Dienstag, 19. Mai 2015

Renzi: un genio politico misconosciuto?


L’Europa se non il mondo intero osservano gli avvenimenti politici italiani con stupita ammirazione per l’estro del nuovo astro italico, degno erede del grande Segretario fiorentino il cui “Principe” continua ad essere l’insuperabile manuale dell’arte del governare.
Di tutti gli aforismi e le massime  machiavelliche il Nostro ha giustamente scelto la più sicura e radicale: Sono tanto semplici gli uomini, e tanto obbediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare.”

Grande errore sarebbe tuttavia tacciarlo di menzogna: egli è all’avanguardia del movimento politico  internazionale  che potremmo definire della “post-verità”, cioè il superamento della artificiosa dicotomia “verità –menzogna”. 
Il nostro è indubbiamente anche un grande conoscitore della filosofia, da quella greca fino a Nietzsche  (“non esistono fatti ma unicamente interpretazioni“),ed infatti ha coniugato l’insegnamento di Gorgia secondo cui ciò che conta è il possesso dell’arte oratoria, con la quale si può dimostrare “tutto ed il contrario di tutto”.  Una dottrina che il nostro giustamente coniuga con quella di Protagora, secondo il quale appunto “giusto è ciò che appare tale alla maggioranza”.
In quanto a sapere se le scelte politiche praticate sono giuste, il Nostro umilmente non è difensore ad oltranza di certezze assolute, e probabilmente in omaggio a De  Crescenzo affermerebbe che “Soltanto gli imbecilli non hanno dubbi”, pronto a zittire chi gli contestasse questa affermazione, chiedendogli se ne è sicuro, con la perentoria formula “Certo, non ho alcun dubbio”
In aggiunta ai principi fondamentali suesposti il Nostro giustamente ha sfondato un ulteriore confine artificiale dell’arte politica, cioè l’assurdo imperativo che imponeva ai governanti di essere capiti dagli elettori. Giustamente un politico moderno non deve sprecare il proprio tempo prezioso per spiegare ai sudditi la bontà delle proprie scelte, ma deve unicamente preoccuparsi di essere creduto, un risultato indubbiamente molto più sicuro e stabile che non appunto la comprensione, che sempre continua a richiedere l’analisi dei fatti, e questi come sappiamo non esistono. In armonia con Ludwig Wittgestein (Se un leone potesse parlare, non lo capiremmo comunque “) il Nostro – generalizzando ed applicando al suo caso l’affermazione per tutti gli animali compreso appunto quello che prendeva a calci il morente re della foresta nella favola di Esopo, ha fatto dell’incomunicabilità una virtù:  il sorriso dice più di mille parole e quindi questo deve bastare ai suoi sostenitori.

Grazie al suo genio politico che ancora troppi si ostinano ottusamente a contestare e denigrare, l’Italia è avviata a divenire l’avanguardia del movimento di rinnovamento sociale ed economico dell’area casino-capitalista.  In economia le riforme da lui avviate rappresentano l’ unica reale possibilità di far uscire la società contemporanea dalla spirale del consumismo verso il roseo orizzonte della decrescita. Le politiche di austerità tanto ingiustamente criticate riducendo i salari permettono ai cittadini di concentrarsi sui valori che contano (cioè quelli che consentono la sopravvivenza) invece di disperdere  i  guadagni in acquisti di cose inutili.  Inoltre la riduzione del tenore di vita in generale  è un validissimo strumento di guida dell’economia che consente un risparmio energetico  che è un concreto passo verso quello sviluppo economico sostenibile da molti invocato ma da pochissimi praticato.
Non va infine dimenticato il risvolto immediato di questa geniale politica economica: la liberazione dal lavoro, invano perseguita da generazioni di marxisti dogmatici sta divenendo realtà per un crescente numero di giovani grazia al”Jobs act” , un altro geniale strumento per realizzare la decrescita teorizzata dai gruppi ecologisti.
Stoltamente i critici che non riescono a comprendere il grandioso e futuristico disegno politico del Nostro criticano queste scelte bollando col termine spregiativo  “disoccupazione crescente” quella che invece è appunto la marxiana “liberazione dal lavoro” . Anche l’infame accusa di aver provocato la “fuga dei cervelli” e un’emigrazione inaudita di giovani con alta formazione professionale si rivela ad una più attenta analisi come gretta visione rivolta ad un passato per sempre scomparso: ed è invece un ritorno ai secoli d’oro della civiltà italiana, quando grandi artisti, scienziati e letterati soltanto all’estero trovavano il giusto riconoscimento delle proprie doti e capacità (da Leonardo da Vinci a Colombo fino ad Enrico Fermi, per non citare che nomi universalmente conosciuti).
Il Nostro dunque sta riportando l’Italia alla pristina grandezza, e come ulteriore prova valga un confronto: i piccoli Paesi si sviluppano esattamente in direzione opposta, anche se cercano di dissimulare l’errata direzione che perseguono. La Repubblica Ceca  ad esempio, il cui governo aveva previsto (volutamente sottovalutando per non intimorire gli elettori) una  crescita del solo 2,5 % nel primo quadrimestre 2015, ha avuto invece una crescita del ben 3,8 %, la più alta di tutti i Paesi europei, con tutte le perniciose conseguenze che può addurre l’aumento dei salari e del potere d’acquisto dei cittadini, spinti cosí ad un consumismo sfrenato anche dalla conseguente piena occupazione che a sua volta aumenta la propensione alla spesa e finisce tragicamente per favorire un’ulteriore crescita economica. 
Nell'emblematico  caso ceco si vede bene in quali pericoli incorre uno Stato che ha rifiutato la moneta unica europea e si ostina a mantenere la sovranità monetaria !
 Al contrario, il Nostro ha umilmente dissimulato una inevitabile crescita dello 0,3 % per l'Italia, ma in realtà tale risultato è unicamente virtuale, un mero artificio contabile per accontentare l’UE, poiché fortunatamente in realtà  non vi è stata nello stesso periodo in Italia  crescita alcuna.  
Un merito che il Nostro, lungi dal vantarsene, generosamente dichiara conseguenza delle scelte politiche dei governanti che l’hanno preceduto. Infine,anche le riforme delle procedure elettorali sono una conquista di importanza storica. L’obsoleta contrapposizione fra democrazia e autoritarismo (se non fascismo) è stata finalmente superata garantendo la cosiddetta "governabilità" con premi di maggioranza ed evitando l’assurda pretesa dei cittadini di partecipare alla scelta dei candidati, prerogativa che giustamente compete esclusivamente ai segretari di partito.
La nuova concezione si riassume in una parola “governabilità”, la versione attuale del concetto classico di "ab legibus solutis" , `cioè dell'assolutismo, che nella moderna accezione significa – e come potrebbe essere diversamente -   razionalizzare il potere decisionale evitando di disperdere in discussioni cosiddette democratiche le capacità decisionali, che invece giustamente devono essere concentrate in poche se non appunto (come nel caso ottimale), in un'unica pesona per garantire l’efficienza. Anche qui si vede chiaramente la genialità del Nostro nell'aver riconosciuto immediatamente la tendenza della "new politics": se nell' UE apparentemente le decisioni in superficie sono prese da un triumvirato chiamato "Troika", in realtà si tratta di tre persone "uguali e distinte" in senso trinitario, quindi di fatto una formidabile concentrazione di potere.   
In conclusione si può sintetizzare il nuovo corso  di stampo renziano come trasformazione delle logore diatribe democratiche in un nuovo modo di governare, cioè "in efficace ed efficiente” azionismo politico  (una formula da pronunciare separando bene sia la preposizione iniziale che la congiunzione dai rispettivi aggettivi che seguono sottolineando la doppia effe per evitare malintesi)
Non ci resta che augurarci che i velenosi critici si ravvedano e inizino a comprendere come l’Italia è fortunata ad avere finalmente un nuovo genio politico di tale levatura alle leve di comando. Un genio che, a differenza di quello di Aladino, difficilmente riusciranno a far rientrare nella lampada. 

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