Sonntag, 30. August 2015

I Pretolemaici in economia

Il termine "pretolemaico" probabilmente non esiste, conosco solo quello di "preraffaellita" in pittura, (es. Dante Gabriele Rossetti, le cui opere ammiro e ne sto copiando giuto una). 

  
Un articolo del prof. Steve Keen (http://www.forbes.com/sites/stevekeen/2015/08/28/why-i-support-corbyn-for-uk-labour-leader/) -grazie a Mirko che lo ha segnalato -  mi ha indotto a questa riflessione ... astro-austro-economica. Confrontava il citato professore la spiegazione dei movimenti dei corpi celesti data dalla teoria tolemaica, che riusciva a descriverli alla perfezione pur partendo dalla presunzione errata che la Terra fosse al centro dell’universo, con quella della teoria copernicana. I movimenti reciproci dei corpi celesti si possono infatti descrivere prendendo come punto fisso di riferimento uno qualunque di essi. Unico inconveniente, come nel caso della teoria tolemaica, se si sceglie il corpo sbagliato come punto fisso, diventa complicatissimo descrivere i movimenti degli altri. Sarebbe come descrivere i movimenti di un motore assumendo come punto fisso un pistone: tutto il resto compresa l'auto andrebbe su e giù, ma i movimenti reciproci si potrebbero descrivere perfettamente anche se con complicazione assurda.
Nel caso dell'"austerità" come concezione in economia non siamo molto distanti dall'assurdo precedente. Anzi, direi che siamo addirittura un gran passo indietro. I tolemaici almeno descrivevano ciò che vedevano e avevano escogitato ingegnose costruzioni matematiche (epicicli) per spiegare  e descrivere ciò che non coincideva con la propria assunzione di base (Terra al centro dell’universo): funzionava nonostante l’errore. Un caso non certo unico nella storia scientifica di cui una teoria errata che tuttavia serve a descrivere ed a prevedere i fatti osservabili.
Nell’economia scolastica moderna assistiamo ad un fenomeno simile, ma molto più primitivo: invece di partire dalle osservazioni per costruire la teoria, gli economisti  che credono nel dogma dell’austerità cercano di spiegare tutti i fatti partendo da un dogma: la convinzione che il debito sia un male da evitare ad ogni costo. O che vada incanalato e tenuto entro limiti ben ristretti (senza tuttavia che ne sappiano spiegare le ragioni: ad es. perché mai il limite del 60 % del PIL, che poi nessuno nell’ UE ha mai rispettato a cominciare dalla stessa Germania i cui politici l’avevano imposto agli altri Stati? ). Costoro aborrono il debito alla stessa  maniera in cui i moralisti in alcune religioni vietano il sesso prematrimoniale – con l’identico successo.
Purtroppo sono esattamente gli economisti di questa religione che attualmente decidono il destino di milioni di sfortunate vittime della loro ignoranza. Li si potrebbe definire “austeritaristi” o “austeritariani”, “austeromani” o “aust-eroinomani”  visto che  costoro dichiarano di non poter fare a meno dell’euro esattamente come i tossicodipendenti della loro droga preferitam, ma più semplicemente si possono chiamare ciarlatani. Invece però di far almeno ridere, purtroppo condizionano da decenni le scelte politiche mondiali e segnatamente quelle dell’Unione Europea.  

Lasciamo alla storia il compito di valutare l’operato dell’economista Varoufakis durante il suo incarico come ministro delle finanze greche. Una cosa fondamentale l’abbiamo però appresa da lui.  Riferendo sulle trattative svolte con i funzionari europei, subito dopo aver rassegnato le dimissioni e quindi libero di esprimersi scrisse: “Mi mostravano le tabelle excel indicando i tagli, le privatizzazioni e le riforme da fare, io parlavo di economia e loro mi guardavano come se fossi stato un marziano che parlava una lingua loro sconosciuta”.
Aveva perfettamente ragione, infatti la materia economica  era e resta  cosa incomprensibile per i funzionari dell’UE. Esattamente come gli astronomi di fede tolemaica che si rifiutavano di guardare nel cannocchiale di  Galileo, costoro si rifiutano di parlare di quell’economia che si costruisce ricercando e riflettendo partendo dai fatti, metodo che costoro aborriscono poiché il loro punto di partenza, esattamente come lo era il geocentrismo,  è  un dogma tanto venerato quanto incompreso: non vogliono ma nemmeno possono capire senza abbandonare la fede di cui sono credenti fondamentalisti .
Il caso dei suddetti economisti  è dunque ancor più grave di quello degli astronomi tolemaici. Infatti questi ultimi pur partendo da una teoria sbagliata riuscivano a calcolare perfettamente il movimento degli astri.   
 Gli economisti-austeromani invece non hanno nemmeno questa capacità di osservazione. Il loro folle credo li induce a vedere nel debito la causa di tutti i mali e nell’evitarlo la soluzione di tutti i problemi. Per essi ad esempio la disoccupazione è considerata come un fenomeno soprannaturale, che dunque con sacrifici umani alla dea “austerità”, come i popoli primitivi,   cercano di  scongiurarne il castigo.  E dunque avanti con riduzione dei salari, delle spese sociali, delle pensioni, degli investimenti nell’istruzione e nella stessa cultura, di cui evidentemente da un punto di vista dogmatico non possono comprendere l’utilità. 

Gli austeromani confondono infatti due concetti che fra di loro non hanno relazione alcuna: pareggio di bilancio e austerità (definita come riduzione del debito pubblico). La loro concezione statica dell’economia potrebbe forse servire per amministrare un condominio, dove appunto non si produce nulla, ma è micidiale per amministrare uno Stato, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Certamente il problema è anche dato dalla confusione dei termini: il “debito” in sano senso economico e cioè inteso come compenso futuro per una prestazione lavorativa  (e ciò vale sia per il salario di un semplice lavoratore come per un prestito ipotecario o per la somma contrattuale di una commessa conferita ad una multinazionale) è di fatto un “investimento”, cioè la condizione iniziale indispensabile per la produzione di beni o di servizi in qualunque sistema (capitalistico o socialista). Senza “debito-investimento” nessuna produzione in senso moderno è pensabile, le banche stesse diverrebbero superflue o si ridurrebbero al più a svolgere la funzione delle cassette di sicurezza per conservare i risparmi improduttivi.
La distinzione va fatta fra debito "produttivo" (cioè quello che permette la produzione e quindi è tendenzialmente orientato a garantire la piena occupazione) e quello "improduttivo", cioè quello che agisce esattamente all'opposto. E quest' ultimo va diviso in due categorie: da una parte lo sperpero (cioè le spese improduttive) dall'altro ... l'austerità, che così considerato è il peggiore dei debiti, poiché blocca tendenzialmente ogni forma di crescita economica e favorisce unicamente - nel medio termine - coloro che fruiscono di rendita a spese delle attività produttive. La deflazione ne è la conseguenza immediata, ma anche per i fruitori di rendita a lungo termine l'idiozia dell'austerità si rivela fatale poiché la caduta dei tassi di interesse fino alla loro inversione in tassi negativi consuma la fonte della rendita stessa, il capitale (in misura diversa ma non importa in quale forma, sia cioè finanziario che fisso o immobilizzato in macchinari ecc. ).
Che il debito sia la base dell’economia può essere difficile da comprendere, ma allora chi non ci riesce dovrebbe cambiar mestiere invece di combinare guai come attualmente vediamo nell’Unione Europea. La Grecia è la vittima sacrificale di turno, ma gli altri Paesi non devono illudersi: verrà prima o poi il loro turno.   

La saggezza popolare ha un modo di dire che va a pennello per gli economisti-austeromani: sono quelli che se gli mostri la luna guardano il dito. O forse nemmeno quello: semplicemente chiudono gli occhi di fronte ai fatti.

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