Quale futuro per l’ Europa e per l’Italia ?
Alla crisi economica in cui l’Unione Europea è precipitata e
dalla quale non riesce a trovare vie d’uscita da ormai un settennio si è
aggiunta nel 2015 l’emergenza dei rifugiati e – anche se i governanti tutti
dichiarano il contrario e vendono fiducia a buon prezzo, nessun analista onesto
ed informato si azzarderebbe a dichiarare superabile l’emergenza finanziaria
che si sta abbattendo sull’Europa e probabilmente a livello planetario nell’anno
in corso.
L’Unione Europea si sta frantumando in una lotta fra egoismi
nazionalistici dimostrando l’incapacità assoluta di affondare con spirito
solidale il doveroso accoglimento di profughi in fuga dai Paesi che l’UE ha in
larga misura contribuito a destabilizzare con interventi militari privi di
senso dopo averli inondati di armamenti. La posizione di totale vassallaggio
dell’UE nei confronti del braccio militare statunitense in Europa (NATO) è
arcinota e se ne è fatto apertamente vanto lo stesso vice presidente USA
dichiarando di essere riuscito ad imporre all’UE le sanzioni antirusse.
La crisi economica, fatte le debite proporzioni, ha riportato l’Europa a livelli simili a
quelli del dopoguerra. A differenza di allora tuttavia non sono stati tentati né
“Piani Marshall” né, per quanto riguarda l’Italia, piani di investimenti degni
di questo nome come quelli iniziati nel 1954 (Vanoni), al cui confronto gli
attuali DEF (documenti di Economia e Finanza o le “Spending Review” - alias
patetici conti della serva per diminuire l’indebitamento pubblico - sono strumenti spuntati che infatti non
hanno avuto il minimo impatto sull’economia se non in forma negativa.
La finanza speculativa internazionale si rivela sempre più
come il potere vero e nemmeno più tanto occulto, al quale anche la BCE (Banca
Centrale Europea) ed il suo officiante Mario Draghi si inchina con lo strumento
altrettanto stravagante quanto fallimentare del “quantitative easing”, cioè
inondare con carta moneta i mercati cercando – inutilmente – di provocare
inflazione e con essa far ripartire gli investimenti: finora l’unico risultato
è stato di facilitare le speculazioni e provocare piuttosto fallimenti a catena
di istituti finanziari. Evidentemente il “bail out” cioè il salvataggio con fondi
pubblici (i famosi “ombrelli” non viene più ritenuto – ed a ragione ! –
sufficiente, per cui si ricorre ora all’esproprio dei risparmi col cosiddetto
“bail in” che altro non è se non il
pignoramento dei risparmi per soddisfare i creditori di un istituto bancario in
fallimento. Interessante l’uso dei termini: “to bail” in inglese significa
“depositare una cauzione”: è esattamente questo in futuro lo status dei
depositi bancari !
Non è necessario essere economisti (o forse è addirittura
meglio non esserlo se ciò significa essere unicamente indottrinati dalle teorie
neoliberiste e non conoscere altro) per comprendere che nessuna delle misure
attuate in Europa è in grado di risolvere i problemi economici e che,
per deviare l’attenzione dai propri fallimenti in questo
settore, i politici tutti cercano in ogni modo di tematizzare altri problemi
veri o falsi o da essi stessi causati: che si tratti di bombardare la Libia,
imporre sanzioni alla Federazione Russa, dichiarare guerra al terrorismo con
sistemi che invece piuttosto lo favoriscono, o infine di manipolare la parte
meno informata e più sprovveduta di cittadini facili preda della xenofobia
aizzandoli contro i rifugiati.
Il caso della CSU contro la cancelliera Merkel è sintomatico:
ogni anno emigrano DALLA Germania 800.000 cittadini, le associazioni degli
industriali e le camere di commercio calcolano il fabbisogno di manodopera
immigrata in 500.000 annuali già soltanto per mantenere gli attuali livelli di
produzione. Dunque il milione di profughi arrivati nel 2015 rispetto a queste
cifre sono una quantità più che accettabile se non addirittura necessaria.
Invece il Primo Ministro bavarese, per evidente calcolo
elettorale e di potere, si scaglia contro la
cancelliera e con toni ed argomenti da Oktoberfest per spaventare i
cittadini e fomentare l’odio contro gli stranieri e gli immigrati, quasi che ce
ne fosse ancora bisogno in un Paese che si è sempre rifiutato contro ogni
evidenza contraria di considerarsi terra di immigrazione. I neonazisti hanno
giustamente fiutato il vento loro favorevole e stanno avvelenando il clima
politico e sociale. Fortunatamente si contano
altrettante e più numerose iniziative spontanee di cittadini che si
adoperano per dare ai rifugiati un’accoglienza dignitosa e preparare loro un
futuro in Germania, compensando il fallimento delle pubbliche istituzioni e
l’atteggiamento xenofobo di larga parte dei propri politici, segnatamente
quelli che addirittura vantano immeritatamente nella sigla del partito
l’attributo “cristiano”.
La vergogna maggiore tocca d’altra parte
esattamente ai Paesi dell’ex blocco comunista, dai quali i cittadini finché
esisteva la “Cortina di Ferro” cercavano in ogni modo di fuggire, esattamente
come gli attuali profughi, che loro invece rifiutano ora di accettare, esattamente come il villano arricchito che
una volta uscito dalla propria miseria egoisticamente non vuole più vedere
quella altrui.
La mancanza di solidarietà nell’Unione
Europea è la causa principale se non unica del perdurare della crisi e blocca
ogni serio tentativo di uscita, ed ha un suo simbolo, l’ EURO ed un suo tempio, il sontuoso quanto inutile
edificio della BCE a Francoforte.
Per ironia della storia, è esattamente
l’unione monetaria ad aver creato la frattura crescente e probabilmente
insanabile come gli antagonismi fra i Paesi dell’Unione Europea.
Non è infatti pensabile che senza una
completa inversione di indirizzo si possa anche soltanto alleviare la crisi in
corso. Non serviranno certo i palliativi ridicoli del tipo “jobs act”:
significativo l’uso di termini stranieri per ingannare sul vero significato,
spesso come in questo caso di opposto valore, che infatti si tratta di misure
atte unicamente a rendere precari e temporanei i posti di lavoro, non già a
crearne di nuovi.
Non si è ancor visto nessun imprenditore
aumentare gli investimenti soltanto perché ha facilità di licenziare, la molla
che spinge all’investimento è la possibilità di smerciare i prodotti ed i
servizi, e finché la domanda non cresce né la cosiddetta “flessibilità del
mercato del lavoro” né i prestiti a tasso zero hanno la minima possibilità di
invogliare chiunque ad investire.
La cosa più strabiliante è che sia
economisti che politici sembrano aver dimenticato (se mai l’ hanno capito) come
funziona il Capitalismo, cioè il sistema in cui viviamo in Europa e gran parte
del mondo. Che lo si accetti o lo si rifiuti, che lo si voglia migliorare o
distruggere, bisogna innanzi tutto comprendere come funziona.
E finora nessuno l’ ha saputo descrivere
meglio di Marx, i cui obiettivi rivoluzionari si possono benissimo rifiutare,
ma la cui analisi non ha perso nulla della propria validità: il profitto o
plusvalore era e resta la molla del sistema, chi lo ignora si preclude non
soltanto la possibilitá di capire ma anche di “salvare” questo sistema, nel
caso lo voglia.
Chi scrive è del parere che si tratti
di un sistema disumano ed estremamente pericoloso, poiché come scrisse Jean Jaurès „Il capitalismo porta in sè la guerra come la nube porta
l'uragano”. I cavalli però non si cambiano mai a metà
del guado: prima di pensare di migliorare o cambiare questo sistema si tratta
urgentemente di rimetterlo in funzione.
E sono esattamente coloro che lo
dichiarano insostituibile a dimostrare di non averne compreso il funzionamento,
a partire dai più alti responsabili della finanza (sí, anche Mario
Draghi), fino ai sedicenti riformisti
Presidenti del Consiglio à la Monti o ai “rottamatori” à la Renzi).
Di “austerità” l’Europa sta
morendo, e costoro continuano a vender
fumo ed a giostrarsi con artifici statistici per spacciare miglioramenti
occasionali e privi di futuro che nulla hanno a che vedere con le misure
legislative vantate. Ad ogni “rimbalzo borsistico” segue una caduta sempre più
rovinosa dell' economia reale e a pagarne lo scotto sono soprattutto i giovani ed i meno abbienti. Il sistema sembra funzionare unicamente in
una direzione: per spostare ricchezza dal basso verso l’alto, da chi ha sempre
di meno a chi accumula sempre di più: un meccanismo che prima o poi si inceppa
con le gravissime conseguenze che due guerre mondiali dovrebbero aver insegnato.
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