Berlusconi fuori dal Senato non cancella la vergogna italiana di un ventennio.
C’è poco da festeggiare per un provvedimento che in qualunque altro Paese
del mondo sarebbe stato pacifico o superfluo (qualunque politico con un minimo
di dignità nella medesima situazione avrebbe dato da lungo le dimissioni).
E se si leggono le reazioni, anche fatta la debita tara della mirata
disinformazione operata ddai media, vengono i brividi a sentire quanta gente
ancora è convinta (senza poter fornire argomenti poiché non conosce i fatti)
che l’ancora amato Silvio sia innocente e perseguitato dal giudici non
imparziali.
E questa è la vera vergogna del Paese, che spiega la voragine di servilismo
ed impudicizia in cui è sprofondato e dalla quale ben difficilmente potrà riemergere.
Mai come in questi istanti è apparso chiaro come un cambiamento in Italia è
difficile se non impossibile. Mentre da un lato i servili stallieri del
Cavaliere pur sgolandosi in dichiarazioni di fedeltà al capo caduto già sono
indaffarati a cercare un altro padrone da servire, la falsissima sedicente
“opposizione” – in realtà altri servitori dello stesso capo soltanto sotto
altra bandiera (PD) si mette nelle mani di personaggi che ben pochi
conoscendoli vorrebbe avere nemmeno come vicini di casa, tanto meno come
rappresentanti politici.
Fuori da questa finta alternativa – in realtà mistura di ingredienti
complementari per produrre
un velenoso intruglio politico – resta unicamente il Movimento 5 Stelle,
contro il quale si è da lungo scagliata la stampa tutta e gli organi di
disinformazione di massa.
Il successo del M5S alle ultime elezioni è stato un miracolo difficile da
ripetersi, e solo un supermiracolo potrebbe portare al governo questi cittadini
incensurati non venduti alla politica di mestiere.
La vera ragione della riluttanza degli italiani a cambiare partito, quindi
la perennità delle scelte, è conseguenza di un atteggiamento che equipara le
scelte elettorali a quelle sportive, quasi che si trattasse di una squadra di
calcio da sostenere indipendentemente dai risultati e non di partiti da giudicare sulla base dei programmi e
della loro applicazione.
La maggioranza vota evidentemente per “partito preso”, chi a destra chi a
sinistra, con fedeltà suprema alle etichette e disinteresse se non dispregio
profondo dei contenuti: questa attitudine è apparsa con tutta la sua
sconfortante evidenza quando all’indomani delle elezioni a gran voce
intellettuali e votanti PD si appellavano al M5S affinché violando le promesse
elettorali si associasse al PD: un “vogliamoci bene” che aveva tanto il sapore
dell’abbraccio di Tosca.
Il prima ignorato e poi vituperato M5S, se si fosse inchinato alla bisogna,
era divenuto di colpo un partito serio e rispettabile. E di converso, subito
dopo il rifiuto al patto indecente, rieccolo divenuto un movimento populista,
pilotato da un comico se non da buffone che piloterebbe dall’esterno come un
dittatore i parlamentari (quasi che gli eletti degli altri partiti tutti non
fossero tenuti al ferreo obbligo della disciplina di partito !!). E dunque
piuttosto di questo comico era da
preferire - come infatti prontamente avvenuto - un grande evasore e delinquente
con condanna definitiva.
Il governo Letta, uscito dalla commistione di PDL e PD, è di tutte le
alternative quanto l’Italia di meno
aveva bisogno. Unico dato positivo è che, indaffarato a sostenere fino
all’ultimo il Cavaliere per non affondare insieme a lui, questo governo non ha
trovato il tempo di procedere ad alcuna riforma, che visto avrebbe unicamente
peggiorato quanto già disastrosamente fatto dal precedente governo Monti nella
cui rovinosa scia comunque procederà se non si mette presto fine a questa
deleteria esperienza.
Ma ancora una volta, a salvare il Paese sarà probabilmente la particolarità
che rende l’Italia unica al mondo: il saper fare senza bisogno o meglio CONTRO
ogni governo.
Quello che appare come qualunquismo e che sopra abbiamo descritto come
politica del “partito preso” , in un ambiente dove lo Stato è considerato da
secoli il primo e peggior nemico e dove l’unica identificazione con il potere è
a livello di città o regione al massimo,
diviene essenziale, per non affondare, o venire a patti localmente col
potere, non importa di quale colore, o contestarlo sul territorio. E quindi le
convinzioni politiche si concretizzano puntualmente nell’appoggio o rifiuto
degli interventi statali nell’area in cui si vive.
Ed ecco quindi l’acerrima resistenza dei valligiani di Val Susa contro lo
scempio della loro valle con un’ inutile ferrovia TAV, ecco le proteste
nell’area napoletana come in tanti altri Comuni contro le discariche, gli
inceneritori cancerogeni e altri progetti assurdi utili unicamente a mantenere
i partiti tramite lo scambio di tangenti prelevate dai costi puntualmente
ingigantiti di ogni opera pubblica.
Sono esattamente queste le civili forme di resistenza popolari che coprono
un po’ la vergogna del sistema politico italiano, il più costoso già soltanto
per le diete ed i privilegi ufficiali dei parlamentari, senza contare le
appropriazioni indebite e i numerosi altri reati per i quali non pochi
delinquenti con condanna definitiva siedono impuniti in Parlamento.
Una svolta ed un risanamento della politica italiana non possono certo
arrivare dalle alchimie politiche, né dalla sostituzione di segretari di
partito con improvvisati leader che poi (v. Veltroni) si rivelano nullità
politiche, né dai giochi di alleanze
che ricordano da vicino la compravendita dei calciatori.
Solo il passaggio dalla resistenza a livello locale ad un livello
nazionale potrebbe far rifiorire l’Italia: che con un governo sano che mettesse
fine allo sconcio attuale e degli ultimi 20 e più anni in brevissimo tempo non
soltanto sarebbe presto risanata, ma diverrebbe una delle prime se non la prima
economia d’Europa, non mancando a livello individuale né l’ingegno né la
capacità ora dispersa dei giovani che devono lasciare a malincuore il Paese per
andare ad arricchire col proprio lavoro le altre nazioni europee.