Esperienze personali coi vaccini.
A richiesta dell’amico Tavella butto giù un paio di riflessioni sui
vaccini. Un punto di vista strettamente personale poiché sono profondamente
ignorante in materia di medicina e malattie, anche perché fortunatamente non ho
mai avuto bisogno di interessarmene.
Durante tutta la mia attività lavorativa non ho mai fatto un solo giorno di
assenza per malattia, avrei potuto risparmiarmi i contributi mutualistici. Non
credo però che ciò sia dipeso dalle vaccinazioni, che sicuramente mi hanno
fatto da bambino (non so quali, ai miei tempi non si tenevano i “passaporti
delle vaccinazioni come hanno i miei figli).
Credo piuttosto che la cura che mi ha aiutato sia stata un’altra, naturale
o quasi: dai 15 ai 65 anni sono stato un fedelissimo cultore dello spirito,
nelle sue forme più o meno concentrate, dunque vino almeno mezzo litro al
giorno e un paio di grappini, per un certo periodo sostituiti da gin, bacardi,
rum, whiskey, ma negli ultimi anni ero ritornato alla grappa naturale, in genere quella
distillata dai contadini.
Considero l'uso dell'alcool come cura, poiché senza un motivo spiegabile, a 65 anni è intervenuto un
rifiuto totale di queste medicine, una repulsione quasi improvvisa contro
grappa e vino, quasi che appunto si trattasse di farmaci divenuti superflui.
Dunque o si è trattato di una punizione dell’Altissimo, quindi un castigo "di-vino" (ma non credo, anche perché non sono credente), o piuttosto di una
reazione del corpo ad una sostanza che non gli serviva più, infatti
contemporaneamente avevo sviluppato un senso di repulsione anche contro la carne (quella
commestibile), quindi ero divenuto vegetariano (non per rispetto degli
animali, cosa che ritengo stupida, poiché questi fra di loro si divorano, quindi
è una legge di natura).
Più semplicemente, sono convinto che il corpo ad una
certa età - che evidentemente varia a seconda degli individui - non abbia più
necessità di certi cibi o bevande, o probabilmente non si sente più in grado di
assimilarli e li rifiuta.
Una spiegazione personale e non
scientifica, certo, ma anche gli esperti non me ne hanno saputa dare un’altra
più valida: il medico al quale mi ero rivolto per chiedere un rimedio contro la
repulsione che avevo acquisito contro all’alcool, dopo aver ben riso mi
confessò che rimedio non c’era e non aveva la minima idea sulle cause.
Ma ritornando alle vaccinazioni: constato che sul braccio sinistro ho un
segno che deve essere una delle vaccinazioni obbligatorie fatte da bambino,
delle altre non ho ricordo. Mi ricordo invece molto bene la vaccinazione
ricevuta da militare.
Non potendo evitare il servizio militare avevo fatto domanda di partire volontario togliermi
subito il fastidio e per guadagnare qualche soldo avevo deciso di farlo come
ufficiale di complemento, e come geometra in artiglieria, tanto per restare un
pochino nel mestiere (infatti divenni ufficiale topografo della mia brigata, e
siccome ero partito a 19 anni fui anche il più giovane sottotenente dell’annata
in Italia, era venuto anche un generale appositamente per vedermi, quasi come
fossi un esemplare da circo).
Non tanto per l’età, quanto perché non sono mai stato di costituzione
robusta e soprattutto ho la pressione
sanguigna costantemente bassa, al momento della famosa iniezione o vaccinazione
(non ci venne mai spiegato a che cosa servisse), quando mi infilarono l’ago nel
torace fecero appena in tempo a completare l’iniezione che persi i sensi.
Siccome eravamo circa 140 a fare la fila per questa “vaccinazione”,
c’erano svariati medici che agivano contemporaneamente, quindi quando rinvenni mi ritrovai in un
altro locale, e con un altro medico. In genere, quando riprendo i sensi dopo
uno svenimento, mi sento molto più energico di prima. Dunque ricordo che quando
il medico mi chiese come mi sentivo,
devo aver risposto che ero
perfettamente a posto, mi dispiaceva di aver creato un problema ma che poteva
procedere. Mi praticò quindi una seconda iniezione e quando ebbe finito mi
disse: “Visto che non è nulla di grave” ? Al che io ovviamente risposi che, come in tutte le cose (sia belle che brutte), la prima volta
si è sempre insicuri, poi ci si abitua. Non capiva, quindi gli spiegai che la
prima iniezione eseguita dal suo collega mi aveva impressionato, ma la seconda
da lui praticata non più. Ricordo perfettamente l’espressione stupita e poi
l’allarme che ne era seguito: “Questo l’abbiamo vaccinato due volte",
discussioni ed imprecazioni, bestemmie (anche i medici avevano adottato il
gergo volgare da caserma) e poi capii che non sapevano che cosa fare.
Mi misero in una stanza da solo e mi dissero di non muovermi. Dopo un paio
d’ora tuttavia, visto che stavo benissimo, mi lasciarono tornare in camerata
dove tutti gli altri avevano un giorno di riposo.
Molti stavano male o forse fingevano, non lo so, in ogni caso ricordo che si
aveva il diritto di restare a letto quel giorno. Per rinfrancarmi avevo
recuperato la bottiglia di grappa ben celata nell’armadietto e con un paio di
sorsi abbondanti mi ero completamente ripreso. Ogni tanto veniva un medico a
vedermi, ed allora, poiché mi scocciava restare a letto, avevo deciso di andare in
giro per la caserma, ricordo che il colonnello che era venuto a vedermi
scherzava con un altro ufficiale medico: “Ma questo sta meglio di tutti gli
altri, in futuro facciamo a tutti una doppia vaccina e non dobbiamo lasciarli
un giorno a riposo”.
Questa esperienza personale mi consente di affermare che o la quantità di
vaccino era indifferente o, come piuttosto credo, si trattasse di un placebo,
cioè acqua colorata che si iniettava per motivi ignoti o per antica tradizione
di cui si era perduta la ragione, e che probabilmente serviva unicamente a far
guadagnare le ditte farmaceutiche fornitrici dell’esercito. Per quanto mi
riguarda, una volta ottenuta la conferma che non mi avrebbero addebitato la
doppia dose iniettatami, non mi
preoccupai ulteriormente: tutti i compagni di corso mi conoscevano come “il
doppiamente vaccinato”, usavo questo attributo per chiedere talvolta una doppia
razione alla mensa, raramente tuttavia poiché il cibo era tutt’altro che
appetibile.
Il secondo caso di vaccinazione che ricordo è l’antitetanica: una brutta
caduta in bicicletta, scivolando in curva. Ero andato al pronto soccorso e mi
avevano praticato questa vaccinazione senza tanti complimenti. Però mi avevano
dato un tesserino con le date per i cosiddetti futuri “richiami”.
Non sapendo
cosa farne, lo avevo incollato nella patente. Cosa che si rivelò utile, poiché
una sera tornando con altri amici da una seduta spiritica (cioè abbondanti
libagioni), venimmo fermati dalla polizia. Ero sí ubriaco, ma come sempre con una certa lucidità, tipica di chi comunque ha famigliarità quotidiana con l'alcool.
Al volante avevamo messo una ragazza che non aveva bevuto, l’auto era la
mia vecchia Lancia Appia, nel cui cofano avevo costantemente la cassetta degli
attrezzi poiché spesso dovevo intervenire per farla ripartire, il motore era
mal ridotto per non parlare della carrozzeria in stato impresentabile .
Ovviamente la polizia stradale volle vedere tutti i documenti, compresa la
mia patente: e riscontrarono che mancava il bollino della tassa annuale. Mi
giustificai dicendo che non ero io al volante, quindi non usavo la patente e facevo
guidare la mia auto da altri, in attesa di mettere da parte la somma per pagare la tassa. Visto lo stato deplorevole dell'auto poteva anche essere credibile che fossi un poveraccio e non avessi i soldi per la tassa.
Con la disinvoltura tipica degli ubriachi feci notare che se anche avevo dimenticato di pagare
la tassa, ero in regola col vaccino antitetanico, come potevano verificare dal
tesserino incollato nella patente. Non so se questo sia stato decisivo, ma
ricordo benissimo che non venni multato: dunque per concludere devo ammettere
che in alcuni casi le vaccinazioni possono servire.
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