Freitag, 31. März 2017

Manifestazione anti-UE del 25 marzo: riuscita o fallita ? 

Come disfarsi di questa falsa unione che in realtà è un governo Quisling al servizio dell'imperialismo d'oltre Atlantico.


Si discute in vari forum anti UE  se le contromanifestazioni del 25  marzo a Roma siano state o meno un  successo. La riuscita di una manifestazione non si può giudicare unicamente in termini numerici, anche se questi ovviamente contano. Metro fondamentale è l’obiettivo perseguito. Se questo era di rovinare un pochino la festa e ricordare che l’UE non è quella dei discorsi trionfalistici e nemmeno si tratta di un percorso senza alternative, l’obiettivo è stato in buona parte raggiunto ( anche i telegiornali tedeschi hanno dovuto mostrare le immagini dei manifestanti anti-UE).
Che fosse impossibile mobilitare centinaia di migliaia di persone su questo tema è altrettanto chiaro: la gente si muove su obiettivi vicini e soprattutto quando fra manifestazione di piazza e risultato sperato il passo è visibile.
Nessuna manifestazione contro l’UE  potrà mai avere successo di massa se non offre prospettive visibili e comprensibili che abbiano direttamente a che fare coi problemi della gente. Già è difficile far constatare il disastro dell’euro, ma lentamente la controinformazione ha raggiunto gruppi sempre maggiori di cittadini spiegando i meccanismi perversi che sono alla base di questo esperimento neoliberista: lo prova l’ansia con cui i servi dell’oligarchia di Bruxelles si affannano a spargere paure sull’uscita dall’euro, con menzogne e affermazioni gratuite ed infondate (inflazione alle stelle, perdita di posti lavoro, debito pubblico da restituire in euro, ecc. ecc.).
Che un Paese osasse uscire dall’UE era un’ipotesi tanto lontana per la sicumera dei suddetti Europeisti, che non era nemmeno stata presa in considerazione come pericolo da scongiurare. Salvo poi a trovarsi spiazzati col Brexit. Questa dimostrazione di indipendenza di giudizio del popolo britannico  non è ripetibile altrove poiché  ha una lunga tradizione storica senza analogie nel continente europeo. Dunque la fine dell’UE sarà un processo lungo e difficile che non si otterrà con manifestazioni di piazza: il consenso popolare per la fine di questo esperimento, da organizzare in parallelo con l’uscita dall’euro, richiede un programma articolato su passi concreti comprensibili alle masse poiché rispondenti ai loro interessi immediati.

Non è questa la sede per analizzare se il corpo attualmente in decomposizione dell’UE già 
contenesse i germi del male fin dall’origine (come credo) o meno. Ciò che conta è offrire prospettive di un nuovo inizio in cui gli Stati sovrani di tutta Europa  (compresa la Russia) 
possano cooperare con accordi bilaterali o multilaterali, senza cessione di sovranità.
In altri termini, si tratta di studiare come si può “smontare” l’UE passo per passo, un passo per volta all’indietro. Fra l’altro questa strategia si potrebbe far valere anche per l’euro: es. ritornando prima all’ECU, al serpentone monetario e poi alle valute nazionali (con una certa analogia col fallito esperimento dell’unione monetaria latina di fine Ottocento-inizio Novecento, anche allora la Grecia era uscita per prima). In fondo non siamo molto lontani da un’idea simile che è emersa addirittura dagli europeisti più ferventi (l’UE  due velocità) chiaramente disposti a cambiare qualcosa … purché tutto resti come desiderano. 
I cittadini britannici hanno osato il taglio tutto d’un passo, nel resto d’Europa questo non mi pare possibile a meno di avvenimenti tragici che non sono del tutto da escludere, come ad es. un conflitto armato NATO-Russia: in questo caso malaugurato si capovolgerebbe l’ordine di marcia, sarebbe cioè la fine della finta alleanza militare che in realtà è la sottomissione delle forze armate della colonia europea alle forze di occupazione dell’imperialismo statunitense. Non è un caso che sia Obama che Trump puntino soprattutto sulla Germania per tenere sotto controllo il resto d’Europa.
In conclusione credo che sia giunto il tempo di studiare le possibili opzioni di smantellamento dell’UE piuttosto che discettare sulla riuscita o meno di una contromanifestazione che  allo stato attuale delle cose non poteva far presa che su una fascia ristretta di cittadini.      
Benefici reali l'UE ne ha apportati a ben pochi cittadini: l'emigrazione massiccia dal Sud d'Europa verso i Paesi del Benelux e della Germania o anche in Francia ha preceduto il trattato di Roma, e la vantata liberalizzazione del movimento dei lavoratori è stata imposta dai fatti economici e non certo dagli accordi.  Quando nel 1972 emigrai in Germania, in barba agli accordi dell'UE venni sottoposto a visita medica esattamente come succedeva agli Italiani arrivati a New York un secolo prima. Ricevetti un permesso di soggiorno annuale come tutti gli extracomunitari, che venne trasformato in quinquennale soltanto dopo il mio ricorso (per il direttore dell'anagrafe del paesino dove ero emigrato divenni" l' italiano ingrato che arriva con la legge sotto il braccio"). Costui era irritato soprattutto perché poco per volta la cosa si era risaputa ed arrivavano tutti gli altri italiani e poi gli spagnoli e i portoghesi). 
Dunque le norme europee c'erano ma non venivano applicate se non dietro ricorsi. 
Come si è poi visto recentemente, con la fiumana dei rifugiati, i fatti hanno travolto ogni regola: ora l'industria tedesca ha bisogno di manodopera a buon mercato comunque essa arrivi. Negli anni '70  questa necessità era meno urgente e veniva aggirata reclutando extracomunitari-  soprattuto turchi/curdi- che costavano molto meno degli immigrati da altri Paesi dell'UE ai quali invece dovevano applicare contratti di lavoro analoghi a quelli dei cittadini autoctoni.       
C'è forse una sola categoria che ha sicuramente guadagnato dall'UE: gli studenti del progetto Erasmus, di cui l'Unione non cessa di vantarsi in mancanza di altri fatti positivi. Anche prima era possibile andare a studiare all'estero, finanziandosi lo studio lavorando part -time, ma appunto a proprie spese come fece il sottoscritto. Non vi è nulla da eccepire contro questo progetto Erasmus, che ha indubbiamente facilitato gli scambi culturali estendendoli ad un gran numero di utenti, anche se gli aspetti formativi vengono grandemente sopravvalutati rispetto alle funzioni concrete (servono anche quelle: chi non è mai stato ad un Erasmus Party scagli la prima pietra). 
Non è casuale dunque che da qualche tempo si vedano in varie città europee piccole manifestazioni "pro-UE" alle quali partecipa in larga misura appunto la  "Erasmus-generation". Comprensibile che la medesima realtà - questo mostro burocratico -oligarchico chiamato UE -   venga vista molto diversamente a seconda della situazione personale: anche la stessa strada appare migliore a chi abita dal lato soleggiato che non a chi abita dal lato nord.
 Ma come ha dimostraato il Brexit, i perdenti ci sono, eccome. Si potrà ancora per qualche tempo demonizzarli e svilirli comne razzisti e xenofobi poiché è facile mettere i perdenti in lotta fra di loro, la solita guerra fra poveri. Una strategia ordita abilmente dai partiti di destra al potere che, come in Germania puntano sul nazionalismo e sul divieto di doppio passaporto, oppure come il premier olandese che per strappare consensi agli xenofobi tempestivamente prima delle recenti elezioni aveva pubblicato un manifesto-diffida contro gli immigrati con un elenco acribico di norme di comportamento obbligatorie alle quali attenersi ... pena la cacciata dal regno. 
Erano luoghi comuni ridicoli (non gettare carta per terra, fare la fila per salire sui mezzi pubblici, ecc. ecc.) ma lo scopo - perfettamente riuscito - era di dimostrare che mentre l'estrema destra xenofoba parlava di freno all'immigrazione, la destra al potere era pronta anche a cacciare chi già era immigrato ...se non rigava dritto. 
Questo lo stato dell'UE, un mostro dal quale sarà difficile ma non impossibile liberarsi: tenacia e inventiva sono necessarie non meno che capacitá di superare i falsi antagonismi che dividono i suoi  oppositori e logorano le forze indispensabili ad organizzare lo smantellamento di questo sistema di oppressione. 

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