Pigrizia mentale e cieca follia degli euristi e dei visionari degli “Stati Uniti d’Europa”- Germania docet.
(rielaborato 11.9.2016)
La follia di chi invoca gli “Stati Uniti d’Europa” è conseguenza di cecità
totale di fronte all’evidenza e di pigrizia mentale nel rifiuto di studiare le
cause della crisi che, a prescindere dal fatto contingente che l’ha innescata
(subprime, Lehmann & Brother) erano costitutive dell’idea di una moneta
unica europea.
Senza compensazioni e transfer fiscali nessuno Stato può gestire una moneta
valida per l’intero territorio. Premessa la complicità dei pochi che sapevano e
concessa l’ingenuità dei tanti che si illudevano credendo all’inganno, la
paternità vera dell’euro va riconosciuta indubbiamente alla Germania, che aveva
appena compiuto sul proprio territorio il medesimo esperimento con risultati
pressoché identici a quelli che si constatano oggi nei Paesi mediterranei
“eurizzati”. Al momento dell’introduzione dell’euro per il primo gruppo di
Paesi europei, nel 2002, era trascorsa appena una decina d’anni dalla
colonizzazione della ex Germania comunista, la cui industria in quasi tutti i
settori irrimediabilmente non competitiva (ma non senza eccezioni: v. ad es. le
officine Zeiss), era stata liquidata con l’unificazione monetaria e con cambio
alla pari fra marco occidentale e marco orientale. La disoccupazione ed il
progressivo spopolamento hanno ridotto colà intere province a deserti
ex-industriali, nel migliore dei casi i lavoratori sono irreggimentati nelle
gabbie salariali che ancor oggi sussistono.
Gli sforzi per lo sviluppo delle aree orientali non mancano, ma il cammino
è lungo e reso appunto difficoltoso dall’unificazione monetaria avvenuta
unicamente per ragioni politiche ed in violazione delle più elementari ragioni
economiche.
Tutto si può dire dei politici tedeschi meno una cosa: che non sapessero:
la condizione basilare ed irrinunciabile per un’unificazione monetaria in aree
economiche non omogenee la Germania Federale la trova scritta nella
propria Costituzione agli articoli
106 e 107, che impongono una ripartizione del gettito
fiscale fra le regioni, finalizzata a garantire „l'uniformità
delle condizioni di vita nello Stato Federale” evitando di “sovraccaricare il
contribuente” ed esplicita che attraverso apposite leggi le “diverse
capacità fiscali delle regioni devono
essere compensate in modo adeguato [1].
Concretamente dei 16 “Länder” federali sono ben 13 a ricevere e solo tre a
pagare per tutti, cioè quelli industrialmente più avanzati (Baden-Württemberg,
Baviera, Assia), che regolarmente mugugnano e ogni anno minacciano ricorsi alla
corte Federale per contrattare riduzioni dei transfer finanziari ma finiscono
poi sempre per pagare.[2]
Nell’ indebitamento pubblico pro capite le differenze fra i Länder tedeschi sono enormi: si va dai 1.613
€ della Sassonia (ex-DDR) agli 11.331 € della Renania-Palatinato fino ai 32.000
€ della città Stato di Brema. La media
nazionale è 9.294 € [3]
Dunque i padrini dell’euro, cioè i governanti tedeschi, sapevano benissimo
- avendone l’obbligo costituzionale in casa propria - che per funzionare l’euro
avrebbe dovuto prevedere l’identico meccanismo e che senza di esso era impossibile
“garantire l'uniformità delle condizioni di vita” dei cittadini dei vari Paesi d’Europa:
evidentemente questo dettaglio non interessava loro minimamente o era
esattamente quello che volevano evitare.
Mentre vantavano i benefici dell’euro che stavano imponendo secondo le
proprie regole (60 % deficit statale e 3% annuale indebitamento massimo, regole
che per primi poi violarono) sapevano dunque benissimo che mancava la
condizione di base e che senza di essa le conseguenze sarebbero appunto state
quelle attuali: la Germania coi tassi negativi addirittura guadagna
indebitandosi (!) ma a spese degli altri Paesi ai quali ha imposto vincoli di
spesa tramite la servile Commissione Europea. Che i governanti tedeschi
facciano i propri interessi è comprensibile.
Ed è comprensibile che i politici tedeschi siano legati all’euro a corda
doppia poiché ciò consente loro di fare col resto d’Europa quanto appunto
sperimentato con la ex- RFT, che è servita da spauracchio alle Organizzazioni
sindacali per far accettare anche nella zona occidentale la cura radicale ed il
taglio dei diritti dei lavoratori operato con le riforme dell’ex-Cancelliere
socialdemocratico Schröder.
Le industrie tedesche si sono dunque collocate in posizione competitiva
rispetto al resto d’Europa, ed almeno nel breve e medio periodo possono
difendere il loro vantaggio senza necessità di grandi investimenti ed
innovazioni, visto che hanno messo gli altri Paesi nell’impossibilità di
investire per rilanciare le proprie economie. Però anche la locomotiva tedesca
comincia a perdere colpi. Ne è prova lampante anche se da pochi compresa, la
grande truffa escogitata dalla Volkswagen in combutta con la Bosch per battere
slealmente la concorrenza sul mercato dell’auto: invece di innovare era più
economico truffare. Analogamente si veda il caso della Deutsche Bank: i
continui processi e soprattutto gli accordi per evitare le pesanti multe
dimostrano che sia nel settore industriale che in quello finanziario la
competitività facilmente ottenuta risparmiando sul “capitale variabile”, cioè a
spese degli impiegati e degli operai non basta più a livello internazionale.
Alcuni settori (es. fotovoltaico) sono stati già travolti dalla concorrenza
cinese.
Per qualche tempo la Germania può continuare anche senza possedere una
strategia di investimenti innovativi semplicemente gestendo la posizione di
rendita ottenuta come sopra specificato.
Ma è difficile immaginare che possa continuare a lungo con la politica
interna del bilancio a pareggio, che è il cavallo di battaglia dei Wolfgang
Schäuble: sarebbe un ottimo amministratore di condominio e se continua ad
essere ministro delle finanze è unicamente grazie a due circostanze: la
possibilità di scaricare sul resto d’Europa il peso della mancata crescita
economica e di risparmiare sia sugli investimenti che sulla modernizzazione
delle infrastrutture, trascurando manutenzione di strade, ponti e di cospicua parte delle linee
ferroviarie ed in altri settori al servizio dei cittadini.
Chi volesse avere la controprova lampante dell’impossibilità di
funzionamento dell’euro “per generare benessere e crescita economica” deve
unicamente guardare alla Germania, senza lasciarsi irretire dalle facili ed
interessate ma false interpretazioni delle valanghe di voti finiti al nuovo
partito AfD (Alternative für Deutschland), che è indubbiamente un partito
fascistoide e razzista, ma che
raccoglie il voto di protesta che la sinistra di governo (i socialdemocratici
SPD) non ha saputo gestire allineandosi con pochi “distinguo” verbali ma
nessuna opposizione sostanziale al credo neoliberista.
La falsa polemica giocata sulla pelle dei rifugiati è un’ulteriore prova
della insipienza dei commentatori: stranamente i più feroci oppositori
dell’immigrazione si trovano nelle regioni dell’ex RDT dove gli immigrati o non
ci sono o rappresentano una cifra irrisoria: ma dove appunto il malessere
antigovernativo di coloro che sono i veri perdenti della riunificazione
tedesca si sfoga sul capro espiatorio
gentilmente offerto dalle destre.
Sono fatti sotto gli occhi di tutti, buon senso e un minimo di attenzione e
osservazione della realtà anche quando appare scomoda e mette in dubbio le
credenze diffuse sarebbe sufficiente per capire invece di rifugiarsi nell
ecomode illusioni.
Ciò che stupisce in questo contesto è la dabbenaggine dei “sinistrorsi
sinistrati e creduloni” che continuano a credere alla favola degli Stati Uniti
d’Europa quando la cancelliera Merkel predica sacrifici e austerità per un
illusorio “salvataggio dell’euro quale condizione per salvare l’Unione
europea”.
Non si rendono nemmeno conto costoro che la cancelliera parla quale
marionetta dell’apparato industriale-finanziario neoliberista , in cui
l’industria militare gioca un ruolo fondamentale (il vice cancelliere
socialdemocratico Gabriel da vero e proprio commesso viaggiatore degli
armamenti è riuscito a raddoppiare le esportazioni d’armi nel 2015).
Nessuna meraviglia quindi che il governo tedesco sia la
punta di diamante per imporre al resto dell’UE le sanzioni antirusse e che
appoggi incondizionatamente le provocazioni NATO: la conseguente corsa agli
armamenti serve a compensare le forti perdite nelle esportazioni in Russia per
effetto delle sanzioni ed agisce da catalizzatore per la riconversione
industriale tedesca dal settore civile a quello militare: un dettaglio che
dovrebbe preoccupare le sinistre, ma sembra passare del tutto inosservato.
La fede nell’UE come garanzia di superamento della crisi economica comporta
naturalmente l’accettazione del dogma della riduzione del debito sovrano,
secondo la filosofia appunto del buon amministratore di condominio. Al riguardo
non ci si deve stancare di ricordare come il debito sovrano sia intanto
divenuto tale in gran parte scaricando sullo Stato i debiti privati col
“salvataggio delle banche” e che comunque nell’ottica della crescita economica
non può essere un criterio utile ad identificare le strategie di sviluppo.
L’entità del debito, sia totale che pro capite, di per sé non dice nulla, anzi
uno Stato poco indebitato di regola è uno stato poco sviluppato economicamente:
non necessitano profonde conoscenze teoriche per capire che sono gli
investimenti a mettere in movimento l’economia ed essi sono possibili
unicamente tramite preventivo indebitamento. Le banche a loro volta, contrariamente
all’ingenuo credo popolare (tuttavia insegnato ancora a livello universitario)
non prestano capitali sulla base dei depositi dei risparmiatori ma
semplicemente creano moneta … dal nulla.
Dunque ciò che è decisivo per il funzionamento positivo di qualunque
economia non è il rapporto semplicistico fra reddito e debito, ma la natura del
debito. Nel medio e lungo periodo un alto debito sovrano in crescita o senza
possibilità di una sua diminuzione è sintomo di un’economia in involuzione
(de-industrializzazione, deflazione). Nel breve periodo un alto indebitamento
può invece significare un forte investimento che genera negli anni seguenti un
reddito sufficiente a restituire i debiti (che in termini monetari significa
“distruggere” la moneta creata dal nulla al momento della concessione del
prestito).
Attualmente la BCE continua unicamente a produrre fiat money senza
alcuna ricaduta sull’economia reale, cioè non genera investimenti, serve
unicamente a gonfiare le bolle speculative della finanza.
Chi volesse verificare la mancanza di correlazione fra reddito pro capite
ed indebitamento misurato in percentuale del PIL può consultare le seguenti
tabelle dell’anno 2015
l’indebitamento in percentuale del PIL [4] ed il reddito pro capite nei singoli Paesi dell’ UE è
stato il seguente:
Paesi
eurozona
|
Indebitamento
in % PIL
|
Reddito pro
capite in
euro
|
Grecia
|
176,9
|
16.200
|
Italia
|
132
|
26.900
|
Portogallo
|
128
|
17.300
|
Spagna
|
103
|
23.300
|
Francia
|
96
|
32.800
|
Austria
|
86,22
|
39.400
|
Slovenia
|
83,21
|
18.700
|
Germania
|
71,2
|
37.100
|
Olanda
|
65,09
|
40.000
|
Slovacchia
|
52,91
|
14.400
|
Paesi con monete sovrane
|
Indebitamento
in % PIL
|
Reddito
pro capite
|
Gran Bretagna
|
88,20
|
39.600
|
Polonia
|
50,3
|
11.100
|
Rep. Ceca
|
44,45
|
15.800
|
Svezia
|
44,21
|
45.400
|
Romania
|
37,76
|
8.100
|
È evidente che ciò che conta per lo sviluppo non è il livello di
indebitamento ma la qualità del debito, cioè se si tratta di debiti da
investimenti produttivi o di indebitamento improduttivo (= sprechi) o
addirittura sostanzialmente finalizzato a… pagare gli interessi sui debiti.
Per uscire dalla spirale dell’indebitamento crescente ed improduttivo non
basta dunque limitare semplicemente l’indebitamento riducendo gli investimenti
(che sarebbe un po’ come il contadino folle che compra meno sementi o ara meno
campi per risparmiare carburante: sembra una follia, anzi lo è chiaramente, ma
è esattamente ciò che ha imposto la Troika ai Paesi sinistrati dall’euro)
ma occorre invece aumentarli anche a costo di una crescita immediata e nel
breve o anche medio periodo del debito complessivo.
La Troika ha imposto al resto d’Europa la ricetta tedesca del risparmio che
in Germania - per ora - funziona ancora, anche se continuando nella loro politica neoliberista ad
allargare la forbice dei redditi ed aumentando le disuguaglianze i partiti al
governo rischiano di trovarsi spodestati dalle destre fascistoidi.
I meccanismi di transfer fiscali fra i Länder agiscono infatti soprattutto
in modo orizzontale, cioè non colmano le differenze fra i ceti più o meno
abbienti.
Per il prossimo futuro finché riesce ad imporre l’euro al resto d’Europa la
Germania può continuare su questa strada, molto comoda poiché dal momento
che le obbligazioni statali tedesche
hanno interessi negativi, Schäuble guadagna anche facendo debiti (ma da buon
amministratore di condominio nonne approfitta).
Il sistema dell’euro tuttavia è minato nelle sue fondamenta anche da parte
della BCE, e anche Draghi non può far altro che continuare col metodo delle
piramidi o come si dice negli USA, col metodo “Ponzi”: essendo a vantaggio di
un Paese a spese degli altri, in un’unione monetaria tale strategia non può
durare all’infinito, il crollo è insito nel suo stesso meccanismo.
[1] § 106 Costituzione, comma 3.2. : “Die Deckungsbedürfnisse des
Bundes und der Länder sind so aufeinander abzustimmen, daß ein billiger
Ausgleich erzielt, eine Überbelastung der Steuerpflichtigen vermieden und die
Einheitlichkeit der Lebensverhältnisse im Bundesgebiet gewahrt wird.
§ 107 comma 2: Durch das Gesetz ist sicherzustellen, daß die unterschiedliche Finanzkraft der Länder angemessen ausgeglichen wird;
§ 107 comma 2: Durch das Gesetz ist sicherzustellen, daß die unterschiedliche Finanzkraft der Länder angemessen ausgeglichen wird;
[2]http://de.statista.com/statistik/daten/studie/71763/umfrage/geber-und-empfaenger-beim-laenderfinanzausgleich/
[3]http://de.statista.com/statistik/daten/studie/629/umfrage/oeffentliche-pro-kopf-verschuldung-nach-bundeslaendern/
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