Freitag, 3. März 2017

Riflessioni sulle radici della russofobia globale.

Il ruolo delle opposizioni democratiche per un recupero delle sovranità nazionali in Europa. 

I mainstream della stampa come degli altri media sono impegnati in una crescente e delirante russofobia che non cercano nemmeno più di documentare. È finita anche la fase delle notizie false e deformate, delle indiscrezioni inventate ma passate come probabili: un deja vu che segue l'identica prassi collaudatissima per discreditare governanti o Stati agli occhi dell'opinine pubblica mondiale e giustificare poi tutte le misure ostili (dalle volgari diffamazioni alle sanzioni fino alle aggressioni militari): tutti i golpe pilotati dagli USA nel dopoguerra hanno seguito questo copione, dal Mossadegh in Iran fino a Gaddafi. 
Nei confronti della Federazione russa l'isteria russofobica è ormai peggio che quella anticomunista ai tempi del Maccartismo. 
Una storia mai finita: non era il comunismo il nemico, tantomeno i diritti umani calpestati, il nobile intento della,russofobia:  la ragione vera era e resta la lotta per il dominio del mondo.
Una storia che procede ad ondate di attacchi, cessati sempre e soltanto quando il "nemico" sembrava piegato: la dissoluzione dell'Unione Sovietica messa in atto dall'ubriacone Jeltsin aveva dato a qualche imbecille l'illusione della "fine della storia", il trionfo del "Bene Assoluto" sul "Male Assoluto" e l'inizio di un'epoca radiosa per l'umanità, la fine del confronto militare USA-UDSSR e dell'   "equilibrio del terrore"  (sostituito invece subito dal "terrore di uno squilibrato" conl'attacco all'Irak).
Chi (s)ragionava in questi termini nulla aveva compreso del meccanismo che guidava e continua a guidare l'economia statunitense: il complesso industrial-militare contro la cui dominanza tardivamente aveva messo in guardia già il Presidente Eisenhower. 
A meno di una molto improbabile riconversione completa, l'economia statunitense non può infatti funzionare senza uno sviluppo continuo degli armamenti (sia nella produzione diretta delle armi che nei settori indotti della ricerca e della logistica e della finanza ad essi collegata)
Soltanto in questo settore infatti sono possibili i profitti crescenti, garantiti ed al riparo dalle congiunture. Sono esattamente questi settori che non hanno mai subito perdite durante i cicli economici, a differenza di tutti gli altri. La caduta tendenziale del saggio di profitto non ha mai toccato l'apparato industrial-militare USA. 

Dunque la fine dell'Unione Sovietica, al contrario di ciò che potevano credere soltanto i totalmente sprovveduti o irrecuperabili ingenui, fu un durissimo colpo esattamente per il settore che dal continuo confronto ricavava la propria ragion d'essere ed i profitti enormi e garantiti a spese degli altri investimenti utili alla popolazione, come istruzione e salute, sempre sacrificati per soddisfare l'avidità dei mercanti di morte. 
E dunque la dissoluzione del Patto di Varsavia non condusse coem era lecito attendersi alla parallela dissoluzione della NATO, ma invece al la sua espansione. 
L'industria bellica dell' ex-Unione Sovietica nonessendo privata non era mai stata al servizio del profitto in maniera analoga a quella statunitense. Ed in un primo periodo, dopo la fine dell'UDSSR, era stata ridimensionata a favore degli investimenti in settori utili ai cittadini. 
Il disastro delle privatizzazioni, cioè la rapina del patrimonio collettivo da parte di un ristretto numero di oligarchi osannati dall'Occidente aveva condotto al collasso della Federazione Russa alla fine degli anni 90. L'avvento di Putin cambiò radicalmente la situazione, alcuni oligarchi accettarono di limitare le proprie brame e di sostenere il regime putiniano, altri fuggirono in Occidente col bottino, altri finirono in galera. Furono processi politici, e per ironia della storia questo termine offensivo affibiato dalla stampa occidentale coglieva esattamente nel segno: erano la correzione di decisioni politiche sbagliate che avevano concesso ai  profittatori di impadronirsi di industrie e prodotti naturali (petrolio, gas) in mancanza di leggi che tutelassero la popolazione contro questo che fu un vero   esproprio o furto legalizzato. 
L'apparato industrial-militare statunitense si era ripreso abbastanza facilmente dal duro colpo subito con la fine del "pericolo  sovietico" (in quell'epoca nemmeno un bambino ci avrebbe infatti più creduto) e prima con l'aggressione alla Serbia e poi con le guerre del Golfo aveva trovato il modo di mantenere ed anche di aumentare i profitti. 
Ma certo nn bastava, quindi fu necessaria l'aggressione all'Irak, una guerra preventiva con l'identica leggittimità delle aggressioni hitleriane a Cecoslovacchia, Polonia ed Unione Sovietica, ciò era basata su giustificazioni completamente false e costruite per ingannare l'opinione pubblica. 
La rapina delle risorse naturali di petrolio in Irak era certo uno degli obiettivi, ma il maggior guadagno venne ottenuto dall'industria bellica e dall'apparato logistico d'appoggio: ciò spiega perché invece di mettere ordine e ricostruire uno stato funzionante al posto del regime di Saddam Hussein, gli USA ed i loro "companions in crime" britannici lasciarono che il malcapitato paese vittima della loro aggressione cadesse nel caos più completo, poiché soltanto questo garantiva il flusso continuo di armamenti e di spese militari e quindi di profitti. Quando poi alla fine si presentava il rischio di una ricomposizione dello Stato iracheno, ecco trovata la prossima vittima, la Libia ed infine la Siria. 
Difficile immaginare un calcolo più cinico: da un lato vendite di armi ai governi Quisling iracheno e libico, dall'altro forniture di armi ai ribelli per poter guadagnare doppiamente: la guerra che si autoalimenta.
Ma alla guida dell'apparato industrial-militare statunitense (ed in certa misura a quello britannico, non meno aggressivo ma con discrezionalità, lo stile che gli è proprio)  non mancano le menti che pianificano a lungo termine, e costoro si devono essere resi conto che la distruzione di Irak, Libia e Siria sarebbero giunte col tempo alla fine. 
Quando non resta più nulla da distruggere, si fatica a motivare le parti in conflitto a continuare a massacrarsi reciprocamente per i profitti altrui. 
Evidentemente i manager dell'apparato ndustrial-militare avevano presente la lezione del Vietnam, dove i collaborazionisti USA, una volta che le forze di occupazioni statunitensi avevano abandonato il Paese, si erano arrese di buon grado e seduta stante ai vietcong ponendo fine al fratricidio. 
Qualcosa di simile avvenne in Irak con lo Stato Islamico: l'esercito iracheno di oltre centomila unità, armato e addestrato dagli usa per più di un decennio, si arrese senza combattere a poche migliaia di ribelli, che guarda caso, come si scoprì con disappunto, erano gli stessi finanziati e armati per combattere contro il regime di Assad in Siria. 
Costoro invece avevano cambiato programma: che la cosa non fosse stata prevista in questo modo lo dimostrano i bombardamenti fasulli degli USA, imbarazzati a colpire i "propri" ribelli che avevano spacciato per "moderati" al fine di giustificarne il finanziamento, e che invece scoprivano feroci e privi di scrupolo e che per di più avevano deciso di fondare un loro Califfato invece di limitarsi a fare i cani da caccia dell'imperialismo statunitense. 
Documentatamente i timidi bombardamenti USA contro lo Stato Islamico per quasi due anni non diedero risultato apprezzabile.
Toccò alla Russia fermare costoro in Siria appoggiando il regime di Assad, l'unico amico nella regione.
Ad ognuno libertà di scegliere i propri dittatori si potrebbe dire, sebbene sia estremamente disonesto paragonare la feroce e fondamentalista dittatura Saudita (lapidazioni alle adultere, tagli di mani ai ladri, mille frustate ai dissidenti, discriminazione femminile ecc.ecc.) appoggiata ed armata dagli USA (e Germania) con quella siriana appoggiata dalla Federazioen Russa: certo Assad non va per il sottile contro i dissidenti, ma per quanto riguarda libertà civili, religiose, status della donna, ecc. è nemmeno lontanamente paragonabile alla dittatura saudita.        
Dunque anche in questa regione si profilava un fiasco a medio e lungo termine, col rischio che si giugesse alla fine dei conflitti con la conseguente perdita di profitti di guerra.
Non restava che "ricostruire" nell'immaginario collettivo il nemico di sempre, la Russia. 
Che la ripresa del controllo statale sulle risorse energetiche e la nuova politica economica avviata dal goveno di Putin avesse consentito uno sviluppo economico tale da permettere acquisizioni di industrie nel resto d' Europa non era certo sfuggito ai manager dell'establishment USA. Il rischio che da ciò potesse nascere una cooperazione russo-europea tanto intensa da rendere poi gli investimenti militari e la stessa NATO obsoleta deve essere divenuta un'ossessione per costoro.   
Non restava che aprire nuovi fronti e a questo scopo non venne tralasciata nessuna occasione: obiettivo principale era sempre più chiaramente la creazione di un nuovo-vecchio nemico, l'espansione russa.  
Venne provato di tutto: inutili o fallite le provocazioni (come la guerra in Georgia ordinata al Quisling Sachaswili) e poco produttive le altre diffamazioni (es. boicottaggio dei giochi Olimpici in Russia, a Sochi). Erano rimaste senza apprezzabile risultato anche tutte le altre continue iniziative intese a destabilizzare o mettere in cattiva luce il regime di Putin, ad esempio il sostegno incondizionato alla vergognosa dissacrazione commessa dalle cantanti "Pussy Riot" (chi conosce il significato di "pussy" non necessita di altre spiegazioni !) nella basilica di Mosca, quella fatta distruggere da Stalin ma ricostruita non certo per tali volgari provocazioni). 
Occorreva dunque provocare laddove la reazione era obbligatoria: ed ecco al terzo tentativo direttamente finanziato (come prima le note "rivoluzioni arancioni") dagli USA il golpe a Keiv, complice vergognosa l'UE, che si prostituí alle voglie USA/NATO per sottrarre col golpe le basi militari inCrimea alla Russia: un colpo mortale alle possibilità di difesa che costrinse Putin ad intervenire. Se non l'avesse fatto non sarebbe più al potere, i generali russi l'avrebbero detronizzato ed avrebber probabilmente ripreso l'intera Ucraina o sarebbe iniziata una guerra civili come in Siria o in Libia: chi conosce la storia locale non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, ma basta osservare conocchio crito i fatti attuali per avere un'idea della posta in gioco, i morti causati dalla provocazione sostenuta dall'UE sono oltre 10.000 e del conflitto non se ne vede la fine.

Molti Stati dell'UE a causa delle controsanzioni russe sui prodotti agricoli stanno pagando cara questa prostituzione dei propri governanti, ai quali gli USA (per diretta ammissione) hanno imposto di avallare le sanzioni antirusse benché prive di fondamento e risultato unicamente di una presentazione falsa e distorta dei fatti nonché di colpe attribuite alla Russia senza unostraccio di prove (abbattimento aereo nei cieli del Donbass).  

Ma tutto ciò rientra pienamente nel disegno dei profittatori del conlesso industrial-militare USA. E con estrema evidenza si vede quale partito è al loro completo e fedele servizio: quello democratico. 
Le ultime elezioni presidenziali negli USA hanno confermato una volta di più di essere molto simili ad una guerra fra cupole mafiose. La vittoria di quella di Trump ci ha perlomeno concesso una pausa nella corsa verso la guerra. Certo il militarismo che manovra la cupola democratica clintoniana non si darà per vinto e Trump dovrà darle un contentino, come ha già iniziato a fare: la NATO non è più "obsoleta" come aveva affermato durante la campagna elettorale, va rafforzata con gli armamenti ... obsoleti che le industrie militari USA riciclano vendendoli ai poveri cogl..ni europei, che devono tagliare le pensioni e lo stato sociale per comprarli ( v. aerei F35 per esempio). 
Non basterà, ma fa guadagnare tempo spostando il pericolo del conflitto globale cercato dai falchi della cupola democratica, ovviamente a spese dei citati cogli..ni europei, poiché l'intenzione è chiaramente di provocare la Federazione Russa fino ad aprire un conflitto nel cuore dell'Europa.
Ciò evidentemente nella speranza illusoria che resterebbe limitato ad armi convenzionali e gli USA avrebbero tutto da guadagnare senza nulla rischiare, insomma il progetto di fare della Federazione russa "carne di porco" esattamente come con la ex Jugoslavia. 
Anche lí sono stati gli europei gli unici a pagarne le conseguenze e non è finita: il Kosovo strappato militarmente alla Serbia è stato totalmente distrutto economicamente con le privatizzazioni pilotate da Bruxelles (non una sola industria è sopravvissuta: la gente scappa, lo scorso anno 75.000 kosovari si sono rifugiati in Germania!).
Per queste prodezze l'UE ha ricevuto il premio Nobel per la Pace: e coerentemente, coi fondi di questo premio, finanzierà ora quell' "esercito europeo" recentemente approvato dalle marionette delle lobby militariste, cioè dal Parlamento Europeo. Era il tassello mancante per sostenere se necessario anche con un esercito UE la moneta unica contro le eventuali ribellioni delle sue vittime.
I Greci siano edotti, se non pagano sanno che cosa toccherà loro: il cessato Presidente del Parlamento Europeo e probabile futuro cancelliere tedesco Martin Schulz ha avvisato: chi esce dall'euro paga i debiti fino all'ultimo centesimo ... e oltre alla Troika ora ci sarà anche un esercito per agire come esecutore giudiziario se necessario.

Se la cupola mafiosa trumpiana (che i suoi profitti li fa sostanzialmente con gli immobili ed il gioco d'azzardo e simili settori ma non con gli armamenti) riuscirà ad imporsi non è certo, anzi è molto dubbio. 
La prova finale si avrà con le decisioni del governo Trump su Siria e Ucraina: se Trump imporrà a Por(c)oshenko di finire di massacrare i suoi concittadini e di concedere l'autonomia desiderata dalle regioni orientali, inizierà una possibile distensione che utopicamente potrebbe condurre anche all'avvio di un disarmo Russia-USA. Ma circola in internet la notizia che la cupola democratica avrebbe cercato di comperare a Por(c)oshenko il Nobel Pace, per poter giustificare come difesa la criminale aggressione di questo oligarca e Quisling-USA/UE contro i suoi concittadini.
Costui prima di ognuno dei frequenti viaggi in Europa a mendicare aiuti e finanziamenti (che regolarmente ottiene) "per la difesa della democrazia", ha l'abitudine di ordinare bombardamenti su città ribelli: esattamente come Assad (che invece di essere osannato è giustamente condannato). 
Nessuno sembra notare questa enorme ipocrisia di due pesi e due misure, diffusa e sostenuta dai media occidentali.
Vera o meno questa indiscrezione sulla vendita del Nobel Pace al miglior offerente, certo l'appoggio incondizionato allo squallido golpista Por(c)oshenko da parte USA è secondo soltanto a quello della Cancelliera Merkel, anch' essa evidentemente guidata dal revanchismo militare tedesco, che sta risuscitando rallegrandosi di vedere la croce uncinata esposta in Ucraina dai successori dei collaboratori hitleriani ora al potere dopo il colpo di stato del Maidan. 

Ancora una volta, tirando le somme, nonsono le ideologie ma è il denaro e la ricerca del maggior profitto che motivano i conflitti e guidano le decisioni politiche. Dietro tutti i nobili proclami  ("not my president") contro il razzismo di Trump, va riconosciuto che che indipendentemente da ciò che pensa (ammesso che pensi) egli ha semplicemente raccolto i voti dei razzisti realmente esistenti, rivelando la vera natura della società statunitense con tutte le contraddizioni: una scomoda realtá che i democratici volentieri scoperebbero sotto il tappeto. Attribuire soltanto a Trump la colpa del razzismo ben evidente negli USA è un po' come dare la colpa del freddo al termometro. 
Che la russofobia abilmente quanto cinicamente alimentata dai media trovi fertile terreno in Europa è preoccupante ma non sorprende: la politica estera dell'UE non viene certo decisa a Bruxelles. Quello che la sempre sorridente ed ineffabile signora Mogherini quale "ministro degli esteri dell'UE" recita è semplicemente il diktat del redivivo militarismo tedesco,un mostro in crescita poiché auspica a competere economicamente con quello statunitense, come dimostrano le disinvolte vendite d'armi in Medio Oriente, il cui volume si è raddoppiato nell'ultimo anno. 

Il Brexit pur con tutti i suoi limiti ha dimostrato che in Europa l'idea della sovranità nazionale nel rispetto reciproco con tutti gli altri Stati non è stata ancora distrutta dalla burocrazia extraparlamentare e priva di legittimità democratica di Bruxelles. 
Ad altri Paesi l'arduo compito di salvare l'Europa dal conflitto verso il quale viene spinta dai ricercatori di profitti bellici. 

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