Dienstag, 27. Mai 2014

  La questione immorale (“L’immoralità, sciocchino”).

Considerazioni sulla sconfitta del M5S alle elezioni europee.


“Economy, stupid” :  “E’ l’economia, sciocchino” : questo era uno dei tre punti fondamentali sui quali nel 1992 venne condotta la vittoriosa campagna elettorale che portò Billy Clinton alla presidenza degli Stati Uniti.
Premetto di non essere elettore in Italia e quindi in certo modo non direttamente interessato, ma sono nel contempo anche come cittadino tedesco preoccupato dello sfacelo delle economie dei Paesi mediterranei ed in particolare del mio d’origine, appunto l’Italia.
E che per quanto riguarda l’Italia l’unica speranza di un futuro all’insegna della democrazia e del benessere economico è nella liquidazione dei partiti tutti che hanno condotto il Paese al fallimento. Un fallimento economico, culturale, e della stessa democrazia. E morale.
Il M5S ha puntato fin dall’inizio sulla moralizzazione della politica, sulla lotta alla corruzione, sull’abolizione dei privilegi (es. “pensioni d’oro”), e ha praticato la riduzione dei costi della politica tagliando le diete ai propri deputati e senatori.
In qualunque altro Paese del mondo un simile programma ed esempio di coerenza avrebbe messo le ali ad un partito. In Italia no: ha spaventato. Di questo dato inoppugnabile si possono dare diverse letture: darò qui quella più cinica, che mi sembra la più realistica e dimostrata dai fatti.
La chiamerei “sindrome di Savonarola”: il frate moralizzatore che aveva ispirato la rivolta popolare e la cacciata dei Medici da Firenze all’insegna della lotta alla corruzione ed ai soprusi  il 23 maggio del 1498 finí sul rogo preparato dallo stesso popolo che prima l’aveva osannato, ma che si era stancato dei divieti e della moralizzazione estrema.

E’ tipico degli errori non riconosciuti che essi dispieghino la propria forza distruttrice proprio e fatalmente nel momento decisivo. La fine della campagna elettorale del M5s ha coinciso con il richiamo alla “questione morale” con cui il Partito Comunista di Enrico Berlinguer aveva cercato di dare al partito un’immagine che lo distinguesse da tutti gli altri. La provocazione di questo richiamo era chiaramente rivolta al PD, storicamente successore anche se non in linea propriamente diretta del PCI (che infatti di veri successori non ne ha avuti).
Ma la provocazione ha conseguito l’effetto opposto. E non se ne può dare una colpa agli elettori. La “questione morale” in Italia non premia i partiti che la fanno propria: il contrario è purtroppo vero.  Ad esempio la supposta trattativa dello Stato con la Mafia. Non importa qui che sia vera o meno e fino a che punto sia arrivata: non ha fatto scalpore. E i più cinici hanno commentato dicendo che ciò che al massimo poteva  preoccupare i cittadini non era che lo Stato scendesse a patti con la Mafia, ma che la Mafia si abbassasse a tale umiliazione, visto che - in alcune regioni direttamente ed apertamente, in altre in maniera indiretta e dissimulata  - i cittadini riconoscono maggior affidabilità alla Mafia che allo Stato.    

I motivi di tale perversione hanno origini storiche sono ben note (le modalità in cui si è svolto il processo di costruzione dello Stato Unitario con l’invasione ed occupazione militare del Sud da parte della monarchia Sabauda), e ad essi si sono aggiunti aspetti che rendono praticamente impossibile un’inversione di rotta.
La legislazione italiana e l’apparato amministrativo è un tipico esempio di come far odiare lo Stato anche da parte dei cittadini più ligi: una burocrazia immane che anche per la più semplice operazione mette i malcapitati cittadini in condizione di non poter mai essere completamente in regola, e quindi costringe ad agire al margine o contro le norme (a sua volta vanificate dalle continue sanatorie che premiano appunto la disonestà e legalizzano le infrazioni).
La logica conseguenza è appunto il legame necessario dei cittadini con i detentori dei poteri locali indipendentemente dalle appartenenze ai partiti. In questo senso, nonostante i secoli trascorsi, l’Italia  è ancor sempre quella dei “Comuni”, e non per campanilismo ma per constatazione evidente che solo passando attraverso i detentori locali del potere in caso di necessità si può ottenere l’aiuto sperato. Una situazione non molto diversa da quella di altri Paesi governati su base tribale come l’Afganistan (dove infatti il potere centrale è odiato e non ha praticamente influenza alcuna a meno di trattare coi clan locali: stranamente gli USA che questo l’avevano capito quando alla fine della seconda guerra mondiale per invadere la Sicilia avevano trattato prima con la mafia e poi col governo badogliano, l’hanno invece dimenticato in Afganistan, coi risultati che sappiamo).  

Per cambiare questo sistema non basta quindi una momentanea e breve “rivoluzione morale”  che ribalti il sistema, anche se questo è il presupposto ed il primo passo da compiere, quindi giustamente di lí si deve cominciare, ma occorre probabilmente lo spazio di un paio di generazioni.  Il M5S  è stato pioniere in questo sforzo di introdurre la morale in politica, ma come si vede, ai cittadini purtroppo sono altre le priorità che interessano.
Che infatti alcuni partiti abbiano costantemente presentato agli elettori liste con delinquenti condannati in via definitiva ed un gran numero di pregiudicati od indagati non ha minimamente influito sulla propensione al votarli, direi quasi che in molti casi l’ ha favorita. Consegnati legati mani e piedi ad una burocrazia tanto inefficiente quanto arrogante e supremamente  beffarda nei confronti dei propri diritti, i cittadini giustamente si sentono più sicuri se rappresentati da delinquenti o almeno pregiudicati che vedono come alleati nella lotta contro il mostro e nemico comune, appunto lo Stato.
Questa è stata la grande e quasi geniale intuizione di Berlusconi, premiata per un ventennio dagli elettori ed ora vacillante unicamente perché  sostituita da una versione più aggiornata ed adeguata ai tempi che corrono, diciamo un po’ meno sfacciata e condita da perorazioni e promesse che rendono il boccone meno amaro da gustare, quindi il PD al posto di Forza Italia.
Ma che gli elettori si attendano anche da questo partito null’altro è evidente, infatti i berlusconiani  non sono spariti come a suo tempo accadde alla DC ed al PSI, bruciati dalla campagna di “Mani Pulite”.
Anche questo era a suo tempo un tentativo simile a quello del M5S, condotto da un ex magistrato che non gridava e non minacciava come il leader del M5S Grillo, ma che comunque non riuscì mai raccogliere adesioni significative proprio perché aveva erroneamente puntato sulla ”moralizzazione” della politica.
Non meraviglia dunque il successo del fiorentino Matteo Renzi: e chi meglio di lui poteva attualizzare e trarre tesoro dall’insegnamento machiavellico secondo cui il successo in politica non potrà giammai venire dalla moralizzazione.
Un’idea antistorica, basata sull’utopica credenza nelle virtù umane  invece che sull’analisi e sul sapiente sfruttamento dei vizi umani, che sono molto più solidi, affidabili e  reali della virtù: di qui il corollario secondo cui íl “Principe machiavellico” , se vuole essere o diventare tale, deve saper usare opportunamente “della volpe e del leone”, cioè dell’astuzia e della forza” e non lasciarsi trattenere in ciò da scrupoli morali di alcun tipo nell’azione politica, pur facendo contemporaneamente professione pubblica di moralità ineccepibile.  
Più recentemente lo fecericordò anche Bertolt Brecht nell’Opera da tre soldi: Erst kommt das Fressen, dann kommt die Moral (Prima viene il mangiare, poi la morale).
Gli 80 euro renziani sono appunto una logica conseguenza di questa visione del mondo, e come si vede  i risultati elettorali gli hanno dato pienamente ragione.     

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