Capitale, forza lavoro e migrazioni.
Ho sempre sostenuto che il fenomeno delle migrazioni, in tutte le sue varianti (volontarie, forzate, temporanee, definitive) va analizzato come fattore essenziale del conflitto capitale-lavoro.
Il Capitale non può prescindere dal controllo sulla mobilità della forza lavoro, e questa è in certi contesti e momenti storici la sua arma più efficace per imporre le proprie regole.
Nella fase attuale dello sviluppo capitalistico predomina la dimensione "geografica" (nazionale o internazionale), e se anche lo spostamento di masse di diseredati e superstiti dai Paesi aggrediti dalle guerre imperialistiche statunitensi non è stato pianificato o può essere in parte un effetto collaterale imprevisto, il Capitale trae anche da esso forza per imporre il proprio dominio economico sulle decisioni politiche.
L'arrivo in massa di "forza lavoro" può certo causare al Capitale effetti non desiderati. Mi limito a citare un esempio: ero delegato sindacale nel 1969, quando la FIAT fece arrivare a Torino migliaia di giovani dal Sud per urgenti necessità produttive, invece di un appiattimento dei salari, appoggiando le giuste rivendicazioni degli immigrati, chi ben ricorda sa che si arrivò all'Autunno Caldo, con tanto di occupazione dello stabilimento di Mirafiori (che allora aveva ben 50.000 addetti).
E si arrivò anche ad imporre lo Statuto dei lavoratori.
Dunque essenziale è saper trasformare ciò che potrebbe essere un problema, in una soluzione.
Una vera sinistra invece di gingillarsi col buonismo o con la rincorsa ai temi della facile xenofobia dovrebbe esaminare attentamente come giocare gli arrivi decisi dal Capitale o causati dalle guerre imperialiste. Ciò non solo per difendere i diritti dei lavoratori, ma con una strategia d'attacco per avanzare contro il Capitale. Compito certo difficile, che passa anche per una regolazione degli arrivi e ripartizione delle quote in tutti i Paesi dell'UE, non fosse altro che per far scoppiare la crisi di un'unione che è ormai solo una sovrastruttura ideologica (alla quale credono i citrulli di "Pulse of Europe"), utile come copertura ipocrita al dominio di un paio di Paesi sui rimanenti, laddove la Germania è il Valvassore e tutti gli altri i Valvassini dell'impero statunitense.
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