Attualità di Karl Marx-Capitalismo: progresso o mutazione ?
Riflessione nata da un commento a questo post sul sito di Sollevazione
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La discussione
sul Marx ammiratore del capitalismo globalista (e quindi da antisovranista:e è
questo ciò che appare dai commenti) è fuorviante poiché mi pare parta da un
equivoco di fondo: il concetto di progresso come qualcosa di intrinsecamente
positivo.
Più correttamente nel caso del sistema di produzione capitalista si
dovrebbe parlare di "mutazioni", cioè di modifiche dei sistemi di
produzione intrinsiche ed inevitabili cioè costitutive del sistema. che in
certi momenti o luoghi possano avere almeno in parte effetti positivi (non
fosse altro che per sviluppare una maggiiore coscienza di classe) è irrilevante
rispetto al concetto di base: il capitalismo è tale per la sua tendenza
irrefrenabile ad inglobare tutto nel proprio sistema di produzione: risorse
naturali ed umane, beni materiali e culturali, il tutto finalizzato
all'accumulazione del profitto in poche mani: fatto questo che appunto nemmeno
il più ottuso difensore del sistema capitalista può negare, i fatti sono
evidenti e soprattutto testardi.
Che l'ammirazione di Marx per la gigantesca
capacità di produzione del sistema capitalistico (beninteseo a qual tempo del
settore industriale e non ancora di quello terziario) fosse un fatto contingente
comprensibilissimo nell'epoca in cui egli visse, nulla dice invece sul come avrebbe
sviluppato la sua teoria alla luce delle successive mutazioni del sistema.
Già
Lenin nel saggio del 1917 aveva individuato nell'imperialismo e nella
concentrazione monopolistica lo stadio che aveva allora definito
"supremo" del capitalismo.
Anche questa successiva analisi ha i suoi
limiti dell'epoca storica in cui venne pur genialmente concepita. Lo
sfruttamento delle risorse fossili è stata la base e la condizione essenziale
per la rivoluzione industriale, e oggi sappiamo che questa base ha da un lato
una durata limitata (le stime variano, ma in ogni caso rispetto alla storia
umana i pochi secoli in cui le risorse fossili hanno permesso questo sviluppoo
capitalistico per poi esaurirsi sono un lasso di tempo trascurabile).
Ciò che
invece non viene dovutamente preso in considerazione è l'altro elemento
intrinseco del capitalismo: come scrisse Jean Jaurès, "Il capitalismo
porta in sè la guerra come la nube porta l'uragano".
La corsa agli
armamenti rilanciata alla grande in questi ultimi anni ha tutti i presupposti
per sfociare in un conflitto globale o in una serie di conflitti limitati ma
resi perenni quali consumatori inesauribili dei prodotti bellici (che sono i meno soggetti alle leggi di mercato e i meno trasparenti nelle scelte dei politici che le gestiscono, quindi il campo migliore per la corruzione), nonche uno sbocco sicuro
per contrastare la caduta del tasso di interesse degli altri investimenti
civili e favorire la concentrazione ulteriore della ricchezza in un numero
sempre più esiguo di mani.
Una riflessione che le disastrate "sinistre" in tutto il mondo sono ben lungi
dal compiere, per non parlare degli illusi glogal-internazionalisti da
baraccone e dei "serve più Europa" e simili cialtroni, sedicenti anti-nazionalisti ma soltanto per sottrarsi all'incombenza della lotta nel proprio Paese per demandarla (a chi ? ) a livello "internazionale".
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