Passato ed attualità dei genocidi. L’ abuso politico del termine “genocidio” e l’ira prevedibile (o prevista?!) di Erdogan.
Tutta la storia dell’umanità è impregnata
di massacri, eccidi, carneficine, barbarie,pogrom, olocausti e altri comportamenti efferati che non si
riscontrano in nessuna altra specie del mondo animale. Sotto questo aspetto la
razza umana appare come il maggiore se non l’unico errore della creazione. Non si tratta purtroppo di fatti avvenuti
in fasi storiche ormai superate dal cosiddetto “cammino della civiltà”, ma di
tragedie che si ripetono puntualmente inogni epoca (ed infatti non poche sono
in pieno corso e altre si preannunciano). La stessa pratica disumana della
tortura è stata riabilitata divenendo prassi corrente e giustificata
addirittura nel Paese che si ritiene autorizzato a “democratizzare” il resto
del mondo, cioè gli USA, i cui governanti per somma ipocrisia hanno installato
la loro “ Accademia Superiore di Tortura Scientifica” a Guantanamo, cioè in
zona extraterritoriale per impedire ricorsi contro la violazione della propria
Costituzione, e per somm aironia della storia esattamente nel Paese contro il
quale gli USA da oltre mezzo secolo praticano un embargo giustificandolo con la
“violazione dei diritti dell’uomo” su quell’isola.
Di tutti i
termini utilizzati per i massacri, quello di “genocidio”, coniato dal
polacco Raphael Lemkin nel 1944
(dal greco γε*νος, che significa 'razza' unito al suffisso '-cidio' (dal verbo latino
caedere, 'uccidere'), è l’unico che gode di una definizione giuridica:
“annientare, in toto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o
religioso in quanto tale” , cosí la Convenzione sulla Prevenzione e la
Repressione del Genocidio (CPRG)[1] e per il quale è stata istituito anche un tribunale,
la Corte Penale Internazionale (CPI).
La pratica di sterminare i nemici non è
stata dunque inaugurata dal regime nazista con le “Vernichtungskriege” (guerre
di sterminio) e con l’Olocausto ma è ben nota fin dall’antichità, la troviamo
già nella Bibbia, nel libro dei Giudici
(12,5-6): dopo un combattimento,
i Galaaditi volevano impedire la fuga ai loro nemici sopravvissuti, gli
Efraimiti che cercavno di scampare alla morte attraversando il fiume
Giordano. Per riconoscerli facevano
loro ripetere la parola ebraica “שבולת“ shibboleth (“fiume” in ebraico) e se pronunciavano la prima sillaba come
“si” (dialetto efraimita) e non come “sci” (dialetto galaadita) li passavano
per le armi (la Bibbia riferisce anche il numero di vittime: 42.000).
Un metodo ancora
più sbrigativo venne utilizzato invece dai crociati papali contro gli eretici
catari. Senza perdere tempo a distinguere fra amici e nemici, come viene
riferito, l’ordine del legato pontificio
Arnaud Amaury a Bezier nel 1209 fu : “Caedite eos! Novit enim Dominus
qui sunt eius “ (Uccideteli tutti! Dio
riconoscerà i suoi).
I metodi coi
quali si consuma il crimine di genocidio sono molteplici, uno dei più crudeli è
l’eccidio per privazione di alimenti, già praticato con vanto da Giulio Cesare
contro la popolazione di Alesia nel 54 a.c. (sconfitta di Vercingetorige),
passando per Stalin in Ucraina (“holodomor” morte per fame, dai 7 ai 10 milioni
di morti nel 1933-34), senza dimenticare quello perpetrato dalla Wehrmacht
contro la popolazione civile di Leningrado
assediata e privata di rifornimenti alimentari (oltre un milione di morti dal
settembre 1941 al gennaio 1944), fino alla tragedia del Biafra nel 1967-70 (due milioni di morti per fame).
In senso più
ampio, se col termine genocidio si comprende la liquidazione in massa di una
popolazione su base etnica, i genocidi divengono una lista senza fine: che cos’è stata infatti la colonizzazione
dell’America (Nord e Sud), dell’Africa (con l’aggravante della schiavitù, che
da sola ha causato almeno 10 milioni di vittime in Africa, opera esclusiva
delle nazioni cristianissime munite di autorizzazione papale [2]) se non un
gigantesco genocidio unito alla distruzione di lingue e culture altamente
sviluppate?
Se infine allarghiamo -come appare equo e
logico- il concetto di genocidio agli effetti di guerre di aggressione, allora
dobbiamo aggiungere i 20 milioni di morti russi ad opera della guerra di
annientamento hitleriana. Ma a questo punto per equità si dovrebbero equiparare
all’aggressione dell’Operazione Barbarossa (Wehrmacht ed SS) anche le guerre preventive scatenate dagli
USA in Corea (3 milioni di morti), Vietnam (2 milioni) e i bombardamenti
indiscriminati in Laos e Cambogia da parte dell’amministrazione di Nixon negli
anni 1970 (quindi un milione di morti). E l’elenco continuerebbe se ad esso
aggiungessimo doverosamente i genocidi
avvenuti in una nazione ma tollerati o ispirati da altre, come ad esempio
quello della popolazione di Timor Est [3], le vittime torturate, affamate e
massacrate si stimano intorno a mezzo milione.
Per completezza non si dovrebbe nemmeno
escludere la più recente invasione o guerra preventiva contro l’Irak, preceduta
da un embargo che già aveva mietuto almeno 500.000 bambini vittime di fame e
carenza di cure mediche in seguito all’embargo di medicinali. Dal 2003 in poi
almeno un milione di morti (al quale si aggiungono le decine di morti
quotidiani in seguito alla guerra civile spacciata per terrorismo): se ai
responsabili dell’aggressione militare all’Irak (George Bush jr. e Tony Blair)
si fossero applicati per equità i criteri del Processo di Norimberga, essi
avrebbero dovuto condividere il destino di Saddam Hussein sulla forca. L’elenco
è molto incompleto ma questo non è un bilancio da ragioniere sui genocidi nella
storia, i casi riportati servono unicamente a documentare come la fattispecie
del “genocidio” è una costante nella
storia tragica dell’umanità.
La condanna di questi crimini è scontata,
dunque non si comprende perché in maniera ricorrente i Parlamenti di questo o quello Stato decidano di
dichiarare “genocidio” questo o quell’altro crimine storico prevedendo a volte
anche sanzioni per coloro che volessero negarlo. Il compito di studiare e
documentare i fatti è degli storici e non rientra nei compiti di alcun
parlamento decidere dove, come e quando un massacro deve essere definito
genocidio. Se ciò puntualmente avviene, il motivo non è certo perché gli
storici siano venuti meno al proprio dovere di documentare i fatti e misfatti
del passato, ma probabilmente ci sono altri e ben meno nobili interessi in
gioco.
Lo si vede con
estrema chiarezza nel caso più recente, quella decisione del Bundestag che ha
scatenato le ire del Presidente turco Erdogan.
Che il massacro
degli Armeni ad opera dell’esercito turco sia un fatto storico assodato e
documentato non lo nega nessuno. Che governanti turchi cerchino di minimizzare
un crimine commesso da loro predecessori è altrettanto comprensibile anche se
non giustificabile.
Imporre tuttavia
con l’autorità di un voto parlamentare un marchio indelebile su un fatto
storico vergognoso appare tuttavia a chiunque sia dotato di buon senso come la
strategia peggiore per indurre un governo attuale a riconoscere le
responsabilità storiche del passato.
Inspiegabilmente
la condanna del Bundestag è avvenuta in un periodo in cui è in corso un altro
massacro, questo sì tanto attuale quanto contestato dal governo turco ma
confermato da tutte le fonti affidabili internazionali, e cioè la persecuzione
se non il massacro della popolazione curda.
Su questo
misfatto in corso non una parola da parte dei governi europei che per i propri interessi (di bottega) hanno
bisogno di mantenere buoni rapporti con quello turco. Invece di condannare il
presente si condanna il passato, con l’effetto
prevedibile di spingere i cittadini turchi nelle braccia del despota
Erdogan, sostenendone cosí la svolta autocratica e nazionalista. Chissà, forse
il primo passo verso la demonizzazione, così come avvenuto con un certo Saddam.
Viene il dubbio che l’effetto evidente (aumento della popolarità di
Erdogan nel Paese e fra gli emigrati,
segnatamente in Germania) non soltanto fosse prevedibile, ma addirittura
previsto: forse per silurare il patto scellerato della Cancelliera Merkel con
Erdogan? Non a caso la decisione del Bundestag è stata pressocché unanime e non
altrimenti poteva essere, visto che negare il proprio assenso significava
negare il genocidio documentatamene avvenuto. Ma che senso ha mettere questa
etichetta politica su un fatto storico?
L’Armenia è stato
storicamente il primo Paese al mondo ad assumere il cristianesimo come
religione di Stato (all’inizio del terzo secolo d.c.). Pochi Paesi al mondo
hanno subito nel corso della storia più invasioni e massacri del popolo armeno,
tanto che attualmente sono più gli Armeni della diaspora di quelli rimasti nel
territorio dello Stato, resosi indipendente nel 1991 (ma tuttora in guerra e
dissidio coi confinanti).
Il genocidio
degli anni 1914-15 non è stato il primo, infatti negli anni 1894–1896 furono
almeno 300.000 i massacrati sotto il dominio del sultano ottomano Abdülhamid
II., fatti ben noti in Europa, che tuttavia rimase impassibile limitandosi a
condanne verbali: l’allora premier britannico Gladstone si limitò a chiamare il
sultano “grande assassino”, “innominabile turco” senza tuttavia muovere un dito
a soccorso degli Armeni.
Dunque tutto fa
pensare che siano stati molto meno nobili ideali ma invece bassi interessi di
bottega a dettare la scelta di questo particolare momento da parte del
Parlamento tedesco per applicare l’etichetta di genocidio ad un fatto storico
di cui i governanti tedeschi dell’epoca erano ben informati, ma avendo bisogno
della Turchia come alleata durante la prima guerra mondiale, non mossero un
dito per ostacolare il massacro degli
Armeni[4].
In Germania
infatti avanza il partito xenofobo e fascistoide AfD (Alleanza per la
Germania), a spese soprattutto di quelli socialdemocratico (SPD) e cristiano
democratico (CDU).
La politica della
cancelliera Merkel, ammirabile per il coraggio con cui si è opposta alla
xenofobia anti-rifugiati, ha causato evidentemente perdite elettorali, per cui
alla fine essa è stata costretta al patto infame col despota turco Erdogan. Un
patto che ha momentaneamente ridotto gli arrivi di rifugiati, anche se è dubbio
che la tendenza sia davvero invertita (ritorni invece di arrivi).
Evidentemente l’obiettivo del Parlamento
tedesco col voto sul genocidio armeno era di boicottare e vanificare il
tentativo già poco edificante della cancelliera di porre freno all’immigrazione
senza ricorrere a muri e filo spinato, come vergognosamente hanno fatto invece
altri Paesi europei. Innegabilmente la decisione del Bundestag, nell’evidente
provocazione contro il despota Erdogan -sulle cui reazioni non poteva certo
illudersi- va direttamente ad incrementare l’enorme islamofobia dilagante fra i
cittadini tedeschi. Siamo dunque di
fronte a comportamenti di un Parlamento tedesco che se non sono ingenui o
schizofrenici mentono nelle finalità dichiarate e perseguono fini opposti ed
inconfessabili.
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[1] Cfr.
http://www.unhchr.ch/html/menu3/b/p_genoci.htm
e https://it.wikipedia.org/wiki/Genocidio
[2] Il 16 giugno
1452 papa Niccolò V scrisse la bolla Dum Diversas, indirizzata al re del
Portogallo Alfonso V, in cui riconosceva al re portoghese le nuove conquiste
territoriali, lo autorizzava ad attaccare, conquistare e soggiogare i saraceni,
i pagani e altri nemici della fede, a catturare i loro beni e le loro terre, a
ridurre gli indigeni in schiavitù perpetua e trasferire le loro terre e
proprietà al re del Portogallo e ai suoi successori.
[3] Nel novembre
del '75, visitando l’ Indonesia, il presidente USA Ford ed il suo consigliere
Kissinger diedero il loro pieno sostegno all'invasione dell’isola di Timor Est
da parte delle forze armate indonesiane. Il 31 maggio del '76 il governo
Quisling di Timor Est, creato e controllato dalle forze di invasione, approvò
una petizione che chiedeva l'annessione all'Indonesia in unione al divieto di
insegnamento della lingua locale: genocidio più linguicidio. A proposito di
linguicidi: la prima legge approvata dal governo golpista a Kiew nel 2014 fu
di vietare il Russo in Crimea e nel
Donbass, coi risultati che conosciamo.
[4] Cfr.
L’affermazione cinica del cancelliere del Reich Theobald von Bethmann Hollweg
nel 1915 "Il nostro unico obiettivo
è di mantenere la turchia al nostro fianco fino al termine della guerra,
non importa se con ciò periscano o meno
degli Armeni” “Unser einziges Ziel ist, die Türkei bis zum Ende des Krieges an unserer
Seite zu halten. Gleichgültig ob darüber Armenier zu Grunde gehen oder
nicht."
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