Dienstag, 24. Februar 2015

Se si volesse veramente salvare l’Euro (come FUTURA moneta unica).                     Il fallimento dell'illusione eurofila di Syriza.


Ad ogni riapparire della “crisi dell’euro” (che è già errore così definire poiché non è l’euro ad essere in crisi ma l’economia europea, l’euro al più ne è una delle cause e beninteso quella principale) ecco i sedicenti soloni che ignari delle anche più elementari nozioni di economia seminano paure di inflazione in caso di abbandono della moneta unica. È gente che non conosce evidentemente nemmeno la differenza fra “svalutazione” (che è cambiamento di corso fra valute diverse) ed “inflazione” che è invece il rapporto fra potere d’acquisto e prezzi all’interno di una moneta singola. Senza contare che il pericolo attuale in Europa è uno ben diverso, e cioè la “deflazione”, contro la quale il governatore della BCE Draghi sta cercando di combattere con le ultime misure economiche rimastegli a disposizione, ma con altrettanto  poche possibilità di successo.
Si ha spesso la sensazione che molti non soltanto non abbiano capito come funziona il capitalismo, ma all’interno di esso nemmeno abbiano la più pallida idea di come funziona la moneta. Su di essa è vero, circolano le teorie più stravaganti, ma recentemente qualcuno ha addirittura affermato, mal interpretando completamente il problema del cambio fra euro e  franco svizzero che “moneta grande schiaccia moneta piccola”. E questa sinceramente supera di gran lunga tutte le corbellerie finora sentite. Probabilmente questa enormità nasce dalla confusione con un detto popolare confermato dalla teoria, che invece storicamente è stato sempre vero: “la moneta cattiva scaccia quella buona” . Infatti  le monete coniate in metalli nobili, i regnanti le facevano o limare o rifondere con un tenore più basso di oro o argento si trovavano in difficoltà economiche: ma non appena la gente se ne accorgeva, tesaurizzava quelle “buone” e restavano in circolazione soltanto quelle “cattive”, cioè di bassa lega.
Il concetto si può traslare anche per le monete “fiat money”, cioè cartacee, il cui valore è attribuito non da un corrispettivo fisso con metalli preziosi  (gold standard) ma semplicemente dalla fiducia che in esse ripone chi le utilizza come mezzi di pagamento. Queste banconote si apprezzano o deprezzano in diretta proporzione con la fiducia  nello Stato che le stampa. Quando la moneta in circolazione supera di gran lunga il corrispettivo valore dei beni e servizi che con essa si possono acquistare, perché la zecca dello Stato stampa moneta eccedente per finanziare i buchi di bilancio, ecco l’inflazione. E superato un certo limite (iperinflazione) avviene un qualcosa di simile al detto iniziale, cioè la moneta nazionale viene sostituita da un’altra di valore stabile . Gli esempi più noti sono il corso parallelo del dollaro in Brasile o Argentina, ma in fondo anche la corsa al franco svizzero come bene rifugio segue la medesima logica, limitata per ora ai grandi capitali che fuggono dall’euro poiché lo vedono sottoposto a svalutazione forzata da parte della Banca Centrale Europea (operazione nota come Quantitative Easing, o popolarmente come ”il bazooka di Draghi”) .  
Il riferimento al problema del Franco Svizzero è per alcuni la premessa per dimostrare che ai Paesi europei e segnatamente per alla Grecia come all’Italia, è meglio tenere la “grande” moneta unica  piuttosto che tornare alle monete nazionali, che rischierebbero di venire “schiacciate” dall’euro come appunto sarebbe il caso del Franco svizzero. Che dal presunto “schiacciamento” si è trovato però accresciuto di 1/5 del valore da un giorno all’altro, quando la Banca Centrale Svizzera ha deciso di non continuare a tenerne basso il corso acquistando euro. Per la dracma e per la lira e le altre monete dei PIIGS, con una piroetta illogica inusitata, lo schiacciamento avrebbe invece, secondo la strampalata teoria citata, l’effetto contrario, cioè la svalutazione (curiosamente da quasi tutti i sostenitori di questa enormità valutato intorno al 20 %, senza prova alcuna delle basi su cui questa gratuita previsione viene calcolata).    

Le cause della svalutazione o rivalutazione di una moneta sono in realtà soprattutto esterne, dipendono cioè dalla relazione con altre monete. Verissimo che il franco svizzero si rivaluta al di là di quanto sarebbe corretto secondo meri criteri economici (produttività, costo lavoro, capacità esportazioni, ecc.)  ed è un problema per la Svizzera poiché rende più difficili le esportazioni, anche se chi conosce la situazione di questo Paese sa che il problema non è tragico e già sono in atto le misure per  riportare il franco al giusto livello. Ínfatti la causa della rivalutazione è la perdita di fiducia nelle altre monete e segnatamente dell’euro da parte dei grandi investitoti istituzionali, che generalmente non sbagliano anche perché hanno il peso per manovrare i mercati secondo i propri interessi. Entro certi limiti tuttavia: la Svizzera si è preparata da tempo ad affrontare ed a risolvere questo problema, che si è presentato diverse altre volte nel passato, dunque si trova ben lontano da una situazione di crisi, coi tassi negativi il problema è facilmente risolvibile.
 La crisi economica e presto  sociale invece,  sempre più grave e a rischio di divenire insanabile, da ormai sette anni c’è … ma è quella della moneta “grossa”, l’euro appunto. Lungi dallo schiacciare le monete “piccole” (ad es. le corone sia svedese che danese che ceca non hanno problema alcuno con l’euro) , l’euro  schiaccia le economie dei Paesi che l’hanno malauguratamente adottato.
Ma non schiaccia tutte le economie: una infatti ne approfitta ampiamente, quella tedesca.
Se la Germania non avesse imposto agli altri Paesi l’euro secondo le proprie regole (che poi per prima ha infranto) ora si troverebbe esattamente nella situazione della Svizzera, con un marco rivalutato alla pari col franco.  
Ciò che nessuno dei difensori dell’euro a tutti i costi e con le più strampalate ed illogiche teorie non spiegano è infatti perché i guai e la recessione nei Paesi mediterranei, dal Portogallo alla Grecia passando per Spagna ed Italia, guarda caso sono iniziati proprio dopo  (e non prima) l’introduzione dell’euro. E che i Paesi europei che l’euro non l’hanno voluto (fra gli altri: Norvegia, Svezia, Danimarca, Inghilterra, Rep. Ceca, Polonia) non hanno subito la crisi, non sono indebitati oltre misura e non hanno i livelli mostruosi di disoccupazione dei Paesi mediterranei “post euro”.   La risposta è semplice: hanno mantenuto la sovranità monetaria e possono agire modificando (rivalutare o svalutare) la propria moneta nazionale in relazione all’andamento della propria economia, quindi restano concorrenziali sul mercato internazionale.
C’è comunque del metodo nella disinformazione sistematica con cui i sedicenti economisti da strapazzo dipingono a tinte fosche lo sfacelo immaginario dell’uscita dall’euro per nascondere il reale disastro causati dalla permanenza nell’area euro.
 La dimostrazione finale dell’insostenibilitá dell’euro.   
Il tentativo velleitario del nuovo governo greco di finirla con l’austerità pur mantenendo l’euro ha mostrato anche ai ciechi e senza ombra di dubbio la definitiva insostenibilità della moneta unica europea nella sua attuale forma.
Se conseguentemente alle premesse il governo greco deciderà di abbandonare la zona euro o di continuare nel vicolo senza uscite dell’austerità è  questione aperta e non senza rischi: il crollo di Syriza condurrebbe probabilmente allo sfacelo della democrazia, coi fascisti di “Alba Dorata” pronti a cogliere l’occasione e forse i Colonnelli “nuova generazione” pronti a prendere il potere secondo l’innovativa metodologia dei colpi di stato, cioè con la  “maidanizzazione” (cioè un golpe simile a quello di Kiev deviando e strumentalizzando la protesta popolare anticorruzione per poter installare un governo Quisling obbediente ai propri innominabili fini): la CIA non sta certo a guardare, soprattutto dopo la ferma posizione del nuovo governo greco sulle sanzioni antirusse. Dunque nell’interesse della Grecia ma della pace e della democrazia in Europa è urgente che non si apra un nuovo fronte in Grecia.

Mantenere l’euro come moneta europea in vista di una vera moneta unica con effetti positivi in un lontano (probabilmente lontanissimo) futuro non sarebbe difficile, basterebbe un passo indietro: ritornare all’ECU. Facilissimo da fare aggiungendo alla dicitura “euro” il nome della moneta nazionale preesistente, con tassi di cambio concordati a livello europeo (laddove in mancanza di accordo varrebbe la legge del mercato, ma imbrigliata: la BCE, banca centrale europea, potrebbe intervenire in alcuni casi a sostenere le monete nazionali in pericolo scoraggiando la speculazione. In fondo quanto è puntualmente avvenuto con l’annuncio di Mario Draghi (BCE) riassunto dalla frase “whatever it takes”, cioè l’acquisto illimitato di obbligazioni degli Stati a rischio fermandone la crescita degli interessi che aveva come controparte la diminuzione di quelli dei Paesi ritenuti stabili. Per confondere le idee è stato usato ed abusato il termine “spread” (ma ho constatato che salvo gli esperti, generalmente nessuno sa di che cosa veramente si tratta). La confusione di idee (come ad esempi fra chi spaccia decosa non è casuale: non far capire a tutti che l’aumento degli interessi delle obbligazioni ad esempio dell’Italia era esattamente compensato dalla diminuzione di quelli della Germania  (che infatti addirittura faceva pagare interessi negativi agli acquirenti) invece di riceveva differenza misurata in “rispetto a quelli stabili (lo “spread”) in questi nei Paesi a rischio ma non ha risolto in alcun modo il problema di fondo, ch eè andato invece aggravandosi. 
Gli euro in circolazione verrebbero messi da un giorno all’altro fuori corso e sostituiti 1:1 da Eurodrachme, Eurolire, Europesetas ecc. e dunque anche dagli Euromarchi in Germania: la cui banca nazionale per controllarne la rivalutazione dovrebbe acquistare appunto le Eurovalute nazionali dei PIIGS.
Rispetto al ritorno puro e semplice alle monete nazionali, con i rischi di speculazione incontrollata e spostamenti di capitale pericolosissimi, questa modalità consentirebbe di tenere a bada in buona misura la speculazione.
Sarebbe un processo più trasparente che non il QE (Quantitav Easing) cioé l’aumento della massa monetaria in circolazione a fini inflazionistici con l’acquisto delle obbligazioni statali dei Paesi a rischio di fallimento, un rischio che però colpisce unicamente i contribuenti.
La fluttuazione così controllata delle singole Eurovalute nazionali potrebbe riaprire il processo di crescita e impedirebbe l’indebitamento che ha ridotto alcuni Stati completamente alla mercé dei creditori usurai. Last but not least, il debito statale rimarrebbe sostanzialmente all’ interno dei singoli Paesi, i cui cittadini si dovrebbero poi impegnare a contenere la corruzione e gli sperperi eleggendo politici più competenti e meno ladri.  
Invece della crescente animosità fra  nazioni europee la lotta passerebbe all’interno dei singoli Stati fra i cittadini spremuti e quelli privilegiati, fra pensionati al margine della sussistenza e titolari di “superpensioni d’oro”, fra sfruttati e profittatori: sarebbe un chiarimento dei fronti.  



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