inevitabilmente il recupero della sovranità monetaria,
cioè il ritorno alle valute nazionali. Meglio farlo al più presto e di propria
iniziativa, pianificando questo ritorno prima di esservi costretti con urgenza
dai “mercati”: gli speculatori sono in attesa.
Una controprova:
solo cinque Paesi non sono stati declassati (e hanno la tripla AAA): Germania,
Finlandia, Lussemburgo, Svezia e Danimarca, secondo gli illusi sarebbero i
“Paesi virtuosi”.
Ma di quali virtù
si tratta ? Questi Paesi hanno ben poco in comune, per quanto concerne
l’economia, e le ragioni della loro miglior situazione sono diverse: Danimarca
e Svezia non sono nell’area euro, quindi possono usare le loro monete nazionali
come strumento di compensazione (e lo hanno sempre fatto); lasciamo da parte il
Lussemburgo che ha un’economia retta dal sistema bancario privilegiato, resta
la Finlandia che con soli 5 milioni di abitanti su un territorio vastissimo ha un’economia
incentrata sull’esportazione che non soffre per le crisi come il resto
d’Europa.
In comune questi
Paesi hanno una sola cosa: non soffrono a causa dell’euro, e ciò perchè o
l’hanno intelligentemente rifutato o ne approfittano. Ma quello che era stato presentato come collante per una maggior integrazione dell'Unione è divenuto di fatto il vetriolo ch ene sfregia il volto.
È questo appunto
il caso della Germania (come Stato ovviamente, che se si va a vedere le
situazioni nel particolare si scopre che sono ben pochi coloro che ci hanno
guadagnato, la maggioranza anche qui è perdente).
La decantata
“virtù” della Germania, se si può chiamare tale, è il fatto che ha potuto
contare sulla mortificazione salariale e sulle famose leggi Hartz introdotte
dal governo socialdemocratico insieme al partito dei “Verdi” e ha saputo
utilizzare le regioni della ex RDT dopo la caduta del Muro come terreno di sperimentazione
delle ristrutturazioni e de-localizzazioni più selvagge, tanto che ad oltre un
ventennio dalla riunificazione l’ex DDR è ancora una zona di bassi salari e di
alta disoccupazione (non a caso un serbatoio di voti dell’estrema destra), uno
spauracchio per i lavoratori delle altre regioni che infatti hanno finora
accettato condizioni salariali che hanno condotto alla soglia della povertà
milioni di famiglie: se queste sono le misure che rendono un Paese “virtuoso”
qualunque vizio è preferibile a tale virtù.
Con tali misure è
evidente che non è difficile essere competitivi: e stranamente nessuno più
sembra notare che mentre da un lato si parla di Unione Europea per giustificare
le "politiche comunitarie" dall'altro ogni seconda affermazione riguarda
la "competitività" che sarebbe la viertù mancante dei Paesi in
difficoltà. Se ci si mette su questa strada allora ... reintroduciamo la
servitù della gleba e la schiavitù e nessuno sarà più competitivo di noi ...!
In Italia infine,
per concludere, dissento sul fatto che sarebbero i “populismi” sfrenati che
stanno portando il Paese alla rovina: non so bene che cosa si intenda per
populismi, l'unico che viene apertamente cosí apostrofato è il Movimento 5
Stelle, primo partito per voti raccolti in Italia alle ultime elezioni, che è
composto da semplici cittadini incensurati e al di fuori dei partiti, che si
sono autoridotte le diete, rifiutano i rimborsi elettorali, hanno un programma
trasparente e disponibile in internet, offrono la possibilità di contribuire
alla stesura delle proposte di legge e rivelano in internet tutte le oscenità
che via via stanno scoprendo nelle istituzioni e in parlamento.
Se questo è
populismo ben venga, il più sfrenato possibile, che è la salvezza rispetto al
marciume che conosciamo.
Ciò che sta
portando l'Italia alla rovina, è invece la cocciutaggine di tutti coloro che si
ostinano ottusamente a sperare nel cambiamento interno di partiti che, in toto,
tutti compresi e nessuno escluso, sono completamente marci e irrecuperabili. Solo
una sollevazione popolare può ancora salvare l’Italia, una sollevazione
democratica e pacifica ma che mandi a casa definitivamente tutti coloro che
finora hanno ignobilmente sguazzato nel sistema corrotto che giustamente non
tocca a nessun altro Paese “virtuoso” di sanare.
Saranno gli
italiani a salvare se stessi se vorranno, che se il salvataggio lo dovesse
attendere da questa Europa, l’Italia sarebbe degradata per generazioni a
espressione geografica: le migliori industrie in mano straniera grazie alle
privatizzazioni selvagge à la Monti & Letta, il resto smantellato,
resterebbe appunto quel poco di paesaggio non deturpato per i turisti dei …
“Paesi virtuosi”.
Keine Kommentare:
Kommentar veröffentlichen