Donnerstag, 3. Mai 2018

Attualità di Karl Marx-Capitalismo: progresso o mutazione ?  

Riflessione nata da un commento a questo post sul sito di Sollevazione 

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La discussione sul Marx ammiratore del capitalismo globalista (e quindi da antisovranista:e è questo ciò che appare dai commenti) è fuorviante poiché mi pare parta da un equivoco di fondo: il concetto di progresso come qualcosa di intrinsecamente positivo. 
Più correttamente nel caso del sistema di produzione capitalista si dovrebbe parlare di "mutazioni", cioè di modifiche dei sistemi di produzione intrinsiche ed inevitabili cioè costitutive del sistema. che in certi momenti o luoghi possano avere almeno in parte effetti positivi (non fosse altro che per sviluppare una maggiiore coscienza di classe) è irrilevante rispetto al concetto di base: il capitalismo è tale per la sua tendenza irrefrenabile ad inglobare tutto nel proprio sistema di produzione: risorse naturali ed umane, beni materiali e culturali, il tutto finalizzato all'accumulazione del profitto in poche mani: fatto questo che appunto nemmeno il più ottuso difensore del sistema capitalista può negare, i fatti sono evidenti e soprattutto testardi. 
Che l'ammirazione di Marx per la gigantesca capacità di produzione del sistema capitalistico (beninteseo a qual tempo del settore industriale e non ancora di quello terziario) fosse un fatto contingente comprensibilissimo nell'epoca in cui egli visse, nulla dice invece sul come avrebbe sviluppato la sua teoria alla luce delle successive mutazioni del sistema. 
Già Lenin nel saggio del 1917 aveva individuato nell'imperialismo e nella concentrazione monopolistica lo stadio che aveva allora definito "supremo" del capitalismo.
Anche questa successiva analisi ha i suoi limiti dell'epoca storica in cui venne pur genialmente concepita. Lo sfruttamento delle risorse fossili è stata la base e la condizione essenziale per la rivoluzione industriale, e oggi sappiamo che questa base ha da un lato una durata limitata (le stime variano, ma in ogni caso rispetto alla storia umana i pochi secoli in cui le risorse fossili hanno permesso questo sviluppoo capitalistico per poi esaurirsi sono un lasso di tempo trascurabile).
Ciò che invece non viene dovutamente preso in considerazione è l'altro elemento intrinseco del capitalismo: come scrisse Jean Jaurès, "Il capitalismo porta in sè la guerra come la nube porta l'uragano". 
La corsa agli armamenti rilanciata alla grande in questi ultimi anni ha tutti i presupposti per sfociare in un conflitto globale o in una serie di conflitti limitati ma resi perenni quali consumatori inesauribili dei prodotti bellici (che sono i meno soggetti alle leggi di mercato e i meno trasparenti nelle scelte dei politici che le gestiscono, quindi il campo migliore per la corruzione), nonche uno sbocco sicuro per contrastare la caduta del tasso di interesse degli altri investimenti civili e favorire la concentrazione ulteriore della ricchezza in un numero sempre più esiguo di mani. 
Una riflessione che le  disastrate "sinistre" in tutto il mondo sono ben lungi dal compiere, per non parlare degli illusi glogal-internazionalisti da baraccone e dei "serve più Europa" e simili cialtroni, sedicenti anti-nazionalisti  ma soltanto per sottrarsi all'incombenza della lotta nel proprio Paese per demandarla (a chi ? ) a livello "internazionale".  


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