Dienstag, 28. Januar 2014

L’UE: metamorfosi di un'idea. Catalizzatore l’euro:  da collante a vetriolo.




I problemi dell’EU, emersi in tutta la loro gravità alla prima prova del fuoco, cioè con la crisi del 2008, hanno cause molto più remote che risalgono allo stravolgimento dell'idea originaria dell’Unione Europea. Quella che secondo il trattato di Roma del 1957 era stata progettata come Comunità Carbone & Acciaio per evitare futuri conflitti armati sulle materie prime e solo gradualmente doveva divenire una comunità politica attraverso un’integrazione progressiva e non traumatica delle diversissime economie è divenuta invece un mostro burocratico regolato da trattati che i popoli quando lasciati liberi di decidere hanno rifiutato e poi approvato solo a denti stretti e con modifiche (Francia, Danimarca) o dietro ricatti (Irlanda). E’ un fatto innegabile che la maggioranza dei cittadini europei non ha potuto esprimersi direttamente e non pochi Parlamenti hanno approvato i trattati senza alcun esame (in alcuni casi non era stato nemmeno tradotto il testo nelle rispettive lingue nazionali !). 

Un’Europa auspicabile sarebbe quella di una federazione di liberi Stati ciascuno con ampie autonomie e con un parlamento comune con poteri decisionali ma su poche materie (difesa, finanze) e non come ora dominato dalla Commissione che non è organo elettivo è un insulto alla democrazia. E non è un caso che le lobby internazionali intrattengano oltre 15.000 agenti al loro soldo per influire sulle decisioni della burocrazia di Bruxelles e solo quando i cittadini accorgendosene in tempo avviano forme di resistenza i progetti a loro danno vengono accantonati: una volta è la privatizzazione dell’acqua, un’altra volta l’obbligo di gettare via l’olio dai tavoli dei ristoranti, e l’elenco delle assurdità riempirebbe pagine e pagine.
Per non contare le cose che si scoprono a posteriori, le truffe che evidentemente vedono i funzionari europei o complici o incapaci.
C’è ancora chi vaneggia gli Stati Uniti d’Europa sulla falsariga degli USA, dimenticando che l’unione colà è stata possibile solo quando gli Stati del Nord l’ hanno imposta a quelli del Sud invadendoli e sottomettendoli con la sanguinosa guerra di Secessione.
In America esistevano sì fra gli Stati Nord-Sud interessi contrapposti “risolti” appunto con la guerra, ma a differenza dell’Europa non c’erano Stati con proprie identità costruite in secoli di sviluppi storici e culturali diversissimi: negli Stati Uniti non c’era alle spalle dei diversi Stati dell’Unione una storia di secoli o millenaria.
Chi ignora questa differenza fondamentale e impone in modo antidemocratico, come sta avvenendo, un’unione sempre più allargata e culturalmente livellatrice in cui Paesi più forti economicamente dettano legge a tutti gli altri non si deve meravigliare delle reazioni popolari.
Né del fallimento delle politiche economiche.
E’ un fatto innegabile che mentre l’Unione si allarga ad es. alla Croazia, nel Regno Unito si stia preparando il referendum per staccare la Scozia dall’Inghilterra, o in Spagna la Catatonia dal resto del Paese.
Sono in tanti ad ammonire che l’Europa non può continuare su questa strada che non conduce da nessuna parte salvo alla rovina comune. Ed infatti i partiti estremisti di destra, apertamente fascisti o dissimulati sotto altre bandiere, cercano in tutti i Paesi di soffiare sul fuoco dei risentimenti nazionalisti e trovano sempre più fertile terreno: l’Alba Dorata in Grecia, il Fronte Nazionale di Marie Le Pen in Francia per citare solo i più noti. Il peggio è la pressione che questi gruppi esercitano sugli altri partiti che si vedono costretti a spostarsi a destra per non perdere voti.

Dunque i problemi dell’UE sono molti e gravi, e probabilmente in buona parte non più risolvibili senza sostanziali passi all’indietro, cioè ritornando alle sovranità nazionali in senso democratico e , lungi dalle ideologie nazionaliste in rapida crescita, con finalità di cooperazione a condizione della salvaguardia delle differenze che invece di essere annientate e sostituite dalle “regole del più forte” siano invece armonicamente valorizzate in senso di cooperazione internazionale.
Certamente i problemi dell’EU non sono riducibili alla sola economia, ma nemmeno si può pensare di risolverne anche soltanto uno a prescindere da un’inversione radicale di rotta nel campo economico.
Il declassamento dell’UE (tutti gli Stati meno cinque !) da parte delle agenzie di “rating” non ha né sorpreso né preoccupato gli operatori/speculatori finanziari (“i mercati” come si usa dire, per non nominare i responsabili), e lo provano inconfutabilmente i risultati borsistici che hanno visto una crescita impressionante di tutti gli indici europei nell’anno 2013.
Ci si dovrebbe chiedere invece perché la disoccupazione giovanile verso il 40 % nei Paesi mediterranei e i 25 milioni di disoccupati nell’UE non spaventino i “mercati”.
La risposta è purtroppo semplicissima: la disoccupazione non interessa minimamente.
 Infatti non è più il settore produttivo che guida l’economia europea ma gli speculatori, e costoro prelevano i loro profitti comunque vada: o incassano quando le loro speculazioni vanno a buon fine o si fanno “salvare” coi soldi dei contribuenti quando vanno male.
E a controprova si vede in questi giorni la flessione in borsa dovuta appunto alle emergenti proposte di allentamento delle misure di austerità al fine di favorire l’occupazione: paradossalmente fa più paura ai mercati la diminuzione della disoccupazione che la modestissima e innocua regolazione del sistema bancario e la paventata riduzione delle micidiali (per le popolazioni) politiche di austerità (che hanno garantito profitti straordinari alla finanza speculativa). 
 
Chi ci rimette sono sempre e solo i cittadini che i rispettivi Stati dissanguano con sempre maggior imposizione fiscale e le imprese che devono chiudere perché ultra-tassate da un lato e prive di sbocco per i propri prodotti dall’altro a causa delle politiche di austerità. E’ un meccanismo che si comprende anche senza essere economisti di professione, e negli scorsi anni sono apparsi eloquenti documenti e moniti, dei 300, dei 120, dei 100, dei 15 economisti, in Italia, Francia, Inghilterra, tutti contro le politiche dell'UE, ed anche il FMI ha pianto lacrime di coccodrillo constatando (e come poteva negarlo) che l'austerità lungi dal risolvere i problemi del debito lo ha aumentato in tutti i Paesi che hanno obbedito al diktat della Troika.

Non tutti i problemi possono essere affrontati contemporaneamente, ma quello che si può e si deve fare invece con estrema urgenza è evitare di proseguire sulla strada sbagliata dell’austerità, un’idiozia economica che serve unicamente a spostare ricchezza dal basso verso i pochi profittatori e nel contempo distrugge intere economie, anche quelle che strutturalmente avevano i mezzi per uscire dalla crisi con le proprie forze. Fra questi senza dubbio c’è l’Italia, che pur dopo un ventennio di insensate politiche all’insegna della corruzione più sfrenata aveva ancora un’industria competitiva situata soprattutto nel settore dei medi e piccoli stabilimenti, che sono poi quelli che ancora cercano di resistere ma con sempre minori speranze.

Per quanto riguarda l’Italia ed i partiti al governo nemmeno con la più maligna fantasia se ne possono immaginare dei peggiori.
Hanno fatto più male all’Italia le cure insensate di Monti e di Letta che non i pur spaventosi anni di berlusconismo (che non sono finiti ma continuano sotto altra etichetta, grazie al salvataggio operato dal PD: che come si legge tre milioni di illusi abbiano pagato 2 euro per poter votare l’attuale segretario PD la dice lunga sullo sfacelo di quel partito).
Ma i fatti non perdonano e si avvicina il punto di non ritorno:  il futuro sarà un’Italia deindustrializzata e ridotta a serbatoio di manodopera a basso prezzo per i Paesi del Nord: e si badi bene, non solo della Germania, che è intesta nell’assorbire la parte migliore dei tecnici italiani in fuga dal “Bel Paese”, poiché laureati italiani li si trova ormai numerosi anche nei Paesi dell’Est nel blocco ex sovietico.
Se si volesse scongiurare quanto sopra, e se almeno nel PD una parte almeno di coloro che  non hanno ancora venduto l’anima e spesso altre pareti meno nobili del corpo alle destre di ogni tendenza avessero il coraggio di guardare in faccia la realtà ed ammettere di essere stati ingannati, venduti e turlupinati ci sarebbe ancora qualche speranza. Ma se si esamina il panorama con realismo si deve immediatamente relegare questa ipotesi nel campo delle utopie. Toccherà ad altre forze liquidare i corrotti e gli inetti insieme ai turlupinati che continuano a non voler ammettere di essersi fatti menare per il naso.
Una prima urgente misura da adottare sarà inevitabilmente il recupero della sovranità monetaria, cioè il ritorno alle valute nazionali. Meglio farlo al più presto e di propria iniziativa, pianificando questo ritorno prima di esservi costretti con urgenza dai “mercati”: gli speculatori sono in attesa.
Una controprova: solo cinque Paesi non sono stati declassati (e hanno la tripla AAA): Germania, Finlandia, Lussemburgo, Svezia e Danimarca, secondo gli illusi sarebbero i “Paesi virtuosi”.
Ma di quali virtù si tratta ? Questi Paesi hanno ben poco in comune, per quanto concerne l’economia, e le ragioni della loro miglior situazione sono diverse: Danimarca e Svezia non sono nell’area euro, quindi possono usare le loro monete nazionali come strumento di compensazione (e lo hanno sempre fatto); lasciamo da parte il Lussemburgo che ha un’economia retta dal sistema bancario privilegiato, resta la Finlandia che con soli 5 milioni di abitanti su un territorio vastissimo ha un’economia incentrata sull’esportazione che non soffre per le crisi come il resto d’Europa.
In comune questi Paesi hanno una sola cosa: non soffrono a causa dell’euro, e ciò perchè o l’hanno intelligentemente rifutato o ne approfittano. Ma quello che era stato presentato come collante per una maggior integrazione dell'Unione è divenuto di fatto il vetriolo ch ene sfregia il volto. 

È questo appunto il caso della Germania (come Stato ovviamente, che se si va a vedere le situazioni nel particolare si scopre che sono ben pochi coloro che ci hanno guadagnato, la maggioranza anche qui è perdente).
La decantata “virtù” della Germania, se si può chiamare tale, è il fatto che ha potuto contare sulla mortificazione salariale e sulle famose leggi Hartz introdotte dal governo socialdemocratico insieme al partito dei “Verdi” e ha saputo utilizzare le regioni della ex RDT dopo la caduta del Muro come terreno di sperimentazione delle ristrutturazioni e de-localizzazioni più selvagge, tanto che ad oltre un ventennio dalla riunificazione l’ex DDR è ancora una zona di bassi salari e di alta disoccupazione (non a caso un serbatoio di voti dell’estrema destra), uno spauracchio per i lavoratori delle altre regioni che infatti hanno finora accettato condizioni salariali che hanno condotto alla soglia della povertà milioni di famiglie: se queste sono le misure che rendono un Paese “virtuoso” qualunque vizio è preferibile a tale virtù. 
Con tali misure è evidente che non è difficile essere competitivi: e stranamente nessuno più sembra notare che mentre da un lato si parla di Unione Europea per giustificare le "politiche comunitarie" dall'altro ogni seconda affermazione riguarda la "competitività" che sarebbe la viertù mancante dei Paesi in difficoltà. Se ci si mette su questa strada allora ... reintroduciamo la servitù della gleba e la schiavitù e nessuno sarà più competitivo di noi ...!
In Italia infine, per concludere, dissento sul fatto che sarebbero i “populismi” sfrenati che stanno portando il Paese alla rovina: non so bene che cosa si intenda per populismi, l'unico che viene apertamente cosí apostrofato è il Movimento 5 Stelle, primo partito per voti raccolti in Italia alle ultime elezioni, che è composto da semplici cittadini incensurati e al di fuori dei partiti, che si sono autoridotte le diete, rifiutano i rimborsi elettorali, hanno un programma trasparente e disponibile in internet, offrono la possibilità di contribuire alla stesura delle proposte di legge e rivelano in internet tutte le oscenità che via via stanno scoprendo nelle istituzioni e in parlamento.
Se questo è populismo ben venga, il più sfrenato possibile, che è la salvezza rispetto al marciume che conosciamo.
Ciò che sta portando l'Italia alla rovina, è invece la cocciutaggine di tutti coloro che si ostinano ottusamente a sperare nel cambiamento interno di partiti che, in toto, tutti compresi e nessuno escluso, sono completamente marci e irrecuperabili. Solo una sollevazione popolare può ancora salvare l’Italia, una sollevazione democratica e pacifica ma che mandi a casa definitivamente tutti coloro che finora hanno ignobilmente sguazzato nel sistema corrotto che giustamente non tocca a nessun altro Paese “virtuoso” di sanare.
Saranno gli italiani a salvare se stessi se vorranno, che se il salvataggio lo dovesse attendere da questa Europa, l’Italia sarebbe degradata per generazioni a espressione geografica: le migliori industrie in mano straniera grazie alle privatizzazioni selvagge à la Monti & Letta, il resto smantellato, resterebbe appunto quel poco di paesaggio non deturpato per i turisti dei … “Paesi virtuosi”. 


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