Samstag, 13. Dezember 2014

 
“Pedagogia linguicida” e PEGIDA ( “ Patrioti europei contro l’islamizzazione della Germania”).

Vanno a fuoco  in Germania (Vorra, Baviera)  le case appena ristrutturate per ospitare gli sfollati siriani e di altri Paesi del Medio Oriente costretti a fuggire dopo gli interventi di democratizzazione à la Bush & C (senza dimenticare la sciocchezza dell'UE in Libia).  
Gli incendiari sono neonazisti, ma il loro estremismo criminale è solo l’attuazione concreta di una concezione razzista tanto diffusa quando inespressa (le indagini di opinione concordano su valori intorno al 50 % della popolazione). Gli incendiari sono probabilmente poche centinaia,  a marciare contro l’arrivo degli sfollati sono decine di migliaia, ma a temere & detestare gli stranieri sono una marea in crescita.
Alla base di questo timore irrazionale dello straniero c’è evidentemente una sensazione di insoddisfazione e di risentimento verso le politiche di mortificazione salariale e di perdita di prospettive professionali. Non a caso il timore degli stranieri si manifesta maggiormente nelle zone orientali della Germania, dove ci sono proporzionalmente meno stranieri ma economicamente si trovano i perdenti della riunificazione tedesca, che infatti in crescente misura rimpiangono (certo assurdamente) il passato regime comunista. E non è un caso che in Turingia il governo regionale sia ora presieduto da un esponente del partito “Die Linke” che è visto come continuazione della SED, il  partito unico nel passato regime della RFT.
Come tutte le paure irrazionali, l’odio verso gli stranieri si manifesta esattamente dove stranieri ce ne sono di meno: qualcuno mi spieghi come si fa a temere l’Islamizzazione della Germania da parte di un numero così  insignificante: dello 0,4 % di stranieri in Turingia,  meno dello 0,01 sono musulmani. Dunque siamo di fronte ad una fobia, che come tutte le  patologie è difficile da curare con argomenti oggettivi e richiami al buon senso.
Ma oltre alle colpe della politica neoliberista che ha di fatto ridotto l’ex RDT ad una zona salariale depressa per non dire colonia o serbatoio di manodopera a basso prezzo, anche nelle regioni più sviluppate i partiti al potere, chi più chi meno, subdolamente deviano le critiche contro le proprie nefaste politiche verso il capro espiatorio straniero. Una manovra che fortunatamente trova forti resistenze (a Dresda contro i 10.000 xenofobi di Pegida hanno marciato 9000 cittadini antifascisti) ma che ad alto livello politico vede piuttosto la strizzatina d’occhio alle forze xenofobe.
Benché generalmente divenuta immediatamente oggetto di ridicolo, la proposta del partito CSU, cioè del pendant bavarese della CDU di obbligare gli stranieri a parlare tedesco in famiglia è un dato preoccupante.
Questa proposta è finita immediatamente nel ridicolo: infatti nelle famiglie bavaresi il tedesco è piuttosto l'eccezione, si parla appunto il dialetto, e anche le interviste dei politici bavaresi, nonostante i loro sforzi di parlare il tedesco standard,  vengono di regola trasmesse con sottotitoli affinché i tedeschi delle altre regioni possano capirli senza problemi.    
Tuttavia la cosa è seria: a mezzo secolo dall’inizio dell’immigrazione massiccia di lavoratori in Germania e nonostante l’evidenza contraria, suffragata da innumerevoli studi e ricerche sul campo che hanno rivelato il nesso positivo fra mantenimento della lingua d'origine degli alunni stranieri e loro successo nella scuola tedesca (lo scrivente lo ha dimostrato per l’italiano con studi pubblicati negli anni ’90), è sintomatico che per un partito politico di maggioranza continui a vedere l’integrazione degli stranieri unicamente sotto l’aspetto della completa assimilazione a cominciare dall’abbandono della lingua d’origine. 
Preoccupante è soprattutto l’ignoranza dei più elementari studi sul campo: l’insuccesso scolastico degli stranieri è infatti enormemente maggiore esattamente nelle famiglie in cui la lingua materna è stata abbandonata (praticamente sempre dietro insensato consiglio di insegnanti) per praticare il deleterio “Gastarbeiter-Deutsch”, la lingua primitiva che i genitori apprendono in fabbrica o nei cantieri.
In realtà poi il divieto della lingua d’origine è limitato alle lingue di una specifica parte di immigrati (turchi, arabi, iranianai): inimmaginabile infatti il divieto di parlare inglese o francese in famiglia.
Dunque un' ipocrita ed ignorante proposta che rivela immediatamente, come la cartina di tornasole, la xenofobia mascherata: lo straniero viene accettato … solo e quando non è più tale ed ha rinunciato anche alla stessa lingua d’origine.       
La linguista finlandese Skuttnabb-Kangas per designare la cancellazione forzata delle lingue d’origine ha coniato il termine “ pedagogia linguicida”, (che rima involontariamente ma in modo inquietante  e significativo con “Pegida”) .      
L’attacco alle lingue di una popolazione da sempre è prerogativa dei regimi autoritari e fascisti giunti al potere con colpi di stato: il fascismo proibì le lingue straniere imponendo addirittura il cambiamento dei toponimi in tutte le regioni di confine, il dittatore Franco in Spagna vietò il catalano ed il basco, non senza conseguenze fino ai giorni nostri (v. movimenti indipendentisti), e i golpisti di Kiev come prima legge hanno imposto in primavera l’ucraino come unica lingua al posto del russo anche nelle regioni orientali: abbiamo visto con quali risultati. In Turchia ci sono voluti decenni di guerra civile e migliaia di morti e villaggi distrutti nell’insensata repressione contro i Curdi per giungere a cancellare la legge che sanzionava con reclusione l’uso della lingua curda, e gli esempi potrebbero continuare poiché purtroppo non c’è forse Paese al mondo in cui non sia avvenuta in qualche forma più o meno cruenta un  “linguicidio”. 
Dunque sintetizzando, l’attacco sconsiderato alle lingue degli stranieri e la xenofobia del movimento Pegida possono essere riunite e sintetizzate riscrivendo come:  Poorly Educated, Generally Ignorants & Dummies Associated”.
  



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