I Pretolemaici in economia
Il termine "pretolemaico" probabilmente non esiste, conosco solo quello di "preraffaellita" in pittura, (es. Dante Gabriele Rossetti, le cui opere ammiro e ne sto copiando giuto una).
Un articolo del
prof. Steve Keen (http://www.forbes.com/sites/stevekeen/2015/08/28/why-i-support-corbyn-for-uk-labour-leader/) -grazie a Mirko che lo ha segnalato - mi ha indotto a questa riflessione ... astro-austro-economica. Confrontava il citato professore
la spiegazione dei movimenti dei corpi celesti data dalla teoria tolemaica, che
riusciva a descriverli alla perfezione pur partendo dalla presunzione errata
che la Terra fosse al centro dell’universo, con quella della teoria copernicana. I movimenti reciproci dei corpi
celesti si possono infatti descrivere prendendo come punto fisso di riferimento
uno qualunque di essi. Unico inconveniente, come nel caso della teoria
tolemaica, se si sceglie il corpo sbagliato come punto fisso, diventa
complicatissimo descrivere i movimenti degli altri. Sarebbe come descrivere i
movimenti di un motore assumendo come punto fisso un pistone: tutto il resto
compresa l'auto andrebbe su e giù, ma i movimenti reciproci si potrebbero
descrivere perfettamente anche se con complicazione assurda.
Nel caso
dell'"austerità" come concezione in economia non siamo molto distanti
dall'assurdo precedente. Anzi, direi che siamo addirittura un gran passo
indietro. I tolemaici almeno descrivevano ciò che vedevano e avevano escogitato
ingegnose costruzioni matematiche (epicicli) per spiegare e descrivere ciò che non coincideva con la
propria assunzione di base (Terra al centro dell’universo): funzionava nonostante
l’errore. Un caso non certo unico nella storia scientifica di cui una teoria
errata che tuttavia serve a descrivere ed a prevedere i fatti osservabili.
Nell’economia
scolastica moderna assistiamo ad un fenomeno simile, ma molto più primitivo:
invece di partire dalle osservazioni per costruire la teoria, gli
economisti che credono nel dogma
dell’austerità cercano di spiegare tutti i fatti partendo da un dogma: la
convinzione che il debito sia un male da evitare ad ogni costo. O che vada
incanalato e tenuto entro limiti ben ristretti (senza tuttavia che ne sappiano
spiegare le ragioni: ad es. perché mai il limite del 60 % del PIL, che poi
nessuno nell’ UE ha mai rispettato a cominciare dalla stessa Germania i cui
politici l’avevano imposto agli altri Stati? ). Costoro aborrono il debito alla
stessa maniera in cui i moralisti in
alcune religioni vietano il sesso prematrimoniale – con l’identico successo.
Purtroppo sono
esattamente gli economisti di questa religione che attualmente decidono il destino di milioni di sfortunate vittime della loro ignoranza. Li si potrebbe definire
“austeritaristi” o “austeritariani”, “austeromani” o “aust-eroinomani” visto che
costoro dichiarano di non poter fare a meno dell’euro esattamente come i
tossicodipendenti della loro droga preferitam, ma più semplicemente si possono chiamare ciarlatani. Invece però di far almeno ridere, purtroppo condizionano da decenni le scelte politiche mondiali e
segnatamente quelle dell’Unione Europea.
Lasciamo alla storia
il compito di valutare l’operato dell’economista Varoufakis durante il suo
incarico come ministro delle finanze greche. Una cosa fondamentale l’abbiamo però
appresa da lui. Riferendo sulle
trattative svolte con i funzionari europei, subito dopo aver rassegnato le
dimissioni e quindi libero di esprimersi scrisse: “Mi mostravano le tabelle
excel indicando i tagli, le privatizzazioni e le riforme da fare, io parlavo di
economia e loro mi guardavano come se fossi stato un marziano che parlava una
lingua loro sconosciuta”.
Aveva perfettamente
ragione, infatti la materia economica
era e resta cosa incomprensibile
per i funzionari dell’UE. Esattamente come gli astronomi di fede tolemaica che
si rifiutavano di guardare nel cannocchiale di
Galileo, costoro si rifiutano di parlare di quell’economia che si
costruisce ricercando e riflettendo partendo dai fatti, metodo che costoro
aborriscono poiché il loro punto di partenza, esattamente come lo era il
geocentrismo, è un dogma tanto venerato quanto incompreso:
non vogliono ma nemmeno possono capire senza abbandonare la fede di cui sono
credenti fondamentalisti .
Il caso dei suddetti
economisti è dunque ancor più grave di
quello degli astronomi tolemaici. Infatti questi ultimi pur partendo da una
teoria sbagliata riuscivano a calcolare perfettamente il movimento degli astri.
Gli
economisti-austeromani invece non hanno nemmeno questa capacità di
osservazione. Il loro folle credo li induce a vedere nel debito la causa di
tutti i mali e nell’evitarlo la soluzione di tutti i problemi. Per essi ad
esempio la disoccupazione è considerata come un fenomeno soprannaturale, che
dunque con sacrifici umani alla dea “austerità”, come i popoli primitivi, cercano di
scongiurarne il castigo. E dunque avanti con riduzione dei salari,
delle spese sociali, delle pensioni, degli investimenti nell’istruzione e nella
stessa cultura, di cui evidentemente da un punto di vista dogmatico non possono
comprendere l’utilità.
Gli austeromani
confondono infatti due concetti che fra di loro non hanno relazione alcuna:
pareggio di bilancio e austerità (definita come riduzione del debito pubblico).
La loro concezione statica dell’economia potrebbe forse servire per
amministrare un condominio, dove appunto non si produce nulla, ma è micidiale
per amministrare uno Stato, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Certamente il
problema è anche dato dalla confusione dei termini: il “debito” in sano senso
economico e cioè inteso come compenso futuro per una prestazione
lavorativa (e ciò vale sia per il
salario di un semplice lavoratore come per un prestito ipotecario o per la
somma contrattuale di una commessa conferita ad una multinazionale) è di fatto
un “investimento”, cioè la condizione iniziale indispensabile per la produzione
di beni o di servizi in qualunque sistema (capitalistico o socialista). Senza
“debito-investimento” nessuna produzione in senso moderno è pensabile, le
banche stesse diverrebbero superflue o si ridurrebbero al più a svolgere la
funzione delle cassette di sicurezza per conservare i risparmi improduttivi.
La distinzione va
fatta fra debito "produttivo" (cioè quello che permette la produzione
e quindi è tendenzialmente orientato a garantire la piena occupazione) e quello
"improduttivo", cioè quello che agisce esattamente all'opposto. E
quest' ultimo va diviso in due categorie: da una parte lo sperpero (cioè le
spese improduttive) dall'altro ... l'austerità, che così considerato è il
peggiore dei debiti, poiché blocca tendenzialmente ogni forma di crescita
economica e favorisce unicamente - nel medio termine - coloro che fruiscono di
rendita a spese delle attività produttive. La deflazione ne è la conseguenza
immediata, ma anche per i fruitori di rendita a lungo termine l'idiozia
dell'austerità si rivela fatale poiché la caduta dei tassi di interesse fino
alla loro inversione in tassi negativi consuma la fonte della rendita stessa,
il capitale (in misura diversa ma non importa in quale forma, sia cioè
finanziario che fisso o immobilizzato in macchinari ecc. ).
Che il debito sia la
base dell’economia può essere difficile da comprendere, ma allora chi non ci
riesce dovrebbe cambiar mestiere invece di combinare guai come attualmente
vediamo nell’Unione Europea. La Grecia è la vittima sacrificale di turno, ma
gli altri Paesi non devono illudersi: verrà prima o poi il loro turno.
La saggezza popolare
ha un modo di dire che va a pennello per gli economisti-austeromani: sono
quelli che se gli mostri la luna guardano il dito. O forse nemmeno quello:
semplicemente chiudono gli occhi di fronte ai fatti.
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