Draghi: economista o banchiere ?
Mentre la stampa tutta ed i media italiani si sprecano nell'osannare il futuro Presidente del Consiglio (ed i parlamentari di tutti i colori si spintonano per essere i primi a salire sul carro del vincitore) l'articolo di Moreno Pasquinelli (Sollevazione-blog https://www.sollevazione.it/2021/02/contro-draghi-il-fronte-del-rifiuto-di-moreno-pasquinelli.html) invita ad una riflessione oggettiva e mette in chiaro i limiti dell'esperimento che sta per iniziare.
Un esperimento che è un "deja vu" se non si è dimenticata l'amara esperienza greca di pochi anni or sono. La cosa più curiosa è però la confusione dei ruoli anche da parte di personaggi ben informati come un certo Alberto Bagnai. Viene riferito dalla stampa che avrebbe dichiarato il suo sostegno a Draghi perché "come economista parla la sua stessa lingua". E implicitamente, essendo stato alunno del grande Federico Caffè, di fede keynesiana, conoscerebbe di conseguenza le misure keynesiane da adottare per far ripartire l'economia italiana. In questa visione ci sono due grandi errori logici. Primo, non è detto che l'allievo continui a seguire le teorie apprese del maestro, o se lo fa non le adatti a modo suo, come fece (fortunatamente) ad es. Marx con Hegel.
Ma se anche così non fosse, resta da vedere quali sarebbero, premesse tutte le migliori intenzioni, gli spazi di manovra di questo novello "salvatore della patria". Intanto come è noto, la Patria di Draghi è in primis l'Unione Europea, la cui Banca Centrale ha diretto per anni. Tutto quello che può fare in Italia è dunque subordinato agli interessi superiori dell'Unione Europea. Ed infine, non va dimenticato che Draghi è stato incaricato degli attuali compiti in Italia come "banchiere", come esperto di finanza internazionale, il campo in cui ha maturato tutte le sue esperienze, e non come "economista". Per rilanciare l'economia italiana occorrerebbero da un lato investimenti giganteschi nelle attività produttive, facilitando sí il credito agevolato, ma creando soprattutto posti di lavoro. Soltanto garantendo lavoro per tutti ed equa distribuzione dei profitti da reinvestire nell'economia reale si potrebbe avviare il circolo virtuoso che col tempo condurrebbe alla cancellazione del debito spaventoso che congela le attività produttive.
Debito che è pernicioso non di per sè, ma per la sua struttura e per la tipologia dei creditori che lo detengono: costoro non hanno interesse alcuno né stimolo ad utilizzare il credito per investire in attività produttive. È moneta virtuale (poiché si sa che non verrà mai interamente restituita) e morta, poiché non inserita nel processo produttivo ma unicamente utilizzata per fini speculativi.
Orbene, da un "economista" divenuto "banchiere" (Goldman Sachs) al servizio della speculazione finanziaria internazionale difficilmente ci si può attendere che possa agire per affossarla, come aveva proposto Keynes nella General Theory nel 1936 con la famosa frase (cito a memoria) "cut the interest rates so far as to cause the euthanasia of the rentier" (bisogna tagliare i tassi di interesse fino ad ottenere l'eutanasia di chi vive di rendita".
Come Presidente della BCE ci ha provato, ma i tassi pur ridotti a zero hanno avuto l'effetto opposto: mai come ora la finanza speculativa (vedi i corsi delle azini nelle borse mondiali) ha goduto di miglior salute. Evidentemente il "quantitave easing" serve a salvare banche e monete uniche, ma non a creare posti di lavoro o a rilanciare i processi produttivi. Non si tratta di un errore della teoria keynesiana, ma molto più banalmente di una sua completamente ingenua , se non falsa, interpretazione: i tassi di interesse sono uno strumento efficace, ma non nelle mani dei "banchieri", bensì in quelle dei politici, affinché essi possano decidere, oltre che sui tassi in modo anticiclico, anche sull'impiego dei mezzi finanziari, creando lavoro con investimenti statali pilota, che inducano per trascinamento gli investimenti privati e con la crescita consentano di avvicinarsi al pieno impiego.
Visto sotto questo aspetto lo spazio di manovra di Draghi, anche ammesse ma non concesse tutte le migliori intenzioni, è ben misera cosa: i vincoli del pareggio di bilancio e le pastoie dell' UE non consentono nemmeno per ipotesi di praticare una politica keynesiana degna di questo nome.
Certamente Draghi potrà porre qualche rimedio alle bestialità commesse dagli sprovveduti ed asini in economia che lo hanno preceduto al governo, ma saranno cure palliative, come quelle che possono procrastinare anche per lungo tempo il decesso del paziente ma giammai ridargli la salute.
Questa si può unicamente sperare dal cambio di terapia, e questa è certamente anche a Draghi ben nota, cioè il ritorno alla sovranità monetaria e alla ripresa del controllo dell'economia compresa la ri-nazionalizzazione di settori chiave dell'economia. Ma questo non lo si può certo chiedere a chi delle privatizzazioni selvagge è stato il paladino.
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