Una costante storica: guerre e prezzo dell’oro.
La crescita del valore dell'oro è sempre avvenuta in concomitanza con eventi bellici, più raramente in seguito a crisi economiche. Questa la spiegazione che si trova nei manuali di economia: l’oro viene cercato e quindi con l’aumento della domanda si apprezza nei momenti di insicurezza (guerre o crisi) poiché è giustamente considerato un bene “rifugio". 
Ma esaminando l’andamento del prezzo dell’oro in relazione al debito statale nelle varie epoche storiche ci si rende facilmente conto che guerre e prezzo dell’oro non sono causa le une dell'altro: le guerre si fanno quando i debiti statali non sono più sostenibili e non si trovano altre vie per eliminarli. Ovviamente eliminare i debiti significa la corsa all’oro per chi ha risparmi da mettere in salvo mentre i crediti si dissolvono nel nulla.  
Questa correlazione la si comprende meglio capovolgendo il punto di vista: in realtà non è il valore dell'oro che cresce ma sono  le monete cartacee  ("fiat money") che si deprezzano. 
Il deprezzamento delle monete cartacee è a sua volta il meccanismo più semplice per diminuire il debito, laddove a sua volta il deprezzamento delle monete  altro non è che un altro nome per "inflazione" che entro certi limiti è intrinseca al sistema economico mercantilista-capitalistico (alta inflazione per brevi periodi o limitata inflazione a lungo termine) ma per eventi straordinari può divenire iperinflazione e azzerare  sia i  risparmi che i debiti ed i crediti, laddove  i risparmi depositati in banca sono a loro volta crediti poiché  il risparmiatore che deposita i propri risparmi su un conto corrente stipula  un contratto in base al quale diviene per la somma depositata creditore della banca e la banca divenuta sua debitrice gli conferisce un interesse per l’utilizzo della somma di cui diviene proprietaria e della quale può liberamente disporre.  
Se Karl Marx aveva con grande acutezza ed acribia analizzato il sistema di produzione capitalistico mostrandone con precisione il funzionamento, John Maynard Keynes aveva a sua volta ben individuato ed illustrato le relazioni fra capitale, moneta, investimenti  ruolo dello Stato, quindi disoccupazione/ piena occupazione, inflazione/ deflazione e stabilità monetaria, domanda   /offerta , prestiti/ investimenti. Il tutto partendo dall’assioma intuitivo secondo cui la crescita economica può essere realizzata unicamente con investimenti e quindi con prestiti/ crediti (che sono appunto creazione di moneta dal nulla da parte delle banche). 
Forse per questo Keynes, allargando il campo d’indagine, ebbe notevole successo nelle speculazioni borsistiche,  al contrario di Marx, che pare avesse avuto prevalentemente risultati negativi speculando in borsa. 
Base della teoria keynesiana è  l’equilibrio del reddito nazionale (Y) riassunto nella nota formula Y = C (consumo)  + I (investimenti)  + G (spesa pubblica). Da cui deriva che per rimanere a livelli compatibili coi profitti, il tasso d'interesse e cioè il costo dei crediti richiede logicamente una adeguata stabilità dei prezzi e quindi un controllo sia dell'inflazione (che vanificherebbe i profitti) che della deflazione - da affrontare questa coi noti interventi statali keynesiani - che a sua volta riducendo la domanda farebbe aumentare la disoccupazione innescando cicli di recessione. Esiste anche il fenomeno composito di stagnazione/inflazione, come appunto attualmente avviene in Europa, ma qui entra in gioco la variante "energia" che ai tempi di Bretton Wood e della teoria keynesiana non aveva ancora il ruolo decisivo assunto nell'epoca attuale.  
Alla base di tutto il sistema tuttavia, allora come oggi, resta pur sempre l'oro. 
Infatti  a Bretton Wood   nel 1944  Keynes aveva chiamato la sua proposta "BANCOR"  (dal francese "banque or") cioè una unità contabile che avrebbe dovuto regolare gli scambi economici internazionali. 
Il Bancor era sí basato sull'oro, aveva  un limite che era anche una garanzia di funzionamento: l'oro poteva essere scambiato con Bancor, ma con Bancor non si poteva comprar oro, era quindi escluso che investitori o speculatori potessero commerciare con oro/bancor ed era evitato l'inconveniente della convertibilità fissa (che a Bretton Wood venne venne invece fissata col dollaro per poi venire miseramente abolita nel 1971 quando le guerre USA avevano ridotto il dollaro a carta straccia). 
Inoltre il bancor non era una moneta vera e propria ma appunto una unità contabile della ICU (Unione di Compensazione Internazionale, International Clearing Union): Paesi con surplus di esportazioni avrebbero ricevuto Bancor sul proprio conto presso l'ICU e su questi avrebbero pagato interessi (5% fino al 10%): un meccanismo per scoraggiare i surplus di esportazioni degli esportatori più aggressivi ed obbligare i Paesi con bilancia commerciale negativa (surplus di importazioni contro le esportazioni) a prendere provvedimenti per riequilibrare la propria bilancia commerciale. 
Dunque una  base aurea ma non speculativa, esattamente l'opposto dell'attuale sistema in corso di disgregazione. Infatti anche se ancora il dollaro è in apparenza la moneta di riferimento negli scambi internazionale, gran parte ed in misura crescente il commercio viene regolato con altre monete come appunto fanno i Paesi BRICS (yen, rupia, rublo, rand sudafricano e real brasiliano). 
E non è per capriccio o collezionismo che esattamente questi Paesi stanno da anni incrementando le proprie riserve auree, bensí con lungimirante obiettivo di de-dollarizzare gli scambi commerciali.  
Dunque l'oro resta di fatto e di diritto l'unica base stabile direttamente o indirettamente a sostegno delle monete cartacee, mentre il binomio petrolio-dollaro si sta a sua volta sgretolando: è un processo irreversibile anche se non privo di fortissime resistenze. 
Infatti i Paesi colonialisti attaccano i movimenti di liberazione non solo quando essi cercano di scacciare gli occupanti ma anche quando la lotta è ... monetaria. In Libia il colonnello Gaddafi sperimentò sulla sua pelle pagando con la vita il tentativo di utilizzare una moneta con base aurea (Dinaro Oro) per liberare l'Africa dalla dominazione monetaria del dollaro e del franco francese. Al popolo bue in Europa vennero raccontate le più false e ridicole menzogne su Gaddafi, odiato in particolare dall'Inghilterra per aver sostenuto la lotta di liberazione del Sudafrica contro l'apartheid. 
Ma la vera ragione della distruzione della Libia e dell’assassinio di Gaddafi fu appunto il timore di USA e Paesi ex-colonialisti di diritto ma rimasti colonialisti di fatto (USA,Inghilterra e Francia) di perdere il controllo economico dell'Africa, processo peraltro inevitabile ed attualmente in corso di completamento grazie agli investimenti cinesi e russi, cioè all'arrivo di capitali invece di eserciti di occupazione e rapina.  
Da quanto sopra si possono trarre insegnamenti per comprendere quando si sta svolgendo sotto i nostri occhi in Europa e dintorni: il prezzo  dell'oro cresce quotidianamente raggiungendo vette incredibili: se nel 2024 l'incremento in euro era stato del 27 %, quest'anno è stato finora (inizio ottobre) già del circa 50 %. 
Ma allo stesso tempo stagnano gli investimenti pubblici e diminuiscono quelli privati: un fatto che non deve sorprendee nessuno poiché in tutta Europa ed in particolare in Germania sia grandi che piccole ditte falliscono o ridimensionano il personale, licenziamenti di decine di migliaia di addetti sono fatti correnti e ovviamente non servono capitali se non si rinnovano gli impianti ma invece li si chiude. 
La pubblicità per attirare i cittadini ad investire nel bene rifugio (oro e metalli preziosi) è martellante, pareggiata unicamente dall'offerta di investimenti nel settore di produzione bellico. 
E se a ciò aggiungiamo l'enorme debito pubblico in crescita per consentire all'industria degli armamenti di assorbire almeno in parte il personale licenziato da altri settori produttivi civili, ben si comprende che anche in questo caso ci si trova dinanzi a una congiuntura di malefici effetti che preclude alla guerra. 
Una guerra che come era facilmente prevedibile è in corso ma anche già perduta dai vassalli europei della NATO, spinti dagli USA contro la Russia, una ripetizione di quella del 1941 (Operazione Barbarossa)  iniziata dalla Germania e che viene ancora una volta giocata in territorio ucraino. 
Difficile valutare il reale ruolo degli USA in questo momento poiché dietro i continui voltafaccia del Presidente non si riescono ad individuare i veri centri di potere che decideranno come chiudere la partita iniziata dal trio Obama/Biden/Hillary Clinton nel 2013/14 e lasciata in eredità a Trump che evidentemente tutto può fare meno che ammettere che cosí come l'allargamento della NATO, si è trattato di un tradimento delle promesse e degli accordi per la stabilità e sicurezza reciproca in Europa e che sarebbe cosa sensata per tutti ripetere quanto avvenuto in Corea, Vietnam, Afganistan e cioè ammettere le maligne intenzioni, accettare la sconfitta e risparmiare ulteriori massacri e distruzioni. 
Ma essendo appunto le ragioni di questo- come di tutti gli altri conflitti - di natura economica, saranno coloro che detengono il potere finanziario ed economico a decidere ... ed i malcapitati di tutte le parti coinvolte a subire le tragiche conseguenze...Europa compresa. 
 
Keine Kommentare:
Kommentar veröffentlichen