Samstag, 28. Februar 2015

IS e stampa mondiale, il trionfo della "ipocritocrazia". Riflessioni sulle cause e sulle possibilità di risolvere i conflitti in Medio Oriente e dintorni.  


La stampa mondiale gareggia nella ricerca di aggettivi per dipingere a tinte sempre più fosche le criminali imprese delle milizie IS, i politici tutti si stracciano le vesti con condanne “severe, decise,ferme, senza appelli” e fin qui non si può che concordare poiché è veramente in gioco non soltanto la pace in quelle regioni colpite da flagello dell’autoproclamato sedicente califfato islamico  ma il futuro delle religioni e della cultura. La distruzione delle memorie storiche è sempre stato uno dei primi passi nell’assoggettamento dei popoli da parte degli invasori e fascisti: lo hanno fatto nelle medesime regioni i Mongoli di Gengis Khan, i missionari cattolici in America distruggendo i libri Maya e l’arte Atzeca, fino al rogo dei libri e dell’arte “degenerata” nel periodo hitleriano.
Ciò che svela l’ipocrisia dei commentatori e politici contemporanei è tuttavia la presentazione dei crimini IS come un qualcosa di nuovo ed inusitato nel goffo tentativo di riscrivere la storia per cancellare i crimini altrettanto se non maggiori commessi dai Paesi esportatori di democrazia sulla punta delle baionette nella medesima regione.
L’ex Ministro francese dell’istruzione Jack Lang ha giustamente paragonato le sciagurate distruzioni di beni culturali da parte dell’IS ai crimini nazisti. Ma evidentemente gli scribi della stampa mondiale devono avere la memoria corta o estremamente selettiva poiché nessuno si è ricordato che esattamente in Irak  il bombardamento del Museo nazionale e la distruzione della biblioteca nazionale avvennero nei primi giorni dell’invasione nel 2003, che fu innegabilmente una guerra preventiva e di aggressione (UN-Resolution 1441) in violazione della Carta dell’ONU, meritevole di una condanna rimasta sulla carta poiché i due principali attori (USA e GB) bloccarono la citata risoluzione col loro veto. Possiamo sorvolare sui danni causati dallo stazionamento di mezzi militari nelle zone archeologiche e tutte le altre distruzioni ma non sul fatto che da allora i reperti più preziosi sono finiti sul mercato nero Occidentale e prima o poi li si vedrà nei musei dei Paesi democratici.
Dunque ad essere onesti si dovrebbe parlare nel caso delle distruzioni IS di un”dejá vu”, di una ripetizione in piccolo delle grandi distruzioni di beni culturali avvenute in tutte le epoche, a cominciare dalla lingue e dalle religioni (che credenti o meno si sia, si converrà che sono beni culturali da difendere).  Ma inquadrando con visione storicamente onesta gli attuali odiosi crimini nel lunghissimo elenco dei fatti analoghi si arriverebbe immediatamente a porre la domanda decisiva per spiegarli: chi ha la responsabilità della nascita dell’IS ?
La risposta è facilissima ed incontestabile: coloro che hanno distrutto in Irak le strutture statali che garantivano ordine e sicurezza. Indiscutibilmente l’Irak era una dittatura, ma non diversa da tutte le altre dozzine al mondo (sul numero preciso non serve qui discutere) e nonostante  tutti i crimini che gli sono stati attribuiti il regime di Saddam Hussein era incomparabilmente meno feroce di quello dell’Arabia Saudita, e quest’ultimo non certo meno pericoloso ad es. per gli USA, visto che 18 dei 19 attentatori alle Torri Gemelle erano appunto cittadini dell’Arabia Saudita).  La situazione della cultura e non ultimo la posizione della donna nella società irachena erano invece analoghe a quelle dei Paesi occidentali. 
Ma se si comincia a fare questo doveroso raffronto, allora non ci si può fermare all’Irak.
Occorre menzionare Libia, Siria, Afghanistan, Mali, e avanti in una lunghissima serie di nazioni in cui gli interventi o diretti con guerre criminali o indiretti con armamenti e finanziamenti di ribelli, hanno distrutto  le istituzioni statali e causato l’emergere dei peggiori movimenti fanatici che hanno trasformato in inferni questi Paesi un tempo prosperi o almeno pacifici o con conflitti marginali che si potevano risolvere ed invece si sono allargati a macchia d’olio.
I commentatori dei media mondiali cantano ovviamente all’unisono le loro condanne dell’IS per dissimulare le vere colpe di questo tragico sviluppo, colpe che innegabilmente sono dei regimi “democratici” USA e GB in testa, al cui al servizio appunto la stampa mondiale si piega per codardia e interesse di bottega.  
Colpisce e sgomenta l’affannosa copertura mediatica degli illusori progressi nella lotta contro i barbari sedicenti islamisti dell’IS, che nonostante i bombardamenti non sembrano arretrare (ed infatti le bombe democratiche colpiscono in genere più civili che non militanti.
 Un fatto che evidentemente non preoccupano minimamente gli strateghi da strapazzo che li comandano. La strategia USA dalla guerra di Corea in poi attraverso tutte le altre successive invasioni ed ingerenze armate dirette ed indirette un po’ ovunque nel mondo è stata sempre riducibile ad un concetto che più primitivo non potrebbe essere: “we bomb THEM back to the stone age” dicevano i generali al tempo della guerra in Vietnam (abbiamo visto con quali risultati) ma, con una significativa modifica di linguaggio durante la prima guerra del Golfo i generali dicevano “We kill IT” usando il pronome impersonale al posto di quello personale come se invece di esseri umani si trattasse di bestiame.
Su questo aspetto rimando ad un interessante studio linguistico sull’uso delle metafore e del linguaggio nei media e nella comunicazione politica in materia di “lotta al terrorismo” (fra virgolette poiché se si guardano i risultati, innegabilmente sembra piuttosto trattarsi di una “coltivazione/promozione” del terrorismo, in ogni caso almeno il finanziamento da parte di coloro che poi affermano di combatterlo, in numerosissimi casi compreso quello più recente

Tornando al punto centrale: se l’obiettivo fosse la soluzione del problema, cioè l’isolamento degli estremisti fanatici e la ricostruzione di strutture statali degne di questo nome per ristabilire ordine e pace, si comprende immediatamente  che non è con le condanne verbali e gli tracciamenti di vesti, né coi bombardamenti che il problema si può non dico risolvere ma nemmeno ridurre. Se l’intenzione fosse onesta e  la copertura mediatica dei fatti non servisse piuttosto a giustificare l’impegno militare sempre più intenso e dunque  i profitti ingenti che ne derivano, almeno un fatto dovrebbe far riflettere: come si spiega che migliaia di giovani abbandonano i Paesi democratici occidentali in cui bene o male potrebbero vivere in pace per andare a combattere a fianco di questi barbari dell’IS ? Se si trattasse di pochi fanatici non ci sarebbe da preoccuparsi poiché questi, come i mercenari ed i mafiosi, ci sono sempre stati e sempre ci saranno.
Ciò che impone una riflessione è però il numero e l’età: sono migliaia e sono giovanissimi.
E c’è anche fra di loro – incredibile ma documentato - un numero non irrilevante di  medici, tecnici e gente che non sono dunque i classici “perdenti” nelle società  occidentali. La chiave per comprendere questo fenomeno preoccupante e per cercare soluzioni che non siano quelle false attuali che unicamente ingigantiscono il problema è il concetto di “risentimento”, uno strumento di analisi utilizzato dallo storico francese Marc Ferro (v. qui in breve il concetto: http://ripostelaique.com/Le-terrorisme-islamique-explique.html ).
Non è infatti senza evidentissime e documentate ragioni che i credenti musulmani e le popolazioni del Medio Oriente e del Nord Africa nutrono un crescente risentimento per quando è stato commesso a loro danno dalle Democrazie Occidentali.
L’Occidente con gli USA in testa seguiti da vicino da GB e Francia a partire dalla guerra per il canale di Suez del 1956 hanno commesso ogni sorta di “errori” (non scrivo crimini poiché non ci sono tribunali per condannarli e quando ci sono – ONU -  c’ è il veto per impedire le condanne). A loro si è unita l’UE e la NATO, altri Paesi non hanno voluto essere da meno, in particolare quando si trattata di compiacere l’Attore principale nordamericano o certe nazioni erano da esso ricattate.  Finché a dominare la politica internazionale sarà questo “Impero del Caos” nordamericano che come riscrive la storia così fa scrivere la cronaca per nascondere i fattacci di cui è responsabile attribuendo con disinvolte capriole (il)logiche ad altri le colpe del proprio operato, i conflitti nel mondo non potranno che aumentare di numero e di intensità. Nel caso dell’IS non sarebbe difficile, cominciando ad ammettere le colpe dell’Occidente e cercando le forze moderate all’interno di queste bande, avviare un processo di pacificazione con GIUSTIZIA. Ma per far questo si dovrebbero mettere da parte i profittatori del caos attuale (multinazionali degli armamenti, dello sfruttamento energetico, del saccheggio delle risorse naturali ed umane – e ultimamente anche culturali) e cercare il difficilissimo dialogo … col nemico: la pace si fa appunto col nemico, ignorarlo, demonizzarlo e come si vede anche bombardarlo non è mai servito a nulla.
L’alternativa potrebbe essere una sola:  il rifiuto del dialogo e l’eliminazione di tutti i ribelli. Un’alternativa che sicuramente nessun generale dotato di un minimo di buon senso può anche soltanto immaginare, anche perché coi metodi bellici attuali (drone, bombardamenti) per ogni terrorista ucciso una dozzina prendono il suo posto.  
Le armi occidentali in Medio Oriente non sono la soluzione bensì la causa dei problemi, e tutti gli e in Medio Oriente è già in atto e  sarà difficile fermarlo.      
Nella stessa linea del dialogo, ancora più difficile, si situa il tentativo di alcuni parlamentari francesi di avviare una trattativa col dittatore Assad: se invece di demonizzarlo e dichiararlo spacciato anni or sono si fosse avviata invece una trattativa non ci sarebbe probabilmente oggi l'IS e avremmo 200.000 morti in meno.


 osservatori militari onesti e competenti sanno che Bagdad finirà come Saigon, è solo questione di tempo e di altre centinaia di migliaia di morti.
E la dittatura che vi verrà insediata sarà molto peggiore di quella che l’ha preceduta, probabilmente con Sharia e fine di ogni barlume di democrazia, un qualcosa di simile a quanto da sempre vediamo in Arabia Saudita: ma se si tollera e coopera con questa, per quale motivo opporsi a quella inevitabile dell’IS ?   
Il primo passo da compiere se si volesse risolvere veramente il problema, è invece la ricerca dei motivi e moventi che guidano gli atti indubbiamente criminali e brutali ad es. dell’IS (come dagli altri movimenti analoghi) e la trattativa. Trattare con criminali è difficile, ma quando serviva lo si è sempre fatto: da ultimo durante i conflitti nell’ex-Jugoslavia, e se anche cosí non si sono risolti tutti i problemi, per lo meno si è messo fine ai massacri.
Discutere col nemico invece di demonizzarlo è ciò che sta facendo la cancelliera Merkel per l’Ucraina: e se non si fosse decisa a questo passo dietro pressione fortissima dell’opinione pubblica (nonché, inutile negarlo, degli interessi enormi dell’industria tedesca) avrebbe prevalso il solito metodo dell’Impero del Caos. Un tentativo tutt’altro che sventato poiché se non direttamente, strumentalizzando supini intermediari, l’idiota e cinico invio di armi in Ucraina com
 

  

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